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Autore: Celine_Falilith    06/06/2009    2 recensioni
Postato il Settimo Capitolo.
[Dal IV Capitolo ] Perché sapeva che Harry non era lei.
Harry era il maledettissimo figlio di James Potter, con tutti i suoi infiniti difetti.
Era inutile cercare Lily in Harry.
Inutile e dannoso.
Ed era meglio così: meglio convincersi che di Lily non era rimasto niente,
piuttosto che illudersi di rivederla negli occhi di suo figlio.
[Dal V Capitolo ] Piton deglutì, cercando di riacquistare un po’ di controllo.
Strinse le labbra con violenza, fremendo, e così anche i pugni, conficcandosi le unghie nella pelle, cercando in tutti i modi di nascondere
quella tempesta di emozioni che si stava agitando nel suo povero e arido cuore.
Sopprimere i sentimenti, sempre.
Prima regola del buon Occlumante.
Ora, come doveva comportarsi col piccolo Potter?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Benvenuti nel terzo capitolo!
Questo è decisamente corto. E piatto, non accade praticamente nulla. T_T
Chiedo venia, ricordatevi che è pure la mia prima fiction a capitoli. U_U Vi prometto che il prossimo chap sarà più interessante.
Ringrazio infinitamente Ernil, Pervinca, Dedy e Allison per le loro recensioni che mi danno grande coraggio! TwT Ringrazio pure chi ha messo la mia storia fra i preferiti e chi legge senza commentare.
Buona lettura di questo (inutile) capitolo.

 

~ YOUR GUARDIAN ANGEL ~

 

*

 

Londra – Luglio 1985

 

Capitolo Terzo

*

File di alberi correvano veloci davanti agli occhi semichiusi dell’uomo, persi nell’infinità dei suoi pensieri.
Gli alberi finirono al limitare di un ponte che si ergeva sopra un fiume in piena: neanche il sole cocente era stato capace di prosciugare l’impetuosità delle sue acque, che si infrangevano potenti sui pilastri della costruzione.

L’uomo guardò lontano lontano, cercando l’origine del fiume, e trovò il profilo delle antiche montagne, una linea infinita che separava i rilievi rocciosi dall’altrettanto infinito azzurro del cielo, maculato di soffici nuvole solitarie.

Questa immagine di sconfinata bellezza fu brutalmente distrutta da una violenta frenata: il Nottetempo era giunto ad Abergavenny.


“Eccoci arrivati, Madama Palude!” flautò Jack Picchetto con puerile entusiasmo: Piton si chiese come facesse a svolgere un lavoro così insulso con tanta spensieratezza.
Madama Palude scese dall’autobus accompagnata a braccetto dal fedele bigliettaio, lanciando un’ultima occhiata golosa a Severus.

“A presto, squisitissima!” la salutò Jack con un gran sorriso prima che le porte del Nottetempo si richiudessero: “Puoi partire, Ern!”

 
Piton sgranò gli occhi mentre le braccia saettarono alla ricerca di un appiglio, disperate.

BANG! ruggì vigoroso l’autobus prima di ripartire per destinazioni ignote.

“Allora la prossima è la tua, amico” disse Jack stando perfettamente in equilibrio nonostante il Nottetempo procedesse in quel momento a zig zag.

Per tutta risposta Piton lo fissò truce dalla posizione in cui si trovava, ovvero disteso pateticamente sul pavimento.

 

 

Hmm. Disteso.

 

 

Si sarebbe potuto addormentare lì, immantinente. Questo se fosse stato un normale uomo con un normale bisogno di dormire, dopo una notte di veglia.

Ma non era solo una notte che Severus aveva passato senza quasi chiudere occhio. 
Erano settimane, forse mesi. Un’oscena sequela di notti insonni, di infinite battaglie coi propri rimorsi e rancori.

Una semplice pozione avrebbe risolto il problema… ma perché addormentarsi, quando sicuramente nel sonno lo attendevano incubi più orribili dell’insonnia stessa?
Non voleva rivedere i volti stravolti dal terrore degli innocenti che non aveva indugiato ad uccidere per quell’ideale marcio.

 

Ripensandoci, anche prima dello sconvolgimento totale della sua esistenza aveva passato molte notti senza dormire…

 

 

 

 ~

“Severus, perchè queste occhiaie?”
Piton si irrigidì quando il dito di lei andò a sfiorargli la zona sotto l’occhio.
“Sev, mi hai sentito?”
“C-cosa?”
“Ti ho chiesto il perché di queste occhiaie. Che ti è successo?”
Severus si rabbuiò, e la ragazza capì subito di cosa si trattasse.
“Tobias. Se n’è andato” disse semplicemente. Le raccontò di come
avesse passato la notte a consolare la madre:
le era sembrata così piccola fra le sue braccia.
Solo quando si era finalmente addormentata Severus si era concesso di piangere, 
silenziosamente e con discrezione,
con la furia che brillava negli occhi umidi.
Mentre raccontava quasi non si accorse delle dita di lei che si intrecciavano con le sue…

~

 

 

 

Quando Piton riemerse dai ricordi si ritrovò sulla sedia di prima: Jack lo guardava perplesso coi grandi occhi azzurri.

“Hei amico, tutto a posto?” chiese, sinceramente preoccupato: “È fino adesso che ti chiedo se lo vuoi” aggiunse mostrandogli una generosa coppa di gelato con vari gusti alla frutta.

Piton inarcò un sopracciglio, beffardo: l’aveva preso per un marmocchio forse? 
Trovava patetico che venisse offerto un gelato ad un uomo adulto, era assolutamente insensato, anche se non sapeva spiegarsi precisamente il perché.

Ma Picchetto sembrò non accorgersi dell’espressione indignata di Severus e ficcò prontamente il gelato fra le sue mani. “Sai, non ho mai visto una persona che avesse bisogno di un buon gelato quanto te, amico!” disse Jack con un sorriso adorabile: “Questo è speciale, sai? Anche con questo caldo non si scioglie. Lo prepara mia moglie, e Stan lo adora, e lo adorerà anche il suo fratellino! Ah, non ti ho detto che stiamo aspettando un altro bimbo, vero? Ormai manca poco, non vedo l’ora! E tu, che fai nella vita amico? Sei sposato? Hai figli? Dove lavori?”

 

 

Irritante.
Davvero molto. Molto. Irritante.

 

 

Ma Severus vide negli occhi cristallini di quell’uomo una cosa talmente estranea che avvertì un lontano senso di vuoto: una pura e sincera felicità.

Ebbe un velocissimo moto di intensa angoscia, nel quale concretizzò la certezza che lui mai, mai più avrebbe provato una sensazione simile, e che la vita semplice di quell’uomo non sarebbe stata mai la sua.

*

 

  
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