Benvenuti
nel terzo capitolo!
Questo è decisamente corto. E piatto, non accade
praticamente nulla. T_T
Chiedo venia, ricordatevi che è pure la mia prima fiction a
capitoli. U_U Vi
prometto che il prossimo chap sarà più
interessante.
Ringrazio infinitamente Ernil, Pervinca, Dedy e Allison per le loro
recensioni
che mi danno grande coraggio! TwT Ringrazio pure chi ha messo la mia
storia fra
i preferiti e chi legge senza commentare.
Buona lettura di questo (inutile) capitolo.
~
YOUR GUARDIAN ANGEL ~
*
Londra
– Luglio 1985
Capitolo Terzo
*
File
di alberi correvano veloci davanti
agli occhi semichiusi dell’uomo, persi
nell’infinità dei suoi pensieri.
Gli alberi finirono al limitare di un ponte che si ergeva sopra un
fiume in
piena: neanche il sole cocente era stato capace di prosciugare
l’impetuosità
delle sue acque, che si infrangevano potenti sui pilastri della
costruzione.
L’uomo
guardò lontano lontano, cercando
l’origine del fiume, e trovò il profilo delle
antiche montagne, una linea
infinita che separava i rilievi rocciosi dall’altrettanto
infinito azzurro del
cielo, maculato di soffici nuvole solitarie.
Questa
immagine di sconfinata bellezza fu
brutalmente distrutta da una violenta frenata: il Nottetempo era giunto
ad
Abergavenny.
“Eccoci arrivati, Madama Palude!” flautò
Jack Picchetto con puerile entusiasmo:
Piton si chiese come facesse a svolgere un lavoro così
insulso con tanta
spensieratezza.
Madama Palude scese dall’autobus accompagnata a braccetto dal
fedele
bigliettaio, lanciando un’ultima occhiata golosa a Severus.
“A
presto, squisitissima!” la salutò Jack
con un gran sorriso prima che le porte del Nottetempo si richiudessero:
“Puoi
partire, Ern!”
Piton sgranò gli occhi mentre le braccia saettarono alla
ricerca di un
appiglio, disperate.
BANG!
ruggì vigoroso l’autobus prima di
ripartire per destinazioni ignote.
“Allora
la prossima è la tua, amico” disse
Jack stando perfettamente in equilibrio nonostante il Nottetempo
procedesse in
quel momento a zig zag.
Per
tutta risposta Piton lo fissò truce dalla
posizione in cui si trovava, ovvero disteso pateticamente sul pavimento.
Hmm.
Disteso.
Si
sarebbe potuto addormentare lì,
immantinente. Questo se fosse stato un normale uomo con un normale
bisogno di
dormire, dopo una notte di veglia.
Ma
non era solo una notte che Severus
aveva passato senza quasi chiudere occhio.
Erano settimane, forse mesi. Un’oscena sequela di notti
insonni, di infinite
battaglie coi propri rimorsi e rancori.
Una
semplice pozione avrebbe risolto il
problema… ma perché addormentarsi, quando
sicuramente nel sonno lo attendevano
incubi più orribili dell’insonnia stessa?
Non voleva rivedere i volti stravolti dal terrore degli innocenti che
non aveva
indugiato ad uccidere per quell’ideale marcio.
Ripensandoci,
anche prima dello
sconvolgimento totale della sua esistenza aveva passato molte notti
senza
dormire…
~
“Severus,
perchè queste occhiaie?”
Piton si irrigidì quando il dito di lei andò a
sfiorargli la zona sotto
l’occhio.
“Sev, mi hai sentito?”
“C-cosa?”
“Ti ho chiesto il perché di queste occhiaie. Che
ti è successo?”
Severus si rabbuiò, e la ragazza capì subito di
cosa si trattasse.
“Tobias. Se n’è andato” disse
semplicemente. Le raccontò di come
avesse passato la notte a consolare la madre:
le era sembrata così piccola fra le sue braccia.
Solo quando si era finalmente addormentata Severus si era concesso di
piangere,
silenziosamente e con discrezione,
con la furia che brillava negli occhi umidi.
Mentre raccontava quasi non si accorse delle dita di lei che si
intrecciavano
con le sue…
~
Quando
Piton riemerse dai ricordi si
ritrovò sulla sedia di prima: Jack lo guardava perplesso coi
grandi occhi
azzurri.
“Hei
amico, tutto a posto?” chiese,
sinceramente preoccupato: “È fino adesso che ti
chiedo se lo vuoi” aggiunse
mostrandogli una generosa coppa di gelato con vari gusti alla frutta.
Piton
inarcò un sopracciglio, beffardo:
l’aveva preso per un marmocchio forse?
Trovava patetico che venisse offerto un gelato ad un uomo adulto, era
assolutamente insensato, anche se non sapeva spiegarsi precisamente il
perché.
Ma
Picchetto sembrò non accorgersi
dell’espressione indignata di Severus e ficcò
prontamente il gelato fra le sue
mani. “Sai, non ho mai visto una persona che avesse bisogno
di un buon gelato
quanto te, amico!” disse Jack con un sorriso adorabile:
“Questo è speciale,
sai? Anche con questo caldo non si scioglie. Lo prepara mia moglie, e
Stan lo
adora, e lo adorerà anche il suo fratellino! Ah, non ti ho
detto che stiamo
aspettando un altro bimbo, vero? Ormai manca poco, non vedo
l’ora! E tu, che
fai nella vita amico? Sei sposato? Hai figli? Dove lavori?”
Irritante.
Davvero molto. Molto. Irritante.
Ma
Severus vide negli occhi cristallini di
quell’uomo una cosa talmente estranea che avvertì
un lontano senso di vuoto:
una pura e sincera felicità.
Ebbe
un velocissimo moto di intensa
angoscia, nel quale concretizzò la certezza che lui
mai, mai più avrebbe
provato una sensazione simile, e che la vita semplice di
quell’uomo non sarebbe
stata mai la sua.
*