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Autore: Vago    03/03/2017    3 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 L’elfo con il tatuaggio romboidale sulla guancia aprì gli occhi lentamente, temendo cosa quelle pupille avrebbero potuto vedere.
Quel corpo era sdraiato orizzontalmente, ne era quasi certo, su un materiale morbido.
Il livello di sangue all’interno del sistema circolatorio era pericolosamente basso, ma sufficiente a mantenerlo cosciente.

Devo crearne di nuovo immediatamente… basterò sacrificare qualcosa di non strettamente necessario.
L’appendice è perfetta, poi… parte del fegato, un rene, la milza è inutile e… perché no, posso fare a meno di un paio di costole, tanto è solo una soluzione temporanea.


Gli occhi si aprirono completamente, lasciando alla vista di quell’elfo la possibilità di imbattersi in un soffitto composto da listarelle di legno di pino.

Una casa… strano.
È qui che le muse arrivano, una volta morte?
Non penso, il Fato non ha tutto questo buon gusto in fatto di costruzioni.
Questo vorrebbe dire che sono vivo, per qualche motivo, e che questo è il mio corpo di emergenza nel caso dovessi perdere i sensi. Ottima scelta.
Ora alzati, piano. Hai superato sbronze peggiori.


Il corpo si alzò lentamente, ruotando la testa a destra e sinistra per potersi fare una veloce idea dell’ambiente.
Era una stanza piccola, oltre alla branda su cui era seduto ospitava solamente due bassi comodini e un secchio d’acqua.

La ferita…

Il petto era fasciato da un bendaggio bianco, appena macchiato dal sangue dalla tonalità scura.
Un volto comparve dalla porta al fondo della stanza per poi, visto l’ospite cosciente, scomparire in tutta fretta, prima ancora che questi potesse chiedergli qualcosa.

Umano, credo.
Perché sono finito tra gli umani? L’ultima volta ero sui Muraglia e… ovvio, assi di pino. Sono ancora sui Muraglia.
Quindi il Fato non c'entra nulla con tutto questo. Figurati, fosse stato lui a salvarmi le piume non avrebbe sprecato l’occasione per farmi una delle sue paternali.
Quanto mi mancano gli altri componenti della mia specie, almeno poteva suddividere le sue frustrazioni su tutti noi.

Due minuti dopo un uomo possente entrò nella stanza. La barba scura e i capelli lunghi una spanna incorniciavano un viso bruciato da sole, su cui erano stati come incastrati due neri occhi profondi.
Il torace largo era coperto da una giacca in pelliccia, cucita da una mano di certo non esperta.

La mandibola è a posto? Le corde vocali? L’esofago?
Aspetta… non mancherò qualche parte importante, tipo il collo. Spero di non aver fatto un errore così grossolano, non di nuovo.
Forse è il caso che smetta di aprire e chiudere la bocca e mi decida a parlare.


- Voi… mi avete salvato? –

Non male come modo per iniziare una conversazione.

- Per fortuna sembri star bene. Avevo paura che avessi qualche problema nella testa. – L’uomo sorrise bonariamente, forse sgonfiando il petto teso.
- Immagino che questo risponda alla mia domanda. Vi sono incredibilmente grato per quello che avete fatto. –

Ora però devo lasciarvi, ho ancora dei mocciosi in mano a un demone millenario, ho perso parte dei miei poteri, ho una ferita che non riesco a risaldare e, evidentemente, la Trama del Reale ha deciso di farmi il broncio e non farmi entrare!

L’elfo tentò di alzarsi in piedi, ma una fitta alla ferita gli percorse tutto il torso, costringendolo a ripiegarsi su sé stesso.
- Ti ci vorrà ancora un bel pezzo prima di poter tornare a muoverti. Come ti sei fatto una ferita del genere? –
- Banditi. Maledettissimi banditi. Io ne sono uscito così, ma sicuramente loro non riusciranno più a raccontarlo. –
- Strano che tu ne abbia incontrati di così violenti qui. È da un bel pezzo che le bande hanno lasciato i Muraglia. –
- Ho fatto parecchia strada, prima di svenire, speravo di poter raggiungere Norua o una delle Chiritai più vicine, ma, evidentemente, non ce l’ho fatta. –
- Beh, il Fato ti deve aver sorriso, visto che mia figlia ti ha trovato. –
- Non credo che il Fato si sia disturbato tanto per me. –
- Non dirmi che fai parte di uno di quei nuovi gruppi che sostengono che non ci siano dei a vegliare su di noi. –
- Fidati, nessuno crede nella loro esistenza più di me… beh, forse c’è qualcuno sul mio livello. Ma non importa! –
- Non devi essere ancora completamente lucido, vero, ragazzo? In ogni caso, non posso rifiutare ospitalità a uno nelle tue condizioni, puoi rimanere qui, se vuoi, finché non ti sarai rimesso. Dimmi, come ti chiami? –
- Io sono Comm… Vian… -

Maledizione! Ora cosa gli dico? Normalmente sono in condizione di poter fare il vago e andarmene, lasciando un velo di mistero sulla mia identità, ma ora... Sono più indifeso di un criceto a cui hanno tagliato le unghie.

- Comvia, signore. Lei, invece è? –

Comvia? Seriamente?
Sei una dannatissima musa, ispiri i più grandi poeti da… da quando sei stato creato, e tutto quello che ti viene in mente quando ti viene richiesto di tirar fuori un nome non sai fare di meglio?
Mi faccio schifo.


- Io, – disse impettito l’uomo – sono Garad Donier e questi, – aggiunse spingendo bonariamente nella stanza due bambini – sono i miei figli. Il maggiore è Razer, mentre la più piccola è Lucya, è stata lei a trovarti. Per quanto riguarda mia moglie Tarmia, lei è di sotto che prepara la cena, avrai modo di conoscerla più tardi. –
- Allora, - disse l’elfo sorridendo in direzione della bambina – grazie Lucya per avermi salvato. Potresti solo dirmi per quanto tempo sono rimasto incosciente? –
- Ti abbiamo trovato ieri sera e hai dormito per tutta la notte e la mattinata. Saranno passate si e no una ventina di ora. – gli rispose l'uomo.

Ottimo, i mocciosi non possono essere andati troppo lontani, se sono riusciti a scappare, ovvio.
Il demone avrà raggiunto le sue truppe e si starà dirigendo verso i Muraglia a piedi, suppongo. Otto giorni, non credo di aver più tempo di così, prima del suo arrivo.

- Signor Donier, le vorrei fare alcune domande ma… preferirei se i suoi figli non fossero presenti. –
L’uomo corpulento parve interdetto, ciò nonostante diede un colpo sulla spalla dei due bambini, che, lenti, si apprestarono ad uscire.
- La ringrazio. –
- Per favore, dammi del tu. E chiamami per nome. Non sono un esattore del governo. –
- Va bene. Volevo sapere quali sono le mie condizioni. So che la mia ferita è grave, ma vorrei sapere quanto, esattamente. –
- Beh, ragazzo. Onestamente la tua resistenza mi ha stupito, così come la tua fortuna. Hai un bello squarcio che ti trapassa il ventre, ma sembra che non abbia intaccato nessun organo vitale. –

Ovvio che non abbia danni interni.
Di certo non vado a combattere il demone con un corpo in possesso di cose inutili come stomaci, reni, fegati o altre strutture molli pronte ad essere perforate nelle più disparate maniere.


- La ferita, però, rimane grave. Hai perso molto sangue e sembra che gli squarci che hai sulla pancia e sulla schiena non vogliano richiudersi. Mia moglie ha fatto il possibile, ma ti ci vorrà del tempo per guarire. –

Male.
Posso riassemblare in parte le vene che mi percorrono la pancia per evitare di perdere altro sangue, ma, se non posso disgregarmi in polvere o fumo, non posso nemmeno spostare la ferita sui corpi fisici che assumo.
Morale: Per ora sono costretto a tenermi un bel buco vicino all’ombelico… che non ho mai, perché è uno spreco di spazio.


- Grazie ancora, allora. Vorrei poi avere il piacere di ringraziare tua moglie di persona, in questo caso. –
- Sicuramente ne avrai l’occasione. Ora, scusami, ma ho ancora del lavoro da fare di sotto. Ti porteremo la cena, quando sarà pronta. –
- Spero di non portarvi troppo disturbo. –
- Figurati, la nostra casa è sempre aperta ai viandanti. –

Non capisco se tutto questo sia stato predisposto dal Fato o sia semplicemente un brutto scherzo del Caso…
Dannazione, il Fato non ha potere su di me. Non può aver predisposto tutto questo, visto che mi muovo al di là del suo sguardo.


L’elfo tornò a sdraiarsi sulla branda, chiudendo le palpebre.

Ogni tanto mi piacerebbe poter dormire, anche solo per perdere qualche ora.

Piedi. Piccoli piedi di bambino.
Odio i bambini, di ogni razza e forma.
Quante ore saranno passate da quando mi hanno lasciato solo?
Oramai neanche le conto più, non ne vale la pena.


L’elfo aprì gli occhi guardando di fianco a sé, dove, con una ciotola in legno in mano, lo guardava un bambino che avrà avuto poco più di sette anni. La zazzera castana ricadeva su due occhi identici a quelli del padre, ma questi non erano incastonati su una pelle così tanto abbronzata.
L’elfo sorrise, mostrando la sua chiostra di denti bianchi, mentre le sue mani prendevano delicatamente la ciotola colma di minestra e il cucchiaio intagliato che in essa riposava.
- Grazie… Razer, giusto? –
- Si, signore. –

Se solo quella maledetta Trama del Reale la smettesse di respingermi, mi farebbe un enorme piacere.
Il mio lavoro contiene già incognite a sufficienza, non ho bisogno di nuove domande come: “Chi sarà mai il tizio di fronte a me?” oppure “Chissà chi, in un porto affollato, è un pericoloso attentatore pronto a falciare qualche decina di civili?”.
Ho bisogno di risolvere questo problema il più presto possibile.
E se solo il Fato si decidesse a scendere un attimo, potrebbe spiegarmi perché sono stato ridotto in questo stato.


Il bambino continuava a rimanere immobile al capezzale dell’ospite, incerto su cosa avrebbe dovuto fare.
Fu quindi l’elfo a cercare di smuovere le acque. – Dimmi, Razer, che lavoro fa il tuo papà? –
- Lui fa tutto. Va a caccia, taglia la legna, si prende cura dell’orto e ogni tanto insegna qualcosa a me e mia sorella. Mi ha insegnato lui a scrivere. –
- Che bravo che è. E dimmi, cosa piace fare a te? –
- Il mago! –
L’elfo rimase per un secondo sconcertato, per poi riprendersi con un sorriso tra l’ironia e il cinismo. – Davvero? Ti piace fare il mago? Che magie conosci? –
Razer si guardò rapidamente intorno e i suoi occhi splendettero quando incontrarono sul loro percorso un pezzo di stoffa avanzato dal bendaggio. – Questo me l’ha insegnato mia mamma. – disse il bambino prendendolo con le piccole mani.
Razer fece sventolare un paio di volte il pezzo di stoffa davanti al suo naso, per poi stringerlo nel pugno grassoccio.
- Soffiaci sopra. – continuò l’aspirante prestigiatore.
L’elfo non perse il suo sorriso, si sporse lentamente in avanti cercando di non far notare la mancanza delle costole più basse della cassa toracica diede uno sbuffo sul pugno proteso verso di lui.
Il volto di Razer si fece più concentrato, mentre la mano sinistra descriveva lenti cerchi su quella destra, chiusa intorno al pezzo di stoffa.
- E uno, due, tre… il fazzoletto più non c’è! –
Il pezzo di stoffa cadde goffamente nella manica della camicia del bambino, mentre questo apriva il suo pugno per far vedere all’ospite la magia che si concludeva. Non fu però quello ad attirare l'attenzione dell'ospite sdraiato, bensì le piccole scintille di mana azzurro che scaturirono da quelle dita, per poi spegnersi dopo pochi istanti nell'aria.
- Ma che bella magia! – disse l’elfo sorridente, con il rombo tatuato sulla guancia sformato dalle pieghe del volto.
- La mia mamma è molto più brava di me a fare le magie. Sa anche far comparire delle luci più grandi. –
- Sai, anch’io so fare qualche magia. Ne vuoi vedere una? –
- Si! –
L’elfo appoggio delicatamente la sua mano destra sul volto del bambino, che si irrigidì a quel contatto.
- Pronto? Tre, due, uno… -
Sul viso del bambino si andò a creare un guscio bianco, con solamente tre fori a deturpare la superficie perfetta. Due V rovesciate si aprirono all’altezza degli occhi e un largo sorriso comparve sotto la protuberanza del naso.

Forse questo non ve l’ho mai spiegato.
I miei poteri metamorfici vanno leggermente al di là del semplice cambiare la mia forma, io posso controllare ogni molecola del mio essere, molecole che si rigenerano fin troppo lentamente, se mi è permessa una critica.
Comunque, non ho limiti nell’usare queste molecole… beh, a parte la mia nuova impossibilità di disgregarmi. Dicevo, posso utilizzare le mie molecole sia per creare strutture biologiche che compongono i miei corpi, sia per materializzare oggetti al di fuori della mia forma fisica, come il pugnale che ha ucciso Réalta, per fare un esempio.
Potrà essere uno spreco, privarmi della materia prima di aver totalmente riparato le mie ferite, ma mi sento particolarmente buono, oggi, verso la famiglia che mi ha salvato da morte certa.
Vorrà dire che rinuncerò a cinque centimetri di altezza, da adesso a quando mi sarò rimesso a posto.


Razer si portò le mani alla testa, tastando la maschera che si reggeva sia sulle sue orecchie che sulla nuca e gli copriva interamente il volto.
Se la tolse lentamente, voltandola, in modo da vederla di fronte.
- Wow! Che magia incredibile! –
- Vai, fagliela vedere ai tuoi genitori. Penso di riuscire a finire questa buonissima minestra anche da solo. –
Il bambino scomparve in un battibaleno, lasciando l’elfo solo nella stanza a stringere tra le mani la ciotola di legno quasi vuota.

Ancora non capisco come mai sia finito qui.
Sono troppo vecchio per credere nella fortuna e a maggior ragione non posso nemmeno sperare che il Fato mi abbia portato fisicamente qui, prendendomi in braccio o trascinandomi fin davanti a quella bambina.
La prima domanda che devo pormi è: Perché ho scelto il Passo Marino? Cosa mi ha portato a scegliere quella via piuttosto che il Passo del Messaggero, più vicino sia a me che alla Chiritai 18, una delle prime tappe che questo gruppo ha passato.
Secondo: Cosa mi ha davvero fatto il demone? La ferita è grave, ma sono sopravvissuto a cose ben peggiori. Che effetti secondari ha sul mio corpo quel colpo? Che, attraverso quella porzione di materia che mi ha inserito all’interno, possa controllarmi? No, non può essersi propagata.
Quella polvere deve essersi depositata tutto attorno alla ferita, impedendomi di rimarginarla. Ecco perché il buco non si chiude, ho un'enorme crosto di materia divina che copre tutta la parte ferita.
Ma ancora non capisco perché non posso disgregarmi e accedere alla Trama del Reale.
Non riesco a capire.
Sono dannatamente certo che…


Un colpo di tosse cristallino sottrasse l’elfo al flusso di pensieri che lo teneva lontano dalla realtà.
Sotto lo stipite della porta della stanza, restava dritta, in piedi, una donna magra, così diversa dall’uomo che aveva accolto il risveglio dell’elfo. I lunghi capelli castani le cadevano in placide onde lungo le spalle e gli occhi chiari sembravano piccole pietre preziose.
- Devi essere Tarmia, suppongo. – disse l’elfo, tornando a sorridere. – La tua minestra era ottima. –

Io questa donna l’ho già vista.
Nel senso, non vista fisicamente. Devo averla incontrata da qualche parte nei meandri della Trama. Il mio accesso sarà anche bloccato, per ora, ma quello che ho già letto è riposto da qualche parte nella mia memoria. Ora devo solo trovare quella parte.

- Si, sono io. Sono felice che tu sia ancora qui tra noi. Il Fato deve avere ancora dei piani per il tuo futuro. –

Fato, Fato, Fato!
Per l’amor del… di me stesso! Lasciatelo un po’ stare, che quel maledetto dio non ha tempo per il suo unico servitore libero rimasto, figurarsi per voi mortali. Ha praticamente smesso di guardarvi da quando ha finito di scrivere i vostri destini su quel libraccio.


- Ho paura che il Fato abbia fin troppi piani per il mio futuro… e di questo passo non sono sicuro di poterli vedere tutti. –
- Sciocchezze, se sei destinato a far qualcosa, in un modo o nell’altro ci arriverai. Ricorda che a noi mortali non rimane che goderci… -
- Si, certo. Non rimane che goderci il viaggio in attesa della meta che ci è stata assegnata. L’ho ripetuta anch’io centinaia di volte questa frase. –
La donna parve sinceramente stupita dal comportamento dell’ospite.

Oh, no. Non avrò esagerato?
Per una volta che ho trovato dei mortali ospitali non vorrei essermi giocato malissimo le mie carte.


- Non pensavo che qualcuno dei giovani d’oggi conoscesse queste sfumature dell’Elementarismo. Dimmi, quale ordine ti ha istruito? –
- Tutti e nessuno, in realtà. Ho viaggiato molto e a lungo e ho avuto modo di incontrare i più svariati tipi di persone. È come se avessi… incontrato anche gli dei, in qualche modo. –
- Perché gli dei crearono i servitori? – chiese a bruciapelo la donna con uno sguardo di sfida negli occhi.
- Per lasciar loro il compito di gestire gli elementi nel Creato dalle loro sedi, situate nel palazzo del Sole e in quello della Luna. –
- Nel simbolo della nostra religione, negli angoli superiori dell’esagono che circonda il cerchio e il pentagramma, quali dei minori vengono individuati? –
- Facile, in alto, Luce a sinistra, Oscurità a destra, coloro che provengono da cielo. Sui due angoli mediani troviamo Tempo a sinistra e Spazio a destra, infine nei due angoli inferiori sono situati Ordine sulla sinistra e Caos sulla destra. –
- Mi stupisce la tua conoscenza così profonda. Sono poche le persone che hanno queste nozioni e poteri simili ai tuoi. –
- Non è nulla di che, in realtà. Ciò che incuriosisce me, invece, è come una donna come te ne sia in possesso. Da quanto ho potuto vedere anche tu sei particolarmente colta in materia e, da quanto mi ha detto tuo figlio, dovresti essere in possesso di qualche tipo di potere. –
- Io, in realtà… Sono stata iniziata all’ordine del Fato, da giovane, ma decisi di sposare Garad prima di prendere i voti superiori e diventare sacerdotessa. – La donna sembrava imbarazzata da quella confessione. – E, non ho chissà che poteri. Ogni tanto riesco ad accendere piccole luci intorno a me, ma non sono nulla di incredibile. Credo che anche il piccolo Razer li abbia ereditati. –

Ecco perché mi ricordavo di lei, è stata una chierica del Fato.
Ogni tanto mi divertivo a controllare quanti adepti riuscisse ad agganciare un ordine rispetto agli altri. Devo dire che i chierici del Fuoco erano sempre in sovrannumero, mentre quelli della Terra non se la passavano così bene, però, che volete farci, i gusti sono gusti.
Certo, fossi Codero me la prenderei un po’, con tutto quello che ha fatto per loro.


- Al contrario, sono poche, oramai, le persone che possono vantare di possedere una forma di magia innata. Quindi, essendo stata formata dall’ordine del Fato, immagino sarai a conoscenza della leggenda per cui anche il Fato aveva dei servitori. –
- Me ne parlò il mio maestro, ma… non credo a quella leggenda, perché mai un dio con quel potere avrebbe dovuto generare un’intera razza di servitori? –
- Per rendere più variegato il mondo, immagino.  Ma ad interrogativi del genere, credo che solo il Fato potrebbe avere l’ultima parola. In ogni caso,  al momento ho solo una certezza: La vostra ospitalità è preziosa. –
- Non possiamo rifiutare assistenza a chi il Fato mette sul nostro cammino, non trovi? È stata una piacevole discussione, la nostra, ma ora devo mettere a letto i bambini. –
La donna si voltò, scomparendo nuovamente alla vista dell’elfo, che tornò ad esser solo, rinchiuso tra le quattro pareti della stanza.




Comunicazione di servizio:
A causa di un allontanamento di due giorni di Vago dal mondo civilizzato, le risposte ai messaggi e alle recensioni di sabato e domenica potrebbero arrivare con un ritardo tra una e dieci ore.
Perdonatemi l'inconveniente, spero che questo capitolo sia sufficiente per rimediare alla mia presenza saltuaria. 

   
 
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