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Autore: SinnerCerberus    04/06/2009    0 recensioni
Una storia difficile da etichettare. E' ambientato nel futuro, ma presenta tematiche abbastanza attuali e sicuramente fantasy. Boh, voi leggete e commentate per favore.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1 Aprii gli occhi.
Un soffitto bianco era sopra di me, proprio dove doveva essere.
Spostai lo sguardo. Ero in una stanza.. a giudicare dai mobili, era una camera da letto.
Però qualcosa non andava.. la televisione non aveva lo schermo, potevo vedere i circuiti al suo interno. La finestra era sbarrata da una pesante placca di metallo.
E dal letto partivano mille e mille cavi, collegati ad un semplice computer. Il letto non era stato fatto per la comodità, ero tutto un dolore.
Scesi dal letto e continuai a guardarmi in torno..
Perchè tutto ciò non mi sorprende? Perchè per me è tutto dannatamente normale?
Io non abitavo qui.. io ieri non sono andato a dormire qui.. credo. Dov'ero andato a dormire ieri?
Ieri.. non ricordo niente. Sedetti sul letto, il corpo intero era dolorante.. forse non era perchè ho dormito male.
C'era qualcun altro in quella casa, ammesso fosse una casa? Cosa dovrei dire?
Dovrei presentarmi, magari può essere d'aiuto essere gentili.
Purtroppo quest'idea non poteva funzionare. Perchè non so qual'è il mio nome.
Mi strinsi la testa tra le mani. Mannò.. mannò.. come posso dimenticare il mio nome? Come mi chiamo.. come mi chiamo.. chi diamine sono io?
Strinsi la testa e m'arruffai i capelli -ah, ho dei capelli! - dopodichè m'alzai. Solo una cosa ricordavo.. una parola.
“Interessante.” Perchè è così viva e forte, nella mia mente? Probabilmente è legato al mio vero io, dovrò ricordarmene. -Interessante- dissi a bassa voce.
E' legata a me quella parola.. è l'unica cosa che so. -Interessante- dissi a voce più forte. -Interessante.-
M'alzai ed uscii; la casa era vuota. C'era un salone, un bagno, delle camere vuote ed una cucina.
Avrebbe potuto essere una semplice casa di una semplice famiglia.
Ma della famiglia non c'era traccia. Andai nel bagno e mi guardai nello specchio. Non fui sorpreso di ciò che vidi; un semplice ragazzo dagli occhi scuri e con lunghi capelli castani raccolti.
Mi lavai e mi preparai. Sapevo cosa dovevo fare, stranamente lo sapevo. Dovevo andare a scuola.

Sceso dal treno, mi diressi a scuola. Sapevo che treno prendere, e mi ricordavo di un po' di fermate, nonché a che stazione dover scendere.
Riflettiamo.. ricordo ciò che c'è attorno a me, ricordo come funzionano le cose attorno a me, ma non ricordo nulla di me. Amnesia localizzata, o roba del genere.
Interessante.
Decisi di smettere di riflettere, mi faceva male la testa e le ossa. Mi facevano male da stamattina.
Le cose cominciarono a non quadrarmi soprattutto quando arrivai a scuola.
Il cancello era deforme, tubi di ferro e marmo si univano per comporre immagini grottesche ed inquietanti, dando l'idea di un cancello per l'inferno.
Osservando meglio, all'estremità di ogni porta c'era metà simbolo, probabilmente ha qualche significato se si uniscono entrambi i pezzi.
Quando il cancello verrà chiuso, tornerò ad osservare, mi ripromisi.
La cosa che però era sconcertante, è che nessuno faceva caso al cancello.
Sembrava che nessuno lo vedesse. Anche su questo, bisognerà indagare.
Ad inizio lezione, il professore non fece l'appello. E sembrava che nessuno ci facesse caso. Tranne me. Ancora.

Mentre il professore spiegava, poggiai la testa sul banco per cercare di assumere informazioni, ed allo stesso tempo riposarmi.
Quel dolore alle ossa non accennava a sparire.

-Bene, cominciamo con qualche domanda casuale nella nostra materia..- Cominciò il professore -Tu, tipo dai capelli rossi, sai dirmi dove ci troviamo?-.

Il ragazzo era seduto proprio alla mia destra. E la domanda colpì un po' tutti.
-Uhm.. a scuola?- Rispose basito il ragazzo. - Bravo il mio piccolo genio, certo che siamo a scuola. Intendevo la città, il paese, il luogo in generale.-
-Ma professore, non si era spiegato-
-Limitati a rispondere alla mia domanda, piccolo imbecille. Non vuoi mica un voto basso?-
Il prof sembrava un po'.. fuori dall'ordinario, e questo non me lo ricordavo.

Il ragazzo, un po' confuso ed impaurito, decise di non provocare il professore, che aveva l'aria di uno che poteva impazzire da un momento all'altro, e rispose – Siamo a Neapolis, professore.-
La risposta era corretta, ed imbarazzantemente facile, ed l'insegnante non sembrava soddisfatto.
Complimenti, genio. Sai come mai si chiama così?- Chiese. Ed il silenzio che ottenne era più che eloquente. -Bravo, bravo il mio genietto rosso.- Disse con un ghigno, il professore.
Ecco. Capirono tutti. Era una trappola, il professore non voleva altro che insultare il povero studente.

-Possibile che esista gente così ignorante? Avanti, quanti anni hai? Cinque? Stiamo parlando della tua città, impara! -
Il professore inveì contro il ragazzo per diversi minuti. Devo fare qualcosa.. qualcosa. Non si può lasciar maltrattare un ragazzo da uno psicopatico. Che diamine sta succedendo?
-Professore- sentii dietro di me. Tutti si girarono verso il ragazzo che aveva interrotto l'insegnante instabile.
Mi girai anche io, e lo vidi. Un ragazzo alto, con una camicia ed una cravatta ed una lunga frangia davanti all'occhio sinistro tinta di rosso.
Uno sguardo leggermente assente era percepibile dall'unico occhio.- Io sono nuovo di qui, potrebbe spiegare per me? Può farlo anche per rinfrescare la memoria degli altri-. Il professore lo guardò infastidito, ma non poteva evitare di lavorare.
- Va bene, va bene, e sia. Ma se trovo qualcuno distratto lo decapito.-
Nessuno voleva sapere se era di parola, quindi la classe intera s'apprestò a seguire la lezione.
Il buonuomo disegnò un cerchio storto e poi indicò. -Questa è la nostra isola, Neapolis.
E' un'isola artificiale costruita sotto ordine di mafiosi, camorristi e Yakuza, da ogni parte del mondo, per poter avere un luogo di ritrovo, una città a cui appartenere, per cui la città segue la politica, la struttura e l'ambiente Napoletano.
Ovviamente l'isola era piena di infiltrati, c'erano più poliziotti che camorristi, ed al primo passo falso furono presi tutti e sbattuti in galera.
L'operazione venne chiamata “operazione Partenope II”, tenetelo a mente. Prima che possiate formulare qualche stupida domanda, vi illuminerò io: nel 1998, ci fu la prima operazione Partenope per estirpare la camorra dall'italia, ma come potete aver dedotto, miei stupidi studenti, non andò a buon fine. Difatti, quell'anno..-
Mentre il professore blaterava e c'insultava, decisi di dare uno sguardo al ragazzo con la frangia, rischiando una possibile decapitazione da parte dell'insegnante.
Come immaginavo, era distratto e non seguiva per niente la lezione. Si limitava a guardare dritto, con quello strano sguardo vuoto. Però c'è da dire che il suo tentativo di salvare lo studente rosso era riuscito perfettamente.
Lasciai perdere la lezione e mi concentrai su cose un pò più rilevanti. Per esempio perchè diamine mi sembra tutto così normale. Siccome pensare troppo fa male, dopo cinque minuti lasciai perdere.
Ci sono cose molto più rilevanti. Per esempio il sedere di quella ragazza. Mi persi nella contemplazione di quell'opera d'arte e mi svegliai diverse ore più tardi. Sembra proprio che mi sia addormentato.
E nessuno se n'è accorto. Chiesi al rosso
– Ehi, quand'è che si va a casa? -. Controllò pigramente l'orologio e rispose
– Tra un'ora. -
-Bene.. e perchè non c'è nessun professore? -
-Ah boh, sono ore che non c'è più nessuno.-
Lo ringraziai e mi guardai intorno, gli studenti si rilassavamo e perdevano tempo.
La ragazza dal bel sedere era intenta a far finta di ascoltare le chiacchere delle compagne di classe.
Le sorrisi stupidamente.
In ogni caso, non potevo bighellonare. Del resto, ho solo dimenticato chi sono.
- Scusa se ti chiamo ancora, non mi sto divertendo a disturbarti. Sai chi sono?- chiesi al rosso.
- No.- fu la sua risposta pronta.
Mi alzai e chiesi in giro, ignorando il fatto che dovrebbe essere strano. Però nessuno ci faceva caso, ed ormai ciò che è strano, sfuggiva dalle percezioni, lasciando solo una sensazione di normalità.
Con me non funziona del tutto, per cui potrei anche reputarmi ad un livello più alto degli altri, pensai sogghignando tra me e me. Ma non c'era tempo per I miei superbi vaneggiamenti.
Nessuno seppe darmi una risposta, nessuno mi riconosceva. Evitai di chiederlo al ragazzo con la frangia, che m'intimidava un pò. Ed esitai parecchio prima di parlare con la ragazza bionda.
Ma facendo parte di un gruppo, bastò chiedere ad alta voce 'sapete come mi chiamo?'. Le risposte non mi stupirono. Nessuno mi conosceva, non c'era un registro di classe e non ho carte d'identità o altro.
Grattandomi il capo, aspettai la fine della lezione. La campanella suonò, più stridula che mai, e tutti si affrettarono ad uscire, affollando le porte. Io però aspettai che uscissero tutti, osservando ogni studente.
La bionda attirava la mia attenzione, catturando l'attenzione con I suoi occhioni blu, o con altri attributi. Non era un'attrazione strettamente fisica la mia, ma neanche sentimentale.
Era quasi come se sapessi che potevo fidarmi di lei. Anche se è abbastanza scontato che le persone di bell'aspetto riescano a conquistare l'attenzione e la fiducia più facilmente di una persona di media carisma e bellezza. Ma qui si sta superando la razionalità, e raggiungendo l'impossibile.
E quindi al diavolo la bellezza, sono certo di essere compatibile con quella bionda. Anche il rosso uscì dalla classe, e notai che era piuttosto alto, ed aveva una bella corporatura. Finalmente un'espressione estranea alla mortificazione si poteva leggere sul suo volto.
E, con mia enorme sorpresa, era spavalderia. Sarà una di quelle persone che riescono ad affrontare senza problema un suo coetaneo, ma non un adulto. Uscì chiaccherando con qualche studente a casaccio, ed ovviamente non si accorse che lo stavo guardando. Presto l'aula fu vuota; l'ultima persona che abbandonò la stanza era una pigra ragazzina con gli occhiali.
Feci per andarmene, ma quasi presi un colpo. Qualcuno era rimasto. Ed era proprio quel qualcuno che non volevo incontrare.
Il ragazzo con la frangia era lì, e probabilmente mi aveva aspettato.
No, macchè probabilmente. Mi stava trattenendo, poggiandomi la mano sulla spalla. Poggiare era un eufenismo, ovviamente. Scommetto che se non mi fossi accorto di lui, non sarei neanche riuscito ad alzarmi.
- Non ricordi il tuo nome. - Disse.
- Non è strano? -
- Tu sei strano. - Risposi in una patetica difensiva.
- Idiota. Neanche io ricordo il mio nome, e finalmente trovo qualcuno che ha lo stesso problema. Ascoltami, è inutile chiedere in giro. Non avrai nessuna risposta. -
-Mi lasci andare perlomeno?-
-Mi stai ascoltando?- Rispose seccato. Ero uno stupido pesce tra I tentacoli di una piovra affamata. Che potevo fare per liberarmi, se non rispondergli? Non mi sembrava tanto malvagio.
Non fosse per la mia povera spalla, potrei anche dire che un pò mi ispira fiducia.
- Dove ti sei svegliato oggi? - Mi chiese il tipo. Che diamine dovrei dirgli. Sono così confuso, la mia mente è piena di stupidaggini, di immagini, della bionda, dell'insegnante, non lo so. Non lo so. Che dovrei dirgli?
Va bene, va bene- Cominciai. -Non lo so dove mi sono svegliato, mi sono svegliato in un posto strano, non so che dirti, cioè. Prima di tutto c'era questo televisore che non funzionava. Cioè, non è che non funzionava.
Non aveva proprio lo schermo. Non ho acceso, quindi non saprei dirti niente nel particolare. Però io non mi fiderei. Potrebbe succedere qualcosa di brutto, tipo qualche scintilla fuori posto fa esplodere tutto. A proposito, stai attento alle scintille che-
-Basta!- Mi interruppe.
Ho più o meno una teoria, su ciò che c'è successo. Dobbiamo solo aver pazienza, qualcosa accadrà-
-Che cosa?- Chiesi, cercando di mettere da parte l'immagine del televisisore. Il ragazzo con la frangia tirò il fiato. ti spiego. In pratica..-
Cominciò ad abozzare, ma venne interrotto da un bidello di passaggio. L'operatore scolastico, alto e grasso, tuonò a voce alta con imprecazioni e bestemmie, invitandoci gentilmente a sparire il più lontano possibile. Il mio interlocutore si vide costretto a sparire, molto più velocemente di me.
-Aspetta- Lo fermai.
- Si può sapere come ti chiami?-
Si girò solo una volta, mi rispose e se ne andò.
Ne so quanto te. -
  
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