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Autore: Lione94    28/02/2017    1 recensioni
Danases è un mondo fantastico popolato da Elfi, Draghi, Nani e altre creature magiche, sull'orlo del caos.
La protagonista della nostra storia è Elien, una semplice mezz'elfa che vive nella foresta di Elwyn nel profondo nord del paese. Sono dieci lunghi anni che si nasconde, ma non può sfuggire a ciò che è.
Quando i fantasmi del passato torneranno a farle visita e l'ombra della minaccia di una guerra distruttiva tra Elfi e Draghi si allungherà sul suo mondo allora sarà costretta a lasciare il suo nascondiglio e a intraprendere un lungo viaggio che la porterà a compiere il suo Destino...
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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17. La battaglia



Mi svegliai con un’ombra che mi sovrastava: Tanasir era inginocchiato al mio fianco.
« Elien! » bisbigliò sorpreso quando vide che ero sveglia.
« Tanasir? » cercai di mettermi a sedere, ancora un po’ intontita dal sonno « Perché bisbigli? ».
« Shhh! » fece l’elfo cercando di farmi risdraiare a terra, posandomi una mano sulla spalla « Non è colpa sua… ».
Mentre pronunciava quelle parole sembrava molto agitato e l’espressione sul suo volto mi fece svegliare una volta per tutte, mettendomi in allarme.  
« Tanasir cosa sta succedendo?! » esclamai preoccupata.
Lui fece per parlare ma una voce lo interruppe.
« Si è svegliata! ». 
Sentii dei passi e qualcuno, con forza, mi sollevò in piedi. Mi ritrovai faccia a faccia con Menfys. Mi teneva stretta per le spalle e quando incontrai i suoi occhi, rabbrividii. Solo una volta gli avevo visto quell’espressione sul viso ed era stata ad Astrakan, quando lo avevo fatto arrabbiare così tanto che il volto di elfo si era quasi trasfigurato in quello di un drago. 
« L’hai presa? » mi ringhiò contro.
« Co-cosa? » feci, spaventata da quello strano comportamento.
Distolsi il mio sguardo dal suo e mi accorsi che ci trovavamo di nuovo vicino al lago Baab.
Non avevo la più pallida idea di come ci eravamo arrivati perché l’ultimo ricordo che avevo era nella Torre Celeste, la mia mano che si stringeva intorno alla pietra, e poi tutto era buio.
« La pietra dell’Aria! So che l’hai presa! » esclamò Menfys strattonandomi « Dammela Elien! » sibilò, il volto livido.
Era impazzito!
« No! » esclamai, capendo cosa stesse succedendo.
A causa della magia delle tre pietre riunite, Menfys, e di conseguenza Ogard, pieni di bramosia, volevano impossessarsi della corona. Erano incantati, per via dell’aura troppo potente della magia di Danases.
Capii perché i Saggi avessero ritenuto prudente separare le tre pietre finché non ci fosse stato un nuovo sovrano.
Daelyshia ringhiò di rabbia quando Menfys mi diede uno schiaffo che mi fece inciampare nei miei stessi piedi e cadere a terra. Mi sbucciai le mani e sentii che la guancia pulsava orribilmente. Sputai un po’ di sangue perché mi ero morsa la lingua. 
« Che cosa ti prende! » gli urlai contro.
Menfys cercò di avvicinarsi ma strisciai per allotanarmi e impedirglielo. 
« Non mi toccare! »
Ero impotente.
Non osavo evocare la magia per non fargli del male.
Non era più sé stesso…
Ma se mi avesse toccato un’altra volta sapevo che Daelyshia non si sarebbe più trattenuta.
Poi, all’improvviso, apparve un lampo di luce rossa e Menfys fu schiantato per terra.
« Inerveum! » esclamò Tanasir.
Delle radici uscite dal terreno inchiodarono l’Elfo dell’Aria a terra, rendendolo incapace di muoversi.
Lo stesso era stato fatto a Ogard.
Daelyshia, Tanasir ed io ci guardammo per un momento, respirando affannosamente. Ringraziai l'elfo con lo sguardo: senza di lui non sapevo che cosa avrei fatto.
« Liberati dal male, Menfys. Ritornata te stesso » disse Tanasir a Menfys, che lo guardava con odio.
« Che succede? Perché sono imprigionato!? » chiese Ogard all’improvviso, come risvegliandosi da uno shock.
Daelyshia, con un’unghia affilata, tranciò le radici che inchiodavano Ogard, il quale si alzò confuso, risvegliatosi dallo strano effetto della potente magia.
Mi avvicinai a Menfys, che era ancora imprigionato.
« Menfys… Menfys, è questo che vuoi veramente? » chiesi dolcemente « Vuoi davvero tradire i tuoi amici? Tradire te stesso? È questo che vuoi? Guardami! ».
Menfys mi guardò negli occhi. Notai la sua espressione tormentata, come se stesse lontando con sé stesso.
« Io… io… » balbettò confuso.
« Ricordati chi sei ».
All’udire quelle parole, luce sinistra che brillava nei suoi occhi finalmente scomparve e allora lo liberai dalla prigione di radici.
La magia delle tre pietre era svanita.
« Io… mi dispiace! » mugghiò Menfys mentre si alzava in piedi « Non so cosa mi sia preso… io…». 
« Non serve scusarsi, eri sotto un incantesimo » disse Tanasir, interrompendolo.
Menfys si vergognava di sé stesso. Non l’avevo mai visto in quello stato.
« Elien… io… mi dispiace per prima! Non era me stesso, capisci?! Non volevo darti quello schiaffo… » mi poggiò una mano sulla guancia e istintivamente mi ritrassi a quel contatto.
Ci fu un minuto di silenzio teso.
« Va tutto bene? » chiese Menfys, osservandomi ancor più preoccupato.
« Credo di… sì » mentii.
La mia voce uscì strana, ovattata, quasi strozzata.
Menfys non capiva.
Pensava che fossi spaventata dal suo schiaffo ma non mi ero allontanata da lui perché avevo paura ma perché semplicemente non volevo che mi toccasse.
Con orrore realizzai che era davvero accaduto quello che aveva detto Madre Aira.
Non ci avevo creduto finché non avevo avuto la prova.
La fenice si era davvero portata via il mio amore.
« Dovresti dirglielo » Daelyshia entrò nella mia testa con un bisbiglio « Dovresti dirglielo, Elien, non puoi ingannarlo… capirà ».
« Non posso ».
« ».
Menfys ci guardava attento. Sapeva che io e Daelyshia stavamo comunicando ma non sapeva cosa perché avevamo escluso tutti dalle nostre menti.
« Gli spezzerò il cuore! ».
« Se verrà a saperlo da qualcun altro sarà peggio. Ogard ha già capito che qualcosa non va! Non riuscirai a nasconderglielo per molto ».
Quando avevo fatto la mia scelta non avevo pensato che avrei dovuto affrontare questo penoso momento.

« Credi che abbia fatto la scelta giusta? » chiesi mestamente a Daelyshia.
« Certo, ne sono sicura! » ribatté lei con foga « Lo so che hai fatto un gran sacrificio... Per tutti noi! Ma se non dirai la verità a Menfys gliela dirò io »
« Ma come posso fare? »
« Dovrai cavartela da sola »
« Ah, grazie dell’aiuto! ».
Daelyshia si chiuse nel silenzio, nascondendomi i suoi pensieri.
Sospirai e mi avvicinai a Menfys.
« Menfys, ascolta » gli presi la mano e la posai sul mio petto « Ascolta il mio cuore ». 
Menfys, anche se confuso, chiuse gli occhi e ascoltò. Dopo pochi istanti i suoi occhi si spalancarono di scatto. 
L’udito degli elfi era così fine che sapevo che, se Menfys si fosse concentrato bene, avrebbe potuto sentire il mio cuore che accellerava in sua presenza. Ma questa volta non udì nulla: il mio cuore era muto e freddo per lui.
Menfys impallidì di colpo.
« È uno scherzo, vero? ». 
« No » sussurrai « È come se il mio cuore abbia smesso di battere, vero? ». 
« Sì ». 
« Perché non ti amo più, Menfys ».    
Notai che Tanasir aveva la bocca spalancata dalla sorpresa e dall’orrore. Di certo non si aspettava questo risvolto. In realtà nemmeno io finché non ero stata costretta da Madre Aira a fare la scelta.
Menfys scattò: « Perché? » mi esclamò contro.
« Io… non posso Menfys, non posso più amarti perchè…». 
Menfys m’interruppe, senza lasciarmi spiegare. La sua espressione cambiò e il suo sguardo si riempì di disgusto e compassione.
Mi mossi all’indietro a disagio.
Cosa gli passava per la testa?
« Ho capito cosa vuoi dire. Una regina come te, non può amare certo un elfo come me, vero? »
« NO! Come puoi pensare questo?! » domandai sconvolta.
Ero indifferente al suo amore ma non alla sua sofferenza.
Come poteva pensare quello di me?
« Sapevo che un giorno non avrei più contato niente per te »  disse l’elfo con voce piatta.
« No! » esclamai ma non con tanta convizione quanta avrei voluto.
Anche Menfys se ne accorse ed assunse un’espressione scettica inarcando un sopracciglio.
Era un pensiero terribile il suo… eppure in questo momento era anche la verità.
Menfys non contava più niente per me ma non per il motivo che credeva lui.
« Io… ti prego Menfys, non complicarmi le cose. È già difficile per me ».
« E per me, allora? » replicò lui aspro. 
« No, Menfys! Tu potrai amare. Troverai un’altra elfa che ti… ». 
« Io non voglio un’altra elfa! » esclamò, sfregandosi il volto « Io… »
« Ti prego, Menfys, non dirlo… »
« Io amo te, Elien! ». 
Non avevamo mai espresso veramente i nostri sentimenti. Erano cresciuti silenziosi e quel giorno vicino Ililea erano esplosi come una tempesta. Ma poi non ne avevamo più parlato perché la guerra si era portata via anche il tempo.
« …ma io non posso amarti! » gli urlai contro con tutte le mie forze.
« Tu… Io… Noi… » balbettò lui con occhi sgranati.
« No, Menfys, noi non esiste più! ».
Fece un passo verso di me ma mi allontanai.
Menfys mi guardò come se l’avessi schiaffeggiato.
« Io… Menfys… mi dispiace! ».
Ci ero andata veramente pesante, ma solo così sembrava che le mie parole avessero sortito qualche effetto.
« Ti dispiace » ripeté amareggiato « Quand’è così, dispiace anche a me ma non posso più aiutarti. Arrivederci… altezza ».
L’ultima parola la sputò fuori con disprezzo, poi s’inchino e si avvicinò a Ogard.
« Menfys! » esclamai, inseguendolo.
Sapevo che era arrabbiato e nemmeno pretendevo che rimanesse al mio fianco. Gli avevo spezzato il cuore e non in uno, ma in mille pezzi. Però non volevo lasciarlo senza la verità.
Lui mi voltò le spalle e con un agile movimento salì in groppa al suo drago, chinò il capo e gli diede una pacca sul collo squamoso. Ogard si alzò in volo provocando una raffica d’aria.
« Menfys aspetta! » urlai ancora.
Menfys mi guardò impassibile dalla groppa di Ogard.
E il suo sguardo gelido mi fece esplodere: « Menfys, io mi sono messa in gioco. Ho rischiato tutto e, alla fine, non mi sono arresa e ho fatto tutto per Danases. Io ho perso l’amore. Tu non hai niente da perdere! » gli urlai contro.
« Sì, invece » sussurrò lui di rimando « Io ho perso te ».
Ero frustrata: perché non capiva l’importanza della mia scelta? Quanto soffrivo a vivere quella situazione! L’amore di Menfys era una delle cose più belle che mi era capitata nella mia breve e difficile vita. Ci avevo rinunciato e anch’io soffrivo. Ma sembrava che l’unica sofferenza fosse la sua.
Infuriata, esclamai:  « Tu non mi hai mai avuta! ».
Menfys sbiancò.
Mi portai le mani alla bocca e sgranai gli occhi, orripilata dalla bugia che avevo detto. Per un attimo, lui sembrò notare il mio gesto, eppure rimase impassibile.
« Addio… Elien » pronunciò a fatica il mio nome, distogliendo lo sguardo.
« Elien » disse Ogard « Il mondo è fatto di scelte, ed io ti rispetterò perché hai fatto la scelta che ti sembrava più giusta, anche se dolorosa ».
Lasciai che potesse leggermi nei ricordi mentre iniziava ad alzarsi da terra, sbattendo velocemente le ali che creavano forti vortici di aria.
« Gli spiegherai, Ogard? » gli domandai « Lo farai? ».
Mi guardò per un attimo e poi promise: « Lo farò ».
Il drago e il suo cavaliere si alzarono sempre più e si allontanarono fino a diventare un puntino nel cielo nero.
Mi girai e incrociai lo sguardo di Daelyshia e poi quello di Tanasir.
Della compagnia iniziale ormai eravano rimasti solo loro.
Mi sedei a terra, sopraffatta, e mi coprii il volto con le mani.
Mavina, Wisp… e adesso anche Ogard e Menfys.
Era stato orribile quello che avevo detto.
Ero riuscita a ferire Menfys, a prendere il suo cuore e a stringerlo tra le mie mani fino a farlo sanguinare.
Anche se Ogard gli avrebbe raccontato davvero come erano andate le cose ero sicura che non mi avrebbe mai perdonata.
« Elien! ».
Daelyshia mi mostrò la sua sorpresa.
Arrivava qualcuno!
Prima che potessi fare alcunché, una luce m’illuminò le palpebre e aprii gli occhi di scatto.
« Presto! Presto! » esclamò tintinnando una piccola creatura alata.
La riconobbi con stupore: quella era una Fata della Luce in carne ed ali!
Dietro di lei comparvero altre sue compagne, illuminate da una luce dorata che al loro passaggio brillava nell’aria come una magica polverina.
« Ehi! » feci, quando le dieci fatine mi passarono davanti senza neanche degnarmi di uno sguardo « Aspettate! Che cosa sta succedendo? ».
Una fatina si fermò e scosse la testa, spruzzando polverina dorata qua e là.
« Cosa non sta succedendo, vorrai dire, mia goccia di rugiada! Il mondo è impazzito e noi non riusciamo più a fare il nostro lavoro! ».
Anche le altre fate si fermarono, ansanti, sbattendo fiocamente le ali stanche. Alcune assentirono.
Mi ritornò in mente il ricordo di alcune parole: “Le fate della luce, sono le assistenti dello spirito della Natura. Controllano le stagioni”.
« Il vostro lavoro? » ripetei meravigliata « Quale stagione sta arrivando? ». 
« Mia cara, è questo il problema! » esclamò un’altra fata, sgranando gli occhi « Madre Natura non può controllare le stagioni senza la magia degli Elfi ». 
« E questo periodo gli Elfi non stanno certo controllando la loro magia » intervenne nuovamente la fata di prima, assai contrariata « Così noi cerchiamo di fare del nostro meglio… ».
Indicò l’orizzonte, prima a nord e poi a sud. Vidi che dalla prima parte nevicava, a causa delle basse temperature della stagione invernale, mentre nell’altra parte i soli splendevano più alti che mai, come durante la stagione estiva.
« La magia si sta concentrando tutta sulle pianure di Abbarak, vedete? » disse una terza fata, con aria grave, puntando un dito verso est « Dobbiamo andare lì a cercare di sistemare le cose prima che un uragano spazzi via tutta Danases! ».
Seguimmo con gli occhi la direzione da lei indicata e notammo che nel cielo nero le nuvole stavano correndo in quella direzione. Un lampo corse nel cielo e si scaricò a terra. Anche se ci trovavamo abbastanza lontani potemmo udire l’eco del tuono.
« Per tutti gli Spiriti! E’ dove avverrà la battaglia! » esclamai.
« Purtroppo temo che sia già iniziata » rispose la fata e poi si rivolse alle sue compagne: « Andiamo, presto! ».
Così detto, vidi le fatine volare via veloci seminando la polverina dorata nella loro scia. Diversi fiori sbocciarono nel terreno bruciato come se fosse primavera.
« Dobbiamo andare! » disse Daelyshia con urgenza.
Con un balzo io e Tanasir saltammo sulla sua groppa e spiccammo il volto.
Man mano che ci avvicinavamo alle pianure di Abbarak l’aria si faceva sempre più gelida e i tuoni rombavano intorno a noi. Più volte Daelyshia dovette cambiare direzione bruscamente per evitare che ci colpissero i fulmini.
Iniziò a piovere forte e fu come se ci colpisse un muro ghiacciato. Strizzai gli occhi più e più volte per cercare di vedere attraverso quella cortina d’acqua.
Il frastuono dei tuoni aumentava sempre di più.
Quando Daelyshia uscì da una nuvola ci rendemmo conto che quel rumore non era provocato solo dal temporale ma dal clangore armi che si scontravano.
Rimasi orripilata a vedere quella marea nera sotto di me.
Gli eserciti avevano dato inizio alla battaglia.
I draghi volavano nel cielo azzannando gli elfi.
Non ne avevo mai visti così tanti tutti insieme.
Erano un gruppo disordinato, senza una guida.
Provenivano da nord e le loro fiammate illuminavano il cielo.
Gli elfi erano ricoperti dalle loro armature e, al contrario dei draghi e che si gettavano nella battaglia senza uno schema, erano allineati a seconda di fanteria, cavalleria, arcieri.
Anche attraverso la pioggia riuscii a vedere che tra di loro si stagliavano gli stendardi delle tre razze. Tutti i Saggi avevano portato con sé i loro eserciti.
Quando Daelyshia iniziò a planare vidi che lo stendardo di Dun Morong si trovava nelle retrovie del grande esercito e lo riconobbi in sella al suo cavallo in mezzo agli altri cavalieri. Avevano appena dato la carica e si stavano inoltrando tra le fila.
« Attenta Daelyshia! » urlò Tanasir.
Un drago veniva verso di noi e la dragonessa fu costretta a planare a terra il più velocemente possibile.
Fu un atterraggio brusco.
Io e Tanasir fummo sbalzati per terra.
Un dolore lancinante esplose al polso sul quale ero caduta. Di sicuro si era rotto.
Mi alzai e mi ritrovai coperta di fango e sangue.
Tanasir e Dalelyshia lottavano contro il drago che ci aveva attaccati.
« Elien va! ».
Mi girai e mi misi a correre verso il Grande Saggio.
Dovevamo fermare quella guerra.
Dovevamo fermare quella pazzia, che avrebbe portato alla distruzione il magico mondo.
Il male era entrato nel cuore di tutti, e come un veleno aveva instaurato negli animi la sfiducia, la diversità, la pazzia.
Tutto sembrava perduto.
Nulla aveva più un senso.
Il clangore assordante delle spade contro le squame e gli artigli dei draghi mi stordiva mentre correvo, cercando di non farmi colpire.
Evocai uno scudo d'aria che si frapponesse fra me e le fiammate dei draghi. Nemmeno la pioggia forte riusciva a fermarle.
Più volte inciampai nei corpi di elfi e draghi senza vita.
C’era sangue dappertutto e l’odore di morte impregnava l’aria.
Un incantesimo e una fiammata cozzarono tra loro e mi esplosero vicino, facendomi saltare di alcuni metri per la loro potenza.
Ero sempre più stordita e rantolai a terra.
L’orecchio destro era danneggiato: non riuscivo a sentire più niente che non fosse un sordo ronzio.
« Elien! » una voce risuonò ovattata, come lontana.
Mi rialzai appena in tempo, con uno scatto che mi fece gemere dal dolore, prima che degli zoccoli mi calpestassero.
« Grande Saggio! ».
Quasi mi venne da piangere per il sollievo di averlo raggiunto. Ero stanca e dolorante, non avrei resistito ancora per molto.
Dun Morongh era ricoperto da un’armatura ammaccata e sporca di sangue. Scese veloce da cavallo e urlò: « Presto uomini! Intorno a me! ».
Gli elfi cercarono di formare un cerchio attorno a noi ma era quasi impossibile in quella bolgia di corpi e fuoco.
« Ce l’hai? » urlò l’anziano elfo sopra i ruggiti dei draghi.
« Eccole! ».
Evocai la corona che aveva già incastonate dentro di sé la Pietra dell’Acqua e della Terra. Non avevo ancora osato inserire la pietra dell’Aria perché sapevo che solo il Grande Saggio avrebbe potuto aiutarmi a controllare l’enorme potere che ne sarebbe derivato. Solo con le tre pietre riavvicinate il potere era così forte che Menfys e Ogard ne erano rimasti incantati e lì nella battaglia attirava gli sguardi di chiunque al mio passaggio, sia elfi, sia draghi, pieni di bramosia.
« Presto! »
Presi la Pietra dell’Aria con la mano rotta ma mi scivolò. Prima che potessi raccoglierla e metterla al suo posto, un lampo di luce mi accecò e sentii un forte bruciore alla schiena.
Daelyshia ruggì il nostro dolore.
Una fiammata mi aveva colpito.
Il mio corpo andava a fuoco e il dolore mi fece cadere la corona dalle mani. Chiusi gli occhi e dietro le palpebre vi esplosero le stelle.
La sofferenza era atroce.
Sentii che le ginocchia si piegavano e che mio corpo martoriato cadeva a terra, nel fango e nel sangue.
Sentii qualcuno urlare il mio nome e poi più niente.

  
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