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Autore: Vanya Imyarek    27/04/2017    13 recensioni
Italia, 2016 d.C: in una piccola cittadina di provincia, la sedicenne Corinna Saltieri scompare senza lasciare alcuna traccia di sé. Nello stesso giorno, si ritrova uno strano campo energetico nella città, che causa guasti e disguidi di lieve entità prima di sparire del tutto.
Tahuantinsuyu, 1594 f.A: dopo millenni di accordo e devozione, gli dei negano all'umanità la capacità di usare la loro magia, rifiutando di far sentire di nuovo la propria voce ai loro fedeli e sacerdoti. L'Impero deve riorganizzarsi da capo, imparando a usare il proprio ingegno sulla natura invece di richiedere la facoltà di esserne assecondati. Gli unici a saperne davvero il motivo sono la giovanissima coppia imperiale, un sacerdote straniero, e un albero.
Tahuantinsuyu, 1896 f.A: una giovane nobildonna, dopo aver infranto un'importante tabù in un'impeto di rabbia, scopre casualmente un manoscritto di cui tutti ignoravano l'esistenza, e si troverà alla ricerca di una storia un tempo fatta dimenticare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Tahuantinsuyu'
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                      CAPITOLO 3

DOVE  UNA  RAGAZZA  IMPARA  COME  GIRA  IL  MONDO

 

 

 

 

                                                                      Dal Manoscritto di Corinna

 

Ma certo, lettore. Quello fu il primo incontro con mio marito.

Nessuna divinità a metterci sulla stessa strada, a meno di non voler elevare tre schiavisti a rango divino. E la presenza di Etahuepa e di tutto il suo seguito, che anche se abbiamo ricordato quando abbiamo realizzato la versione ufficiale, tutti sembrano dimenticarsi. Magari è più romantico immaginarci da soli?

Comunque, ciò che seguì quella dichiarazione fu una romantica e intraprendente azione degli schiavisti, che parlottarono qualche istante tra di loro e decisero di vedere se potevano fare un affarone sul posto.

“Signore di Dumaya, avete detto che non vedete nulla di losco nel nostro commercio. Ma ci chiedevamo, se non poteste anche trarne dei vantaggi. Questa ragazza, appena sedicenne, è stata appena catturata su-“

 “Non mi è utile” tagliò corto lui. “Ho servitù sufficiente a provvedere a tutte le mie necessità”

Almeno avevo ancora un po’ di tempo per scappare.

“Naturalmente, signore, non intendevamo mettere in dubbio la vostra ricchezza” gli miagolò uno degli schiavisti. “Ma vostro figlio? Mi sembra abbastanza grande per avere una schiava personale …” tutti gli schiavisti rivolsero larghi sorrisi a Simay, io lo fulminai con lo sguardo.

Lui parve decisamente imbarazzato e offeso. “Sto per essere iniziato come sacerdote!” protestò.

Oh, altra informazione su questo posto: anche qui i preti avevano una regola di castità. A quanto pareva, era un’ossessione. Be’, mi tornava comodo, almeno non sarei stata smerciata subito.

Gli schiavisti si scusarono e il resto del viaggio, per quel giorno, proseguì in relativo silenzio. Non fu molto, per la cronaca: Etahuepa decise che era il momento di fermarsi per la notte, e gli schiavisti si associarono subito.

Gli schiavi scesero dalla loro portantina e iniziarono a preparare la cena, usando buchi nel terreno messi lì apposta a intervalli regolari; gli schiavisti si arrangiarono per conto proprio, e mi portarono una ciotola piena di una brodaglia con pezzi di roba bianca e violetta dentro.

 Che roba era? La assaggiai subito, bevendola direttamente senza cucchiaio (non me l’avevano dato). Sapore strano … in termini di cibo del mio mondo, l’avrei descritto come un misto di tacchino (un animale), carote e radicchio (verdure), ma molto più amaro. Non la cosa più buona del mondo, decisamente, ma non mangiavo da quella mattina. La trangugiai piuttosto alla svelta. Almeno sembrava nutriente, mi sentivo già abbastanza sazia.

Risolto il problema della fame, decisi di buttare un’occhiata a come se la stessero passando gli altri viaggiatori, giusto per curiosità. Simay e suo padre pescavano con le mani da ciotole che, a giudicare dal profumo, contenevano cose molto più gustose della sbobba degli schiavisti; le persone di rango inferiore mangiavano qualcosa di colloso e bluastro. Notai che Simay continuava a buttarmi occhiate di sfuggita, distogliendo lo sguardo non appena lo fissavo. Ma che voleva?

 Lo scoprii alla fine del pasto: confabulò con suo padre in modo che non riuscii a sentire, ne ricevette un cenno di approvazione, prese la pentola del suo cibo e andò dai miei schiavisti.

“Chiedo scusa, posso darle da mangiare? Sembra davvero denutrita” chiese, indicandomi.

 Io lo fissai senza riuscire a credere a quello che avevo appena visto e sentito. Cioè … a quel punto si era arrivati? Al punto in cui la gente doveva chiedermi il permesso se voleva divertirsi a buttarmi del cibo, come se fossi un animale in mostra? Per l’ennesima volta in quella giornata, mi ritrovai letteralmente furiosa contro le assurde leggi di quel mondo e la situazione di merda in cui ero stata cacciata.

 Gli schiavisti furono felicissimi di accordargli il permesso: evidentemente, ero troppo magra per poter essere venduta bene, e se un nobile si offriva di ingrassarmi gratis, tanto di guadagnato! Fosse chiaro che mi avevano trovata così, il mio stato non era colpa loro, s’intende. Simay si avvicinò alla mia gabbia con un sorriso un po’ incerto, porgendomi la pentola.

 “Ecco, prendi …”

“Ma vai a cagare” sbottai. Lui si fermò esterrefatto, con la bocca aperta e la pentola a mezz’aria. “Sono capace di chiedere e decidere da sola quando mangiare, sai?”

 “Che cazzo stai dicendo?!” sbottò uno degli schiavisti. Si fiondò alla sua portantina, balbettando scuse confuse a Simay sul fatto che io fossi straniera e piuttosto scema.

 “Appunto per questo!” si affrettò a dire lui. “Non merita di essere punita, se viene da così lontano. Poi se l’avete appena catturata, dovrà appunto adattarsi alla sua nuova situazione, non trovate? Ve lo chiedo per favore, non …”

“Avete un animo fin troppo buono, giovane signore” bofonchiò lo schiavista, posando quello che era andato a prendere – una corda piena di nodi. Okay, e questo ragazzo mi aveva appena salvata da una sonora batosta, a quanto pareva.

E non mi sentivo minimamente riconoscente. Insomma, perché avrei dovuto esserlo? Questo tizio era esattamente come gli altri: non aveva afferrato il piccolo concetto che io fossi umana. Era come uno che protestasse per i diritti degli animali a uno spettacolo dei medesimi: azione che sarebbe stata lodevole, a parte il piccolo fatto che io non ero un animale.

“Scusa, ma dovevo chiederlo” mi si rivolse lui. “È così che si usa, da queste parti”

“E allora? A me non va bene” ribattei.

Lui continuò a stare lì, porgendomi la pentola. “Ma le regole sono queste, e poi tu non sei nella condizione di poter pensare a contraddirle. Quella corda fa abbastanza male”

 “Parli per esperienza?” chiesi sarcasticamente. Era strapalese, dalla sua faccia, che il damerino non aveva mai avuto un dito sollevato addosso in tutta la sua vita. Per carità, non l’avevo avuto nemmeno io, perché i miei genitori non amavano le punizioni fisiche, ma Simay aveva l’aria da nobile che ha avuto solo vizi in vita sua, e questo mi faceva automaticamente sentire più dura e temprata dalla vita.

 Lui strinse le labbra a quella domanda, buttò una rapida occhiata agli schiavi che stavano preparando delle specie di tende per la notte, e poi rispose: “No, però le ho viste usare, e ho ai- visto tutti gli sforzi che i medici devono fare per curare le ferite”

“Uh, che paura. Potrebbe fare un po’ male” replicai.

Simay mi guardò confuso, come se non si aspettasse un tono tanto sprezzante quanto il mio. Sì, era una reazione piuttosto comune nella gente che parlava con me, quando ancora vivevo nel mio primo mondo. Ero convinta che fosse un segno distintivo della mia forza di carattere.

“Avevano tutta la schiena scorticata. È qualcosa che sapresti reggere?”

 “Non sono una pappamolla viziata” ribattei.

Lui non sembrò cogliere il riferimento, guardandomi con ancora più di quella odiosa compassione. “È qualcosa che ti è capitato spesso?”

 “Ma che cazzo te ne frega?” sbottai io. Volevo solo levarmelo dai piedi, lui e le sue domande sceme, sembrava uno di quei giornalisti – simili ad autori di resoconti – che facevano apposta le domande più strappalacrime per una commozione facile, e io non volevo commuovere nessuno. Io non ero tipo da ispirare commozione!

 I miei tentativi, comunque, non sortirono l’effetto voluto: se non altro, Simay parve prenderlo per un ‘sì’ e borbottò qualcosa di simile a un ‘mi dispiace’ con l’aria di chi non sapeva cosa dire. Fui sul punto di tirare l’ennesimo sonoro insulto della giornata, quando mi venne un’idea. Altro che insulti: potevo approfittare di questo bravo animalista per filarmela.

“Senti” esordii. “se proprio vuoi fare qualcosa per aiutarmi …”

 Simay si mise praticamente sull’attenti, tutto orecchi -cosa che comunque era già.

 “Fammi uscire di qui”

 “Non posso” mormorò lui, praticamente afflosciandosi.

“Stanotte, quando non guarda nessuno” bisbigliai, nel tono più incoraggiante che mi riuscì. “Troveremo il modo di farlo sembrare un incidente, e poi tu sei troppo in alto, non potranno farti niente”

 “No, no, non capisci, non posso” si affrettò a rispondere lui, mortificato. “È illegale, non posso farlo”

 Mi caddero le braccia. Quasi non riuscivo a credere all’esistenza di un tizio simile. Faceva tutto il generoso difensore degli schiavi, e poi, appena c’era l’opportunità di fare qualcosa di davvero degno di un essere umano decente, si tirava indietro, perché era contro le fottutissime leggi? Cioè … non riuscivo nemmeno a concepirlo … quanto dovevi essere stupido per seguire le regole così ciecamente?

 “E allora? Seriamente, non hai mai infranto una singola regola in vita tua?” gli chiesi.

Lui scosse la testa, con il pallido accenno di un sorriso orgoglioso. “Non potrei mai, mi dispia-“

“Ma che razza di vita da sfigato fai? Sempre lì a seguire ciecamente quello che gli altri di dicono di fare? Ma ce l’hai un cervello tuo?!”

Simay mi guardò esterrefatto. “Ma sono le regole. E’ quello che bisogna fare per vivere civilmente, senza infliggere sofferenze e rispettare gli al-“

 “E ti sembra che io sia in una condizione felice e rispettata, grazie alle tue care leggi?”

 Lui si morse il labbro. “Ma tu sei una schiava, è una situazio-“

“Ma vai a cagare” sbottai a questo punto. Mi voltai e rifiutai di parlagli ulteriormente per tutta la serata.

 Non badai più a ciò che mi circondava finché non sentii che tutti iniziavano ad arrangiare per la notte, non avevo nessuna intenzione di chiacchierare di nuovo con quel ragazzo deficiente. Andasse a cagare, come gli avevo detto, e portasse con sé le sue leggi e regole. Mi sarei arrangiata da sola, per la fuga. Ci sarei riuscita. Quella notte stessa: chi mi avrebbe più trovata, in quel labirinto?

Certo, il labirinto in questione passava tra flora pericolosa e a me completamente sconosciuta, ma quello significava anche che non mi avrebbero inseguita tanto volentieri. La gabbia era in legno, la serratura era a chiavistello. Sarei riuscita a infilare una mano tra le sbarre e tirarlo via? Probabilmente sì … il che era strano, non capivo come mai nessun altro schiavo ne avesse mai approfittato prima. Magari tutti qui erano ossessionati dalle regole come quel ragazzo?

 Se così, ero davvero finita all’inferno … oppure poteva semplicemente essere che quegli schiavisti fossero profondamente scemi, il che mi permetteva di mantenere un po’ di fiducia nell’umanità locale.

 Comunque, il piano era semplice: sfilare il chiavistello, lo scoiattolo dormiva e quindi sarei riuscita a scivolare giù senza troppi problemi, sarei stata attenta a non far rumore e a non correre finché non fossi stata fuori dal campo uditivo di questi qui. Le code degli animali bruciavano permanentemente, e poi c’erano i buchi nel soffitto per vedere dove stavo andando. Ce l’avrei fatta.

Simay con suo padre si ritirava nella loro tenda, gli schiavi si rannicchiavano in coperte lì attorno, la maggior parte delle guardie si sdraiava … e una rimaneva in piedi, a sorvegliare tutto il gruppo. Merda, questa non ci voleva. Gli schiavisti stavano iniziando a russare, a questo punto, avrei avuto il via libera ….

Non fosse stato per quella guardia del cazzo. Insomma, cosa intendeva fare? Avrebbe denunciato la mia fuga? Avrebbe scrollato le spalle, e pensato ‘non un problema mio’? Non lo sapevo, era quello il problema principale. Se almeno avessi avuto la certezza che avrebbe fatto l’una o l’altra cosa, avrei potuto adeguarmi, o inventare un piano per distrarlo; così invece era un’incognita, e non mi piaceva per niente. Andare? Non andare? Avrebbe allertato tutti o mi avrebbe lasciata libera …?

Be’, al diavolo. Io avrei tentato. Nel caso, avrei sempre potuto provare a correre più veloce di loro. Afferrai il chiavistello, lo spinsi via, mi incastrai brevemente la mano nelle sbarre, mi agitai ancora di più cercando di toglierla e cascai dallo scoiattolo.

 “La schiava sta scappando dalla gabbia?” urlò la guardia. Gli venisse un accidente!

Mi rimisi in piedi e corsi più velocemente che potevo. Riuscii perfino a schivare una zampa dello scoiattolo, ero troppo veloce, ce l’avrei fatta, qualcuno si metteva a correre dietro di me, l’avrei sorpassato, gli avrei fatto mangiare la polvere- una manata mi buttò a terra. Subito dopo mi arrivò un calcio nel fianco.

“Altro che straniera, questa è proprio scema!” urlò uno degli schiavisti, e mi arrivò un altro calcio. Forte. Rimasi bloccata dal dolore, non riuscii a rialzarmi, e poi sentii arrivare qualcun altro, un sibilo, e poi arrivò il primo colpo della corda.

Mi bloccò del tutto. Chiunque l’avesse pensata, era un pazzo sadico. Non avevo mai subito niente di così doloroso. Calci e pugni, erano qualcosa che potevo sopportare, non era certo la prima volta che me li beccavo, ma quello …

Un altro colpo, poi un altro, poi un altro, poi ‘basta, si noterà alla vendita’, un altro colpo, e poi qualcuno mi tirò su e mi ricondusse verso la gabbia. No, io non potevo lasciarmi trascinare in quel modo, ma dannazione, quelle frustate erano state troppo forti, mi sentivo a malapena in grado di respirare, se mi stavano trascinando era anche perché non sarei riuscita a stare in piedi da sola, e io non ero così, non dovevo essere così, io dovevo essere forte e dimostrare loro che non potevano neanche pensare di prendermi a calci, io dovevo essere forte, provai a insultarli, riuscii a malapena a bofonchiare qualcosa, mi issarono di nuovo nella gabbia, e richiusero la porta.

“Troietta idiota” commentò uno. “Prima cerca di scapparci e fa tutta l’altezzosa per il viaggio, e poi si sorprende se mettiamo una guardia? Dev’essere un tipo di demenza, pensi che dovremo avvertire i clienti?”

“E che gliene fregherà? Questa qui sarà per scopare, non per discutere di astronomia” fu l’illuminante conversazione che sentii da quelli che mi sorreggevano.

 “Grazie infinite dell’avvertimento!” sentii gridare dal terzo. “Vi saremo eternamente grati per la protezione che ci state offrendo, signore”

Ah, c’era anche quello, implicato nel ‘pacchetto protezione’? Merda, le cose si mettevano male. Finché viaggiavamo azzeccati a quella carovana di bastardi, non avevo nessuna speranza di filarmela senza farmi notare (anche perché l’unico stronzetto che avrebbe avuto tutto il potere di aiutarmi andava cianciando di regole).

E a quanto pareva, facevano la nostra stessa strada, il che significava che non ce li saremmo levati di torno finché non fossimo arrivati ad Alcanta – ovvero quando mi avrebbero venduta. Non avevo molte speranze di fuga, se quello che era successo quella notte era indicativo delle rispettive capacità fisiche, non sarei riuscita a scappare a meno che loro non se ne accorgessero, non aveva neanche senso provare – anche perché non volevo altre botte, anche se non avevo nessuna voglia di ammetterlo, nemmeno a me stessa.

 Nessuna paura, non dovevo avere nessuna paura. Avrei trovato un altro modo per scappare, e sarei tornata nel mio mondo. Ce l’avrei fatta, non poteva essere altrimenti.

 

Il giorno dopo, per la colazione, Simay cercò di portarmi di nuovo da mangiare.

“Non ho intenzione di accettare l’aiuto di qualcuno che fa solo le cose facili” sbottai.

Avevo sentito benissimo quello che avevano detto gli schiavisti su come il mio comportamento ribelle li avesse messi in campana, e avevo deciso che, fanculo, non avrei cambiato una virgola. Sarebbe stato palese se fossi improvvisamente diventata buona e docile, che avevo in mente un’altra fuga; e comunque io non ero così. Non importava cosa sarebbe successo, io non avrei mai rinunciato a me stessa, e al mio carattere.

In retrospettiva, tutto quello che ho da commentare è che se fossi stata meno stordita, e avessi accettato di fingere un po’ per qualche tempo, avrei risparmiato a me stessa e ad altri un sacco di problemi a lungo termine.

 “Io non posso fare niente …” mormorò Simay. “Posso solo cercare di aiutarti mentre sei lì. Dovresti mangiare, le foglie di soribo sono molto nutrienti …” abbassò la voce. “E aiutano con le contusioni, se ce le metti sopra”

 Devo dire, guadagnai una microscopica frazione di rispetto per Simay, lì. Certo, faceva tutto quello che gli dicevano di fare … ma era disposto a trovare qualche sotterfugio all’interno di questi ordini. Non era poi così senza speranza.

Accettai quella ciotola, e mi infilai di nascosto alcune di quelle foglie sotto il vestito, premendole sul fianco. Non avevo ancora controllato l’entità del danno perché c’era un sacco di gente che avrebbe visto, ma la zona dove la corda aveva colpito era piuttosto gonfia, e faceva male al tatto.

 Simay fu molto interessato alla coda di Biqa per tutto il tempo di questa operazione, e ciò mi predispose un po’ meglio nei suoi confronti.

 “E comunque” riprese lui. “Non ti conviene essere così ostinata nei loro confronti. Le regole ci sono per un motivo, come ho detto, e per questo è anche conveniente seguirle. Se fossi più docile, ti attireresti i favori dei tuoi padroni-“

“Non ho nessuna intenzione di essere il giocattolo preferito di qualche signorotto viziato” sbottai, mandando a quel paese tutti i miei accenni di simpatia verso di lui. “Per che cosa dovrei buttar via me stessa? Per un trattamento un po’ migliore? O c’è la vaghissima possibilità che mi liberino?”

 “No, tu avrai solo i vantaggi possibili nella tua condizione” rispose lui. “Una volta che diventi schiavo, non puoi cambiare status sociale, a meno di consacrarti a Pachtu. Ma se vieni notata per i tuoi servigi, i tuoi figli saranno considerati liberi e indipendenti dalla famiglia dei tuoi padroni, anche se potranno essere solo artigiani”

 No. Non sarei rimasta lì abbastanza a lungo da poter avere dei figli. He poi, considerato il mestiere che volevano farmi fare, chissà come, e da chi, li avrei avuti, nel caso. No, io sarei tornata a casa.

Però cos’aveva detto prima, a proposito del consacrarsi a un dio? Non ci credevo, come ho detto prima, ma almeno avrei avuto una posizione un po’ più decente di quella della puttana. Tanto valeva provare.

 “Hai menzionato Pachtu? Chi è?”

Lui sembrò sorpreso. “Non lo sai? Avete una religione diversa dove provieni?”

Annuii.

 “Ma quanto hai viaggiato? Per quanto ne so, i popoli delle montagne venerano i nostri stessi dei!” Sembrava davvero stupefatto.

 “Non sono affari tuoi” replicai, perché non sapevo che balla inventarmi su due piedi e non stonava con il mio atteggiamento fino a quel punto. “Comunque, che dio è Pachtu?”

 “Dio dei fulmini-“

 “Che?” Fulmini, tipo, elettricità? Energia? No, okay, questa non poteva essere una coincidenza. Una cosa che si dichiarava l’elemento stesso dell’Energia mi portava in quel posto, io ero catturata dagli schiavisti, e saltava fuori che l’unica cosa che potevo fare per non finire in un bordello o in un harem era diventare sacerdotessa del dio dell’energia. L’aveva organizzato lui? Che interesse ne aveva?

 Comunque, Simay prese la mia domanda come un invito a tenere una lezione di catechismo. “Dio dei fulmini e della vita, fratello gemello di Qisna, dea delle paludi e della morte, e figlio di Tumbe e Sulema … dei dell’acqua e del fuoco, rispettivamente. È stato lui a creare i Kisnar, insieme a sua sorella”

 “I Kisnar?”

Simay mi guardò esterrefatto. “Non sai cosa siano i Kisnar? Capisco la religione, ma quelli sono davvero dappertutto!”

“Be’, dalle mie parti non ci sono-“

 “Si parte!”

 Simay dovette tornare alla sua portantina, e il viaggio riprese.

Probabilmente fu verso il primo pomeriggio che la nostra carovana emerse dai tunnel, e ci ritrovammo davanti una spettacolare distesa di fiori rossi, simili ai ‘gigli’ del mio mondo, che, notai gardando attentamente, emanavano un fumo sottile. Sembrava che i mekilo stessero correndo su un mare di fuoco e, malgrado la situazione, non potei fare a meno di restarne affascinata.

Quei campi erano parecchio estesi; ci corremmo in mezzo per diverse ore – un paio di volte intravidi il profilo di una città in lontananza – finché i fiori non si diradarono, e noi non arrivammo su un terreno più brullo, simile a quello delle montagne; ma potevo vedere un enorme lago sulla mia sinistra.

Ci fermammo lì per la notte, e a quanto pareva Simay doveva apprezzare l’idea di essere insegnante di religione, perché, previo permesso degli schiavisti, mi raggiunse subito per continuare con le sue storie.

 “Ma in che posto vivevi, per non sapere cosa siano i Kisnar?”

“Ti ho detto che non sono fatti tuoi. Cosa sono questi ‘Kisnar’? Animali?”

 “È abbastanza lunga da spiegare, in realtà. Vedi, originariamente erano umani, gli abitanti della città natale di Talhas e Shilla … la prima coppia imperiale”

Oh, avevo capito una cosa: adesso stavano per arrivare un sacco di miti e leggende, di dubbia autenticità. Insomma, nel nostro mondo, quante storie religiose o di fondazioni di città erano vere? E perché le cose sarebbero dovute essere differenti qui?

Ora che ci penso, caro il mio lettore, ti sembrerà stranissimo che proprio io abbia appena scritto queste cose. Fu comunque lì che appresi la storia della fondazione di Alcanta e della nascita dell’Impero Soqar.

 “I due erano i figli che il dio del Sole, Achemay, aveva avuto da una donna umana, di nome Llyra-“

 “Aspetta un attimo” interruppi. “Mi stai dicendo che questi qui sono stati la prima coppia imperiale? Ed erano fratello e sorella?”

 Lui annuì. “Sì, il-“

 “Ma che schifo!”

 Simay mi guardò stranito e un po’ sconvolto, come se avessi appena detto una bestemmia particolarmente creativa. “Come – come fai a dire questo? E’ il processo migliore per tramandare il trono all’interno della dinastia, anche l’Imperatore Manco e l’Imperatrice Llyra attuali sono fratelli, e così i lo-“

“Ma che schifo!!!” sbottai sconvolta. Avrete capito, da questi commenti, che dalle mie parti l’incesto non solo non era praticato, ma perché non era neanche ben visto (anche perché la nostra scienza ci permetteva di sapere che causava difetti negli organi e problemi di salute).

“’Che schifo’ niente!” sbottò lui, lasciando finalmente perdere per un attimo il suo atteggiamento dimesso. “Smettila di insultare la famiglia reale. Hanno il sangue degli dei, nel caso il dettaglio ti fosse sfuggito, come credi che abbiano fatto a mantenerlo se non sposandosi tra loro?”

 “E chi se ne frega se hanno il sangue divino? Fa schifo lo stesso”

 Per la miseria, l’aver insultato la famiglia imperiale urtava parecchio il nostro amante degli animali.

 “Okay, capisco che tu abbia un’altra religione” mormorò Simay a denti stretti. “Ma non devi insultare l’Imperatore. Verrai punita sia in questo mondo, che nell’altro”

“Ah, che paura! Sarò ‘punita’!” ribattei. Finalmente, dopo quei due giorni di merda assoluta, potevo sfogarmi un po’ facendolo arrabbiare. Adoravo irritare le persone, forse perché era una mia specialità.

 “Sì, la tua reazione alle frustate conferma la tua spavalderia”

Lo guardai malissimo, e lui si morse il labbro, un po’ a disagio. Ma vedi che stronzo? Era uno di quei tipi che facevano tanto i gentili, e poi sapevano benissimo come tirarti delle carognate … vigliacchi di merda, non li sopportavo, e li sopportai anche meno grazie a Simay.

Piccolo problema …aveva urtato un nervo scoperto creatosi di recente. E va bene, non ero riuscita a reagire come avrei voluto a quel genere di batosta. Mi ero lasciata terrorizzare, un’aggressione simile era qualcosa di cui non avevo alcuna esperienza, e la situazione in genere era completamente folle. In tutto questo, non ero riuscita a dimostrare l’immagine da dura che volevo trasmettere a parole, Simay l’aveva notato, e ciò mi mandava in bestia. Il risultato fu una ritirata disonorevole da quella situazione.

 “Okay” cercai di cambiare argomento. “Quei due hanno fatto questa gran porcata. Com’era il resto della storia?”

“Quando scoprì da chi discendevano i due gemelli, il re della città fu infinitamente orgoglioso dell’onore ricevuto da una dei suoi sudditi” riprese lui, con un tono da qualche parte tra il sorpreso e il rassegnato. “Si montò la testa, e credette che Llyra fosse stata dichiarata superiore ad Achesay stessa – la Terra, la moglie legittima del Sole, intendo. Cominciò a dichiarare l’esistenza dei gemelli come un segno che gli uomini erano superiori agli dei, e la città iniziò a mancare di rispetto ai templi e ai sacerdoti, rifiutando di compiere offerte e preghiere. Ovviamente si sbagliavano, un essere umano non può nemmeno pensare di superare un dio, e furono Pachtu e Qisna a incaricarsi di ricordarlo alla città. Con i rispettivi poteri sulla vita e sulla morte, fecero in modo che i corpi del re e dei suoi sudditi si decomponessero, mentre loro restavano in vita, e da lì ebbero origine i Kisnar”

 “Che non so cosa siano” gli ricordai.

“Quello che ho appena detto: persone vive, ma con la pelle in decomposizione”

Ugh … era davvero possibile? Non era che questi tizi in realtà avevano una malattia della pelle che faceva solo sembrare … no, perché, passatemi il razzismo, ma se queste specie di zombie (anche se non avevamo i Kisnar, una delle nostre leggende ci somigliava) erano reali, così come li descriveva Simay, non avevo nessuna voglia di incontrarli.

“Fai bene a fare quella faccia” commentò il mio educatore. “I loro discendenti portano ancora oggi il peso di quel peccato. Naturalmente, è facile riconoscerli, quindi è facile evitare che le loro carovane si infilino in una città per contaminarla”

“Portano pure malattie?” mi sembrava logico …

“Possono trasmettere la loro condizione, sì … ma non con il contatto semplice, hanno delle loro procedure di cui per fortuna non so niente. Non portano malattie vere e proprie, comunque, anzi, hanno pure sviluppato delle incredibili capacità mediche”

“E allora con cosa dovrebbero contaminare una città?” chiesi, anche se avevo già un sentore della risposta.

 “Con la loro impurità di peccatori, vog-“

“Ah, siete pure un popolo di fanatici religiosi” sbottai -ignorando bellamente quello che io stessa avevo pensato dei Kisnar poco prima. “Vi fa sentire molto superiori, vero? Tirate in ballo gli dei, e usate queste povere persone per sentirvi inerentemente migliori di loro, anche se siete i peggiori ipocriti-“

 “Cosa c’entra il sentirsi superiori?” protestò Simay. “Noi siamo superiori. Se i Kisnar fossero tornati in favore degli dei, sarebbero stati guariti, quindi è chiaro che siano ancora nel peccato. E tu dovresti smetterla di insultarci, come se fossi tu quella superiore, perché al momento mi risulta che tu sia solo una schia-“

 “E chi se ne fotte se sono una schiava?” gli urlai. “Se sei ‘superiore’ a me, è solo un caso che tu sia nato in un palazzo del cavolo, in un posto con leggi che dichiarano che solo per questo, tu avresti ragione su tutto …” mi resi conto che questa volta ero stata io a colpire un nervo scoperto. Mentre andavo avanti con quel discorsetto, il ragazzo aveva distolto lo sguardo, e da come si agitava, sembrava avere una gran voglia di filar via. Interessante, molto interessante!

“Hai ragione” borbottò a sorpresa lui. “La nascita non dà nessun diritto inerente. È la legge a darli, perché sono necessari. E quello che dice la legge, è che l’Imperatore è incriticabile, e che gli dei devono essere rispettati. Hanno già dimostrato cosa può succedere ai peccatori. Tu non sarai nativa di qui, ma è il posto in cui vivi adesso: devi seguire le nostre leggi, se non vuoi finire davvero male”

 “Quindi seguite le leggi solo per paura?” commentai.

Lui girò un attimo la testa, i suoi schiavi lo stavano richiamando per la cena, ma prima di andarsene, mi rispose comunque. “Non posso parlare per tutti i Soqar, non posso dire perché chiunque non sia me rispetti le leggi. Io, lo faccio perché è il mio dovere”

In altre parole, non aveva abbastanza spina dorsale da ribellarsi. Be’, questo ragazzo era da tenere a mente: il perfetto esempio di come non sarei dovuta diventare. Però, era abbastanza ironico che mi stessi concentrando così tanto su quanto mi desse fastidio quel tizio, o sui modi di irritarlo … era quello che nel mio mondo avrei fatto con un compagno di classe che mi stava antipatico.

 Io non ero nella mia classe, non ero nel mio mondo, ero in una situazione dove o scappavo o sarei diventata una puttana. Dal momento del nostro arrivo ad Alcanta, non avrei mai più rivisto quel ragazzo. Quindi, che me ne fregava di irritarlo? Non avevo cose più importanti a cui pensare?

Boh. Forse era un modo abbastanza disperato per trovare una parvenza di normalità e controllo all’interno di quella situazione. Che schifo.

 Comunque, almeno parlando con lui avevo ricavato qualche informazione su come funzionassero le cose da quelle parti. Innanzitutto, avevo imparato che la famiglia reale era ritenuta praticamente intoccabile, perché discendente dagli dei stessi, nientemeno. Come mai nessuno avesse fatto caso all’ovvia propaganda sfuggiva alla mia comprensione, magari c’erano stati dei casi e nel suo zelo devozionale Simay non ne aveva parlato. Il che spiegava anche le reazioni degli schiavisti alla prospettiva di vendermi contro i voleri dell’Imperatrice, neanche loro erano esenti da quello schema mentale.

 Mi pareva tutto piuttosto patetico. Io avevo passato la vita a ribellarmi contro le figure di autorità; era più forte di me, le detestavo per natura. E mi ritrovavo in un posto in cui vigeva sottomissione indiscussa alla coppia imperiale. Magari potevo movimentare un po’ le cose …?

No, un cavolo. Io ero in fondo alla casta sociale, e comunque dovevo filarmela da lì al più presto possibile. E mi era stato appena presentato un modo di elevare il mio status e, possibilmente, tornare a casa allo stesso tempo: diventare sacerdotessa di Pachtu. Restavo sempre atea, non ero affatto sicura che questa divinità di cui mi aveva narrato Simay corrispondesse in toto all’Energia che mi aveva ficcata in questo casino, ma se c’era un modo di attirare la sua attenzione, magari di stuzzicare il suo ego abbastanza da renderlo bendisposto nei miei confronti … al diavolo il non supplicare, un po’ di opportunismo faceva anche comodo.

Non mi piaceva, ma se serviva a tornare a casa … fosse chiaro che ero praticamente costretta a quella scelta, l’alternativa non era neanche da prendere in considerazione. Mi sarebbe piaciuto saperne un po’ di più da Simay, ma ovviamente avevamo concluso la nostra conversazione con un litigio; capitava abbastanza spesso con me, dovevo ammetterlo. Di solito la cosa non mi dava fastidio, ora iniziavo a rendermi conto che magari da un punto di vista tattico non era stata la cosa più intelligente da fare.

 Per fortuna, il suo animo di amante degli animali prevalse; e appena finita la cena me lo ritrovai lì a passarmi il piatto.

 “Prima parlavi della possibilità di diventare sacerdoti di Energia” introdussi direttamente l’argomento, una volta finito di applicarmi le foglie. “Come funziona questa cosa?”

 “Be’, non è un processo immediato, ovviamente” rispose lui, un po’ sorpreso da questo mio improvviso interesse. Ti pareva che non potesse essere una cosa semplice semplice?

“Il novizio deve dimostrare la sua fede eseguendo una lista di fatiche stabilita dal Sommo Sacerdote, che non danno diritto a nessun tempo libero dal lavoro quotidiano, così che nessuno possa chiedere l’iniziazione per passare le giornate a far nulla”

E io ero fregata, perché a meno che non finissi nelle mani di un pappone incredibilmente religioso, non c’era verso che mi avrebbero lasciato tempo libero da quello che rischiava di diventare il mio ‘lavoro’.

“Se il postulante riesce a compierle tutte, allora ci sarà una cerimonia di iniziazione, ed egli verrà ufficialmente riconosciuto come novizio. Da lì, avrà inizio un percorso di educazione per istruirlo ai misteri della religione e all’uso della magia di Pachtu”

“Magia?”

 Okay … per ‘magia’ intendeva fenomeni assolutamente naturali che lì non erano abbastanza avanzati da spiegarsi, trucchetti di illusionismo, o … quella capacità vera di alterare le leggi naturali, di cui avevo letto solo nei romanzi? Era possibile? Normalmente avrei preso in giro a morte chiunque avesse fatto una teoria simile nella mia portata d’orecchio, ma io ero appena stata trasportata in un altro mondo dalla manifestazione senziente dell’elemento dell’energia. È il genere di situazione che può renderti di mentalità leggermente più aperta.

“Certo, la concessione di usare il potere del dio per i propri voleri. È una capacità comune a tutti i sacerdoti, in cambio della nostra devozione, anche se solo pochi eccellono davvero”

 “Intendi dire” interruppi. “Se uno fosse un sacerdote dell’E- di Pachtu, e fosse davvero bravo, sarebbe in grado di usare fulmini ed energia a proprio piacimento?”

 “E con il consenso del dio, si intende, ma sì, il concetto è quello. Ma aver semplicemente il permesso di usare la magia ed essere davvero eccellenti sono due cose molto diverse. È necessaria una disciplina ferrea e una devozione fuori dal comune, essere dichiaratamente i favoriti della divinità”

Ahem. Disciplina ferrea? Devozione fuori dal comune? Diciamo che non erano propriamente i primi due termini che avrei associato a me stessa.

 Però … quello che Simay aveva detto a proposito dell’eccellenza della magia … se avessi potuto diventare così brava da costringere letteralmente Energia a rispedirmi a casa … quello sì che era un pensiero allettante. Con gli insignificanti ostacoli rappresentati dalle caratteristiche richieste, dal fatto che comunque fosse Energia, o Pachtu che dir si volesse, a garantire quei poteri, e che se anche avessi provato a fare la lecchina finché non avessi avuto l’occasione giusta, avrei avuto a che fare con un essere che poteva leggermi nel pensiero.

 In altre parole, suonava impraticabile … solo che era la cosa più simile a un piano di fuga che avessi. Oh, al diavolo: io ci avrei provato, ad entrare tra le sacerdotesse; poi si sarebbe visto.

 “Ma per chiedere queste cose” intervenne Simay, interrompendo le mie meditazioni. “da dove arrivi? Cosa fanno i sacerdoti nella tua regione, se non praticano la magia?”

 “Predicano un mucchio di roba sul bene e sul male”

 “Sono solo come legislatori …?”

“Perfino più noiosi se possibile” Simay mi guardò storto, ma prima che potesse attaccare un’altra tirata sul dovere e le regole, feci io le mie domande.

“Comunque, sto dicendo che non ho mai visto praticare una magia in tutta la mia vita. Hai detto che ce ne sono di altri tipi?”

 “Ovvio che ce ne sono” fui guardata come se fossi completamente stupida. “La più importante è ovviamente quella di Achemay, il Sole; dà potere sulla luce. La sua sposa Achesay, che spero di onorare con la mia vita ad Alcanta, è la Terra. Loro sono le due magie fondamentali, ma anche gli altri meritano onore: Chicosi, dea dell’aria, e Tumbe, dio dell’acqua come ho detto prima. Pachtu, ne abbiamo parlato finora, e Qisna, la sua gemella, permette il dominio sulla morte e la corruzione delle cose. Poi c’è anche un’ultima magia, ma è praticata da pochissimi: quella della Notte, la dea primordiale. E per fortuna che sono pochi: non è una dea che ami la creazione”

Era un bel listone, ma ricordai comunque un tassello mancante. “Non hai detto che c’era anche una dea del fuoco? Lei non ha la sua magia?”

Simay mi fissò a bocca aperta. “Ma … questo devi saperlo. È umanamente impossibile non saperlo. Da dove arrivi?”

 “Non sono affari tuoi” ormai stava diventando la risposta automatica, ma non sembrava farlo desistere dal continuare a chiedere. Sembravo veramente così strana? Be’, problemi loro.

“Sulema era una dea malvagia” spiegò lui a voce più bassa, come se temesse di attirarsi l’ira delle divinità solo parlandone. “Gli altri dei la sconfissero e uccisero. Il suo elemento, il fuoco, fu donato all’umanità come compenso per ciò che la dea aveva fatto patire ai primi Soqar. Non c’è una vera magia del fuoco, ma ogni essere umano ha il permesso di utilizzarne le proprietà senza alcuna autorizzazione sacerdotale. È il motivo per cui possiamo usare i mekilo e gli occli come animali da trasporto: erano sacri alla dea, quando ancora esisteva, e ora sono nostri di diritto”

Whoa, questa storia era strana. Davvero funzionava così? Perché dal modo in cui si era presentato Energia, come se fosse la volontà stessa dell’elemento … non è qualcosa che puoi uccidere, no? E allora perché niente magia del fuoco? Le cose mi sembravano completamente senza senso.

Oh, ma alla fine, perché mi interessava? Io stavo lì solo temporaneamente. Avrei trovato il modo di tornare al mio mondo il più in fretta possibile. Però era sempre stato nella mia natura: ero curiosa. Chissà –

 “Giovane signore, il vostro letto è pronto” uno degli schiavi richiamò Simay.

“Grazie” mormorò lui, prima di rivolgersi a me. “Dormi pacificamente, per quello che puoi nella tua situazione. Domani arriveremo ad Alcanta”

Domani? Così presto … entro domani avrei dovuto inventarmi un modo di scappare. Ma per tutto il mio coraggio e la mia sfacciataggine, come potevo essere davvero sicura di riuscirci?

 

Dunque, Choqo aveva concluso una cosa molto importante a proposito di quella storia e dei suoi protagonisti: Simay era un rompicoglioni.

 Seriamente, si poteva umanamente essere più noiosi? Quanto aveva ragione Corinna … che tra parentesi, perché se l’era sposato, poi? Anche se era rimasta bloccata in quel mondo, o avesse volontariamente scelto di restare, qualunque cosa le fosse successa, davvero non aveva trovato niente di meglio?

 … Niente di meglio che essere Imperatrice, va bene. Ma non sembrava, dalla narrazione, il tipo che sarebbe sceso a simili compromessi, salvo che in situazioni davvero disperate … ma aveva già notato che la Corinna adulta che scriveva era molto diversa da quella adolescente che agiva nella storia.

 A parte ciò, dava uno strano effetto leggere della magia spiegata come se fosse attualità, e non la forza che gli dei avevano portato via con sé quando avevano deciso di lasciare il mondo e gli umani a regolarsi da sé, liberi di usare gli elementi secondo il proprio ingegno e di venerare la vita. Erano passati trecento anni da allora … ormai non era più nemmeno ricordato come funzionasse davvero. Ma Corinna e Simay, per un breve periodo di tempo, erano stati entrambi sacerdoti: forse avrebbe trovato qualche descrizione di prima mano di come fosse piegare gli elementi al proprio volere?

A questo proposito, doveva ancora recuperare il manoscritto di Simay stesso – sperava che negli anni si fosse pentito e redento della sua noiosità giovanile! – doveva uscire il mattino presto per farlo, le conveniva andare a dormire ora per svegliarsi al momento giusto.

Questa parte del piano fu condotta con successo. Certo, intrufolarsi nel cimitero fu molto meno eccitante rispetto alla prima volta, e non si fermò ad ammirare tutte le tombe, doveva fare in fretta. La tomba di Simay sfoggiava una statua rovinata quanto quella della sua consorte, e un’identica cassa ai piedi. Choqo la aprì senza esitazione.

Un’altra ventata di aria secca la investì, chissà che tipo di meccanismo era, per aver conservato così bene quelle pagine per tutti quegli anni. Ora, fuori di lì, prima che qualcuno mettesse il naso in giardino e scoprisse che lei non c’era!

La ragazza fece tutta la strada alla massima velocità consentita dall’umidità dei sotterranei, fece allo stesso modo le scale, saltò fuori dall’ingresso sotterraneo – e dall’altro lato del basso muretto che separava il giardino del palazzo dal resto del mondo, si ritrovò faccia a faccia con un giovane Sacerdote della Vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

‘La mente è un luogo a sé, e per sé stessa, può rendere l’Inferno il Paradiso, e il Paradiso l’Inferno’; e per la mente attuale di Corinna, Tahuantinsuyu non può essere che un inferno, visto come tutti sembrano ossessionati dalle sue odiate regole. Comunque, spero che abbiate apprezzato gli incontri/scontri culturali tra lei e Simay, e che abbiate sopportato l’infodump del capitolo: altre informazioni su come funzioni questo mondo saranno più diluite in seguito. Posso anticiparvi, inoltre, che nel prossimo capitolo ci sarà la prima parte scritta dal punto di vista di Simay, entrando così propriamente nello stile ‘a più voci’ della storia. Grazie per aver letto fin qui!

  
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