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Autore: MizukiShima28    29/03/2017    6 recensioni
[Nick x Judy]
Dal testo:
3- «Dai Nick!Sei proprio-» «…Sono proprio?»
Se non avessi avuto un minimo di autocontrollo, probabilmente l’avrei già picchiato. Picchiato e abbracciato. Abbracciato e…
4- «Oh, Nick, ma non dirmi che sei geloso!»
A quella parola inorridì [...] «Io, geloso? Ah ah ah, divertente..»
5- ‘Okay’ pensò intenta a fare un respiro ‘sono tra le braccia di Nick. Pro: sta ancora dormendo. Contro: come me ne esco viva e senza svegliarlo?’
7- «Mike… Smettila, ti prego...»
Lui, che intanto continuava a guardarla da sopra di lei con uno strano sorriso soddisfatto, le accarezzò le lunghe orecchie che le ricadevano dietro la schiena, per poi bisbigliarle: «Lo sapevi che sei ancora più bella quando sei spaventata?»
Genere: Azione, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry
Capitoli:
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8. John Wilde
· Nick ·
 
Era mezzogiorno, il sole splendeva alto nel cielo della grande metropoli, e i due agenti stavano tornando alla loro volante in seguito a un’accesa discussione tra due tigri.
«Guarda che avrei potuto farcela anche da sola!» disse scocciata al partner che gli camminava accanto.
«Io invece sono sicuro che ti avrebbero sbranata lì su due piedi.» ribatté la volpe con pura semplicità, anche se tremava alla sola idea.
«Ah ah, divertente.»
«No, sul serio. Dovresti sapere cosa sarebbero in grado di fare certi mammiferi quando si arrabbiano.»
«Perché non sai cosa farei se mi arrabbiassi io
Nick sorrise in un modo che lei avrebbe senz’altro definito da sberle. «Che cosa? Ti metteresti a piangere?»
Judy alzò gli occhi al cielo, sbuffando. «Se ti riferisci a quella volta, per tua informazione mi era solo andato qualcosa nell’occhio.»
«Tranquilla Carotina, il tuo segreto è al sicuro con me.» fece segno di cucirsi la bocca, guadagnandosi di conseguenza una pacca sul gomito piuttosto forte.
 
Se non fosse stato per i continui punzecchi che si davano ogni l’un l’altro ogni due minuti, probabilmente non avrebbero impiegato il doppio del tempo per tornare alla loro Volante.
E quando ormai Nick pensava di aver finito per quella giornata, ecco un tipo sbucare silenziosamente alle loro spalle. In realtà era da qualche ora che sembrava pedinarlo, sembrava appunto perché si era auto-convinto che fosse solo la sua immaginazione, a cui gli stava giocando un brutto tiro.
«Nicky?» si sentì chiamare alle spalle da una voce profonda, leggermente roca e sorpresa, e appena i due si voltarono, Nick impallidì. Per tutto il giorno se n’era rimasto in silenzio a seguirli di nascosto – riuscendoci quasi bene –, e ora che si era messo allo scoperto, in un angolo remoto dei suoi ricordi si era appena acceso un campanello d’allarme.
A guardarlo meglio, si rese conto che lo sconosciuto era anche lui una volpe, ed era alto appena qualche centimetro più di Nick, con i suoi stessi occhi verdi e manto rosso fuoco, solo che aveva un aspetto più elegante e curato di quanto si ricordasse quest’ultimo.
Il poliziotto provò ad aprire la bocca, ma le parole non volevano saperne di uscire fuori.
Nel giro di soli cinque secondi, venne travolto da un’ondata di emozioni: sorpresa, gioia, paura, dubbio, rabbia… Di tutto.
«P-papà?» riuscì finalmente a balbettare, anche se stentava ancora a crederci.
A occhi più che spalancati, il tizio abbozzò un sorriso. «Sei proprio tu? Da quanto tempo, ormai non ci speravo più…»
Al suo avvicinarsi, Nick indietreggiò visibilmente turbato.
«Che ti prende, non mi riconosci?»
«Credevo fossi in prigione.» la coniglietta notò che il collega aveva un’espressione corrucciata. Non le aveva parlato tanto di suo padre, e ogni volta che l’argomento finiva nelle loro conversazioni, la volpe trovava sempre un modo per cambiare del tutto argomento.
«Lo ero, fino a due o tre anni fa. Non sei contento di rivedermi dopo tutto questo tempo?» assunse un tono dolce, paterno, su cui Nick cercò di sorpassare.
«Scusa, ti ho visto tante di quelle volte attraverso delle sbarre di ferro, che ora non mi ci ritrovo senza.» borbottò, e terminata la frase fece dietro front, nonostante sapesse con infinita certezza che avrebbe voluto restare lì con lui, parlargli, abbracciarlo, piangere… Ma non poteva, l’aveva promesso. “Non mostrare mai il tuo lato debole”, e farlo equivaleva perdere, e lui non lo voleva assolutamente.
«Su aspetta! Te ne vai senza avermi presentato la tua amichetta
Nick inchiodò sul marciapiede, e quando si voltò vide suo padre stringersi la zampa con la sua collega, la quale si costrinse a ricambiare visibilmente a disagio.
«Piacere cara, John Wilde.»
«Agente Judy Hopps, piacere mio.»
Il sorriso che fece in quel momento la volpe che le stava accanto le ricordò molto quello del figlio «Sono felice di sapere che il mio Nicky si sia finalmente trovato una compagna, anche se – ovviamente senza offesa – non mi aspettavo fosse di certo una coniglietta.»
«CHE COSA?» domandarono all’unisono, scambiandosi sguardi lievemente imbarazzati da quell’affermazione.
«Ma sì, non siete fidanzati?» chiese il padre visibilmente confuso. Quella piccola e semplice parola gli fece lo stesso effetto dell’essere colpito da un secchio d’acqua ghiacciata, per poi venire fulminato da un palo della corrente.
«NO!» echeggiarono insieme.
«Che cosa buffa, eppure poco fa ti ho sentito chiamarla “Carotina”…» ci fu un momento in cui Nick credette di strozzarsi con la sua stessa saliva. «Allora credo proprio che vi devo delle scuse. Ah, quasi me ne dimenticavo: te lo ha detto tua madre?»
Ora quello confuso era lui. «Detto che cosa?»
«A quanto pare non lo ha fatto. Mi dispiace tanto Nicky, non volevo che lo venissi a sapere in questo modo…»
«Che è successo?» chiese dopo un momento, anche se non era completamente sicuro di voler sapere la risposta.
L’altra volpe esitò nel tentativo di trovare le parole giuste, e quella benché minima attesa lo stava consumando poco a poco. Cosa poteva essere di così importante – perché dal modo in cui aveva iniziato la domanda, lo faceva intuire che lo era – che la madre non gli aveva detto?
Problemi economici? Già lo sapeva.
Giudiziari? Impossibile.
Qualche parente all’ospedale? E se era lei all’ospedale? No, era certo che gliel’avrebbero detto senz’altro.
Che la volpe di nome John Wilde, presunto padre di suo figlio – poiché li aveva abbandonati pochi mesi dopo la nascita di Nick, finendo in uno squallido carcere – era uscito dopo ben trent’anni? Probabile.
Stava già formulando un’altra ipotesi, quando la volpe riprese a parlare.
«Io e Marian ci siamo separati.»
 
 
 
 


«Sei contento?» gli chiese la madre, sistemandogli il berretto color verde asparago sulla testa.
«Sì, tantissimo!»
«Ti farai un sacco di nuovi amici, vedrai!» esclamò lei, tirando verso l’alto il laccetto che univa gli angoli del mantellino rosso. Il piccolo Nick gonfiò il petto con fare orgoglioso, scoppiando in una risata al solletico della madre, peccato durò poco.
«Se solo tuo padre fosse qui con noi…» sospirò lei «Sarebbe fiero di te, lo sai?»
«Ma dov’è papà?» chiese rabbuiandosi.
«Vedi tesoro, papà ha fatto un piccolo errore che non doveva fare, e per questo la legge afferma che deve trascorrere un po’ di tempo in un posto chiamato “carcere”.»
Aveva già sentito quella parola, e se non ricordava male era stata nell’ora di ricreazione, quando lui e alcuni suoi amici discutevano sul fatto che il padre di Finnick ci era quasi finito per aver minacciato un agente di polizia.
«Quant’è “un po’ di tempo”?» la sua vocina triste, gli occhi di un verde così intenso da ipnotizzarti e lo sguardo di chi vuole sapere la verità, la dissuasero dal spezzargli quel suo piccolo cuoricino dicendogli che non sarebbe tornato per un’altra ventina di anni perché lei non poteva permettersi di pagare la cauzione.
«Non importa, perché puoi andare a trovarlo ogni volta che vuoi, lo sapevi?»
Improvvisamente una piccola e debole luce di speranza gli balenò negli occhi.
«Davvero?»
La madre gli baciò la fronte, e con una carezza confermò quanto detto. «Certo, e ora è meglio che andiamo, se non vuoi fare tardi al tuo primo giorno da Giovane Scout Ranger!»
 

Forse era quello uno dei tanti motivi che spinsero Nick a fare l’evasore fiscale.
Forse perché – anche se poteva sembrare una cosa del tutto stupida – provava del “rancore” verso la legge.
Sicuramente anche l’esperienza che visse da piccolo col suo pseudo-gruppo di Scout c’entrava, e lì gli fecero capire come il mondo guardava le volpi, cioè con estrema diffidenza.
 
 
 
 
 
 
«Nick?» la vocina di Judy lo riportò alla realtà, e abbassando lo sguardo su di lei, notò che aveva le orecchie basse e un tono di voce insolitamente basso.
«Dobbiamo andare.» rispose secco, e mentre si voltò per andarsene – qualunque posto sarebbe stato migliore di quello – sentì il senso di colpa che lo pregava di restare.
«Aspetta! Nicky mi dispiace tanto, ma ti prego non-»
«COSA?» fermandosi di scatto senza alcun preavviso, ci volle poco che il padre gli andò addosso. «Per cosa ti dispiace? Per aver abbandonato la tua famiglia?»
«Nicky…»
«Di aver spezzato il cuore a una povera donna che non c’entrava niente?»
«Nicky…» ripeté con insistenza, senza però essere sentito.
«Ti dispiace per COSA? Sei solo un-»
Poco prima di terminare la frase, Nick venne sbattuto con le spalle al muro più vicino e afferrandogli con forza il colletto della cravatta, venne ammutolito dallo sguardo minaccioso dell’altra volpe.
«Ho provato a farmi perdonare, non solo con te ma anche con Marian, però lei non vuole più aver a che fare con me; ci ho provato, sono stato gentile, ma a quanto pare non è servito. So che non deve essere stato facile per voi, ma anche solo per un secondo hai provato a metterti nei miei panni?» sibilò lentamente, e sorpassò sui lievi gemiti del figlio causati dalla forte stretta al polso che gli stava stringendo con una robustezza al dir poco spaventosa.
«Lasciami…» cercò di dimenarsi, ma fu invano: lo teneva stretto e fermo contro il muro, proprio come quella volta.
«RISPONDI!»
Fece un respiro, e con fermezza pronunciò un secco ma sicuro “No”.
Beh, in verità sì, ci aveva provato. Ma a dieci anni non poteva certamente rendersi conto di ciò che significava essere rinchiusi in un posto meschino come la prigione per ben trent’anni.
Il signor Wilde fece un respiro profondo. Non si mosse d’un passo, e mantenendo lo stesso tono di poco prima – solo leggermente più basso – continuò.
«Come immaginavo.»
 
 
 
 
· Judy ·
 
Negli ultimi minuti non aveva fatto altro che guardarli in silenzio, e poco a poco si era creata un’atmosfera piuttosto tesa. Tremava all’idea, ma stava iniziando ad avere un po’ paura su come sarebbe andata a finire quella discussione.
Quando vide il padre di Nick sbatterlo contro il muro, venne assalita da un terrore ben poco piacevole, e nel momento in cui vide la zampa della volpe più grande stringersi in un pugno, per tutti i cracker al formaggio, stava iniziando a temere che…
«Noo!» si lanciò d’impulso contro il gomito del collega, senza nemmeno il tempo di valutare l’idea.
«C-Carotina?» con quel gesto aveva sorpreso un po’ tutti, soprattutto se stessa.
Non poteva semplicemente intimargli di tenere le zampe a posto? Sì, eccome se poteva. Ma non l’aveva fatto.
«Ehm… Mi dispiace interromperla, signor Wilde, ma credo ci siamo trattenuti fin troppo, sa, abbiamo così tanto lavoro che…»
«Sì… Certamente.» la volpe arretrò, permettendogli così di lasciarli andare.
Le due volpi si scambiarono un’occhiata che lasciava intendere tutto ciò che avrebbero voluto dirsi ma che non avevano avuto l’opportunità né il tempo di farlo. Il genitore sospirò, e facendo un altro passo indietro, disse: «Allora arrivederci Nicky. Hopps.» fece segnò con due dita e prese la sua strada, lasciandoli soli nel rumore del traffico.
 
 
 
Undici e mezza. Gli ultimi dieci minuti li avevano passati in completo silenzio, e solo Judy sapeva quante erano le domande e i dubbi che le vagavano per la testa. Per non essere troppo invadente nei suoi confronti, preferiva tacere e aspettare che fosse lui a iniziare la conversazione, anche se non era proprio sicura che si sarebbe confessato con lei anche questa volta.
Ogni tanto volgeva uno sguardo verso di lui, e tutte le volte le dava le spalle appoggiato al finestrino.
Infine, solo dopo un’altra decina di minuti, tornò a guardarla.
«Ti starai chiedendo come mai mio padre sia finito in prigione e del perché ora ti dico che alla prossima devi svoltare a destra per poi proseguire fino a Greenwood Park, non è vero?»
«Punto uno, sì lo ammetto. Punto due, perché devo andare fin là se la centrale è dalla parte opposta?» come faceva sempre lei e gli altri conigli quando sono curiosi, felici, tristi o quando provano qualsiasi altra emozione, il suo nasino prese a tremare.
«Tu fidati e fa’ come ti dico. Riguardo a lui, beh, è stata tutta colpa dell’alcol. Mio padre e un suo gruppetto di “amici” si erano riuniti nel loro solito – se non unico – bar aperto anche dopo le una di mattina, in cui andavano a bere e a fare scommesse. In quella notte però, scoppiò una rissa tra alcune persone del locale e non finì nel migliore dei modi…»
 

«Dieci a uno che i Trigers fanno mangiare la polvere ai Rhinos!» urlò uno, sputacchiando da tutte le parti.
«Ci sto, ma evita di farmi la doccia con la tua sudicia birra, mi stai inzuppando la camicia!» acconsentì la volpe, rabbioso alla sola messa in dubbio della sua squadra preferita.
Quasi tutti seguirono in silenzio la partita trasmessa dal televisore mezzo scassato del locale, e arrivati all’ultimo calcio di rigore i soldi messi in palio iniziarono a salire alle stelle. Quei secondi di massima tensione furono subito seguiti da vari ruggiti e mammiferi che esultavano. Suo padre, John Wilde, ci aveva visto giusto anche quella volta, così tornò a ritirare i suoi bei cinquanta dollari appena guadagnati.
«Ehi Rattew, indovina a chi devi dei soldi!»
Il fossa digrignò i denti non appena lo vide. «E’ Andrew, zuccone, e ora vattene, razza di imbroglione che non sei altro!»
«Ma come siamo gentili, stasera?! Ora scherzi a parte, dammi i miei soldi.» rispose la volpe iniziando a innervosirsi. Il lupo, che fino a quel momento era seduto allo stesso tavolo del piccolo predatore, scattò in piedi ringhiando: «Non lo hai sentito? Vattene e SUBITO!»

 
«Invece fece l’esatto opposto. Lui insistette, ma loro, vedendo che non cedeva, arrivarono addirittura ad alzare le zampe. Almeno finché ci fu un silenzio assoluto in tutto il bar. Da lì a poco si scoprì che quel Andrew Miller, quello che doveva dei soldi a mio padre, era morto
Judy frenò appena sentì l’ultima parola, rischiando un tamponamento dalla vettura che li precedeva, infatti quando furono superati l’autista le lanciò uno o due imprecazioni – nonostante il veicolo con su scritto “Polizia”.
«Stai forse cercando di uccidermi?» fece Nick, che era letteralmente volato in avanti.
«Come morto? Tu padre lo ha ucciso?!» domandò lei, così impaziente che da un momento all’altro sarebbe saltata fuori dall’auto.
«Ma certo che NO!»
«E perché è stato arrestato?»
Lui sospirò, spostando lo sguardo verso il basso. «Aveva dei precedenti, ed era il primo a essere sospettato. Così la polizia ha fatto uno più uno e…»
Per un momento, lei si sentì mancare. «Nick, mi dispiace così tanto…» mormorò poco dopo posando una zampina grigia sul suo braccio rossastro, e proprio come quella volta sulla funivia, la volpe si scostò di lì a poco cambiando completamente discorso.
«Ma guarda, siamo arrivati!»
La coniglietta si diede un’occhiata intorno, notando di non essere mai stata in un quartiere nel genere. Scesi dalla macchina, si lasciò guidare in una casa a schiera dal giardinetto pieno di fiori e piante. In un primo momento non capì del perché si trovassero lì, poi lesse “Marian Wily e John Wilde” sotto il campanello.
«Nick, lo sai che se non torniamo in centrale ci daranno per dispersi, vero? Non possiamo andare dove ci pare, abbiamo degli ordini ben precisi: “Controllare le vie della città in prevenzione dai pirati della strada”» ribatté contrariata, sapendo perfettamente che il vero motivo era un altro.
«In verità, capitan Bufalo Muschiato ha detto semplicemente “Non mi interessa dove andiate, basta che facciate il vostro dovere” e bla bla bla, poi è quello che stiamo facendo: controlliamo se in questa casa è tutto apposto.»
Come riusciva sempre ad avere l’ultima parola, restava ancora un enigma complesso a cui nessuno sarebbe riuscito a dare una risposta.
Quando la porta si aprì, una femmina di volpe sulla mezz’età con in dosso una maglia di pile e una lunga gonna viola ne fece capolino.
«Nicholas! Che sorpresa!» esclamò, andandogli incontro con un caloroso abbraccio materno.
«Disturbiamo?» replicò lui, dando luce all’esile figura che le stava di fianco. Quando la signora Wilde si accorse della coniglietta, sbatté gli occhi più volte per poi realizzare che non si trattava di una leporide qualunque, ma la stessa che aveva popolato le sue numerose chiamate con il figlio, nonché il coniglio più conosciuto di Zootropolis.
«Oh cielo, sei tu la famosa Judy Hopps, quella del caso degli Ululatori Notturni, non è vero?»
«Sì… Sono io.» rispose con estrema modestia, mentre un leggero sorriso si fece strada sul suo musetto bianco.
«Ho sempre sperato di incontrarti, sai, ogni volta che chiamavo Nick lui non faceva altro che parlarmi di te. Ah, e puoi chiamarmi Marian, o Mary. Come preferisci.»
Gli angoli della bocca le si piegarono lentamente all’insù. Allora Nick Wilde parlava di lei. E anche se ora ne aveva la conferma, la curiosità di sapere nel dettaglio che cosa le raccontava non era ancora pronta ad andarsene.
E pensare che lei aveva menzionato così poche volte ai suoi genitori di quella dannata volpe, che l’aveva salvata e che lei aveva salvato ben più di una volta…
 
A distoglierla dai pensieri fu il profumo di fiori freschi che le invasero subito le narici, e guardandosi intorno notò molti quadri e cornici con foto di famiglia. Una in particolare attirò la sua attenzione, e osservandola meglio intravide due volpi una stretta all’altra, sull’intento di baciarsi.
Occhi verdi, camicia, cravatta…
 
Nick.
Nick, con una femmina di volpe.
Nick mentre si baciava con quella femmina di volpe.

 
La volpe in questione, trovandosi la collega impietrita di fronte a quel quadro, perse uno o due battiti.
«E’ spazzatura, non dovrebbe nemmeno essere lì.» borbottò lui, facendola sobbalzare a causa della poca distanza che li separava.
«Come mai? Sembravi felice in quella foto…»
Il partner stava guardando l’immagine con così tanta insistenza che sarebbe bastato un solo secondo in più per incenerirla.
«Lo ero, infatti. Ma è una lunga storia su cui non ho intenzione di tornarci; quindi fai finta di non averla mai vista, per favore.»
La sua risposta fu un debole «Okay», malgrado sapesse che quella foto non le avrebbe dato tregua per un bel po’ di tempo.
 
 
 
 
Intanto che Nick si era congedato per una decina di minuti, la signora Wilde aveva preparato per sé e per la coniglietta una tazza di tè caldo.
 
«Allora, tu – posso darti del tu, vero? – e Nick siete partner di lavoro nonché migliori amici, non è così?»
«Sì, certo.» la coniglietta ignorò il tono con cui aveva pronunciato le parole “migliori amici”, abbassando lo sguardo sulla sua tazza fumante.
«Quindi mi stai dicendo che tra voi due… Sì, insomma, non c’è niente?»
Per poco le andò l’infuso di traverso. «Certamente! Perché?»
La volpe si lisciò il pelo della coda con non-curanza, e dopo un lungo sorso continuò con la medesima intonazione.
«Sai, è da un po’ che Nick mi parla di te, di come ti ha conosciuto e della grande quantità di tempo che trascorrete insieme oltre il lavoro. Così mi è sorto un dubbio, ma è solo una mia ipotesi, cara, non farci caso.»
 
“Aveva dei precedenti, ed era il primo a essere sospettato. Così la polizia ha fatto uno più uno e…”
 
«Posso farle una domanda?» fece la coniglietta, non tanto per rompere il silenzio che si era creato nel giro di soli cinque minuti, ma perché era un argomento che le stava davvero a cuore.
«Certo, cara, chiedi pure.»
«Questa mattina, io e Nick abbiamo incontrato per strada John Wilde, e più avanti Nick mi ha spiegato che lo avevano arrestato con l’accusa di aver… ucciso un mammifero. Ma c’è qualcosa che non mi torna: se era innocente come dice lui e non erano emerse prove che confermavano la sua colpa, perché lo hanno arrestato?»
«Oh…» aggrottò leggermente la fronte, perché non si aspettava di certo una domanda del genere. Intanto il fatto che Nick non gliene aveva parlato – anche per la mancanza di tempo –, poi che le aveva confessato la storia del padre. Insomma, era sorpresa.
«Vedi, a quell’epoca John aveva dei precedenti, e molte volte aveva rischiato di essere arrestato mentre vagabondava di notte con un tasso alcolico alle stelle. Da come la polizia ha ricostruito la scena, anche secondo i punti di vista dei vari testimoni, è risultato che quella donnola – o fossa non mi ricordo – sia stato ucciso proprio da John… Ma io e Nick siamo sicuri che sia stato incastrato da qualcuno.»
«E sapete chi avrebbe fatto una cosa del genere?»
«Crediamo di sì, ma non potevamo accusarli senza averne le prove. E così è stato arrestato insieme ad altri due mammiferi.» terminò così con un sospiro Marian Wilde, poggiando le tazzine vuote nelle lavastoviglie.
 
 
~
 
 
«Grazie di essere di essere passati, mi ha fatto molto piacere!» fece la volpe mentre abbracciava il figlio, quasi fosse stata l’ultima volta che l’avrebbe visto.
In quel momento, la coniglietta si sentì una stretta alla gola che quasi le impedì di respirare. Erano ormai sei mesi che non rivedeva i suoi genitori, e le mancavano da morire, tutti i 275 fratelli e sorelle compresi.
Chissà se ne erano nati altri, pensò lasciandosi sfuggire un sorriso.
 
 
 
· Nick ·
 
Nel frattempo erano tornati in Centrale, e da lì entrambi andarono per la propria strada. Il Dipartimento distava circa mezz’ora dalla stanza d’appartamento in cui Nick abitava, ma conosceva una scorciatoia con cui impiegava solo la metà del tempo. Quella sera, stranamente Nick si sentì di fare tutti e trenta minuti a piedi, così imboccò la quattordicesima di Paway Street e proseguì dritto fino a Amazon Park.
Anche se erano ancora le nove e mezza, il cielo era già di un nero cupo, e di stelle non ce n’era nemmeno l’ombra. Solo la luna, splendente nell’oscurità della notte.
Fino a quel momento era il silenzio a regnare su tutto il vasto giardino, tranne che per il delicato fruscio delle foglie dovuto dalla brezza autunnale.
L’aria era molto più fresca di notte, per questo inspirò a fondo fino a essere costretto a rigettarla fuori; continuò per un altro paio volte, quando alla quarta captò qualcosa di strano. Il muso prese a pizzicargli, e poco dopo capì di non essere solo.
Nick si voltò di scatto, e grazie all’eccellente visione notturna di cui era dotato, intravide un individuo su una panchina. Ci volle ben poco prima di realizzare che quello era suo padre, e che stava fissando un punto a lui sconosciuto con aria persa, immerso nei propri pensieri.
Non tutti sono abili nel pensare lucidamente in poco tempo, senza poi pentirsi più avanti delle scelte fatte. La volpe, il cui istinto fu subito quello di andarsene, decise invece di andargli in contro e di prendere in mano la situazione. La mattina non si erano lasciati molto bene, e doveva assolutamente chiarire la questione una volta per tutte.
Nick fece per parlare, ma l’altra volpe lo precedette di un paio secondi.
«Che ci fai qui?»
«Volevo parlarti, hai da fare?» Che domanda scontata.
«Sono sempre disponibile per un figlio, lo sai Nicky.» a prima botta poteva sembrare banale come risposta, ma la dolcezza con cui lo disse la rese dieci volte più… sincera.
«Ecco… Mi dispiace per stamattina. Il fatto è che non me l’aspettavo di rivederti – per di più dopo quasi trent’anni – e mi hai colto… Impreparato.»
«Sono cambiate tante cose da quando ti ho lasciato con Marian, vero?»
«Già…»
«E, se non hai niente da fare… Ti va di raccontarmene qualcuna?»
Nicholas lo guardò per la prima volta, col cuore, s’intende. In realtà, aveva così tanto da dirgli, ma non gli sarebbe bastato un giorno intero per farlo.
«Del tipo?»­­­
«Tipo quella coniglietta di stamattina. In tutti i mei sessant’anni non avevo mai visto una coniglietta sbirro, non è incredibile
«Nemmeno una volpe sbirro, se per questo.» All’udire della parola “volpe”, John smise immediatamente di sghignazzare per concentrarsi sullo sguardo contradditorio del figlio. Quest’ultimo, dopo svariati secondi di silenzio, gli domandò cos’era che non andava e lui, per tutta risposta, riprese a ghignare.
«Sii onesto ora: dimmi come ti è venuto in mente di fare il poliziotto.»
 
Ah.
 
«E’ una lunga storia.»
«Ne ho passate di tutti i colori, e non mi stupirei se mi dicessi che è merito di quella coniglietta. Si è fatto tardi ormai, sarà meglio tornare a casa.»
Le due volpi si alzarono in piedi, e dopo un lungo abbraccio e scambi di “Ti voglio bene”, presero la propria via di casa con un sorriso stampato sul volto.
«Ah, Nicky!?»
«Sì?»
«Sei sicuro che non sia la tua fidanzata? Perché è molto carina e…»
«Non cambierai mai.» sorrise in modo beffardo, mentre il pensiero che potesse dire sul serio non gli passò nemmeno per la testa.
   
 
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