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Autore: _Noodle    25/01/2017    4 recensioni
 
“Quando la danza diventa un’esigenza, un bisogno primario e necessario, la musica fuoriesce dalla sua tana avvolgendo i corpi degli amanti, sgorgando dagli strumenti e dai grammofoni, dalle casse e dalle console. Quando si balla è notte. Quando si ascolta, il sole è lontano”.
Raccolta di One-Shot: ad ogni decennio del Novecento corrisponde un genere musicale, ad ogni sonorità un diverso e particolare modo di danzare.
~ The Romantic Naughties: 1911 [KuroTsuki].
~ The Roaring Twenties: 1925 [DaiSuga].
~ The Dirty Thirties: 1936 [AsaNoya].
~ The Flying Forties: 1946 [YamaYachi].
~ The Stylish Fifties: 1957 [KuroKen].
~ The Revolutionary Sixties: 1964 [KageHina].
~ The Eccentric Seventies: 1973 [IwaOi].
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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1957, Rock ‘n’ Roll.
Testurou Kuroo, ballando “Hound Dog” di Elvis Presley, trova la felicità.
 
 
 
 
 
20 aprile, 1957
 
<< Amico, non aver sperimentato la brillantina è come non aver mai ascoltato un disco di Elvis. Ti manca un pezzo di storia! >>
Bokuto è il mio migliore amico. Capelli decolorati, occhi ambrati, fisico statuario e cervello fine e arguto solo se si tratta di certi argomenti. Bokuto è uno sportivo, un cavallo di razza, l'asso della squadra di football. Bokuto è un ragazzo dall’insaziabile appetito, dalla battuta pronta e dall'altalenante senso dell'umorismo. Bokuto è soggetto a cambiamenti di umore più frequenti di quelli delle mutande. È un ragazzo semplice, affettuoso, esuberante ed egocentrico, estroverso ai limiti della decenza. Bokuto è un candelotto di dinamite. Bokuto è il mio migliore amico, e sebbene molto ci divida e allo stesso tempo molto ci accomuni, ancora gli è ignoto l'incredibile potenziale della brillantina.
<< Insomma, quei capelli sono sprecati! Se solo li acconciassi pettinandoli verso l'alto, sono certo che tutte le ragazze cadrebbero ai tuoi piedi! Non hai visto come cinguettano al solo pronunciare il nome del mitico Elvis? Questo è perché lui ha quei capelli, e anche perché indossa la giacca di pelle, probabilmente. >>
Bokuto, intento a pettinare con le dita le ciocche bianche e nere verso il basso, mi guarda incuriosito, notevolmente interessato al modo in cui poter rinnovare il suo stile.
<< Dici che dovrei comprare una giacca di pelle? >> chiede, scostando l’asciugamano dalla vita per riporlo sulla panchina dello spogliatoio maschile. Dandomi la schiena, esploro parti del suo corpo che mai avrei voluto conoscere. Se solo non fossi suo amico da così tanti anni, probabilmente gli chiederei se nel suo vocabolario la parola pudore abbia una qualche rilevanza (non che nel mio sia una parola fondamentale, ed è per questo che siamo così affini).
<< Perché no! Dovremmo comprarcela tutti e due. D'altra parte il ballo di fine anno è vicino, e ancora ci manca qualcuno da invitare >> commento, spruzzandomi una buona dose di profumo e procedendo ad impiastricciare i miei capelli corvini con il magico cosmetico. La regola del college è questa: finiti gli allenamenti di football bisogna uscirne vittoriosi e più belli di prima.
<< Come posso invitare una ragazza? >> domanda Koutarou dopo essersi vestito, rubando il pettine dal mio armadietto ed iniziando ad impennare le proprie ciocche verso l’alto. Sorride compiaciuto, e lanciandosi in smorfie astruse per apparire più affascinante ottiene il risultato contrario.
<< Come puoi invitare una ragazza? Beh, vai da lei e glielo chiedi. >>
Uno sguardo preoccupato e perplesso si staglia sul suo viso, riflesso nello specchio davanti a me. Tempo dieci secondi e Bokuto inizierà a farneticare su quanto sia un fallimento e su quanto sia sfortunato, inetto ed incapace, pur essendo un talento ed uno schianto. È la quarta volta che accade nel corso della giornata, ormai ci sono abituato.
<< E se dovesse dire di no? E se non le piacessi? >>
<< Prova con qualcun'altra >> rispondo sorridendo, convinto che in un modo o nell’altro sarebbe riuscito ad accalappiare qualcuna.
<< E se dovesse andare male con tutte? Voglio dire, sarò anche il miglior giocatore di football della scuola, e probabilmente dell'intera città, ma sai come sono le donne, sempre incontentabili! Le vedi con i loro giubbotti rosa caramella zompettare in giro per il college e già ti prende lo sconforto! >>
Si siede sulla panchina. L’asciugamano che prima copriva i suoi fianchi ricade mollemente sulla sua testa con un movimento secco. Bokuto è in lutto.
<< Solo perché tu sei coerente come una bussola rotta, Bo >> esclamo, investendolo con un sorriso e con uno schiaffo sulla schiena.
<< Non è divertente! >> ribatte alzandosi in piedi, convinto di potere avere la meglio su di me.
<< Mal che vada, prova ad invitare un ragazzo! >> gli consiglio, togliendogli l’asciugamano dai capelli appiattiti e dirigendomi nuovamente verso l’armadietto per chiuderlo.
<< Un ragazzo? Ma che stai dicendo? >> ridacchia, afferrando il borsone ricolmo di indumenti sporchi e sudati. Io, al contrario, mi fermo, abbassando lo sguardo. Le mani e il respiro a mezz’aria.
<< C'è qualcosa di male, secondo te? >> gli domando.
<< No… voglio dire, è soltanto un po' strano chiederlo ad un ragazzo, non credi? Di solito queste cose si fanno tra un lui e una lei! >>
Bokuto Koutarou, il mio migliore amico, è ottuso. Ogni volta che ricadiamo in questi discorsi scomodi è come se si trasformasse in qualcun altro, in qualcuno che non è la mia perfetta e speculare metà. Vorrei essere chiaro con lui e dirgli come stanno veramente le cose, ma probabilmente non capirebbe, probabilmente si rannuvolerebbe e si allontanerebbe da me, incredulo e stupito dalla mia vera natura. O almeno, questo è quello di cui ho paura.
<< Kuroo? >> mi richiama, appoggiandomi una mano sulla spalla.
<< Forza, mettiti le scarpe e andiamo a comprare altra brillantina. I tuoi capelli fanno schifo. >>
 
È successo quando meno me lo sarei aspettato. È successo per distrazione. Ho scorto il suo volto pigramente, in maniera disinteressata, casuale. Il casco da gioco copriva parte della mia visuale ed il ciuffo di capelli neri rendeva striata la figura raggiunta dal mio sguardo. Intravederlo seduto sulle gradinate dello stadio, solo ed annoiato, con un quaderno in una mano e una matita nell’altra, mi ha scombussolato. Mi sono chiesto il perché di quella silenziosa presenza, mi sono chiesto perché quel ragazzo dai capelli scoloriti si trovasse lì, concentrato a studiare. Non dava segno d’interesse nei nostri confronti, puzzolenti e rozzi giocatori di football, ma non dava nemmeno cenno di essere affascinato da ciò che stava leggendo. Una statua di marmo il cui sorriso doveva ancora essere scolpito, una statua affascinante reclusa in un angolo del museo, una disturbante presenza quieta e poco ingombrante, capace di sotterrare con la sua forza anche gli animi più gioviali ed immaturi. Richiamarono la mia attenzione a gran voce, spronandomi  a continuare l’allenamento. Fu in quell’istante che il giovane dai capelli di grano e pece alzò lo sguardo, indirizzandolo  nella mia direzione; lo salutai con un goffo cenno della mano, che lui imitò timidamente. Poi se ne andò. Se solo il mio corpo non avesse mostrato evidenti segni di felicità, probabilmente avrei pensato di essermi immaginato tutto.

 
31 maggio, 1957
 

<< Perché vuoi fare questo stupido gioco, Bo? Siamo solo in due! Potremmo farci una passeggiata, o prepararci qualcosa da mangiare…dei popcorn magari! O perché non raggiungiamo gli altri a casa di Lev? >>  Bokuto mi zittisce con un rapido movimento del braccio, accompagnato da un convinto sfarfallio della mano destra.
<< Obbligo o verità? >> insiste, sorridendo e lanciandosi sul mio preziosissimo divano. Se le ragazze sono solite fare pigiama party in cui i momenti più attesi della serata sono le battaglie di cuscini e la stesura dello smalto, le serate tra me e Bokuto sono fatte di birra, saltuarie passeggiate per il quartiere e discorsi proibiti e spesso indesiderati.
<< Bokuto, smettila, non ci gioco con te ad obbligo o verità, abbiamo forse dodici anni? >> sentenzio, incrociando le mani sul petto.
<< A dodici anni eri più simpatico! Non accetti nemmeno se ti prometto di offrirti hot dogs per tutta l’estate? >> cantilena, facendo ondeggiare la testa da una parte e dall’altra.
<< Non hai tutti quei soldi >> controbatto sghignazzando.
<< Nemmeno se prometto di non rivelare a nessuno la tua passione sfrenata per le… >>
<< E va bene. Giochiamo. Ma sappi che sei un piantagrane! >>
Quando Bokuto inizia a minacciare di rivelare al mondo intero i tuoi segreti, è meglio soddisfare i suoi desideri. Non che abbia mai spifferato qualcosa sul mio conto in giro, sono all’oscuro di quello che potrebbe fare e di ciò che non farebbe. Sbuffo, sedendomi sul divano, di fronte a lui.
<< Scelgo verità. >> 
Bokuto alza le sopracciglia, mordendosi leggermente il labbro inferiore, sintomo di un’insaziabile sete di conoscenza. Mi spaventa, ma sarebbe stato decisamente peggio scegliere l’obbligo: Koutarou è capace di cose inimmaginabili.
<< Qual è la ragazza che ti piace? >> incalza, avvicinandosi vertiginosamente al mio naso, invadente come solo lui può essere.
<< Non c'è nessuna ragazza che mi piaccia, ora come ora >> confesso.
<< Non ci credo, Kuroo! Di' la verità al tuo fratellone! >> 
Posiziona il suo braccio intorno al mio collo, arpionandomi con forza. Ho sempre risposto sinceramente alle sue domande e anche quest’oggi è stato così, con l’unica differenza che nella verità serpeggia una piccola bugia; Bokuto deve averla individuata senza ombra di dubbio.
<< Non ti ho mentito. >> 
<< E allora per chi era questo? >> 
Fruga nella tasca destra della giacca di pelle nuova, estraendo un biglietto sgualcito; dopo averlo aperto, lo sventola davanti ai miei occhi. Che sia stato il nuovo look ad averlo reso così furbo? Che siano i capelli impomatati e ritti sopra la testa ad averlo trasformato? Come ha fatto a trovare quel biglietto?
 
"Vuoi venire al ballo con me?"
 
<< Dove l’hai trovato? Da quando ti fai i fatti degli altri in questa maniera? >> esclamo allontanandolo da me e strappandogli il biglietto dalle mani.
<< Stavo passeggiando per i corridoi. Questo simpatico pezzo di carta è caduto da un armadietto in cui era stato conficcato, si è aperto davanti ai miei occhi e, toh! ho riconosciuto la tua firma! Perché non mi hai detto nulla? Non credo che ci siano altri Tetsurou Kuroo al college, o mi sbaglio? >>
Noto un lieve disappunto nel suo sguardo. Capisco che si sente tradito, umiliato, abbandonato. Sorride per non farmela pesare, ma comprendo come possa sentirsi. Se Bokuto mi nascondesse qualche cosa e io lo venissi a scoprire per vie indirette, probabilmente reagirei allo stesso modo. Che sia finalmente arrivato il momento di rivelargli come stanno effettivamente le cose? È più rischioso perderlo per incomprensione o per mancanza di fiducia? Sarebbe decisamente stato meglio fare dei pop corn.
<< Prometti di non dirlo a nessuno >> sussurro.
<< Spiegati meglio >> continua lui, diventando improvvisamente serio.
<< Era per un ragazzo. >> 
Bokuto sbarra gli occhi, rilasciando mollemente cadere le braccia sulle gambe incrociate. Il suo sguardo torvo si sbriciola nel mio, imbarazzato e speranzoso di essere accettato. Pensavo che sarebbe stato facile ammettere questo sentimento, ma non pensavo potesse risultare così difficoltoso davanti alla persona a cui tengo di più al mondo, il mio migliore amico.
<< Kuroo, mi stai dicendo che ti piacciono i ragazzi? >> domanda, espressione indecifrabile ad incorniciare il suo volto allungato.
<< Beh, diciamo che ultimamente ne sono particolarmente attratto. Ma probabilmente non capisci e ti sembrerà assurdo che possa essere così, dal momento che sono stato con almeno una quindicina di ragazze. >> 
Bokuto rimane in silenzio, alzandosi dal divano. Inizia a passeggiare per la stanza. Noto il suo disagio, leggo sul suo volto un velo di confusione provocata dalla mia confessione, comprendo che, forse, avrei dovuto aspettare ancora un po’ prima di parlargliene. O forse no, forse è semplicemente indeciso su che cosa dirmi, su come capirmi. Lo vedo scomparire in bagno. Il rubinetto scroscia acqua rumorosamente. Mi avvicino alla porta accostando un orecchio, cercando di capire che cosa stia facendo. Vorrei dirgli di dimenticarsi che cosa gli ho appena detto, che è stato uno scherzo, una barzelletta raccontata male, una presa in giro senza altri scopi. Ma io a Bokuto non mento, mai.
<< Bo, ascolta… se esci dal bagno posso spiegarti meglio… >>
La porta si spalanca, Koutarou sosta davanti a me sorridente, completamente diverso da com’era pochi secondi prima di uscire dal bagno. Sesto sbalzo d’umore della giornata.
<< Forza, dammi un bacio >> pronuncia velocemente, ma scandendo bene le parole. Questa volta quello ad essere stupito sono io. Scuoto la testa lentamente, cercando di addentrarmi nel disordinato e piccolo cervello di Bokuto Koutarou con scarso successo. Bofonchio qualcosa dal senso poco compiuto prima di chiedere nuovamente che cosa intendesse con quel “dammi un bacio”.
<< Ti ho detto di baciarmi. Voglio capire che cosa si prova >> spiega lui, sorriso che non accenna a scomparire e cassa toracica che si alza e che si abbassa con ritmo incostante.
<< Essere attratti dalle persone dello stesso sesso non ha nulla a che vedere col baciare il proprio migliore amico. >> 
Bokuto abbassa lo sguardo, deglutendo rumorosamente.
<< Ma voglio capire che cosa potrebbe provocare in me. Voglio capire che cosa proveresti tu. Mi sono anche lavato i denti per l’occasione. Spero che non ti dispiaccia il fatto che io abbia usato il tuo spazzolino >> dice con un filo di voce, sfoderando un ghigno imbarazzato ed indicando il lavandino alle sue spalle. Si avvicina a me lentamente. Noto un fremito nelle sue mani, uno strano traballare delle gambe, simili ad assi instabili di un tetto.
<< Solo perché sei tu. Ma sappi che non mi piaci. In quel senso, ovviamente >> sussurro, allungando una mano verso la sua spalla destra e avvicinandolo incoscientemente e naturalmente a me.
<< Nemmeno tu mi piaci, fratello. >> 
L’irrazionalità di ciò che sta capitando è estrema, è un flusso di emozioni contrastanti e prive di un nome.
Contatto, pressione, abbandono.
Bokuto posa le sue labbra fresche di dentifricio sulle mie, le braccia di entrambi ricadono lungo il corpo attraversate da una strana tensione. Chiudiamo gli occhi all’unisono, istintivamente. Koutarou non lo sa, ma lui è il primo ragazzo che bacio: questa è la nostra prima volta. È buffo come il destino possa aver generato una situazione tanto paradossale, come possa aver deciso che sarebbe stato Bokuto ad insegnarmi come fare questo genere di cose. Sono felice di condividere questa esperienza con lui, esperienza che probabilmente dimenticheremo all’istante, o ricorderemo per la vita, o ripeteremo all’infinito. Koutarou allunga una mano verso i miei fianchi, succube dell’adrenalina del momento. Mi strattona a sé approfondendo il bacio, lingue che vengono a contatto come due serpenti che si sfidano a duello. Mi piace baciare Bokuto. È irruente, trascinatore, eclettico. Cingendogli la schiena, quasi mi chiedo come debba baciare il ragazzo a cui sono realmente interessato, il ragazzo dai capelli slavati e dal nome sconosciuto. Probabilmente, il suo bacio sarebbe diametralmente opposto a quello di Bokuto, sarebbe delicato, indeciso, tentennante. Ma questo non posso ancora saperlo. Ma questo non è importante, in questo momento. Non capisco più niente.
Bokuto si stacca da me facendo schioccare le labbra. Ripone le avide mani sui suoi fianchi e poi, nuovamente, sorride, soddisfatto di aver portato a termine la sua missione.
<< Non è nulla di strano. Voglio dire, è come baciare una ragazza, solo più... più…. Beh, è forte. >> 
Sono sconvolto e leggermente instabile: sapere che a Bokuto è piaciuto ciò che è appena accaduto mi tranquillizza e mi rasserena ai limiti dell’immaginabile. Bokuto ha compreso. Ciondolo sul posto, rosso in viso e sollevato nell’animo.
<< Allora, chi ti piace? >> mi domanda, abbracciandomi fraternamente. Ci impiego diversi secondi a rispondere, immagini che si susseguono nella mia mente come un disordinato raffazzonarsi di fotografie. Bokuto e il ragazzo sconosciuto si mescolano in una dolceamara visione.
<< È di un anno più piccolo di noi. È piccino, timido, silenzioso. Non l'ho mai visto sorridere. Non ci ho nemmeno parlato, se per questo… >> 
<< E allora perché ti piace? >> Questa domanda mi spiazza più di quanto le mie risposte possano aver spiazzato Bokuto.
<< Perché è fuori moda, poco socievole, incredibilmente intelligente ed unico nel suo genere. È il mio opposto. >> 
Ci sediamo sul divano, nelle stesse posizioni in cui eravamo seduti prima che Bokuto decidesse di provare il brivido del bacio.
<< Se non lo conosci, come fai a sapere tutte queste cose di lui? >> mi chiede grattandosi la testa, scompigliando i suoi nuovi capelli all’ultimo grido.
<< Io non lo so, in verità. Ma sono certo che sia così. L’ho capito semplicemente guardandolo. >>
E Bokuto, dopo aver posato i suoi piedi sulle mie gambe, inizia a sfornare mille consigli efficaci su come conquistare l’innamorato, più che certo che la legge per cui gli opposti si attraggono sia veritiera.
 

1 giugno 1957
 
“Non lo so, Kuroo Testurou, se verrò al ballo con te.
- K. K. ”
 
“Se vuoi darmi una possibilità, incontriamoci nel vecchio stadio dopodomani, non appena fa buio.
-Kuroo.”
 
3 giugno 1957
 
Si chiama Kozume Kenma e mi ha dato una possibilità.
Siamo rimasti seduti per tutta la notte sulle gradinate del vecchio stadio abbandonato, ricoperti di brividi e di audacia. Abbiamo parlato per ore ed ore, io un po’ di più, lui un po’ di meno. Ci siamo raccontati esperienze di vita vissuta e di vita sognata, io ho bevuto due birre, lui nemmeno una. Il bello di Kozume è che comunica limpidamente il suo modo di essere anche senza raccontarsi. Kenma è come un vicolo cieco, come un ripostiglio in cui nascondere le cose. A lui piace il silenzio ed ama ascoltare, ascoltare i rumori per poi descriverli, riempiendo pagine e pagine di quaderni usati e tovaglioli accartocciati. È un poeta della casualità, perchè non ricerca le cose: le trova e basta. Il volto pare quello di un bambino, ma lui è un gigante, un gigante buono e solitario che dall’alto del suo metro e settanta si diverte a spostare le stelle ogni notte. Kenma è come un vicolo cieco, come un ripostiglio in cui nascondere le cose: in lui trovi tutto e tutti, ma lui non si trova mai. In lui trovi il panettiere, il meccanico, l’impiegato, la studentessa di quindici anni e quella di venticinque, trovi il barbone e la prostituta, il corrotto e l’innocente. In lui trovi gli occhi, i desideri, le paure, le parole, i mondi, i fremiti, i sorrisi, i conati di vomito del sabato sera, l’euforia, l’apatia, la malinconia. Eppure, lui, non si trova mai.
Se fosse un fiume sarebbe il Tamigi, se fosse di qualche materiale incendiabile sarebbe di stoffa, se fosse un secolo sarebbe il 1400, pieno di guerra e di pace.
A lui non piacciono le curve, ma le righe dritte e gli schemi. Vorrebbe innamorarsi di una persona in carne ed ossa, ma ancora non gli è capitato; si nasconde dietro ai capelli troppo lunghi e al cappuccio della felpa grigia.
Non credo di essermi immaginato tutto, ma se così fosse, questo è decisamente un bel sogno. Non mi ha ancora detto se verrà  o meno al ballo con me.
 

16 giugno, ballo di fine anno.
 
La palestra del college è ricolma di studenti e di professori. Vistose sfumature di colori illuminano le pareti dell’ampia sala, le gonne scintillanti delle ragazze e le luci sfavillanti dei riflettori rendono l’atmosfera più sofisticata del previsto. La rock ‘n’ roll band inizia a riscaldare l’atmosfera con cautela, trattenendo i brani più movimentati per il vivo della festa. Molte ragazze se ne stanno sedute ad aspettare qualcuno, la maggior parte dei ragazzi, invece, ha già una compagna. L’unico ad essere solo, sono io. Non lo sarei del tutto se Bokuto, scapolo anche lui per solidarietà, fosse qui con me: è sparito ormai da mezz’ora. Nemmeno Kenma si è ancora visto. Il suo malcelato rifiuto a venire al ballo con me mi ha lasciato interdetto, ma ancora più allibito mi lascia il fatto che lui non sia qui, che non si sia nemmeno presentato. Non sarebbe stato più semplice dirmi che non avrebbe partecipato? Forse temeva che così facendo avrei potuto ancora insistere per cavare dal buco un appuntamento con lui? Che ingenuo.
Passeggiare avanti e indietro e scambiare qualche saltuaria parola non era nei miei programmi. Non so nemmeno cosa fosse nei miei programmi, a dire il vero, quindi non mi resta che accettare passivamente la situazione. Non sono il tipo che si arrende, ma senza Bokuto e senza Kenma, non ho molte possibilità di passare una serata all’insegna del divertimento. O meglio, potrei, ma mi sento debole, privo di vitalità.
<< Ehi, Kuroo! >>
Una voce alle mie spalle mi sorprende con la stessa violenza di un tuono.
<< Oh, Lev! Mi ero scordato che venissi anche tu. Dov’è la tua bella? >> domando, versandomi da bere in un vistoso bicchiere rosso.
<< Non c’è nessuna bella, ma ho portato mia sorella! >> spiega, indicando il corridoio alle sue spalle.
<< Si è fermata a posare la borsetta al guardaroba. Lo sapevi che abbiamo un guardaroba? >> bisbiglia Lev, guardandomi interrogativo e stupito. Appresa la notizia ed individuatolo, decido di dirigermi verso il fatidico guardaroba per posare il mio borsone, effettivamente troppo pesante per essere trasportato sulle spalle per ore.
Corridoio corto del primo piano, ultima aula a sinistra.
<< Ciao! Vorrei lasciare questo borsone… Kenma? >>
Kozume mi guarda stranito, accennando a nascondersi dietro ad una rella di abiti con poco successo. Abbassa lo sguardo spezzando l’invisibile filo che ci collega, imbarazzato e avvolto dal senso di colpa. Sento il suo respiro farsi più affannoso, le mani si stringono in due pugni tremanti con un gesto automatico.
<< Quindi eri qui. Potevi dirmelo che saresti stato impegnato in questo genere di lavoro, avrei potuto aiutarti. O per lo meno, non sarei rimasto così sulle spine aspettando una tua risposta. >>
Kenma apre la bocca più volte, vuota di parole e colma di sospiri. Sta cercando di dirmi qualcosa e con estrema fatica mi dimostra di sentirsi profondamente a disagio. Mi avvicino, oltrepassando la fila di banchi che delimita l’area del guardaroba e gli tendo una mano in segno di conforto; Kenma non l’afferra.
<< Scusami, Kuroo, hai ragione. Ma vedi, io sono fatto così, non amo gli ambienti affollati e, soprattutto, gli ambienti affollati non amano me. Non sono molto simpatico alle persone >> balbetta, srotolando a poco a poco la verità.
<< Non stai molto simpatico alla gente? Ti hanno mai parlato? >> gli domando, alzando le spalle e corrucciando il volto. Vederlo in questo stato è destabilizzante. Per quanto poco lo conosca ho già inteso la sua grandezza, la sua mente essenziale e geniale, e vederla sanguinare e zampillare per colpa di voci qualunque mi fa perdere le staffe.
<< A dire il vero è stato reciproco il silenzio. Spesso parlano male di me e mi usano per soddisfare loro esigenze. Immagina se io fossi venuto alla festa con te, immagina se mi avessero visto attraversare la sala da ballo accanto ad un ragazzo. Forse una ragazza avrebbe convenuto di più, ma io non convengo alle ragazze. >>
<< Kenma, sono dispiaciuto che tu non mi abbia detto queste cose, avrei potuto aiutarti… infondo… >>
Un ronzio, accompagnato da uno strano scrosciare di fogli e da un campanello elettronico risuona per la classe, per i corridoi e per l’intero college: qualcuno ha attivato gli altoparlanti.
<< Prova, prova! Si sente? >>
<< Bokuto? >>
Quella che sento è indubbiamente la sua voce, la roca voce di Koutarou. Che si sia intrufolato nell’ufficio della preside e abbia ridotto a suo completo monopolio il microfono? Qual è il suo intento? La ragione mi dice che non è nulla di buono, l’istinto mi convince del contrario.
<< Ehm, ciao a tutti! Spero ve la stiate spassando. Bene! Volevo informare tutti quanti che la signora preside ha esplicitato che quest’anno il premio di re e di reginetta del ballo verrà attribuito solo dopo il superamento di una prova, altrimenti potete scordarvi di ricevere il premio e anche la promozione alla fine dell’anno. La regola è di cambiare le coppie, abbandonare la propria fanciulla o il proprio cavaliere e di formare delle coppie di ragazze e ragazze, e di ragazzi e ragazzi! Insomma, donne con donne, uomini con uomini. Chiunque non si trovi in palestra corra subito e la raggiunga! Chi non balla, invece, vincerà il premio di sfigato dell’anno, consegnato da me in persona! Cazzo, speriamo che si senta la musica! >>
La velocità con cui le nostre iridi si raggiungono supera la velocità del tuono, del suono, della luce. Un sorriso spontaneo affiora dalle mie labbra, diverso dal solito ghigno per cui chiunque ormai mi riconosce. Sono esterrefatto, meravigliato, disgustato dalla bellezza di ciò che sta accadendo a me, proprio a me. Inizio a ridere, combattuto se saltare al collo di Kenma o a quello di Bokuto, principe della sregolatezza, Cupido occasionale. È un movimento improvviso di Kenma a scaraventarmi nuovamente nella dimensione della realtà, un contatto inaspettato e tiepido, timido ed invadente quanto un raggio di sole che fa capolino da una serranda abbassata. Kenma mi ha preso le mani, senza dire nulla.
<< Mi concedi questo ballo? >> gli chiedo io.
Senza attendere nemmeno un secondo ci precipitiamo al piano di sotto, facendo irruzione nella grande palestra. Tempo di sistemare i capelli e di spolverare le spalle della mia giacca di pelle, che subito la sconvolgente “Hound Dog” di Elvis Presley elettrizza tutti i ballerini, sia quelli divertiti che angosciati dall’insolita situazione. La rock ‘n’ roll band, interdetta dalla faccenda, abbandona gli strumenti uscendo dall’uscita di sicurezza della palestra a fumare qualche sigaretta. Intanto, io e Kenma balliamo. Il fatto che mi venga da muovere il bacino in maniera incontrollata e che mi venga da strizzare gli occhi ad ogni piccolo accenno di vitalità da parte di Kenma mi fa sentire un bambino che scopre che cosa significhi provare piacere, mi fa sentire vivo: Kozume mi regala queste sensazioni. Lo prendo per mano, lo faccio volteggiare afferrandolo per i fianchi e per le spalle; ci scambiamo di posizione e di ruolo, saltiamo, corriamo, roteiamo. Gli concedo di indossare la mia giacca di pelle per l’intero arco della serata, sperando che diventi sua e che non me la restituisca mai più. Alla fine della canzone, mentre i nostri volti si sono avvicinati paurosamente e sfacciatamente, noto un rossore cospargere le sue gote. Kenma, in quello strano guazzabuglio di stranezze, decide di stupirmi compiendo il gesto più strano: sorride.
 
Bastano pochi istanti per farci ritrovare chiusi in un cubicolo dei bagni del secondo piano a baciarci come due amanti disperati ed affamati.
È proprio come me l’ero immaginato.
 

01:44, 16 giugno 1957
 
<< Bo, sei un amico. Un po’ svitato, ma sei un amico. Ringrazia che non ti abbiano sospeso a vita! >> esclamo, camminando al suo fianco a piedi scalzi. Le scarpe da ballo sono decisamente scomode.
<< Sai che la preside ha un debole per me, mi doveva un favore! >> scherza lui, chiudendo gli occhi e sorridendo compiaciuto.
<< Credo di doverne io uno a te >> propongo, assaporando sulle labbra ancora il sapore di Kenma.
<< Non dire sciocchezze! Tuttavia, se ti andasse di offrirmi qualche hot dog… Io non ho abbastanza soldi, l’hai detto tu! >>
La luna ci accarezza con bonarietà, la strada costellata da villette a schiera è deserta. La nostra risata crepa con discrezione il silenzio che ci circonda, e la mia mente ringrazia il destino per avermi donato la felicità, una giacca di pelle e della brillantina. Bokuto Koutarou e Kenma Kozume.
 
 

 
 
 
Angolo dell’autrice: con un giorno d’anticipo, eccomi qui! <3 Ammetto che non vedevo l’ora di pubblicare questo capitolo (e infatti spero di non aver dimenticato errori per la foga di pubblicare) e ora vi spiegherò anche perché: innanzi tutto perché in molti mi hanno chiesto di scrivere una KuroKen e quindi spero di avere in un certo senso soddisfatto queste lettrici (incrocia le dita), in secondo luogo perché ho visto la realizzazione di questo capitolo come una vera e propria sfida (essendo io dalla parte della KuroTsukki), e in terzo luogo perché ho inserito un po’ di BoKuroo, nuova ship che mi sta facendo letteralmente perdere la testa (fissa intensamente EmsEms per avermi trascinato in questo oblio bellissimo, questa fanfiction è anche un po’ tua, per la BoKuro ovviamente). VI GIURO CHE NE SONO OSSESSIONATA. BoKuro a parte, spero che vi sia piaciuta e spero di aver reso bene ogni personaggio, in particolare Kenma. Trovo molto difficile entrare in empatia con lui, quindi vi prego di dirmi se avete trovato qualcosa di poco azzeccato! Intanto, cose da sapere su questo capitolo:
- Le musiche a cui mi sono ispirata: “Hound Dog” di Elvis, “Glamorous Indie Rock n Roll” dei The Killers, “Toothpaste kisses” dei The Maccabees.
- Mi sono ispirata tantissimo al film Grease per tutta l’ambientazione.
Grazie a chi legge, preferisce, recensisce, segue e quant’altro, siete delle gioie! <3 Al prossimo capitolo! –va a pensare perché non ha idee su che cosa scrivere. Maledetti anni Sessanta-.  
_Noodle
  
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