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Autore: brvkenalec    27/02/2017    4 recensioni
Proprio quando Alec Lightwood e Magnus Bane iniziavano ad abituarsi all'essere genitori e a tutto ciò che ne deriva, ecco che nelle loro vite avviene qualcosa di inaspettato.
Fra le strade affollate di Buenos Aires, Alec fa un incontro insolito. Un piccolo bambino, vestito di stracci logori e sporchi e ferito, tenta di rubargli il portafogli dalla tasca del giubbotto di pelle che il Cacciatore è solito indossare.
Nel momento in cui il Nephilim decide di inseguirlo, non pensa a ciò che questa azione potrà comportare.
Dinamiche della famiglia Malec e dei suoi nuovi membri.
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Max Lightwood-Bane, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2. (Parte 1.)

P.O.V Magnus.


 

Dopo che Max aveva fatto conoscenza col nuovo arrivato, Magnus lo portò a letto per la seconda volta e pregò mentalmente che ci restasse. Aprire il portale lo aveva stancato e in quel momento l’unica cosa che desiderava era potersi infilare con Alec sotto al piumone caldo del loro letto a baldacchino e rilassarsi, per poi addormentarsi insieme e dormire abbracciati, come ormai era consuetudine fare per la coppia. Per fortuna Max si addormentò quasi subito e lo stregone si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo prima di baciare suo figlio sulla fronte, sistemare un’ultima volta le sue coperte in modo che non prendesse freddo durante la notte, ed uscire dalla stanza cercando di fare il minor rumore possibile. Mentre attraversava il corridoio per dirigersi nella camera da letto che condivideva con Alec, sentì la famigliare voce dello Shadowhunter provenire da una delle stanze degli ospiti nella quale avevano sistemato temporaneamente il bambino che lui si era portato con sé dall'Argentina. Magnus si avvicinò e si affacciò nello spiraglio della porta semichiusa, osservando con le sopracciglia alzate la scena che gli si presentava davanti agli occhi. Sia Alec che il bambino erano sdraiati sul letto. Il Cacciatore sopra al piumone mentre il piccolo, che ora indossava un pigiama preso in prestito da Max, infilato sotto alle coperte. Alec parlava con tono rassicurante, un braccio piegato sotto al suo corpo a sostenerlo in una posizione semi-sdraiata, mentre il bambino aveva il volto piegato di lato e ascoltava con attenzione ciò che il ragazzo gli stava dicendo. Magnus sorrise, ricordando la prima sera in cui avevano trovato Max sui gradini dell’Accademia e Alec aveva tenuto il neonato fra le sue braccia con protezione ed affetto. La situazione sembrava starsi ripetendo con quel nuovo piccolo estraneo. Quella fantasia ad occhi aperti doveva averlo distratto dalla realtà più a lungo di quanto gli fosse sembrato perché quando sbatté le palpebre per scacciare il ricordo dalla sua mente, si ritrovò davanti le espressioni interrogative del suo ragazzo e del piccolo, che ora si era alzato e si era messo seduto. «Magnus, c’è qualcosa che non va?» chiese Alec. Dal suo tono di voce, insistente e quasi preoccupato, non doveva essere la prima volta che il Nephilim gli poneva la domanda.

Lo stregone sbatté le palpebre ancora una volta, confuso, e fece qualche passo, entrando nella stanza.
«Oh, no. Assolutamente no. Anzi, perdonatemi per aver interrotto il vostro momento. » rispose, sorridendo e giocando nervosamente con gli innumerevoli anelli di cui ornava sempre le sue dita affusolate. «Volevo solo dirti, Alec, che Max si è addormentato, finalmente. Ti aspettavo per andare a dormire. »
«Uhm. Mh, certo.» il Cacciatore si schiarì la voce, mettendosi in piedi e avvicinandosi a Magnus. «Il fatto è che… Vedi, non vuole che lo lasci da solo. » continuò, voltandosi parzialmente verso il bambino che era ancora seduto sul letto e che adesso li fissava intensamente, con gli occhi sgranati e due delle sue piccole dita infilate in bocca. «So che può sembrare strano, ma prima si è messo a piangere mentre stavo uscendo dalla porta. Mi dispiace, Magnus.»
Gli anelli brillarono sotto la luce artificiale del lampadario quando lo stregone alzò una delle sue mani e poggiò l’indice sulle labbra carnose di Alec.
«Sembra che dovrai restare qui a fare il papà, eh?» disse, sorridendo. «Non ti preoccupare per me, Alexander. Sembra che qualcuno stasera abbia bisogno di te più di quanto ne abbia bisogno io. »
Alec sorrise a sua volta. «Devo alzarmi all’alba, domattina. Sai, per la riunione del Conclave. Spero che lui decida di addormentarsi prima di allora, così passerò a salutarti prima di partire. Non tarderò a tornare, in ogni caso, il Consiglio dovrebbe durare un’oretta al massimo.»
«Penso di potermela cavare da solo con i bambini per qualche ora, non credi?» chiese Magnus con un ghigno divertito e poi alzandosi sulla punta dei piedi ed allungandosi verso le labbra del Cacciatore, per un ultimo bacio della buonanotte.
«A domani.» rispose Alec.
Prima di uscire in corridoio Magnus guardò oltre le spalle del Cacciatore, verso il bambino e gli fece l’occhiolino. «Sé amable con él.1» 
E con questo si chiuse la porta alle spalle.

                                                       ***

A malincuore, sia per Magnus che per il diretto interessato, le speranze di Alec non andarono a buon fine. Il bambino non chiuse occhio fino alle sei del mattino, non definitivamente almeno. Ogni volta che Alec si alzava e si incamminava verso il corridoio, pensando che il bambino stesse finalmente dormendo, sentiva il rumore di piccoli passi dietro di sé e poco dopo una mano gli afferrava la maglietta. Quando si girava trovava sempre il solito paio di occhi grandi, pieni di lacrime trattenute e di una silenziosa richiesta che pregava Alec di non abbandonarlo, di non lasciarlo da solo come qualcuno doveva aver fatto tempo prima. Allora il Cacciatore si lasciava travolgere da quello sguardo smarrito e, prendendo la mano del bambino, lo riaccompagnava in camera e aspettava ancora una volta che lui si addormentasse. Poi il ciclo si ripeteva, finché ad un certo punto Alec aveva capito che non valeva nemmeno più la pena alzarsi.
Quando Alec si era svegliato, la radiosveglia segnava già le 6.05. Si era alzato di colpo, ma pur sempre con attenzione. Il bambino stava finalmente dormendo, e, nonostante apprezzasse la fiducia che il piccolo gli aveva dato, il Nephilim non poteva permettersi di avere qualcuno che lo rallentasse e che gli impedisse di partire, considerato che era già in ritardo. Prima di uscire dalla porta e chiudersela dietro di sé, Alec si era preso un minuto per osservare l’esile figura che si trovava sotto le coperte. Sembrava ancora più piccolo di quanto gli era sembrato quando lo aveva trovato la sera prima e adesso la sua fronte era aggrottata, come se non riuscisse ad avere un momento di pace nemmeno mentre dormiva.
Alec aveva poi raggiunto Magnus, che lo aspettava in salotto con una tazza di caffè fumante.
 «Torno presto.» aveva promesso. Poi aveva attraversato il portale che lo stregone aveva aperto, e si era allontanato dall’appartamento ancora una volta.

Lo stregone si trovava adesso in cucina e stava preparando la colazione. Mentre metteva in tavola tre tazze e i cereali preferiti di Max, si ritrovò a pensare, non per la prima volta in quella settimana, a quanto odiasse il fatto che Alec dovesse stare lontano da casa tanto a lungo. Il letto sembrava vuoto quando non c’era il suo corpo alto e muscoloso ad occuparlo insieme al suo ed era sicuro che ci fosse qualcosa di diverso anche sul viso di loro figlio quando lui non era presente. Nonostante la mancanza di Alec fosse qualcosa di dolorosamente difficile da sopportare, Magnus sapeva che doveva rispettare il lavoro del suo ragazzo, anche se ogni volta che usciva di casa armato di arco e frecce il suo cuore perdeva un colpo per paura di non vederlo più tornare.
Magnus scacciò quel pensiero dalla testa, cercando di allontanarlo il più possibile.
«Max!» urlò per l’ennesima volta, avvicinandosi al vano delle scale che portavano al piano superiore, dove si trovava la sua stanza. «Scendi o arriverai in ritardo a scuola.»
«Arrivo papà!» urlò lui in risposta. Poco dopo Magnus sentì i passi pesanti di Max scendere le scale e la sua massa indistinta di capelli arruffati entrò in cucina.
«Dormito bene?» Lo stregone posò davanti al bambino un piatto straboccante di uova e pancetta.
Lui annuì e ringraziò. Magnus lo osservò mentre cercava di mettersi il cibo in bocca senza fare grandi pasticci, impugnando una forchetta forse troppo grande per la sua piccola mano. Sia Magnus che Alec avevano provato a farlo ragionare, spiegandogli che avrebbe potuto usare posate più piccole, adatte alla sua età, e che questo avrebbe reso tutto più comodo, ma Max stava attraversando una di quelle fasi in cui spesso i suoi coetanei erano soliti entrare. Un giorno aveva guardato con sguardo serio i suoi due papà e aveva annunciato che era grande abbastanza per poter utilizzare le “cose da adulti”, il che includeva anche, oltre al dopobarba di Alec e al gel per capelli di Magnus, le posate da grandi.
«Dov’è il bambino strano?» chiese Max, sorseggiando del succo all’ace da un bicchiere “da grandi.” Aveva i lati della bocca sporchi e Magnus si avvicinò per pulirlo con un tovagliolo.
«Non è strano, Max. E’ solo che per lui tutto questo è nuovo.» disse, versandosi del caffè nella propria tazza e risedendosi al tavolo. «E comunque ho preferito lasciarlo dormire. Ieri sera mi sembrava esausto. Potrà fare colazione dopo che-»

«¿dónde está Alec?2» Magnus e il figlio, entrambi sorpresi da quell’improvvisa interruzione, si voltarono di scatto verso l’entrata della cucina dove spuntava, da dietro lo stipite della porta, la testa del loro ospite. Max si era immobilizzato con un biscotto mangiuccato a metà fermo a mezz’aria. «Non sa parlare?» chiese, stupito, appoggiando il biscotto sulla tovaglia. Lo stregone alzò gli occhi al cielo e mise giù la tazza di caffè, alzandosi in piedi per avvicinarsi al nuovo arrivato, il quale era ancora seminascosto dalla porta. «Ma certo che sa parlare, Max. Utilizza una lingua diversa dalla nostra. Lo spagnolo, per l’esattezza.» Si accovacciò sulle ginocchia, senza avvicinarsi troppo al bambino ancora visibilmente spaventato.

«Alec está asistiendo a una reunión, pequeño. Él pronto volverá a casa, no te preocupes.3» L’orologio sopra la credenza, in effetti, segnava già le nove e un quarto e a quel punto la riunione col Conclave doveva essersi già conclusa. Alec avrebbe potuto materializzarsi nel salotto da un momento all’altro. Prima di partire aveva informato il suo ragazzo che non avrebbe avuto bisogno di un suo portale per tornare indietro, ma che il Console in persona aveva incaricato un gruppo di stregoni di rispedire a casa tutti quegli Shadowhunters che non abitavano a Buenos Aires. 
Malgrado il sorriso rassicurante col quale Magnus aveva pronunciato quelle parole, il bambino si ritrasse ulteriormente. Il suo viso si era distorto in un’espressione che conteneva confusione mista a qualcosa di molto simile alla delusione e al dolore. 

«Oye, no te preocupes. ¿Quieres desayuno?4» chiese Magnus, indicando il tavolo bandito alle sue spalle. Il bambino allungò il collo per guardare ciò che lo stregone gli stava mostrando e fece contatto visivo con Max, che era rimasto in silenzio fino ad allora. 
«Puoi mangiare i miei biscotti. » disse Max, come se volesse convincere il bambino a sedersi al tavolo con loro. «Per oggi.»
Il piccolo fissò Max per un lungo minuto prima di scoppiare a piangere e scappare in corridoio. 
Magnus sbuffò e si girò verso il figlio.  «Che ho detto?»  
«Non è colpa tua, Max. » Magnus si passò una mano fra i capelli laccati e chiuse gli occhi, con esasperazione. Max, con un’empatia straordinaria per i suoi quattro anni, non poté fare a meno di notare che sembrava molto stanco, quasi triste, e si chiese quale potesse essere la ragione. «Per favore, va in camera tua e preparati. Quando tuo padre arriverà ti accompagnerò all’asilo.»
Il bambino annuì e salì le scale correndo. 
Magnus tirò fuori il cellulare dalla tasca dei suoi pantaloni di tweed e mandò un messaggio ad Alec. 
“Alexander, abbiamo un problema.” Una volta essersi assicurato che fosse arrivato al destinatario, si fiondò in salotto. Dove potrebbe nascondersi un bambino spaventato e in lacrime?, chiese a se stesso, facendo ricorso alla sua limitata esperienza con i bambini. 
Cercò ovunque. Le camere da letto al piano terra, il bagno, addirittura lo sgabuzzino nel quale tenevano le riserve alimentari. Max era solito intrufolarsi in quella stanza. Quando era più piccolo, lui e Alec lo avevano trovato con le mani infilate in una busta di biscotti e il viso ricoperto di cioccolato. Alec era arrabbiato e aveva iniziato a fare un lungo discorso su quanto fosse pericoloso, sottolineando che Max sarebbe potuto diventare diabetico o peggio, se avesse continuato a mangiare così tanti dolci, e aveva insistito perché lui e Magnus stabilissero delle regole, per evitare che situazioni simili potessero ripetersi. In tutto ciò Max rideva e continuava a mangiare biscotti, mentre Magnus scattava foto con il suo cellulare. Qualche giorno dopo ne aveva addirittura fatta sviluppare una da un suo amico fotografo e l’aveva messa in una cornicie, sopra al comodino della loro stanza.  Ma il nuovo bambino non sembrava interessato ai dolci quanto lo era loro figlio, dato che non si trovava nemmeno nello sgabuzzino. 
Solo quando Magnus era ormai sfinito, con la fronte imperlata di sudore, Alec si materializzò accanto alla porta d’ingresso. 
Appena lo vide lo stregone si lasciò cadere sul divano, con un suono molto simile a quello che Presidente Miao emetteva quando lui si ricordava finalmente di riempirgli la ciotola. 
«Magnus! Tutto bene? Ho letto il tuo messaggio.» Alec si avvicinò al divano, tendendo una mano verso Magnus per aiutarlo a rialzarsi. Lui, ancora stravaccato sui cuscini con una mano poggiata sulla fronte in un gesto teatrale, lo guardò con un’espressione che il Cacciatore interpretò come una tacita domanda retorica che probabilmente voleva dire “Ti sembra una faccia da tutto bene?” 

«No, non va tutto bene.» sottolineò, alzandosi senza usufrire dell’aiuto del suo ragazzo. «Il tuo bambino è scomparso. Nel nulla. Nel nulla, ti dico.» 
Alec alzò gli occhi al cielo, cosa che, Magnus doveva ammettere, gli riusciva parecchio bene. «Magnus, cosa stai dicendo? Sarà qui da qualche parte. Hai cercato be-» Il ragazzo venne interrotto da due piccole braccia che gli circondarono la gamba sinistra, da dietro, stringendola con forza. Alec si voltò e abbassò lo sguardo, aspettando di vedere la pelle e gli occhi blu di suo figlio Max, che amava accoglierlo in quel modo ogni qualvolta che tornava a casa. Ma Alec fu sorpreso nel vedere che le braccia che lo stavano abbracciando non erano di Max, bensì dello stesso bambino che la sera prima aveva cercato di derubarlo. 
«E tu da dove sbuchi?» chiese Magnus, ancora più sorpreso di Alec. Quest’ultimo, dopo essersi ripreso dallo stupore, arruffò i capelli scuri del bambino e lo prese in braccio, avvolgendolo con cura. Il bambino lasciò andare la presa sulla gamba solo per poi stringerla intorno al collo del Cacciatore, strappando una risata ad Alec. 
Il piccolo guardò oltre la spalla e fissò Magnus, che gli stava lanciando un’occhiata diffidente. Poco dopo gli fece una linguaccia, lasciando lo stegone ancora più a bocca aperta. 
«Alexander. Credo che questo bambino mi odi.»
«Che cosa ti prende, Magnus? » chiese Alec, confuso. «Questo bambino non sa nemmeno cosa significhi odiare.»
Magnus si lasciò scappare un singhiozzo, in rassegna. «Dovrei accompagnare Max all’asilo. Quando torno spero di poter avere una conversazione seria con te.»
Alec annuì. «Sì, anche io ho bisogno di parlarti.»
Nel frattempo Max scese le scale, saltando i gradini due a due, con in spalla uno zaino troppo grande per lui. 
«Max, cos’ho detto riguardo il correre in casa?» chiese Alec, serio. 
«Che non devo farlo. Ciao, padre. » disse lui, abbracciando il Cacciatore. Anche se Alec era il genitore severo, Max lo amava lo stesso. Non c’era giorno in cui non dimostrava ai suoi genitori quanto ci tenesse a loro. 
«Sei pronto? Hai preso tutti i tuoi giochi?» Magnus posò una mano sulla spalla di suo figlio e si mise il suo zaino in spalla, per alleggerirlo da quel peso. 
«Sì.»  disse, ma rispondendo al padre fissò il bambino che si trovava in braccio ad Alec e che ora nascondeva il suo viso nell’incavo del suo collo. Alec sembrava a suo agio, con quello sconosciuto attaccato a sé come una sanguisuga, mentre Max adesso lo guardava con curiosità e sospetto.
«Allora andiamo.» disse Magnus, prendendo le chiavi dell’auto. 
Sia lui che Alec erano stati d’accordo sin dall’inizio sul far frequentare a loro figlio una scuola mondana, almeno per i primi anni. Volevano che in parte avesse una vita normale, che avesse la possibilità di farsi amici mondani e di giocare con loro. Per questo Magnus e Alec si erano dovuti adattare. Avevano comprato una macchina che utilizzavano quando erano impegnati in  “questioni mondane” e Magnus aveva insegnato a Max come utilizzare un glamour per nascondere la sua carnagione blu, che altrimenti sarebbe siccuramente passata all’occhio.
Max e lo stregone salutarono definitivamente Alec e uscirono dalla porta, lasciando il Cacciatore e il bambino soli ancora una volta. 




Traduzione dialoghi in spagnolo:

1: Trattalo bene.
2: Dov'è Alec?
3: Alec sta partecipando ad una riunione. Tornerà presto a casa, non ti preoccupare.
4: Hey, non preoccuparti. Vuoi fare colazione?


N.B: Come la volta precedente, mi scuso per eventuali errori nell'utilizzo dello spagnolo. Non lo ho mai studiato. 


Note dell'autore. 

Buongiorno, Shadowhunters! Come state?
Finalmente sono riuscita ad aggiornare. Ho deciso che questo capitolo 2 sarà suddiviso in due parti, altrimenti sarebbe risultato troppo lungo. 
Fatemi sapere come sempre se è stato di vostro gradimento. Adoro ricevere recensioni e capire da voi in che cosa potrei migliorare. 

Alla prossima, Alice.


 
  
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