Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: ombra_di_cenere    02/02/2017    1 recensioni
La prima volta che lo vidi pensai avesse l'atteggiamento da leader, sì l'atteggiamento di quelle persone che ti avrebbero guidato sempre con giudizio e correttezza.[...] Le sue parole suonarono così convincenti e sincere, il suo sguardo trasmetteva una sicurezza mai provata prima e pensai : “ Dannazione! Seguirei questo biondo pure in braccio ad un gigante se mi chiedesse di fidarmi di lui!”.
È stato lo stesso biondo nel quale riposi la mia fiducia che ci guidò in questa missione suicida.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parla la scrittrice: mi scuso in anticipo ma questo capitolo è più lungo dei precedenti! Spero non lo troviate troppo peante :/
Buona lettura!


~Sento il naso pizzicare. Apro gli occhi e scopro la mia posizione: seduta sulla sedia, appoggiata col torace sul letto, la testa appoggiata su un braccio piegato, una mano allacciata a qualcosa.
“A cosa?”, alzo la testa e vedo le mie dita intrecciate con quelle di Erwin. Subito sento il cuore iniziare a battere più velocemente, anche solo un contatto così semplice mi imbarazza. Sono sicura di non essere stata io a prendergli la mano, non ne avrei mai avuto il coraggio.
Mi sento una stupida: posso correre verso un titano senza nessun timore ma non riesco a prendere per mano Erwin senza arrossire. Sorrido leggermente guardando come dorme tranquillo. La testa appoggiata di lato sul cuscino, i capelli arruffati e le guance ancora arrossate. Noto che non ha più il panno sulla fronte; sul comodino vedo il libro che stavo leggendo prima di addormentarmi e sul quale avevo appoggiato il braccio. Erwin deve essersi svegliato, avermi spostato il libro da sotto il viso e deve avermi preso la mano. Sento un brivido nello stomaco, non sono abituata a certi gesti. La sua mano è grande e la pelle leggermente ruvida a causa del continuo uso delle lame. Le unghie sono arrotondate e seguono la forma delle dita; per un po' mi concedo di concentrarmi solo sul calore della sua mano contro la mia.
Mi torna in mente ciò che è successo ieri. Mi sento tremare dall'interno, è stata una sensazione particolare. La sorpresa del gesto unita alla delicatezza del suo tocco mi hanno condotta in un vortice di emozioni indescrivibili per me: non mi era mai capitato prima.
“Come devo comportarmi ora?”, meglio far finta di niente? Meglio prendere la cosa seriamente e parlarne subito?
“No, non voglio parlare! Che vergogna!”
Decido che continuerò a fare come sempre, anche se sarà più difficile di prima visto quel bacio.
Riporto la mia attenzione al suo viso, le labbra rosate sono tremendamente invitanti.
“Ma che vado a pensare!?”
Sciolgo le nostre dita e decido di andare a prendergli qualcosa da mettere sotto i denti, è da ieri che non mangia nulla. Prima di uscire gli sistemo le coperte e il panno sulla fronte, sperando che non se lo tolga ancora. Silenziosamente mi avvio vero la porta; mi volto a guardarlo, dorme ancora così come si è addormentato ieri sera.
Dalla cucina prendo dei biscotti e una mela, però non mi sembra il caso di portargli del caffè...
“Servirebbe del thè!” penso a dove possa trovarlo e subito mi salta alla mente l'immagine di Levi che, al posto del caffè come tutti noi, sorseggia Thè caldo a colazione.
Mi avvio verso la sua stanza, so dove sia ma non ci sono mia entrata. Arrivata davanti alla porta busso come mio solito e la domanda che proviene dall'interno mi stupisce:
- Chiunque tu sia sei malato? - la voce del caporale arriva attutita dalla porta.
- Sono Vale... e non sono malata - sono perplessa.
Da dietro la porta sento armeggiare con la serratura finchè questa non scatta e vedo comparire Levi.
Cerco di trattenere una risata. Ha il suo foulard tirato fin sopra il naso, come se fosse una mascherina per coprire la bocca. Si vedono solo i suoi occhi piccoli e stretti che mi osservano guardinghi. I capelli neri e lisci sono spettinati.
- Sì, non sembri malata. Che c'è?
- Sono qui per chiederti del thé per Erwin... Ha la febbre alta e forse questo potrebbe farlo star meglio.
Ho paura che mi sbatta la porta in faccia visto lo sguardo assassino che mi dedica.
- Io non condivido il mio thè con nessuno... -  “ora mi picchia!”, sono leggermente preoccupata; i nostri occhi sono alla stessa altezza. Noto che il suo sguardo cambia:
- Per questa volta farò un'eccezione! Ne vuoi anche tu? - si toglie il foulard dal viso e mostra il suo nasino arrossato.
- Io no grazie. Ma sei malato?
- Raffreddato! E non voglio peggiorare quindi non ho parlato con nessuno per tutto il giorno ieri!  sparisce da qualche parte al di là della porta.
- Come sai che son tutti malati allora?
- Hanjie era messa male e ha avuto il coraggio di venire a cercarmi! E poi sai che ha fatto? Lo sai che ha fatto?! Mi ha starnutito addosso! - ricompare da dietro al porta e mi spavento vedendo i suoi occhi pieni di odio, - Io la soffoco mentre dorme quella pazza!
Si gira con uno scatto per starnutire.
- Salute! Se può consolarti tu sei ancora messo bene... Erwin è svenuto e delirava un po' ieri...
Levi strabuzza gli occhi;
- In che senso “delirava” ?
- Nel senso che parlava a vanvera e sembrava, non saprei, ubriaco quasi. Però non sempre, solo quando la febbre saliva!
Fa un mezzo sorriso e annuisce leggermente facendo muovere i capelli neri.
- Avrei voluto vederlo! - storce la bocca deluso mentre mi porge una bustina con le foglie secche di thè e un filtro – Ecco, lascialo in infusione almeno tre minuti!
Si volta ancora e starnutisce.
- Salute! Grazie mille Levi, ti devo un favore! - lui scuote una mano.
- Me ne ricorderò!
Saluta e chiude la porta. È sempre molto socievole. Mentre mi allontano sento ancora uno starnuto provenire da dietro la porta della sua stanza.
“Povero Caporale!”

         
Tornata da Erwin con biscotti, mela e thè infuso, noto che sta ancora sonnecchiando.
Il suo torace si alza e si abbassa regolarmente, ha una mano poggiata sul ventre. Tolgo il panno dalla sua fronte, gli scosto i capelli spettinati e poggio le mie labbra sulla sua pelle. È ancora caldo, ma molto meno di ieri. Sento il suo profumo e senza pensarci lascio un bacio leggero sulla sua fronte prima di allontanarmi.
“Vale sei cotta!” , sì sono senza speranze. Vederlo così calmo mi tranquillizza; sono certa che potrebbe dormire ancora per ore però decido di svegliarlo oppure il thè si raffredderà troppo. Come posso fare?
Mi torna alla mente un ricordo risalente agli anni di addestramento: Felix addormentato sul banco e io che lo sveglio tappandogli naso e bocca.
Felix...
Da quanto è che non penso a lui? Da quanto non penso a tutti i miei compagni?
Una fitta di malinconia mi taglia il cuore, chiudo gli occhi per concentrarmi e non far scorrere le lacrime che sento preparate sotto le palpebre. Prendo un respiro profondo, cercando di tornare a concentrarmi su Erwin. Mi ritorna alla mente il nostro primo incontro, quando mi ha salvata e poi mi ha accompagnata a cavallo. Era lo stesso giorno in cui Felix morì...
In quella missione ho perso un amico e dei compagni ma ho conosciuto lui... non so se essere felice o triste.
“Il passato è passato, arrenditi Vale” , per una volta mi do ragione.
Ritorno al presente: devo svegliare Erwin. Mi siedo sul bordo del letto e appoggio una mano sulla sua spalla.
- Erwin... Erwin, svegliati... - lo scuoto leggermente. Non sembra minimamente infastidito.
- Erwin – lo punzecchio con un dito sulla spalla, non si muove nemmeno.
- Erwin! -  provo a scuoterlo con più forza. Niente, continua a dormire come se nulla fosse. Decido di passare alle maniere forti: faccio davvero come con Felix e gli tappo il naso.
Finalmente scuote la testa in segno di protesta e mormora qualcosa dopo che ho allontanato la mano dal suo viso. Mi rendo conto solo ora della brutalità del mio gesto! Lui non l'avrebbe mai fatto a me!
- Scusa, scusa, scusa! - inizio a dire prima che lui apra gli occhi, credo ancora traumatizzato dal brusco risveglio. Si porta una mano al volto e con l'indice si picchietta il naso, è adorabile!
Finalmente apre gli occhi e accenna un sorriso.
- Hai strani modi per svegliare le persone... - sbadiglia coprendosi la bocca con la mano.
- Scusa, ma con la gentilezza non ti svegliavi quindi ho dovuto provvedere... - accenno un sorriso imbarazzato, chiedendo ancora scusa con gli occhi. Appena incrocio il suo sguardo mi sento scaldare dall'interno.
- Hai fatto bene! - prende un respiro e si alza a sedere. Stende le braccia sopra la testa, scrocchiando le dita intrecciate. Mentre alza le braccia gli si solleva la maglia, lasciando intravedere una striscia di pelle sul fianco; da sotto le coperte spuntano le mutande nere.
Mi sento arrossire e distolgo lo sguardo. Faccio per dirgli della colazione quando un brontolio di stomaco mi sorprende. Erwin si mette una mano sull'addome e mi guarda mordendosi il labbro: - Ho un po' fame!
Mi sorride imbarazzato e non riesco a trattenere una risata.


       Dopo che ha fatto colazione e si è cambiato, sempre lontano dalla mia vista, io ho rifatto il letto e ora stiamo andando verso il suo ufficio. Erwin si è ripreso rispetto a ieri, sta molto meglio. Tossisce ogni tanto ma non violentemente come la notte scorsa. È comunque sempre rosso in volto e questa cosa non mi dispiace affatto: il rossore delle guance lo rende ancora più affascinante. Finito il thè ha subito voluto cambiarsi per tornare al lavoro, ho provato ad appormi ma alla fine ho ceduto poiché ha promesso che non si sarebbe stancato troppo. Camminiamo vicini lungo il corridoio, le nostre braccia si sfiorano ad ogni passo. Sento il suo profumo leggero, mi piace troppo. Siamo in silenzio e non me la sento di parlare, non saprei nemmeno che dire. Sento i suoi occhi puntati su di me ogni tanto, ma non riesco a ricambiare lo sguardo; non so come comportarmi. Ora che il silenzio ha preso posto sono tornata alla scena di ieri, al bacio e alla ninna nanna. Ripenso a quanto sia stato delicato il suo tocco. Sorrido leggermente. Non abbiamo accennato a quello che è successo, ma sento che qualcosa tra di noi è scattato. Come se fino ad ora ci fosse stato un vetro tra noi due, leggermente incrinato sin dall'inizio, da quando ero io a stare male e ora questo si sia crepato più in profondità, pronto ad andare in mille pezzi.
Trovo conferma di quello che penso quando sento le sue dita sfiorare le mie e il suo mignolo posizionarsi tra il mio pollice e il mio indice.
- Posso? - la sua voce è timidezza pura. Mi sento arrossire ma non riesco ad allontanarmi. Per tutta risposta avvicino la mia mano alla sua e le allacciamo tra loro.
- Hai le mani fredde, stai bene? - la sua voce ora suona preoccupata.
- Sì sì, sono sempre così ma non so perchè. - finalmente riesco ad alzare gli occhi verso i suoi e quando incontro quei due squarci di cielo sorrido per rassicurarlo. Lui sorride a sua volta e continua a stringermi la mano. Cerco di ignorare il mio cuore che batte tremendamente veloce. Mi concentro sul respirare con calma, senza lasciarmi sopraffare dalla situazione. Sentiamo delle voci in lontananza, qualcuno sta arrivando dal corridoio di fronte a noi. Subito allontano la mano da quella di Erwin e incrocio le braccia. Dei soldati sbucano dal lato e ci sorpassano salutando, non posso non notare che hanno quasi tutti un fazzoletto in mano. Noto anche che Erwin, dopo aver ricambiato il saluto, continua a camminare guardando in basso. Ci impiego un secondo a comprendere che la sua espressione sembra quasi scoraggiata o meglio rattristata. Quando comprendo che deve stato a causa del mio gesto mi insulto.
- Erwin scusa io- , mi interrompe – Tranquilla, non fa niente...
Mi sorride, la sua voce sembra normale. “Sembra”  ma non lo è.
Non ci credo sono un'idiota! Avevo paura che ci vedessero e non ho pensato che lui se la sarebbe potuta prendere! Ho solo pensato a nascondere il tutto!
Come posso riparare? Non sono brava in queste cose! Anche solo tenersi per mano mi imbarazza, come posso farmi perdonare senza vergognarmi?
“Ma che importa la vergogna?!” al diavolo la vergogna!
Presa da un impeto di coraggio mi riavvicino ad Erwin e avvicino la mia mano al suo braccio:
- Posso? - chiedo timidamente; il coraggio di prima è già sparito. Lui mi osserva leggermente perplesso e annuisce. Faccio scorrere il mio braccio dietro al suo e ci ritroviamo a braccetto. Lui mi guarda dall'alto, inarcando un sopracciglio. Io faccio spallucce:
- Scusami, sono un'idiota!
- Non pensarlo nemmeno! -  si ferma e mi osserva intensamente, - Hai tutto il diritto di, di non ricambiarmi...
“Cosa?!”
- No Erwin, hai- hai frainteso! - lo guardo dal basso, mi sento arrossire ancora di più. Lui continua a guardarmi. Gli occhi azzurri sembrano spenti della loro solita lucentezza.
- I-io, ho solo un po' vergogna... Degli altri... - distolgo lo sguardo imbarazzata.
- E anche di me. - cerca i miei occhi coi suoi.
- Non è vero! - Alzo la testa convinta di poter sostenere la mia opinione ma appena incrocio i suoi occhi so già di essere nel torto. Lui mi sorride dolcemente, mi fa sciogliere.
- È solo che... I-Io, non so come comportarmi... Sì, cioè, non saprei... Se gli altri ci vedono, io non so se...
Mi rendo conto di quanto io suoni ridicola: non riesco a formulare una frase compiuta quando devo parlare di ciò che provo!
Lui sorride e riprende a camminare verso il suo studio, ormai vicino.
- Stai tranquilla, ho capito cosa vuoi dire.
- È una cosa stupida?
- No, non è affatto una cosa stupida. Significa solo che sei piuttosto introversa, non c'è nulla di male in questo.
Ormai siamo arrivati, questa volta riesce ad aprire lui la porta e appena entrati si siede su uno dei due divanetti ai lati del tavolino centrale. La grande scrivania sul fondo della stanza è ancora ricoperta dalle carte di ieri. Mi avvio verso quest'ultima:
- Preferisci stare lì? - forse è meglio se sta comodo, almeno se gli viene un capogiro o si sente male si può sdraiare.
Lui annuisce mentre si sporge in avanti e appoggia i gomiti sulle ginocchia. Io prendo le carte sparpagliate e gliele porto. Appena arrivo vicina a lui picchietta con la mano al suo fianco, facendomi segno di sedermi. Mi siedo rimanendo dritta, senza appoggiare la schiena.
- Ti senti bene?
Mi sembra più stanco di prima, ma annuisce.
- Posso aiutarti?
- No, figurati, riesco da solo. Piuttosto, perchè non dormi un po'?
- Non ho sonno. - è vero non ho per niente sonno.
- Avrai dormito poco e scomoda, dai pro-, - Davvero Erwin, non ho sonno. Dimmi cosa posso fare!
Lui mi guarda e sospira arrendendosi. I suoi occhi sono belli come sempre, i capelli in ordine, sento dentro un certo pizzicore. Le nostre gambe si toccano, vorrei avvicinarmi ancora di più. Non so che mi prende ma vorrei dargli un bacio, vorrei risentire il suo tocco leggero sulle mie labbra. Continuo a ricambiare il suo sguardo, potrei annegare in quell'azzurro profondo. Ci avviciniamo quasi involontariamente; sento il suo profumo. Non riesco a sostenere il suo sguardo quindi chiudo gli occhi; i nostri nasi si toccano, percepisco il suo respiro sulle guance. Sento il solito calore scaturire all'interno, nel petto. Un brivido mi percorre, siamo così vicini...
Sobbalziamo allontanandoci quando qualcuno bussa alla porta.


L'aria è umida mentre cavalchiamo tra gli alberi. Dopo essere stati interrotti nell'ufficio di Erwin da un soldato che avvisava che metà legione era malata e non dava segni di miglioramento, ho insistito per far parte della squadra che sarebbe andata a cercare rifornimenti di paracetamolo. Inizialmente Erwin si era opposto alla mia scelta ma si è arreso quando gli ho fatto notare che io stavo meglio di ogni singolo soldato presente in base. Ha delegato Levi come capitano della squadra  e ora sto cavalcando al suo fianco, in quanto soldato con la salute migliore, lungo la via del ritorno. Vado fiera dei miei anticorpi: a meno che io non sbatta da qualche parte, come contro degli alberi, non sono mai costretta a letto.
- Hhecchiù! Cazzo!
- Salute! - Levi continua a starnutire e commentare molto finemente, lasciando intendere quanto sia felice di essere raffreddato.
- Passiamo dal lato di destra per il ritorno!
La sua voce è più roca del solito e sembra ancora più svogliato. Continuiamo a cavalcare veloci, col paracetamolo al sicuro nelle bisacce, sentendo più starnuti che parole.
Ci blocchiamo quando, arrivati al villaggio da attraversare, lo troviamo deserto. Mi guardo attorno: non c'è anima viva ma soprattutto alcune case sono per metà distrutte. Siamo sull'attenti, pronti a scattare per qualsiasi movimento sospetto, ma non ci sono giganti in prossimità, la pianura attorno è sgombra.
- Controllate se c'è qualcuno!
Levi smonta e si avvia verso le case sul lato destro, io lo imito dirigendomi a sinistra.
Ora l'aria risuona di richiami: - C'è nessuno? Siamo della legione esplorativa! C'è qualcuno nascosto?
Nessuna risposta, nessun movimento proveniente dalle case. La mia attenzione è attirata da una casa con un angolo distrutto, le macerie ricadono tutte attorno. Mi avvicino e sguaino le lame, mi avvicino: la porta d'entrata dà su una cucina disordinata. Entro e muovo qualche passo verso il centro:
- C'è nessuno?
Sono pronta a scattare, i nervi a fior di pelle anche se non capisco il perchè, dopotutto un titano non potrebbe mai nascondersi dietro una porta, ma non tutti i “cattivi” hanno le sembianze di un gigante. Potrebbero essere passati dei fuorilegge, quei pochi che sono riusciti a scappare dalle prigioni statali e si divertono saccheggiando e distruggendo villaggi.
Sento un rumore alla mia sinistra, mi volto di scatto preparando le lame. Un'anta di un armadietto poggiato a terra si muove leggermente. Piano, piano si socchiude finchè non intravedo un viso. Sbucano delle dita che aprono un poco l'antina e spunta un mezzo volto di bambino; gli occhi spaventati e la carnagione pallida. Abbasso le lame, potrei averlo spaventato. Lo guardo cercando di rassicurarlo:
- Puoi uscire, non voglio farti del male...
Il bambino osserva le lame diffidente, le rinfodero e gli mostro le mani ormai vuote. Mi inginocchio e accenno un sorriso. Subito esce dal nascondiglio e mi si fionda addosso, allacciandomi le braccia al collo. Essendo inginocchiata sono appena più alta di lui e quindi riesce ad abbracciarmi perfettamente. Rimango spiazzata da quel gesto.
- Ho avuto paura...
La sua voce trema, è debole. Le sue mani si stringono sulle mie spalle, lo abbraccio a mia volta delicatamente.
“Chissà che ha visto?” , se il villaggio è stato attaccato e lui è l'unico sopravvissuto, allora deve aver visto l'inferno stesso.
- Tranquillo, ora ci siamo noi!
Mi allontano e lo guardo negli occhi per rassicurarlo; una lacrima gli sta scendendo sul viso, se la asciuga con la manica della maglia. È piccolo, avrà quattro, cinque anni? Non saprei dargli un'età precisa. Ha i capelli neri e gli occhi di un colore verde scuro misto a blu, le guance sono cosparse da lentiggini leggere. Mi ricorda qualcuno, ma non riesco proprio a capire chi ora. Mi rialzo e vedo che mi arriva appena sopra il fianco. Mi prende la mano, senza chiedermi nulla, ma non me la sento di allontanarlo.
- Perchè hai dei coltelli così grandi?
Ora la sua voce sembra più calma, guarda perplesso la mia attrezzatura. Tira su col naso rumorosamente. Dovrei forse chiedergli che è successo? O è meglio se rimando?
- Per combattere i giganti...
- Quindi sei un soldato? - Annuisco.
- E sei anche un eroe? Sai anche mio fratello è un soldato! Lui dice tutti i soldati sono eroi! 
Mi guarda dal basso con gli occhi brillanti. Inizio a camminare verso l'esterno tenendogli la mano. Meglio rimandare le domande.
- Bhe, diciamo che io sono solo un solato. Comunque non so ancora il tuo nome...
Forse se lo faccio parlare lo distraggo dagli avvenimenti che deve aver vissuto. I bambini sono bravi a distrarsi velocemente e lui sembra molto incuriosito da chi sono e dal mio lavoro.
- Mi chiamo Leo soldatessa! E tu? - mi regala un sorriso brillante, sono riuscita a distrarlo.
- Io sono Valentina, ma tutti mi chiamano solo Vale. - gli sorrido a mia volta, cercando di nascondergli il turbamento che serbo dentro. Potremo portarlo in base o dovremo lasciarlo qui? Abbandonarlo sarebbe un gesto inumano, ma la legione non può accogliere i sopravvissuti agli assalti e, se la legge è uguale per tutti, allora vale anche per lui.
- Allora ciao solo Vale! - sventola la manina in segno di saluto. La sua convinzione nel chiamarmi così mi provoca una leggera risata.
- No, hai capito male! Vale, Vale e basta! - lui smette per un secondo di sorridere e sembra riflettere, arricciando la bocca, per poi capire che intendo. Le guance riprendono colore.
- Aaa, scusa Vale!
- Oh figurati...
Appena varchiamo la soglia uscendo all'esterno Levi, che stava tornando al cavallo e passava davanti a noi, si blocca osservandoci. Faccio per parlare ma sono interrotta da un suo starnuto.
- Salute...
Levi guarda me, poi sposta lo sguardo verso Leo, per poi tornare a osservare me e infine riposarlo sul bambino. La sua bocca è semichiusa, come se volesse domandare qualcosa ma non è ancora sicuro di quale domanda porre per prima. Torna ad osservare me, ora ha lo sguardo impassibile di sempre, l'espressione è tornata normale, tranne che per il naso arrossato.
- È l'unico rimasto. - lo dice col tono di sempre, nascondendo ciò che pensa dietro una maschera apatica. Una folata di vento scompiglia i capelli di entrambi, spettinando il mio ciuffo e smuovendo le sue ciocche corvine.
- Ciao io sono Leo! - questi sventola una mano verso Levi, che riabbassa lo sguardo su di lui. Così come a me anche a Levi il marmocchio arriva appena sopra la vita.
- Ciao piccoletto.
Il resto della squadra si è avvicinata, notando la situazione particolare. Levi non presta troppa attenzione a Leo e si avvia verso i cavalli. Sento che Leo mi tira una manica della giacca, invitandomi ad abbassarmi. Accosta una mano al mio orecchio e mi dice:
- Lui non è simpatico!
Gli faccio segno di fare silenzio, poggiando l'indice sulla bocca. Se Levi dovesse sentire le sue speranze di essere accolto in base sarebbero meno di zero. Gli altri della squadra ci osservano, leggo nei loro occhi la stessa domanda che mi frulla in testa: “E ora che fine farà lui?”.
Seguo il Caporale tenendo Leo al mio fianco; cammina veloce per stare al nostro passo.
Levi monta a cavallo, senza dire una parola. Dall'alto del destriero mi guarda e inarca un sopracciglio sottile:
- Che c'è?
Noto che tutto il resto della squadra è sparsa dietro di me, sento la tensione aumentare. Se dovesse dirmi che non possiamo portarlo in base, avrei il coraggio di oppormi a lui? Dopotutto è pur sempre il Caporal Maggiore Rivaille...
- Lo portiamo con noi? - la mia voce suona chiara. Non voglio far notare a Leo che sono preoccupata.
Levi mi osserva, per poi spostare gli occhi in quelli di Leo.
- Che cosa le hai detto nell'orecchio? Non mentire. - il suo sguardo mi fa rabbrividire. Leo rimane immobile e continua a guardare in alto verso Levi. Sì, credo che mi opporrei.
- Sto aspettando. - il suo tono è impaziente. Leo mi guarda e io mi arrendo all'idea di dire la verità. Il Caporale capirebbe subito se dovesse mentire, e questo peggiorerebbe solo la situazione, che comunque peggiorerà quando saprà cosa mi ha detto Leo. Quindi peggio per peggio meglio essere sinceri. Ammicco verso Levi e Leo risponde:
- Ho detto che sei antipatico!
Levi rimane immobile, Leo guarda verso il basso mentre io sento il cuore tremare. “È spacciato!” penso, mentre vedo Levi aprire la bocca, pronto a controbattere. Con mia grande sorpresa si volta e starnutisce per l'ennesima volta. Ritorna a osservarlo e gli spunta un accenno di  sorriso sulle labbra:
- Mi piaci piccoletto! Vieni con noi...


-Andate spesso a cavallo?
Leo non è stato zitto un secondo. Credo sia la centesima domanda che mi pone nel giro di mezz'ora.
- Durante le missioni... - non voglio costringerlo a stare zitto, dopotutto voglio ancora che rimanga distratto così da non ripensare a casa sua, di quello parleremo dopo con Erwin.
“Chissà come sta?”, spero la febbre gli si sia abbassata. Pensando ad Erwin ho un fremito, voglio vederlo. Finalmente siamo arrivati; smontiamo e inizio ad avviarmi verso l'interno della base.
- Vale aspetta!
Levi mi chiama e mi volto, prima che ci raggiunga si ferma per starnutire e imprecare per poi arrivare da noi. Ho avuto la prontezza di tappare le orecchie a Leo prima che sentisse il commento di Levi al suo starnuto.
- Il piccoletto lo porti da Erwin e direi che, visto che l'hai trovato tu e quindi hai avuto un'esperienza particolare durante la missione e che- capisco cosa sta per chiedermi e lo interrompo.
- No! Dai non il verbale! 
- Ti tocca! - fa spallucce sorridendo crudelmente.
- Dai Levi, già devo controllare Erwin-
- Giusto stamani hai detto che mi dovevi un favore! Scrivi il verbale e siamo pari!
Mi da una pacca sulla spalla, - Divertiti!
Sbuffo. Dopo ogni missione bisogna registrare un verbale nel quale si espone ciò che è accaduto e le eventuali scoperte. Non è un lavoro pesante ma io odio scrivere i verbali!
Mi avvio e sento Leo prendermi ancora la mano.
- Chi è Erwin?
Altre domande! No, basta! Sopporto e rispondo camminando verso lo studio.
- Erwin è il Capitano della legione.
Appena pronuncio queste parole vedo Leo illuminarsi. Faccio un mezzo sorriso anche io pensando a Erwin. Gli occhi di Leo brillano e socchiude la bocca:
- Quindi è il capo degli eroi?!
Scoppio in una risata.

Siamo alla porta dello studio, busso e dall'interno la sua voce arriva chiara e forte: sta meglio. Apro la porta per metà e infilo la testa nella stanza; Erwin è seduto su uno dei due divanetti e si volta a guardarmi. Appena incrocio il suo sguardo mi sento un formicolio in pancia, mi sorride e si alza per avvicinarsi.
- Iniziavo a preoccuparmi, tutto bene? - la sua voce è tornata normale, anche dal viso capisco che sta meglio.  
- Sì... Abbiamo il par-, - che nascondi?
Mi interrompe notando che non mi son mossa da dietro la porta, nonostante io muoia dalla voglia di abbracciarlo. Mi guarda con sguardo interrogativo, mi mordo il labbro, non so come dirglielo. Credo non dovrebbe arrabbiarsi, quindi parlo:
- Abbiamo un ospite...
Apro la porta e Leo sbuca da dietro di me lanciandosi verso di lui, curioso di conoscere il Capitano della legione. Erwin strabuzza leggermente gli occhi, socchiude la bocca per chiedere qualcosa ma non parla. Improvvisamente Leo inverte il senso della camminata e torna da me, nascondendosi dietro le mie gambe. Erwin chiude la bocca e inarca un sopracciglio folto. Lo guardo lasciando trapelare il fatto che non comprendo nemmeno io che stia succedendo. Gli faccio cenno di aspettare un secondo e mi abbasso verso Leo:
- Che c'è?
Il piccoletto mi guarda e sussurra:
- È  grande quasi come un titano! - riferendosi ad Erwin.
- Ma no, che dici? - non sembra molto rassicurato, - Lui è molto più bello e gentile di un gigante.  gli faccio l'occhiolino e mi volto a guardare il biondo che non ha sentito i commenti e mi guarda incuriosito.
- Erwin, lui è Leo. È dovuto venire con noi per via di un problema, ma ne parleremo dopo vero?
Lo guardo facendogli capire che è meglio rimandare la chiacchierata sul perché di questo piccolo intruso. Lui risponde al mio sguardo in modo dolce, comprendendo la situazione.
Lo adoro sempre di più. Muove qualche passo verso di noi e si inginocchia davanti a me, sporgendosi a lato così da vedere Leo.
- Piacere Leo, io sono Erwin. - gli porge la grande mano e sento il piccoletto muoversi da dietro e sporgersi incuriosito. Erwin ha uno sguardo gentile e rimane fermo ad aspettare la risposta di Leo. Il bambino allunga una manina verso la sua e la stringe:
- Ciao Erwin... Tu sei grande come un tit- , - No Leo!
Lo blocco giusto in tempo; Erwin mi guarda incuriosito, poi torna a guardare il piccolo:
- Come un...?
Leo mi guarda in cerca di aiuto, ancora una volta gli tocca dire ciò che mi ha confidato.
- Titano... Sei tanto alto!
Erwin storce la bocca e lo guarda confuso:
- è la prima volta che mi dicono di somigliare ad un gigante...
- Però Vale ha detto che tu sei più bello e gentile di un gigante!
Mi sento morire, “Leo perchè mi tradisci così?”. Subito percepisco le guance scaldarsi, guardo dalla parte opposta di loro due per nascondere i miei occhi a quelli di Erwin.
- Sarebbe bello sentirselo dire da lei però... Vuoi saperlo un segreto?
Sembra stiano giocando, sento Leo muoversi. Erwin si avvicina verso di lui ancora un po' e gli dice:
- È troppo timida per dirmelo di persona!
- Hei, non è vero!
Intervengo subito nella conversazione. Leo sghignazza contento di aver scoperto qualcosa su di me mentre Erwin si rialza e mi guarda negli occhi. Distolgo subito lo sguardo, aveva ragione.
- Sì che è vero!
Avvicina la mano al mio viso e delicatamente mi sposta il ciuffo dietro l'orecchio. Potrei farci l'abitudine al suo tocco leggero sulla guancia. Si avvicina col viso e mi sussurra in un orecchio:
- E lo trovo adorabile...
Sento il suo respiro sulla pelle, mi attraversa un brivido. Prima di allontanarsi mi lascia un bacio sulla guancia. Le labbra morbide mi sfiorano appena la pelle ma questo basta a farmi sciogliere. Vorrei dargli un vero bacio, sentire il suo profumo più a fondo ma c'è un piccoletto di cui devo prendermi cura. Lo guardo e noto che i suoi occhi sono cosparsi di leggerissime sfumature grigie, deve essere colpa del clima nuvoloso. Sono bellissimi, come sempre.
Uno starnuto leggero ci riporta alla realtà, separando i nostri sguardi; guardo Leo e lo vedo arricciare il naso.
“Bene! Un altro malato.”

Non ci siamo separati per un secondo, Leo è stato con me per tutto il resto del pomeriggio, a cena e ora, dopo almeno altre cento domande, è crollato addormentato sul mio letto. Sto scrivendo il verbale della missione alla scrivania; fortunatamente il paracetamolo che abbiamo trovato sarà abbastanza per tutta la legione. Leo dorme tranquillo, come un sasso.
Bussano alla porta, mi sposto dalla scrivania e Erwin entra nella stanza. A cena Leo è stato al tavolo con la nostra squadra e devo dire che sembra nutrire una certa simpatia per Erwin.
- Stanca?
Faccio spallucce, non so nemmeno io se sono stanca o no. Ha le maniche della camicia rimboccate fino al gomito, penso sia un dettaglio tremendamente affascinante.
- Ti racconto cosa è successo. - ancora non abbiamo parlato di come abbiamo trovato Leo e nemmeno il resto della squadra ne ha accennato a cena.
- Andiamo di là.
Mi alzo dalla sedia e guardo Leo: i capelli scompigliati e il cuscino stretto tra le braccia.
“Sì che dorme proprio in modo strano!”
Erwin tiene la porta aperta e mi lascia uscire, per poi richiudersela alle spalle senza fare il minimo rumore.
Mentre camminiamo racconto del villaggio e dell'incontro con Leo. Lui ascolta senza fare domande, camminando con le braccia incrociate. Arrivati nel suo studio si siede sul divanetto e mi fa segno di affiancarlo. Crollo sulla seduta morbida e appoggio la schiena, abbandonando la testa verso l'alto.
- Credo che non sarei riuscita ad abbandonarlo... Se Levi mi avesse detto di lasciarlo da solo probabilmente mi sarei opposta...
Sospiro, inizio a sentire la stanchezza della giornata. Erwin è seduto senza appoggiare la schiena, leggermente voltato verso di me. Sento i suoi occhi scorrermi addosso, lo lascio fare senza preoccuparmi del pizzico di vergogna che sento dentro.
- Sarebbe stata la scelta giusta.
- Dici? - mi raddrizzo e lo guardo. Le nostre gambe si toccano, lui annuisce lentamente mentre mi afferra una mano. Le sue dita sono calde, delicate e forti allo stesso tempo, mi ci voglio aggrappare. Giro la mia mano e intreccio le mie dita fredde alle sue. Devo averlo preso in contropiede perchè mi guarda sorpreso. Sentivo di volerlo fare e l'ho fatto, dopotutto però il brivido che mi percorre non è male. Il fatto che mi vergogni un po' per certi gesti non vuol dire che io non li apprezzi. Continua a guardarmi, io guardo per terra.
- Sei stanca. - parla piano, quasi avesse paura di rovinare la situazione col suono della sua voce.
- No, sto solo pensando. Sono felice che la missione sia andata bene!
Lo guardo sorridendo, sono davvero contenta: la legione si riprenderà dall'influenza generale. Mi ricordo solo ora che anche lui era più che malato.
- Ma tu come stai?! Mi ero dimenticata!
- Molto meglio direi. - mi sorride, io però non credo sia ancora del tutto guarito.
- Fammi vedere.
Slaccio le nostre mani e gli sposto i capelli dal viso. Appoggio la punta del naso sulla sua fronte che è leggermente calda.
- Sì, è bassa ora.
Mi allontano, lui continua a guardarmi negli occhi e io distolgo lo sguardo. Si sporge in avanti e si appoggia alle ginocchia. Dalla camicia bianca si intravedono i muscoli della schiena, non ancora cinta dalle cinghie. 
- Sei consapevole che non potremo tenerlo con noi per sempre, vero?
- Sì, ovvio. Però non voglio rimanga da solo...
- Non sarà solo, troveremo qualcuno disposto ad accoglierlo se non dovessimo ritrovare i suoi genitori. - da come parla sembra che gli importi del futuro del marmocchio, ha un tono serio.
- Sei ottimista questa sera. - sorrido, di solito Erwin non si lascia andare a slanci positivi del genere.
- Spero solo che sia come hai ipotizzato: un sequestro di persone e non un attacco di giganti.
- Potrei chiederglielo, ma per ora non me la sento. - è vero, non ho il coraggio di chiedere a Leo di raccontare ciò che è successo. Anche se mi sembra strano il fatto che non sia ancora crollato in un pianto o in un racconto di sua spontanea volontà. Dopotutto, anche se si trattiene, un bambino non può resistere troppo nel nascondere le sue emozioni. Lo dico ad Erwin e lui espone una teoria:
- Potrebbe essere svenuto e non ricordarsi l'accaduto. Oppure lo shock è stato tale per cui ha un'amnesia temporanea... non saprei.
- Spero sia come dici, non vorrei avesse visto – non riesco a continuare, mi salta alla mente l'ultimo ricordo che ho di Felix. Per me è stato terribile vedere morire il mio miglio amico, non vorrei mai pensare al trauma di un bimbo che vede i genitori.
Erwin deve aver notato che ho cambiato tono:
- Vieni qui. - mi circonda le spalle con un braccio, si appoggia allo schienale e mi fa appoggiare a lui. Sento il suo profumo, buono come sempre. Mi sento piccolissima al suo fianco ma mi piace troppo la sensazione di protezione che mi trasmette anche solo tenendomi così. Mi ricordo di quando mi portò in braccio nel mio letto dopo le fitte al torace. Mi muovo, non so perchè lo faccio ma sento di volerlo fare: allungo un braccio e lo allaccio alla sua vita, come per abbracciarlo. Abbandono la testa sul suo petto e mi godo per un attimo la sensazione meravigliosa della sua vicinanza. Non provo più vergogna, solo tranquillità, nonostante il mio cure batta veloce. Poco dopo sento che si muove, col braccio libero mi prende le gambe e mi porta a sedermi si di lui. Sfilo gli stivali così da poter appoggiare i piedi sul divano senza sporcarlo. Mi sento stanca, forse è anche per questo che non provo vergogna. Ho caldo ma mi accoccolo comunque vicino a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla forte. Le sue braccia mi circondano, così possenti ma così delicate, è affascinate. Gioco con la sua collana verde. Mi sento tesa, più che altro perchè non vorrei abbandonarmi di peso su di lui. Credo si accorga di questo:
- Se-se ti dà fastidio dimmelo pure...
La sua voce è timida, quasi avesse paura di un rimprovero da parte mia. Alzo il viso per incrociare i suoi occhi.
- No, va benissimo.
Mi stupisco del fatto che riesca a dirgli tutta la frase guardandolo negli occhi. Sorride delicatamente e il mio sguardo cade sulle sue labbra perfette. In questo momento sento che vorrei avvicinarmi ancora di più, come è successo la sera scorsa. Porto una mano sul suo viso, ha le guance arrossate, credo di non essere da meno neppure io. Inclina la testa e finalmente, dopo un giorno intero, ritrovo le sue labbra sulle mie. Solo ora mi rendo conto che l'interruzione di stamattina mi aveva infastidito. Ora che sento le sue labbra calde e morbide sulle mie mi chiedo il perchè non mi sia avvicinata prima. Un brivido generale mi attraversa, mi sento sciogliere e ho sempre più caldo. Si allontana di pochissimo per poi tornare ad azzerare la distanza. Preme le sue labbra sulle mie così da schiuderle, le allontano di poco e sento un tocco nuovo, più umido e caldo. Un altro brivido mi percorre ma non riesco ad allontanarmi, voglio sentirlo ancora più vicino. Il suo profumo mi avvolge così come le sue braccia; la mia mano passa sul suo collo. Lui preme con più forza sulle mie labbra e io cedo a quella dolce pressione. Sento la sua lingua insinuarsi nella mia bocca, quasi timorosa. Non sapendo come reagire decido di seguire il suo esempio e muovermi verso di lui. Il contatto creatosi è umido, caldo e avvolgente. Lui si muove cercando di esplorare ogni spazio tra le mie labbra, io lo seguo più titubante ma non meno curiosa. Mi sento bruciare dentro, adoro il modo in cui mi sento avvolgere da lui. Sento le sue mani sui miei fianchi, mi tiene dolcemente. Porto entrambe le mani ai lembi della camicia e mi ci aggrappo, siamo sempre più vicini, più legati. Sento il suo sapore, il suo profumo, il suo tocco. I miei occhi sono chiusi da quando ci siamo toccati, si riaprono ora che ci separiamo. Allaccio lo sguardo al suo, le sue pupille dilatate sembrano un sole eclissato in un giorno sereno. Mi lascia un piccolo bacio sul naso, io mi accoccolo su di lui, appoggiando la testa sul suo collo, circondandolo con le braccia. Sento il cuore battere impazzito nella cassa toracica, le orecchie amplificano i suoni e ho paura che Erwin possa sentirli. Le labbra sembrano bruciare ancora come quando erano a contatto con le sue. Non era un bruciore di dolore, no, era un bruciore di calore avvolgente. Sono completamente abbandonata nel suo abbraccio, potrei addormentarmi ora che, sfumata leggermente l'adrenalina, se così posso chiamarla, del bacio sento la stanchezza farsi strada in me. Lentamente entra in circolo e inizia a rendere pesanti le mie palpebre. Decido che l'unica soluzione per non addormentarmi e alzarmi e muovermi. A malincuore mi decido a parlare, rovinando l'atmosfera:
- Devo tornare da Leo.
- Se vuoi sto io con lui, dormi nel mio letto.
- Neanche per sogno! Tu sei ancora malato! Devi riposare, quindi ora te ne vai a dormire.
 Mi raddrizzo per guardarlo negli occhi, seria.
- Sto bene, tu invece hai dormito poco ieri, lo controllo io il marmocchio.
Continuo a fissarlo, seria, mentre scuoto la testa in negazione.
- Erwin non vorrei peggiorassi di nuovo ok? Per favore fai come ti dico, poi domani prometto che dormirò tutto il pomeriggio.
Sembra cedere e annuisce :
- Va bene, però domani fai come ti dico io.
Annuisco a mia volta e mi preparo per andare. Mi accompagna davanti alla mia stanza, tenendomi per mano. Non abbiamo incontrato nessuno per i corridoi ma, se anche fosse successo, credo non avrei sciolto le nostre dita questa volta.
- Niente ninna nanna questa sera...
Lo dice con tono teatralmente deluso.
- No, mi spiace.
Gli sorrido e lui si abbassa, lasciandomi un bacio sulla guancia.
- Buonanotte.
- 'Notte . - lo guardo sorridendo e entro in camera. Appena chiudo la porta alle mie spalle mi ci abbandono contro con la schiena. Chiudo gli occhi e non riesco a non sorridere.
Dopo che mi son seduta sulla sedia con le gambe tese e i piedi poggiati al letto, incrocio le braccia e osservo il piccoletto che dorme beato. Non mi rendo nemmeno conto di addormentarmi.


Angolo scrittrice: scusate l'attesa! 
Innanizitutto grazie per aver letto! Spero la mia storia vi sia piaciuta!
Piano piano i nostri protagonisti si avvicinano, quanto amo Erwin! <3 *-*
Come sempre mi farebbe moto piacere riceve una piccola recensione anche solo per sapere cosa ne pensate di questo muovo personaggio, il piccolo Leo ;)
Al prossimo capitolo,
      un bacio
    Ombra XXX

   
 
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