-Sei triste- Mio zio Aleksander constatava, da buon diplomatico non palesava mai direttamente il suo pensiero in generale e, nel particolare, sulla zarina, ma compativa lo zar per che aveva una simile moglie.
Non era esperto in materia di matrimonio, essendo scapolo e gaudente,solo aveva avuto due figli dalla sua amante borghese, oltre che sfoghi collaterali. Che ironia..
-Sfogati, avanti.
- Mi manca, sono le mie amiche.
- Catherine, siete cresciute insieme e siete molto legate - Mi strinse il gomito.
Pausa. Silenzio.
Un presagio, una avversità.
Era serio, lui sempre scanzonato e irriverente su tutto, aveva la stessa età dello zar ma a me pareva sempre un ragazzo.
Tuttavia, in quel momento, realizzai che nella sua barba vi erano fili grigi e aveva le rughe. Le stagioni erano passate pure per il principe mio zio, aveva quarantadue anni, due figli illegittimi nati dalla sua amante borghese, oltre che sfoghi di passaggio.
Membro ufficioso del governo, aveva poi un ruolo nella polizia segreta dello zar, si muoveva in vari ambiti con saggezza e discrezione.
Diciamo che non ero sempre concentrata su me stessa, alle volte ero empatica pure io.
-Ma non odiarla, se vi tiene separate.- le sue parole erano vere e affilate come coltelli.
- State crescendo e se non è adesso … prima o poi la vita vi dividerà. Che ne so, vi sposerete, per le granduchesse più grandi si parla di un matrimonio con il principe di Galles, con quello ereditario di Romania e via così. E tu rinunceresti a avere una tua vita, una famiglia, per stare con lei? Potresti .. un domani ti sposerai.
-NO- Avevo quindici anni, non riuscivo a immaginarmi quella possibilità. A onor del vero, erano pochi i matrimoni felici da cui trarre ispirazione. Cominciavo dai miei genitori, i principi Raulov, spaziando su vari altri fronti, la nascita di mio fratello li aveva resi meno freddi e scostanti, erano brina e ghiaccio, peccato che non si sopportassero. Insieme, leggevo romanzi d’amore, ero romantica, in fondo, come aveva indovinato Olga, ma non sapevo a quale santo votarmi. Ideali e realtà poco andavano in accordo, contava più la nostra fantastica amicizia, che, omettendo Olga e le sue sorelle, non avevo amici.
E perderla era una punizione che credevo di non meritare. Ero troppo strana, esotica, diversa.
La bellezza ereditata da Ella, lo stretto legame con le granduchesse, l’intelligenza creavano una specie di barriera, un confine.
Nel 1906, quasi andata al creatore dopo una caduta da cavallo, mia madre aveva ritenuto allevarmi secondo le mie potenzialità, che riguardavano la storia, le lingue e la letteratura, non certo l’educazione riservata a una principessa ( primeggiavano buone maniere, ricamo e musica, effetti in cui ero negata).
Un proclama di orgoglio, ma, insieme, una maledizione.
Ero troppo strana, esotica, diversa, ripeto, mi chiamavano la spagnola, la straniera. E in Spagna eravamo tornati ancora, nel 1910.. Il castello dei nostri parenti iberici era davvero un luogo magico.
-Spero di sbagliarmi, che non starete più insieme- Aggiunse conciliante, ma sapevo che non ci credeva fino in fondo.
- Ricordati, poi, in ogni caso, che Olga Nicolaevna ti vuole bene, non pretenderebbe MAI che tu non avessi un marito o dei figli. Che, perdonami, Catherine, altri destini alternativi non ne vedo. Una ragazza può fare ben poco di diverso.
Comunque, fu lui a insegnarmi a smontare e caricare una pistola, un fucile, a perfezionarmi nell’arte di cavalcare a pelo, a moltiplicare lo studio delle lingue, capacità che in seguito tornarono utili in modo imprevedibile.
E poi ritornai, Aleksei voleva le mie storie, le storie di Cat e Alessandra amava suo figlio più della sua stessa vita e mi concesse di tornare, e poi mi convocò, anche dopo, a Spala, nell’ottobre 1912, quando lo zarevic ebbe una crisi quasi letale.
Ne ignoravo le ragioni precise, lo intuivo che poteva non sopportare me o Ella Raulov, ma amava suo figlio e anteponeva il suo bene al proprio.
Dopo compresi, anche troppo bene.
Solo che io ero una ragazza, ribelle, irrequieta, non proprio simpatica,a dirla tutta, ero una vera spina nel fianco, ma il vero caos lo aveva combinato mia madre, insieme allo zar, io ero un effetto e una conseguenza, non la causa scatenante, ma Alix aveva il dono di dare sempre la colpa a chi non godeva delle sue simpatie.
E avevo capito come mutare odio e rabbia.
Una magica alchimia.
Che nella mia vita, ho adorato Olga, le sue sorelle e Alessio.
E la loro perdita è stata una eterna amputazione.
Ne sogno ancora, il passaggio dal sogno alla veglia è sempre una pena, tutta una vita da vivere senza di loro, quella che mi tocca, giorno dopo giorno.
E non dimentico, li onoro vivendo.
Il fiore dell’amaranto, della memoria, fiorisce in loro eterno ricordo.
E IO VIVO.
A principess doesn't forget anymore.
Non era esperto in materia di matrimonio, essendo scapolo e gaudente,solo aveva avuto due figli dalla sua amante borghese, oltre che sfoghi collaterali. Che ironia..
-Sfogati, avanti.
- Mi manca, sono le mie amiche.
- Catherine, siete cresciute insieme e siete molto legate - Mi strinse il gomito.
Pausa. Silenzio.
Un presagio, una avversità.
Era serio, lui sempre scanzonato e irriverente su tutto, aveva la stessa età dello zar ma a me pareva sempre un ragazzo.
Tuttavia, in quel momento, realizzai che nella sua barba vi erano fili grigi e aveva le rughe. Le stagioni erano passate pure per il principe mio zio, aveva quarantadue anni, due figli illegittimi nati dalla sua amante borghese, oltre che sfoghi di passaggio.
Membro ufficioso del governo, aveva poi un ruolo nella polizia segreta dello zar, si muoveva in vari ambiti con saggezza e discrezione.
Diciamo che non ero sempre concentrata su me stessa, alle volte ero empatica pure io.
-Ma non odiarla, se vi tiene separate.- le sue parole erano vere e affilate come coltelli.
- State crescendo e se non è adesso … prima o poi la vita vi dividerà. Che ne so, vi sposerete, per le granduchesse più grandi si parla di un matrimonio con il principe di Galles, con quello ereditario di Romania e via così. E tu rinunceresti a avere una tua vita, una famiglia, per stare con lei? Potresti .. un domani ti sposerai.
-NO- Avevo quindici anni, non riuscivo a immaginarmi quella possibilità. A onor del vero, erano pochi i matrimoni felici da cui trarre ispirazione. Cominciavo dai miei genitori, i principi Raulov, spaziando su vari altri fronti, la nascita di mio fratello li aveva resi meno freddi e scostanti, erano brina e ghiaccio, peccato che non si sopportassero. Insieme, leggevo romanzi d’amore, ero romantica, in fondo, come aveva indovinato Olga, ma non sapevo a quale santo votarmi. Ideali e realtà poco andavano in accordo, contava più la nostra fantastica amicizia, che, omettendo Olga e le sue sorelle, non avevo amici.
E perderla era una punizione che credevo di non meritare. Ero troppo strana, esotica, diversa.
La bellezza ereditata da Ella, lo stretto legame con le granduchesse, l’intelligenza creavano una specie di barriera, un confine.
Nel 1906, quasi andata al creatore dopo una caduta da cavallo, mia madre aveva ritenuto allevarmi secondo le mie potenzialità, che riguardavano la storia, le lingue e la letteratura, non certo l’educazione riservata a una principessa ( primeggiavano buone maniere, ricamo e musica, effetti in cui ero negata).
Un proclama di orgoglio, ma, insieme, una maledizione.
Ero troppo strana, esotica, diversa, ripeto, mi chiamavano la spagnola, la straniera. E in Spagna eravamo tornati ancora, nel 1910.. Il castello dei nostri parenti iberici era davvero un luogo magico.
-Spero di sbagliarmi, che non starete più insieme- Aggiunse conciliante, ma sapevo che non ci credeva fino in fondo.
- Ricordati, poi, in ogni caso, che Olga Nicolaevna ti vuole bene, non pretenderebbe MAI che tu non avessi un marito o dei figli. Che, perdonami, Catherine, altri destini alternativi non ne vedo. Una ragazza può fare ben poco di diverso.
Comunque, fu lui a insegnarmi a smontare e caricare una pistola, un fucile, a perfezionarmi nell’arte di cavalcare a pelo, a moltiplicare lo studio delle lingue, capacità che in seguito tornarono utili in modo imprevedibile.
E poi ritornai, Aleksei voleva le mie storie, le storie di Cat e Alessandra amava suo figlio più della sua stessa vita e mi concesse di tornare, e poi mi convocò, anche dopo, a Spala, nell’ottobre 1912, quando lo zarevic ebbe una crisi quasi letale.
Ne ignoravo le ragioni precise, lo intuivo che poteva non sopportare me o Ella Raulov, ma amava suo figlio e anteponeva il suo bene al proprio.
Dopo compresi, anche troppo bene.
Solo che io ero una ragazza, ribelle, irrequieta, non proprio simpatica,a dirla tutta, ero una vera spina nel fianco, ma il vero caos lo aveva combinato mia madre, insieme allo zar, io ero un effetto e una conseguenza, non la causa scatenante, ma Alix aveva il dono di dare sempre la colpa a chi non godeva delle sue simpatie.
E avevo capito come mutare odio e rabbia.
Una magica alchimia.
Che nella mia vita, ho adorato Olga, le sue sorelle e Alessio.
E la loro perdita è stata una eterna amputazione.
Ne sogno ancora, il passaggio dal sogno alla veglia è sempre una pena, tutta una vita da vivere senza di loro, quella che mi tocca, giorno dopo giorno.
E non dimentico, li onoro vivendo.
Il fiore dell’amaranto, della memoria, fiorisce in loro eterno ricordo.
E IO VIVO.
A principess doesn't forget anymore.