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Autore: Yellow Canadair    13/02/2017    1 recensioni
Sulla piazza era sceso il silenzio, e il sangue che scorreva sul sagrato sembrava avere la stessa voce di un fiume in piena, anche se la scia era lenta e scura.
Fu in quel momento che si fece largo tra la folla un uomo. Uno che non ci avresti scommesso due lire, che zoppicava pure e che chissà per quale ferita non era riuscito a infilarsi nemmeno una delle maniche della giacca.
Quello non era solo un disgraziato appena dimesso: era un agente del CP che aveva parecchia rabbia da smaltire.

Chi l’ha detto che il CP9 è sconfitto? Aspettate poi che metta le mani addosso a Spandam, e vedremo chi ha davvero perso, a Enies Lobby.
Genere: Avventura, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Jabura, Kaku, Kalifa, Rob Lucci
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal CP9 al CP0 - storie da agenti segreti'
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Per rinfrescarsi la memoria: qui le Mini-Avventure del CP9 ("Missioni extra-curriculari del CP9"). 

 

 

 

Verso casa

 

Nella piazza muta, il crepitio dell’osso risuonò come un colpo di cannone.

Il grido angosciato di un bambino spezzò l’incantesimo di quel silenzio e la piazza cominciò a rumoreggiare.

« Fermo! Stanno arrivando i Marine! »

« Lascialo stare! »

« Basta, basta! »

« Mostro! »

Rob Lucci si guardò attorno. Non era molto empatico, ma riconosceva una faccia terrorizzata, e tutta San Popula lo fissava sconvolta. Ma come? Un quarto d’ora prima non facevano tutti il tifo per lui e per i suoi colleghi, che stavano dando ai pirati quello che si meritavano?

Nessuno si era lamentato quando aveva rotto la faccia al capitano con un calcio, o quando Kaku e gli altri erano saliti sulla nave ed erano cominciati a piovere cadaveri sul molo.

Era la Giustizia Oscura. Chi rompe, paga. Chi è debole, anche. Chi assalta una città e uccide civili, a maggior ragione.

Per quale motivo non avrebbe dovuto schiacciare come un insetto la testa di quel criminale, proprio sulla piazza dove lui stesso aveva preso in ostaggio donne e bambini?

« Per favore, fermati! »

Nessuno osava avvicinarsi a lui. Il silenzio era pesante come un sudario.

Kaku lo raggiunse.

« Lucci » chiamò trafelato. « Qualcuno ha chiamato la Marina. » il compagno era sporco di sangue, ma non era certo il suo. Si era accorto già da qualche minuto del cambio di umore della folla.

Prima erano entusiasti, avevano tifato. Poi gli ex agenti si erano lasciati prendere la mano, il sangue aveva cominciato a scorrere a fiumi, i pirati urlavano, l’odore ferrigno aveva riempito l’aria e le strade della città erano diventate un macabro teatro a cui nessuno era abituato.

E le strade si erano svuotate, il silenzio dapprima atterrito era diventato il silenzio spettrale del vuoto.

« Accidenti. Siamo stati tranquilli, finché non sei tornato tu! » lo rimproverò Jabura facendosi schioccare il collo. Però ghignava, e sicuramente quella scazzottata gli era piaciuta, da bravo mastino assetato di sangue qual era.

« È dunque giunto il momento di salpare? » si chiese Kumadori. La sua voce rimbombò sulle pareti dei palazzi.

« La nave ce l’abbiamo… » osservò Kaku.

« E abbiamo anche un paio di carpentieri in caso di guasto! » se la rise Jabura assestando una manata sulle spalle di Kaku e Lucci, che ringhiò per il contatto indesiderato.

« Peccato per la casa… » sospirò Blueno.

« Casa nostra non è qui. » disse a sorpresa Rob Lucci.

Tutti si voltarono a guardarlo.

Rob Lucci era spaventoso anche quando sorrideva.

 

~

 

Nonostante il sole, le strade deserte erano spettrali.

Avevano appena salvato la città, eppure l’avevano spaventata a morte.

I sampietrini del quartiere del porto, sotto le loro scarpe, erano bagnati del sangue delle vittime.

I cadaveri dei pirati erano ancora tutti lì.

Non si sentiva un respiro, solo i passi cadenzati dei sette agenti e, che ironia, il battito delle ali di un colombo bianco.

E sulla nuca, Lucci se li sentiva, aveva gli sguardi delle persone nascoste dietro le gelosie chiuse e le porte serrate, ogni tenda che ondeggiava nascondeva un volto spaventato.

Sospirò pesantemente e, in testa a tutti gli altri con le mani in tasca, camminò verso la nave più pacchiana che gli fosse mai toccato vedere. D’istinto lui e Kaku pensarono a eventuali modifiche, almeno per non essere subito intercettati.

Una porta sbattè.

Una voce femminile urlò: «No! »

E poi, immediatamente, una bambina sussurrò felice: « Signorina! »

Una bimba sui sei anni, una delle tante che Kaku aveva fatto baloccare, li chiamò senza paura. Loro si voltarono e lei era lì, in piedi sui sampietrini nel forse unico metro quadro che non fosse invaso dal sangue, aveva in mano un fiore e fissava Califa.

Sorridendo, le tese il fiore, che era una bella peonia rosa appena sbocciata.

Califa si chinò verso la bimba.

« No! Non dire anche a lei che è molestia sessuale! » la pregò Jabura.

« Infiniti lutti addosseranno a te, se ci rivolgi la parola! » pianse Kumadori rivolto alla piccina.

« “Per ringraziare, un fiore più che abbagliante” » recitò la bambina mettendo il dono nelle mani di Califa.

« Oh… » mormorò la donna con un sorriso, mentre con una mano si ravviava una ciocca dietro l’orecchio. « È molto gentile da parte tua »

« Ci sono anche un po’ di radici, così la puoi piantare dove vuoi. » biascicò la bambina. Poi guardò il resto del CP9, scappò via e sparì in un vicolo.

 

~

                                                                                                    

La caravella beccheggiava leggermente, oscillava a destra e sinistra, e solcava le onde con il sole dritto a prua. Il mare luccicava in lontananza e il cielo era sgombro: si vedeva solo il blu intenso in basso e l’azzurro vivido in alto. San Popula alle loro spalle era diventata sempre più piccola, sempre più velata, e infine era sparita.

« “M’affaccio alla finestra, e vedo il mare: vanno le stelle, tremolano l’onde. Vedo stelle passare, onde passare: un guizzo chiama, un palpito risponde.” » Kumadori era proprio in forma quel giorno, nonostante ne avesse passato gran parte in una rissa.

« Regola l’orologio, idiota! » se la rideva Jabura, in bilico sul pennone di trinchetto sotto al sole battente. « È passato mezzogiorno! »

Kaku era saltato lesto come suo solito fino al punto più alto della nave, proprio sulla coffa dell’albero maestro. Si riparava gli occhi con una mano e, ignorando gli schiamazzi, guardava l’orizzonte.

« Califa, Califa! » chiacchierava Fukuro « Blueno non sopporta il mare! È andato a vomi-

« Questa è una molestia sessuale. » lo interruppe Califa, che stava al timone con la stessa severità con la quale faceva la segretaria per Iceburg. « Va’ in cambusa e occupati di inventariare tutto quello che trovi di commestibile. I fogli sono nella cabina del capitano, terzo cassetto in basso della scrivania. » disse aggiustandosi gli occhiali.

Blueno, che non stava vomitando affatto, era ritto in piedi sotto la randa, a poppa, e guardava verso il mare aperto. Laggiù non si sentiva il chiacchierare continuo di Fukuro, e nemmeno le grida di Jabura (che cosa aveva, da ballare su un piede solo in equilibrio sul pennone, poi?). Finalmente l’ex oste poteva godersi qualche momento di tranquillità. Il rollio della nave gli dava fastidio, era vero, ma era bastato mettersi tranquillo in quella zona più silenziosa della nave per non avere più la nausea.

E Rob Lucci?

Rob Lucci osservava la spuma bianca che la nave sollevava al suo passaggio, una scia che si allargava man mano che la nave avanzava, e a guardarla da lì, dalla battagliola di poppa, proprio sotto al cassero, sembrava una lunga coda di balena. E non si era limitato ad affacciarsi: aveva scavalcato la ringhiera e si era seduto all’angolo estremo della nave.

Aveva recuperato dal capo di uno degli uccisi una tuba nera, simile a quella che portava lui. Se la rigirava tra le mani, osservandola. Non era di pessima fattura, ma nemmeno di buona qualità come la sua; era consumata e lui non potè fare a meno di notare che dentro ci fossero ancora impigliati i capelli color paglia del precedente proprietario. La fodera di raso verde andava scucendosi in più punti, e non nascondeva nulla: né carte da gioco, né biglietti, né soldi. Sul fondo c’era il marchio liso della cappelleria, e l’assassino lesse, aguzzando lo sguardo: “Cappelleria Torre”. Sotto c’era una data troppo scolorita per essere intesa.

Non l’aveva ancora provata per vedere se la misura andasse bene.

Hattori gli svolazzava intorno, contento e curioso per la nuova situazione. Ogni tanto volava verso il ponte principale della nave, per ambientarsi in quel nuovo mondo, poi tornava fedelmente da lui e si appollaiava sulla sua spalla, aspettando che fosse Lucci a dettare il da farsi.

Ma l’agente rimaneva fermo lì, muto e in ombra, a guardare il mare che sfilava via.

Solo ogni tanto concedeva una carezza sul petto del suo colombo.

La navigazione intanto procedeva tranquilla. Kaku segnalò due navi in lontananza, ma il CP9 non voleva ingaggiare battaglia con nessuno, quei velieri lontani altrettanto, e le strade degli equipaggi non si incrociarono. Arrivarono soltanto, dopo alcuni minuti, le onde sollevate da quei galeoni che solcavano il mare nella direzione opposta alla loro.

Rob Lucci si irrigidì nel sentire quell’improvviso rollio.

Hattori era ancora appollaiato sulla sua spalla, anche se non in piedi ma comodamente accucciato. Ne riusciva a percepire il calore e, se si concentrava, anche il suo minuscolo stomaco che chiedeva educatamente da mangiare.

Infilò una mano nella tasca destra: ormai erano anni che viveva con il piccione, non stava mai senza qualche granaglia comprata dalle ceste dei mercanti di piazza.

Mentre Hattori beccava contento e volava soddisfatto attorno a lui, Rob Lucci afferrò la tuba per la tesa e la gettò in mare, nella scia del veliero.

La seguì con lo sguardo che arrancava tra i flutti, poi la corrente impregnò il feltro, traballò ancora un po’, e quando non fu che un punto nero in lontananza arrivò un’onda che l’inghiottì. 

 

 

 

 

Dietro le quinte...

Poche note, stavolta. Kumadori ha scelto la poesia "Mare" di Giovanni Pascoli per propiziare la nuova partenza del CP9. ...exCP9, mi corregge Califa (e chi, se no?). 

Spero vi sia piaciuto il capitolo, in particolare la chiusura... ho difficoltà a scrivere di Rob Lucci, però la scena di lui sulla coda del veliero che lascia andare il vecchio cilindro mi ha conquistata subito. In effetti nelle miniavventure si vede lui, in questa scena (in realtà va visto quasi con la lente d'ingrandimento, visto che c'è solo la sua sagoma nel vascello controluce) con un cilindro in mano, però non ce l'ha nè nella scena prima nè in quella seguente... 

Prometto di non sparire portate pazienza, sono gli atti finali della storia! 

Grazie tantissimo a chi legge e un grazie potente quanto un Rokuogan a chi recensisce

Yellow Canadair

 

  
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