A sedici anni, nel 1911, Olga festeggiò la cosiddetta maggiore età con un ballo a Livadia, in Crimea.Ciò significava poter portare i capelli raccolti, le gonne lunghe ed il busto, riti di passaggio, minimi gesti che avevano una immensa importanza.
Si parlava di progetti matrimoniali in fieri, dato che era la figlia di un imperatore, non una comune cittadina, ma lei ci rideva sopra, l’idea di lasciare la sua famiglia le appariva lontana come un miraggio incongruo, una chimera, il principe ereditario di Romania, il principe di Galles e via così.
Comunque, in via ipotetica, tra noi ne parlavamo, tanto per ridere.
Mi suggerì l’estate, per organizzare il matrimonio, il mio, lei e le sue sorelle che mi avrebbero fatto da damigelle, anche se io ritenevo che non mi sarei mai maritata. Meglio quello che riflettere sul bizzarro comportamento di Alessandra, oggetto di eterni pettegolezzi, la passività apparente dell’imperatore, il disorientamento dei ministri e del parlamento, la Duma, dopo l’assassinio di Stolypin, primo ministro nel settembre 1911 a Kiev.
Era scoppiata una bomba, dinanzi al palco dello zar, che assisteva all’opera, con lui le granduchesse più grandi.
Uno stillicidio, Olga era rimasta ferma, composta, mentre i grandi occhi a mandorla di Tata si riempivano di lacrime, in seguito aveva avuto incubi, per un lungo periodo.
Il tutto aveva acuito i sospetti su Rasputin, poco prima che entrasse in teatro il siberiano aveva detto al povero S. che la morte gli camminava vicino e poi vi era stato l’attentato, sapeva qualcosa od era un mero caso?
La polizia lo teneva sotto controllo, annotando le sue malefatte e, insieme, lo proteggeva dai propri e altrui alterchi.
Si vociferava di alterchi, volgari litigi, visite alle prostitute e ai bagni turchi, notori luoghi malfamati, di ubriacature costanti. E si parlava delle (presunte) lettere che la zarina Alessandra gli aveva scritto e che giravano in copie, si vociferava che il siberiano e l’imperatrice fossero amanti.
Rasputin, come un sultano orientale, aveva molte donne, mai conobbe carnalmente la zarina, tuttavia frasi come “.. Dove sei, mio adorato Maestro? Quando sei con me sono sollevata da ogni pena, vorrei dormire tra le tue braccia, per sempre..”destavano molti dubbi.
La Tedesca, tanto controllata e fredda nella sua austera apparenza, nascondeva allora ogni turpitudine, era ricettacolo e sentina di ogni vizio, come mai l’imperatore non controllava quella sciagurata di sua moglie.
Forse era un burattino nelle grinfie della Nemka, che ancora non spiccicava quattro frasi insieme di russo decente, lei che era moglie dello zar.
Le caricature che seguirono la pubblicazione di tali missive (le riforme del 1905 avevano abolito la censura e garantito la libertà di stampa) raffiguravano Alix tra le braccia del soggetto innominato e innominabile, circondate dalle donne della casa imperiale nude e lascive.
In un’altra, Rasputin, tratteggiato come un gigante, teneva tra le mani due burattini, gli zar, con l’imperatore nudo tranne che per gli stivali e un cappello in testa, intorno a loro principi e granduchi.
Nicola II lo mandò in Siberia.
Quel giro di danza nei confronti della morte me lo ero risparmiato, annottavo tra me che Olga era coraggiosa e ferma, Tata troppo sensibile, a prescindere dalle sue severità apparenti.
Era una principessa cigno, delle fiabe, troppo perfetta per quel mondo, io e Olga no.
Nel febbraio 1912, Maria, madre di Nicola II, pregò il figlio e la nuora di allontanare il siberiano, per non rovinare la dinastia e la loro famiglia, e ripeté il suo commento varie volte a svariate persone, come ad Ella.
Nicola non disse nulla, fu sua moglie a parlare, enunciando che si trattava solo di infami pettegolezzi, Rasputin era un santo, un asceta, puro spirito.
Erano stupidaggini e forse Alessandra lo sapeva, era ostinata ma non cieca o idiota, per quanto alla gente piacesse pensarlo, così che poche settimane dopo decise di rivelare ai membri più fidati della famiglia Romanov della malattia di Alessio e il ruolo svolto dalle preghiere di Rasputin.
Invece di procurarle simpatia o comprensione, la mossa ebbe l’effetto opposto.
Per paradosso, nessuno menava conoscenza apparente della relazione tra Ella e Nicola, forse erano due formidabili attori, accorti e attenti, oppure una duratura storia extraconiugale, con una sciagura come Alessandra come moglie era da considerarsi un ristoro per lo zar, da compatire e non certo da biasimare se cercava requie con un’altra donna e non una qualsiasi, ma la splendida Ella, che non aveva mai cercato benefici o cariche, essendo ricca di famiglia e con titoli in abbondanza per suo conto.
Comunque, nessuno vedeva nulla o sapeva alcun che.
Tutti sordi e ciechi, come i cosacchi della guardia personale di Nicola.
Non poteva scappare a quella protezione, il rischio di un attentato era sempre presente e il suo erede era un bambino fragile ed ammalato.
Si parlava di progetti matrimoniali in fieri, dato che era la figlia di un imperatore, non una comune cittadina, ma lei ci rideva sopra, l’idea di lasciare la sua famiglia le appariva lontana come un miraggio incongruo, una chimera, il principe ereditario di Romania, il principe di Galles e via così.
Comunque, in via ipotetica, tra noi ne parlavamo, tanto per ridere.
Mi suggerì l’estate, per organizzare il matrimonio, il mio, lei e le sue sorelle che mi avrebbero fatto da damigelle, anche se io ritenevo che non mi sarei mai maritata. Meglio quello che riflettere sul bizzarro comportamento di Alessandra, oggetto di eterni pettegolezzi, la passività apparente dell’imperatore, il disorientamento dei ministri e del parlamento, la Duma, dopo l’assassinio di Stolypin, primo ministro nel settembre 1911 a Kiev.
Era scoppiata una bomba, dinanzi al palco dello zar, che assisteva all’opera, con lui le granduchesse più grandi.
Uno stillicidio, Olga era rimasta ferma, composta, mentre i grandi occhi a mandorla di Tata si riempivano di lacrime, in seguito aveva avuto incubi, per un lungo periodo.
Il tutto aveva acuito i sospetti su Rasputin, poco prima che entrasse in teatro il siberiano aveva detto al povero S. che la morte gli camminava vicino e poi vi era stato l’attentato, sapeva qualcosa od era un mero caso?
La polizia lo teneva sotto controllo, annotando le sue malefatte e, insieme, lo proteggeva dai propri e altrui alterchi.
Si vociferava di alterchi, volgari litigi, visite alle prostitute e ai bagni turchi, notori luoghi malfamati, di ubriacature costanti. E si parlava delle (presunte) lettere che la zarina Alessandra gli aveva scritto e che giravano in copie, si vociferava che il siberiano e l’imperatrice fossero amanti.
Rasputin, come un sultano orientale, aveva molte donne, mai conobbe carnalmente la zarina, tuttavia frasi come “.. Dove sei, mio adorato Maestro? Quando sei con me sono sollevata da ogni pena, vorrei dormire tra le tue braccia, per sempre..”destavano molti dubbi.
La Tedesca, tanto controllata e fredda nella sua austera apparenza, nascondeva allora ogni turpitudine, era ricettacolo e sentina di ogni vizio, come mai l’imperatore non controllava quella sciagurata di sua moglie.
Forse era un burattino nelle grinfie della Nemka, che ancora non spiccicava quattro frasi insieme di russo decente, lei che era moglie dello zar.
Le caricature che seguirono la pubblicazione di tali missive (le riforme del 1905 avevano abolito la censura e garantito la libertà di stampa) raffiguravano Alix tra le braccia del soggetto innominato e innominabile, circondate dalle donne della casa imperiale nude e lascive.
In un’altra, Rasputin, tratteggiato come un gigante, teneva tra le mani due burattini, gli zar, con l’imperatore nudo tranne che per gli stivali e un cappello in testa, intorno a loro principi e granduchi.
Nicola II lo mandò in Siberia.
Quel giro di danza nei confronti della morte me lo ero risparmiato, annottavo tra me che Olga era coraggiosa e ferma, Tata troppo sensibile, a prescindere dalle sue severità apparenti.
Era una principessa cigno, delle fiabe, troppo perfetta per quel mondo, io e Olga no.
Nel febbraio 1912, Maria, madre di Nicola II, pregò il figlio e la nuora di allontanare il siberiano, per non rovinare la dinastia e la loro famiglia, e ripeté il suo commento varie volte a svariate persone, come ad Ella.
Nicola non disse nulla, fu sua moglie a parlare, enunciando che si trattava solo di infami pettegolezzi, Rasputin era un santo, un asceta, puro spirito.
Erano stupidaggini e forse Alessandra lo sapeva, era ostinata ma non cieca o idiota, per quanto alla gente piacesse pensarlo, così che poche settimane dopo decise di rivelare ai membri più fidati della famiglia Romanov della malattia di Alessio e il ruolo svolto dalle preghiere di Rasputin.
Invece di procurarle simpatia o comprensione, la mossa ebbe l’effetto opposto.
Per paradosso, nessuno menava conoscenza apparente della relazione tra Ella e Nicola, forse erano due formidabili attori, accorti e attenti, oppure una duratura storia extraconiugale, con una sciagura come Alessandra come moglie era da considerarsi un ristoro per lo zar, da compatire e non certo da biasimare se cercava requie con un’altra donna e non una qualsiasi, ma la splendida Ella, che non aveva mai cercato benefici o cariche, essendo ricca di famiglia e con titoli in abbondanza per suo conto.
Comunque, nessuno vedeva nulla o sapeva alcun che.
Tutti sordi e ciechi, come i cosacchi della guardia personale di Nicola.
Non poteva scappare a quella protezione, il rischio di un attentato era sempre presente e il suo erede era un bambino fragile ed ammalato.