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Autore: Vago    17/03/2017    3 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Quando il sole scomparve completamente, lasciando il posto a una pallida luna, Hile perse completamente la pista che aveva seguito fino ad allora.
Si trovò solo, in mezzo al deserto, con quella gelida aria notturna che si insidiava sotto la casacca strappata e la sua pelliccia, facendolo rabbrividire.
Poteva continuare a correre nella stessa direzione che aveva seguito fino ad allora, ma avrebbe potuto, se non perdersi, imbattersi nell’esercito del demone.
La creatura dalla folta pelliccia grigia si fermò, sondando l’ambiente circostante con tutto ciò che possedeva, cercando di avvertire qualche flebile odore o il fruscio di una veste sulla pelle.
Nulla.
Intorno c’era solo il deserto, che sembrava non aver intenzione di lasciarlo andare.
Non aveva nulla per accendere un fuoco, non aveva un riparo e, presto, i morsi della fame e della sete si sarebbero fatti sentire. Fortunatamente, Natura sembrava voler essere clemente con lui, evitando di scatenare tempeste di sabbia in quel momento già difficile.
L’assassino si sedette a terra, avvolgendo con le braccia le gambe rannicchiate, per cercare di scaldarsi, in attesa del sorgere del sole.


Riesco a tenermi in piedi. Non è molto, ma me lo farò bastare.
Ah, la luna splende su di me, gli animali dormono, io sono appena sgattaiolato fuori da una casa senza svegliare nessuno, questa si che è vita.
È un peccato dover lasciare un letto comodo, per una volta che non devo passare la notte su un ramo o sotto un sasso a controllare qualcuno.
Certo, avrei preferito ripartire senza un buco in pancia, magari con i miei poteri di nuovo funzionanti, però non posso aspettare ancora.
Non so dove sono quei mocciosi, non so quanto tempo impiegherà il demone ad arrivare e non ho idea di come non morire tra atroci dolori. Come potrei essere più sereno di così?



Folate di sabbia si abbatterono sul volto canino di Hile, insinuandosi tra i peli e nelle cavità delle grandi orecchie appuntite che nascevano sul suo capo, svegliandolo.
Passi.
Passi leggeri sulla sabbia, corti e affaticati, forse, dal doversi muovere su quel terreno poco compatto che reclamava i piedi fino alle caviglie.
L’assassino si alzò in piedi lentamente, scrutando con tutti i suoi sensi quell’oscurità solo minimamente intaccata dal bagliore azzurrognolo della luna crescente che lo sovrastava.
Le iridi scure non riuscivano a distinguer nessuna forma stagliarsi sul fondale ondulato delle dune.
Le narici ispiravano a fondo l’aria fredda, ma non riuscivano a cogliere nessun odore nuovo. Sabbia, piccoli animali, il suo sudore, null’altro.
Le orecchie, però, continuavano ad avvertire l’incedere lento di quei passi.
Il suo nemico poteva vederlo?
No, i passi si stavano avvicinando ma non sembravano puntarlo direttamente.
Che fosse uno dei soldati del demone?
Possibile, non li avevano uccisi tutti, anzi, erano molti quelli rimasti in vita. Uno di loro poteva essergli corso dietro, cercando di non lasciarlo scappare.
Doveva solo rimanere immobile e in silenzio, così facendo avrebbe potuto prenderlo alla sprovvista ed evitare uno scontro inutile.
La mano troppo grande faticò ad entrare in una delle poche tasche rimaste integre dell’abito, chiudendosi attorno all’impugnatura di quell’ultimo pugnale che gli era rimasto. Certo, aveva nuove armi, ora. Gli artigli che gli ornavano le dita, combinati ai nuovi sensi e riflessi che il suo corpo aveva acquisito si potevano rivelare fatali, ma il contatto del suo palmo contro il freddo e sicuro acciaio gli dava un senso di sicurezza senza pari.
Un altro suono si sovrappose allo strascichio dei passi in avvicinamento, un verso, lamentoso, forse singhiozzante, ma troppo basso e roco per essere riconoscibile.
Le dita nude dei piedi dell’assassino, fuori dagli stivali distrutti e appoggiate sulla sabbia, avvertirono il rotolare i granelli smossi sempre più insistentemente.
La voce si fece più chiara  nel silenzio della notte.
Non era certamente umana, poteva forse essere il verso dei soldati del re? Qualcosa tra il senziente e l’animalesco?
Poco importava all’assassino quale fosse la risposta giusta, in quel momento. Dopotutto, i cadaveri non possono parlare.
I passi si fecero vicinissimi. Eccoli, di fronte a Hile, certamente inconsci della sua presenza nell’oscurità della notte. Ed ancora gli occhi lupeschi dell’assassino non riuscivano a distinguere la sagoma di quell’essere che gli doveva stare davanti, nonostante il tenue bagliore della luna fosse stato fino ad allora sufficiente a permettergli di riconoscere per lo meno il terreno sotto i suoi piedi.
La voce e i passi incorporei lo superarono, passandogli accanto e dandogli la certezze che gli occhi, se davvero li aveva, di quel corpo erano ciechi in quel buio.
Il Lupo scattò in avanti, muovendosi in modo da portarsi alle spalle di quel nemico.
Qualcosa non andò come calcolato.
Il muso della creatura lupesca sbattè contro qualcosa di largo e piatto. Uno scudo tenuto sulla schiena? Oppure una conchiglia, o un guscio.
L’impatto tra i due corpi li fece cadere entrambi a terra.
L’essere invisibile parve trovarsi in difficoltà a causa del peso dell’enorme scudo che portava sul dorso, dibattendosi tra la sabbia per cercare di rialzarsi.
Hile non si lasciò sfuggire l’occasione che gli si era presentata.
Gettò le mani di fronte a sé, tastando il terreno per cercare quel corpo, che ancora non riusciva a vedere, nonostante i pochi centimetri che lo separavano dal suo viso.
Finalmente le dita della mano sinistra si strinsero su di un braccio interamente coperto da una spessa e rigida corazza fredda. L’avambraccio andò a premere sul petto dell’essere che, nonostante la corazza che lo copriva, si poteva sentire muovere.
Era finita.
Il braccio destro si alzò verso il cielo stellato, con il pugnale stretto in pugno, per poi calare con forza e rapidità.
Se quell’essere invisibile aveva anche solo minimamente forma umana, la lama si sarebbe andata a conficcare nella sua carotide, senza lasciargli nessuna speranza.
- No, ti prego! –
Una voce umana, più umana dei borbottii che avevano raggiunto le orecchie del Lupo, seppur c’era qualcosa di strano nel timbro. Era acuta, riverberante, lontana.
Ormai era tardi per rimediare.
Il pugnale concluse il suo arco, ma la sua punta cozzò contro una porzione di armatura che non sarebbe dovuta essere lì, sotto il mento. Nessuna corazza avrebbe dovuto avere parti così limitanti per i movimenti, come un collare.
La presa dell’assassino si fece più serrata sia sull’avambraccio che sul petto, quando una mano gli cinse il polso, cercando di allontanarlo.
Ancora, la luna che si stagliava sui Muraglia non riusciva ad illuminare i lineamenti di quell’essere riverso sotto di lui.
- Cosa sei? – Ringhiò il Lupo, sentendo montare dentro di sé una diffidenza animalesca.
- Non te lo posso dire! –
- Non sei nelle condizioni di non rispondere. –
L’assassino cercò di riportare alla memoria ogni razza a lui conosciuta, ma nessuna di loro poteva corrispondere alle forme che riconosceva di quel corpo.
Troppo slanciato per un nano, decine di volte troppo grande di un rappresentante dei popoli del sottosuolo, di cui i Bereng erano i più grossi, da quanto sapeva. I camabiti si diceva essere comuni esseri umani, non potevano spiegare quel guscio che portava sulla schiena.
- Va bene, ma non mi uccidere, ti prego. So che ti sarà difficile da credere, ma sei in pericolo, se abiti nel deserto. Il demone che portò alla Guerra degli Elementi è tornato e io sono una delle poche persone che può fermarlo, ti prego, devi lasciarmi andare, ti sto dicendo la verità! –
Una sua compagna era ancora viva?
- Mea, Keria? Chi sei? –
- Come sai il mio nome? Hile, Nirghe, Jasno? Sono Keria, perché non mi riconosci? Perché non riesco a vederti? – la voce dell’essere sotto il Lupo era macchiata di emozioni diverse, paura, felicità, terrore.
- Keria calmati, adesso. Sono Hile. Cosa hai addosso? – Il Lupo cercò di sembrare calmo, togliendo poco a poco la pressione esercitata nella presa.
- Non lo so. Ho paura. È successo nella cittadella, quando ti ho visto spacciato. Il mio drago mi ha detto che mi avrebbe protetto ad ogni costo però… però non sento più nulla. Prima vedevo dei bagliori e ti ho riconosciuto, sei avvampato e poi… poi sei scomparso. Pensavo fossi morto. Per un po’ ho seguito, credo volando, i nostri compagni, poi si è fatto tutto buio. Mi sono resa conto troppo tardi che il mio corpo non sentiva più nulla, calore, dolore, nulla. Ho sentito appena, ora, la tua presa su mio braccio. –
- Keria, ascoltami. Io non riesco a vederti, capisci? Prima di capire chi tu fossi, ho provato ad ucciderti, ma sei protetta da una corazza. Devi aver avuto accesso al tuo potere. Ora fammi un favore, separati dal tuo drago, torna te stessa. –
Non arrivò nessun suono alle orecchie dell’assassino, neppure il respiro dell’arciere ancora sdraiata a terra.
- Non vuole lasciarmi. Mi ha detto che ha intenzione di proteggermi da qualunque cosa. –
- So che il tuo compagno mi sente, così come Buio sente la tua voce. Puoi lasciare il suo corpo, non ci sono pericoli, qui, e se ci fossero, sarei in grado di proteggerla anche da solo, senza bisogno del tuo intervento. –
Ci fu un fremito sulla sabbia, i granelli rossi scivolarono cominciarono a saltellare tutto intorno a dove doveva esserci il corpo trasformato di Keria.
Fu un attimo.
Per un solo secondo gli ultimi raggi della luna illuminarono blandamente la figura di fronte a Hile, prima che la pelle cristallizzata ritornasse, poco a poco, del consono colore roseo, ritirandosi in direzione della mano sinistra.
Il Lupo riuscì ad imprimersi nella mente ciò che vide. Erano gli stessi lineamenti celestiali dell’essere angelico che gli aveva teso la mano. La pelle e le carni traslucide continuavano a mostrare una forma umana, nonostante le due grosse ali che da quel dorso si aprivano rigidamente. Gli occhi cristallizzati, prima di tornare verdi, sembravano vuoti, persi e ciechi, più simili a quelli di una statua che quelli di un essere vivente.
Nel momento in cui alle spalle dell’arciere ricomparve tra il vorticare della sabbia la mole del drago, Keria cadde in ginocchio, singhiozzante.
- Stai bene? – le chiese il Lupo, facendo un passo verso di lei.
Il Drago non rispose, si protese in avanti, abbracciando le gambe della creatura ferale che aveva di fronte, con il respiro rotto e le guance rigate dalle lacrime che cadevano a terra, per poi essere risucchiate voracemente dalle sabbie del deserto.
Hile s’irrigidì a quel contatto, incerto su cosa fare.
Guardò nuovamente ai suoi piedi, dove la nuca scura dell’arciere sobbalzava. Per un attimo gli sembrò di rivedere Renèz, ma fu solo un lampo nella sua mente, immediatamente soppresso da una coscienza. L’assassino non riuscì a capire se avesse voluto cancellarlo lui o fosse stata opera di Buio.
Si chinò per cingere le spalle di Keria, che, a quel contatto,  gli appoggiò la fronte contro la spalla, distruggendo così ogni freno che tratteneva il terrore che le aveva stretto le viscere e scoppiando un pianto disperato.
Il drago cristallino rimase in disparte, ma non distolse mai lo sguardo dalla sua compagna, ancora non certo che qualcuno avrebbe potuto proteggerla come poteva lui.
Passarono decine di minuti senza che nulla variasse. Il Lupo non osava sciogliere la stretta delle sue braccia, l’arciere non sembrava aver intenzione di smettere di piangere e il drago rimaneva immobile, con il collo fieramente rivolto verso il cielo e le ali a riposo strette contro il corpo.
La luna scomparve dietro alle alte vette dei monti e l’assenza dei primi raggi rossi dell’alba fece sì che l’ambiente perse ogni definizione anche per i gialli occhi di Hile.
I singhiozzi di Keria si cominciarono a placare, mentre il suo respiro si faceva poco a poco sempre più regolare.
- Grazie. – disse piano, per poi accasciarsi addormentata tra le braccia dell’assassino.
Il sole si decise, finalmente, a sorgere dall’orizzonte piatto, illuminando con i suoi raggi infuocata la gelida aria desertica.
Il Lupo si alzò, tenendo in braccio l’arciere priva di coscienza, poi volgere il suo sguardo verso il rettile alato che si stagliava imperioso e lucente davanti a lui.
- Grazie per avermi dato ascolto. – disse l’assassino. – Posso chiederti, ora, un altro favore? Sono convinto che, non appena il sole sarà abbastanza alto, potrò rintracciare i nostri compagni di viaggio, so che non sono il tuo compagno, ma puoi servirmi, finché non saremo arrivati da loro? –
Gli occhi cristallini del drago scrutarono il muso lupesco coperto da una corta pelliccia grigia di Hile, la coda alle sue spalle, intanto, spazzava l’aria, sollevando nubi di sabbia.
Dopo un’attesa che al lanciatore di coltelli parve eterna, finalmente il compagno si mosse, piegando le quattro zampe per permettere al suo ventre di toccare il terreno.
- Grazie. – gli disse ancora il Lupo, balzando su quel dorso squamoso e sistemandosi con Keria di fronte raggomitolata di fronte a sé, in modo che non potesse scivolare in alcun modo. Spostò quindi lo sguardo a nord, dove la pianura si estendeva per centinaia di chilometri senza un accenno di altura.
Il drago cristallino sbattè con foga un paio di volte le ali immense, sollevando la sua mole da terra e puntando verso il cielo limpido.
Gli occhi di Hile riuscirono a catturare qualcosa.
Ombre. Tante, lontane.
Man mano che il sole procedeva nel suo tragitto, le forme che vedeva si separavano le une dalle altre, definendosi sempre più. Ne contò quattro non troppo distanti, a nord ovest rispetto a lui, e, più lontano, il suo sguardo si imbatté in un conglomerato scuro senza forma.
Una nuvola passeggera?
No, il cielo era terso.
Il bosco che aveva ospitato l’Oasi di Farionim?
No, troppo vicina ai Monti Muraglia.
Hile rabbrividì. Se quello fosse stato l’esercito che avrebbero dovuto combattere, neppure con i loro nuovi poteri avrebbero potuto avere la possibilità di sopravvivere a uno scontro simile.


Angolo dell'autore:
- 7 capitoli (ricordarmi quanto sono vicino alla fine non può che incentivarmi a dare il meglio in questo sprint finale)

Voglio provare a dare una continuità a quello che ho detto la volta scorsa sull'interattività, quindi anche qui voglio provare a chiedervi un parere, oh, miei lettori.
Volgete un attimo lo sguardo al futuro. Questa storia è terminata, ho finito anche di revisionate tutti i cento e più capitoli pubblicati finora (si, non appena finirò qui, ho intenzione di prendermi una settimana per risistemare tutti i capitoli, correggendone, se riuscirò, circa 15 al giorno) e sto per pubblicare l'ultimo "libro" di questa mia trilogia dichiarata.
Ho un dubbio: il titolo. Ci sto riflettendo da diverso tempo e non riesco a venirne a capo. La prossima storia, questo posso diverlo, servirà a chiudere tutto ciò che ho lasciato inconcluso sul mio cammino, vedrà solo tre personaggi principali con diverse turbe mentali e chiuderà probabilmente per sempre questo mio lavoro durato, ad ora, qualcosa come sei anni da quando posi la prima parola (che fu Ardof, se volete saperlo).
Ecco il mio dubbio. Non so se il sottotitolo migliore sia:
- Figli della Storia
- Figli della Trama
- Appendici della Trama (in quanto l'appendice di un libro serve a concludere discorsi accennati nell'opera principale)

Vorrei sapere cosa ne pensate, ovviamente in futuro avrò comunque l'opportunità di cambiarlo, se arrivasse un'idea migliore.

Ringrazio infine OldKey (come ha detto lei per prima, mia primissima follower), laRagazzaImperfetta ed EragonForever per quando giungerà qui. Ringrazio anche voi, lettori silenziosi, per darmi la possibilità di fregiarmi del titolo immeritato di scrittore.
Alla settimana prossima.
Vago 

   
 
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