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Autore: Mia addams    06/05/2017    1 recensioni
Il mio nome era Lily Potter. La mia vita non poteva definirsi noiosa ma di certo non era all'altezza della vita che aveva vissuto la mia famiglia. Spendevo il mio tempo mettendomi nei guai e progettando schemi di Quidditch, attività che adolescenti scalmanati potevano benissimo portare avanti senza finire un giorno sì e uno no in fin di vita.
Ero nata in una generazione che aveva tutto, che non aveva nulla per cui lottare, nulla in cui sperare. Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava ma mi sentivo alquanto inutile.
« Sei fortunata! » mi rimbeccava continuamente mia madre. « Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato? »
« Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo! »
E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?
Genere: Avventura, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley, Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Lysander Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Oscure presenze.


Non potevo odiare Dominique.
Era mia cugina, parte della mia famiglia... eppure la detestavo con tutta me stessa. La detestavo per non essere stata sincera con me, per aver giocato come un orrendo burattinaio coi miei sentimenti, in modo da avere campo libero col ragazzo di cui ero innamorata. Odiavo tutto di lei in quel momento, dal suo viso perfettamente armonioso ai suoi lucenti boccoli rossi, dall'arietta da bisbetica che si portava da anni sul volto alla voce sottile incorniciata da un fastidioso accento francese. Ma, soprattutto, la odiavo per avermi pugnalata alle spalle.
Arrivai al castello dopo una lunga corsa da Hogsmeade, scaraventando via il vecchio custode Armando e inciampando nella sua gatta. Presi addirittura a pugni tutti i riquadri che ebbero la sfortuna di trovarsi appesi al muro al mio transito suscitando proteste a dir poco sconvolte.
« Canaglia di una Potter! Combatti, combatti ancora se ne hai il fegato! »
Mandai a quel paese Sir Cadogan e continuai la mia corsa sfrenata verso la Torre di Grifondoro.
La Sala Comune era mezza vuota, fatta eccezione per quelle poche persone che si erano rintanate lì per studiare e fatta eccezione per i miei cugini che, molto probabilmente, erano appena rientrati al castello e si godevano l'aria calda della sala per giocare tranquillamente a scacchi.
« Sei un imbroglione, Frank! » protestava Fred ad alta voce, attirando l'attenzione di un paio di studentesse lì vicino e ammiccando maliziosamente al loro indirizzo.
« Sono solo bravo a scacchi. »
« Non posso perdere due partite di fila... »
« Mi dispiace, Fred, ti tocca pagare le Burrobirre. » si intromise Louis, ridacchiando.
« Sì, per tutti noi. E scommetto che anche Lil- ah, eccola! Parli del diavolo! » esordì Hugo divertito, non appena mi vide arrivare dal buco del ritratto.
Era seduto a gambe incrociate sul tappeto della sala attorno al tavolino di vetro insieme a Fred, Louis e Frank e tutti e quattro ridevano per qualcosa che avevo a stento colto mentre facevo il mio nero ingresso nella torre. Avrei dato qualunque cosa in quel momento pur di unirmi a loro, avrei dato tutto l'oro del mondo per essere spensierata come lo erano i miei cugini in quel momento, per cancellare quell'uscita dalla mia memoria per sempre.
« Stavo scommettendo sul fatto che ti farai pagare la Burrobirra da Fred nonostante tu non sappia neanche... ehi! »
Superai i miei cugini senza dire una parola, il capo chino per non attirare l'attenzione, e salii velocemente le scale a chiocciola che portavano al dormitorio femminile con gli occhi che mi pungevano di lacrime amare.
« Cosa diavolo le prende? » si inserì Fred, confuso.
« Lasciatela in pace. È intrattabile quand'è di cattivo umore. »
« Sono d'accordo con Louis. Potrebbe senza remore ficcarci gli scacchi uno per uno su per il cu- »
« Lo penso anch'io. »
Spalancai con un poderoso calcio la porta del dormitorio e fu un sollievo per me trovarlo deserto. Non avevo voglia di vedere nessuno in quel momento, neanche i miei adorati cugini. Desideravo solo rintanarmi nella mia camera e riemergere fin quando non avessi trovato le forze necessarie per affrontare tutto ciò che prima o poi andava affrontato. Il pensiero del tradimento di Dominique sembrava colpirmi come una lama affilata mentre delle lacrime calde mi solcavano il viso...
Udii un rumore secco e, mio malgrado, seppi in anticipo cosa fosse accaduto senza neanche voltarmi verso la porta. Un'imprecazione soffocata tra i denti, odore di manico di scopa: Hugo stringeva tra le mani la sua Nimbus, di cui si serviva tutte le volte che penetrava di soppiatto nei dormitori femminili, e mi osservava con espressione stranita.
« Stai piangendo? » aveva esclamato sorpreso, mentre si chiudeva velocemente la porta alle spalle. Mi chiesi come potesse non essersi accorto che ero in tutto e per tutto in una valle copiosa di lacrime. « Cos'è successo? »
« È solo uno stupido granello di polvere. » mentii con ben poca credibilità, nonostante fossi stata appena beccata a frignare come una ragazzina. « È finito proprio nella pupilla. »
Mio cugino deglutì a fatica. « Doveva essere davvero grosso. » disse, poco convinto. « È stato quel Tassorosso? Se così fosse, io... »
« L'avrei già riempito di botte secoli fa. » conclusi per lui, accennando un lieve sorriso. « Non preoccuparti. »
« E allora cos'è successo? »
Un altro forte rumore interruppe le insistenti richieste di Hugo. In ascolto, udimmo una voce femminile strepitare con tutte le sue forze e le voci di Fred e Louis richiamare qualcuno in un trambusto tale che non si capiva cosa dicesse l'uno e cosa dicesse l'altro. Sfoderai in fretta la bacchetta ma non feci neanche in tempo a sigillare la porta del dormitorio con un incantesimo che quella fu spalancata con veemenza.
« Dominique, sia lodato il cielo. » disse mio cugino, scombussolato ma lieto di vederla. « Stavo giusto per... »
« Dimmi che non lo stai pensando davvero. » esordì Dominique sconvolta, sbattendosi la porta alle spalle e afferrandomi le mani che scacciai con un gesto piuttosto violento sotto gli occhi increduli di Hugo. « Non puoi pensarlo sul serio. »
« Non mi interessa delle tue scusanti, Dominique. » soffiai, con rabbia.
Mi sentivo la fronte bollente, mi sentivo scorrere tutto l'odio che provavo per lei nelle vene; il mio cuore batteva così velocemente che sembrava potesse da un momento all'altro schizzarmi fuori dal petto.
« Sono stufa marcia dei tuoi inganni, stufa marcia di te che non sai decidere da che parte stai! Hai giocato coi miei sentimenti facendomi credere che tu eri lì per me, per aiutarmi. »
Gli occhi le si riempirono di lacrime. « Ti dico che ti sbagli! »
« Ah, no? Vorrei tanto crederti. » sbottai, dandole le spalle.
« Non sono uscita con Scamander per sedurlo o altro, io volevo solo... »
« Cosa volevi, esattamente? » chiese mio cugino, con una smorfia. Sembrava aver captato qualcosa e dall'espressione disgustata che mostrava in volto non era affatto contento di quello che stava immaginando.
Dominique aveva gli occhi spiritati dallo spavento; aveva iniziato a tremare. « Io volevo solo... »
« Lo sappiamo cosa volevi dal ragazzo che mi piace, Dominique. » ribattei, nauseata. « Quello che vuoi da tutti gli altri ragazzi. Io non sono come te, lui per me era importante. E lo sapevi... credevo mi aiutassi. »
Dominique cominciò a piangere con tutte le sue forze, sembrava in preda ad una crisi violenta. « È così! Posso giurartelo! Vorrei solo farti capire che... »
« Che cosa? Che sei una stronza in cerca del primo pivellino che ti capita sotto tiro oppure- »
« Una cretina pazzamente innamorata di suo cugino! » urlò mia cugina, gettandosi a terra ai miei piedi in preda a singhiozzi convulsi.
Ci vollero un paio di secondi per metabolizzare le sue parole, per metabolizzare la pena che mi stava provocando mentre era a terra come una bambolina di pezza. Mai nella mia vita avevo assistito ad uno spettacolo così miserabile. Era così miserabile che avrei voluto mandare a quel paese l'amor proprio e seguire l'istinto che mi consigliava caldamente di scattare a terra per sollevare mia cugina, per calmarla, e solo per il semplice motivo che la trovavo incredibilmente pietosa lì per terra. Ma non lo feci. Rimasi immobilizzata dalle sue parole, sotto shock, convinta di non aver capito bene.
« Cugino? » ripetei, con le mani che tremavano.
Hugo si era voltato per fissarmi e vidi riflesso nei suoi occhi il mio stesso terrore, l'ansia che quelle sue ultime parole ci avevano procurato.
« Che significa, Dominique? » insistetti, orripilata.
« James. Sono innamorata di James... tuo fratello. »




Erano giorni che io e mio cugino, gli unici due tra la famiglia ad essere a conoscenza del segreto di Dominique, non dormivamo bene, giorni che non mangiavamo con la stessa voglia di prima e il desiderio di fare scherzi era finito sotto zero per entrambi tanto che il resto dei cugini faticavano a riconoscerci. Fred e Louis non sospettavano nulla ma molte volte avrei giurato di aver visto lo sguardo di Frank Paciock muoversi da noi due a Dominique, quelle poche volte che la si vedeva in giro o seduta al tavolo di Serpeverde. Anche lo sguardo di Scamander era spesse volte fisso su di me e immaginai che mia cugina gli avesse riferito tutto. Durante le ore di lezione, il ragazzo sembrava ricercare sempre il momento giusto per parlarmi, perfino durante i nostri combattimenti nelle ore di Difesa contro le Arti Oscure e durante i pochi incontri al Club dei Duellanti riuscivo a percepire in lui l'espressione di chi avrebbe voluto dire qualcosa senza sapere da dove cominciare.
Dal mio canto, non avevo ancora realizzato il disgusto provato per la dichiarazione di Dominique e solo nei giorni seguenti alla confessione cominciai a riflettere sul fatto che James potesse ricambiare quell'amore deleterio. Mi sforzai di ricordare ogni minimo particolare dei due ragazzi, ogni minimo comportamento che mi era parso normale ma che celava quel terribile segreto.
Rimembrai la discussione che i due ebbero a Londra, fuori la discoteca, e solo con senno di quel momento capii cosa volesse significare: capii che James non l'aveva mai trattata come un cugino geloso. Rimembrai gli sms preoccupati di Dominique al mattino, la sua prima uscita ad Hogsmeade (che fosse in compagnia di un invisibile James?), le conversazioni avute durante le vacanze, le insinuazioni di mio fratello Albus... che anche lui sapesse? Era così ovvio.
Fu con un nodo in gola, che non aveva nulla a che vedere con gli avvenimenti che erano accaduti in quei giorni, che una sera tirai fuori la mappa del malandrino.
« Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. » dichiarai, controllando velocemente la sagoma di Dominique nella Sala Comune di Serpeverde e quello del resto delle serpi, anche esse nei loro dormitori.
Mi soffermai nuovamente sul puntino di Dominique e mi accorsi che era sola, come lo era solitamente, e il senso di pena e angoscia che provavo tutte le volte che mi ritrovavo a pensare a lei ritornò imperturbabile. Dentro di me un misto di ansia e compassione aleggiavano come foglie secche d'autunno e il pensiero di mio fratello e mia cugina riapparì ancora per tormentarmi.
Scossi il capo, indugiando sulle sagome animate dei Prefetti e dei Caposcuola di ronda nei corridoi: c'erano tutti, quella sera.
Depositai la mappa nel baule e uscii di soppiatto dal dormitorio, stando attenta a non attirare l'attenzione.
« Tutto troppo tranquillo. »
Niente mi convinceva, a partire dalla fitta e strana nebbiolina che avvolgeva il castello per finire ai Serpeverde, apparentemente tranquilli nei loro dormitori quando mancavano ancora dieci minuti al coprifuoco.
La quiete prima della tempesta.
Per un momento mi assalì il dubbio che le serpi potessero vendicarsi per le accuse che avevo rivolto nei loro confronti qualche giorno prima, che in un certo senso stessero aspettando il momento propizio per tendermi un'imboscata.
Giunsi nel corridoio del quarto piano e udii un rumore di passi. Velocemente, sfoderai la bacchetta e la puntai dritta davanti a me.
« Chi sei? » esordì una voce forte e alta che conoscevo fin troppo bene. « Fatti avanti, sono armato! »
Scossi il capo e svoltai il corridoio con uno sbuffo di sufficienza. « Armato. » ripetei in risposta con abbondante sarcasmo, mostrandomi al Prefetto in questione.
Vidi Lysander sbattere rapidamente le palpebre prima di mettermi a fuoco, per poi emettere un breve sospiro sollevato. Con le labbra increspate in un sorriso abbozzato, aveva abbassato la bacchetta. Era molto carino quella sera, i raggi di luna piena illuminavano i suoi capelli biondi che apparivano più splendenti che mai.
« Sei tu. » aveva mormorato, rilassandosi.
« Chi ti aspettavi che fosse? » volli sapere, indiscreta.
Lui mi guardò con uno strano sguardo esitante, poi emise un altro sospiro, teso. « Sono in turno speciale di ronda. » disse, stringendo saldamente la bacchetta tra le mani e affondando la mano libera tra i capelli in maniera piuttosto decisa.
E, naturalmente, di quel che mi aveva appena rivelato ne ero al corrente da tempo grazie ad una mia missione di spionaggio.
« Come mai vi hanno messo questo turno speciale? » chiesi, non staccando neanche per un secondo i miei occhi dalla splendida figura che mi si parava di fronte.
Non ero riuscita ad origliare abbastanza, quel giorno in biblioteca. Qualche maledizione volò pigramente in direzione di Madama Prince.
« Alex Olsen mi ha riferito che degli intrusi potrebbero penetrare ad Hogwarts stanotte. »
« Che cosa? » urlai, non aspettandomi di certo quella risposta.
Il ragazzo mi ammonì con lo sguardo, guardandosi poi intorno con estrema sollecitudine. « Sei impazzita? »
« Alex non me l'ha detto. E lui come fa a saperlo? »
« Naturale che non l'ha fatto, stai evitando tutti da ben tre giorni. A momenti ho creduto che fossi andata via dalla scuola. »
Sentii chiaramente il nome di Dominique nell'aria nonostante lui non l'avesse pronunciato. Sbuffai e, voltandogli le spalle con risentimento, mi incamminai senza alcuna meta per il corridoio deserto, quasi calciando le mattonelle che avevo sotto i piedi.
« Lily. »
Ci tenne a sottolineare accuratamente e con enfasi il mio nome, e il mio cuore perse un battito: non lo pronunciava spesso ma quando lo faceva percepivo una grande intensità dietro le sue parole.
« Ti va di parlarne? Per favore. »
« Di cosa? » chiesi, con freddo disinteresse mentre dentro di me cominciava a divampare l'incendio.
« Sai benissimo di cosa. »
« Non sono problemi tuoi, Scamander. »
« Sono anche problemi miei dal momento in cui tua cugina ha deciso di coinvolgermi. » mi rispose, con estrema delicatezza. « E dal momento in cui ci hai beccati in un momento decisamente fraintendibile... »
Lo incenerii con uno sguardo. « Per la cronaca, non vi stavo spiando. » sbraitai, offesa dal nulla. « Non mi importava di cosa steste facendo voi due idioti! Ero scossa, quel giorno... come tutta la scuola ben sa. »
« Alex pensa che quel primino fosse stregato. » cambiò discorso il biondino, scrutandomi con fermezza.
« C'ero arrivata anch'io. » ribattei, acida. « Per cui, ho problemi più importanti a cui pensare. »
« Tra me e tua cugina non c'è mai stato niente, lo sai, vero? Credevo ci fossi rimasta male a vederci insieme. »
Misi in scena una risatina così falsa che uno Spioscopio avrebbe cominciato ad azionarsi senza sosta in modo da smascherare il malfattore. « Non mi interessa un accidente delle tue turbe ormonali! E quella stronza di mia cugina aveva il diritto di essere sincera con me sui suoi sentimenti per te o per... » mi bloccai, il respiro mozzato al solo pensiero.
Voltai nuovamente le spalle al ragazzo.
Sentii che mi aveva afferrata delicatamente per un braccio. « Sei sconvolta. » disse, ponendosi di fronte a me per fissarmi coi suoi occhi verde brillante. « Lo sarei anche io, dico sul serio. Ero l'unica persona a cui poteva dirlo, questo spero tu lo capisca. »
Sarebbe stato meglio se tra quei due idioti ci fosse stata una tresca amorosa piuttosto che avere la certezza assoluta che a mia cugina piacesse suo cugino...
« Tu non capisci. »
« Hai ragione, non capisco, ma stiamo parlando di tua cugina. »
« Lei... loro due... »
« Devi parlarne con loro. » propose Scamander, sempre con quel suo tono delicato. « Stai soffrendo. »
« Tu non capisci... »
« Ci sto provando! » esordì lui, spazientito. « E sai cosa? Non la trovo una cosa così repellente. Lei mi ha detto che entrambi la trovano una cosa impossibile. È impossibile che finiscano insieme, hanno ragione. Lasciali al loro amore immaginario, che cosa ti costa? È l'unica cosa che hanno. »
Aprii la bocca per ribattere ma non uscì alcun suono. Mi aveva completamente spenta, non riuscivo a replicare. Era una situazione sporca, malsana... quella che l'intera famiglia avrebbe ritenuto immorale. Come avevano fatto a tenere nascosta una cosa del genere? Come avevano fatto a vivere con loro stessi per poi finire logorati dai loro stessi sentimenti?
Lysander era così vicino che mi strinsi inaspettatamente al suo petto, inspirando il suo profumo. Dopo qualche secondo durato quella che mi sembrava un'eternità, alzai il capo verso di lui, scoprendo i suoi meravigliosi occhi verdi puntati su di me.
Sentii che mi stava accarezzando i capelli.
« Che strano l'amore... » disse, in un sussurro appena udibile.
« Ti sei mai innamorato per affermarlo? »
Lui non rispose. Dal mio canto, mi avvicinai lentamente alle sue labbra e più mi avvicinavo più bramavo un contatto ancora più intimo di una semplice stretta, di un semplice trovarsi in piedi a pochi centimetri l'uno dall'altro...
La magia finì in un secondo.
Io e il ragazzo ci staccammo violentemente, riscossi da un rumore proveniente dal fondo del corridoio. Avevamo entrambi le bacchette sfoderate e all'unisono le puntammo davanti a noi, io con una certa frustrazione che fu soppiantata ben presto da una potente scarica di adrenalina e lui con l'imbarazzo di chi era appena riemerso da un mondo che non esisteva.
« Alex ti ha detto per il motivo per cui secondo loro qualcuno potrebbe penetrare nel castello? » chiesi, la bacchetta tesa e all'erta da eventuali pericoli. I toni della conversazione variarono in un batter d'occhio: non erano più dolci e calmi, ma frettolosi e ansiosi.
« Ha detto qualcosa riguardo una data ricorrente al Ministero. » mi rispose lui, sottovoce. Avanzammo in punta di piedi verso la fine del corridoio del quarto piano, respirando a malapena. « Secondo tuo padre alcuni impiegati avrebbero ripetuto questi strani numeri, come se fossero sotto incantesimo, e l'Ordine ha concepito l'idea di una data, una data che corrisponde a quella di stasera. »
Trasalii a causa di un secondo rumore. « Per quale motivo i Mangiamorte avrebbero voluto divulgarla? » domandai, con le mani che tremavano ma pronta per combattere.
« In effetti non ha alcun senso... » convenne il biondino, trattenendo il fiato quando un terzo rumore molto vicino a noi ci fece sobbalzare.
Constatammo che i rumori provenivano da dietro un arazzo posto lì vicino. Il mio cuore cominciò a battere ad un ritmo irregolare, sicura che in quel momento mi sarei trovata di fronte le persone che da mesi avevo ricercato, le stesse persone che stavano rendendo un inferno la vita agli abitanti del nostro paese. Percepivo l'ansia del mio compagno, riuscivo a sentire il suo respiro accelerato. Con uno sguardo di intesa, strinsi con forza il telo dell'arazzo e lo strattonai violentemente, pronta a lanciare l'incantesimo che avrebbe fermato...
« Armature incantate? »
Abbassai la bacchetta e osservai le armature di Hogwarts andare tranquillamente a zonzo per il corridoio, alcune in maniera silenziosa e altre in maniera piuttosto rumorosa. Stando a scrutarle per qualche secondo, sembrava non ci fosse davvero alcun pericolo nonostante niente continuava a convincermi quella sera. Ai miei occhi appariva tutto fin troppo strano.
« Non raccontare in giro che ce la siamo fatta addosso a causa di due armature. » sorrise Scamander, rilassandosi. « Aspetta un momento! » i suoi occhi si ridussero in strette fessure, le sopracciglia increspate gli conferirono improvvisamente un'espressione così autoritaria che mi fecero voltare furiosamente a destra e sinistra con la bacchetta pronta. « Tu non dovresti assolutamente essere qui! È scattato il coprifuoco! »
Annuii, impaziente. « Sì, almeno quindici minuti fa, Scamander. »
« Io sono un Prefetto! Non dovrei lasciarti circolare nei corridoi a quest'ora... »
« Sì, sì, certo. » minimizzai, ponendomi di fronte al biondino con aria provocatoria. « Persuadimi ad andare via. »
Lui si irrigidì e le sue guance si imporporarono. « Al primo piano si trova il Caposcuola di Tassorosso, il caro Zack Evans. Puoi sempre andare da lui e fingere che ti stia più simpatico di quanto non ti sia realmente. » disse tra i denti, con un certo nervosismo.
« Geloso? » lo provocai, ridacchiando sotto i baffi.
« Non dire assurdità! »
« Sei proprio un ragazzino. »
« E tu una dispettosa. »
« Chi diavolo ti ha detto che sono uscita con Zack per fare un dispetto a chicchessia? »
Il biondino sbuffò, scuotendo il capo con forza e fissandomi con le braccia strette al petto. « Lo so e basta. »
Immaginai che il ragazzo stesse combattendo contro la sua stessa volontà di smascherare l'ultima probabile confessione di Dominique sul nostro piano di vendetta.
Mentre osservavo il volto corrucciato del ragazzo, arrivai a pensare che quell'ultima rivelazione fosse stata quasi come l'ultimo aiuto che mia cugina stava offrendomi, una sorta di: « Basta tranelli, basta bugie: hanno creato solo problemi. Dobbiamo essere sinceri coi nostri sentimenti o finiremo schiacciati da essi ».
Forse non aveva tutti i torti...
« E se pensi ancora che tra me e Cassandra Smith ci sia qualcosa sei totalmente fuori strada. »
Anche quell'ultima affermazione sapeva molto di Dominique.
« Non lo penso. » risposi, decisa a non dargli altre soddisfazioni.
« Bene. » proferì lui, piuttosto rincuorato dal fatto di non dover continuare a parlare della sua ex fidanzata, se ex poteva essere considerata. « Anzi, no, non va affatto bene! Non puoi ancora circolare nei corridoi dopo il coprifuoco. »
Scoppiai a ridere. « Sei proprio una mezza cartuccia, Scamander. »
« Non costringermi a togliere punti a Grifondoro, Potter. »
Avevo dimenticato quanto era divertente tormentarlo, quanto mi facevano sorridere le sue buffe smorfie imbarazzate. Era davvero adorabile quando era impacciato, quando non sapeva cosa dire per nascondere il disagio che gli provocavo. Era bello avere una conversazione serena con lui senza finire a sbuffi irritati, insulti borbottati e fredde affermazioni in risposta.
Continuavo a sorridere quando qualcosa dietro il ragazzo si mosse. Arretrai con un balzo e vidi appena in tempo l'armatura incantata stringere la sua ascia puntata su qualcosa che aveva praticamente sotto al naso: le nostre teste in bella mostra.
« LYSANDER, ABBASSATI! »
Afferrai la mano libera del ragazzo e insieme ci tuffammo a terra, ai piedi dell'armatura metallica che colpì il vuoto, ritornando immobile.
« Le armature non hanno mai cercato di uccidere nessuno, vero? » mi azzardai a chiedere, rabbrividendo al solo pensiero di cosa sarebbe successo se non avessi visto la spaventosa ascia levata dietro il biondino.
« Decisamente no. » rispose lui spaventato, aiutandomi ad alzarmi e non lasciando andare neanche per un secondo la mia mano. « Stiamo correndo un grosso pericolo e tu non dovresti neanche essere qui. Andiamo via, forz- Giù! »
Obbedii giusto in tempo per vedere l'armatura colpire il vuoto esattamente come aveva fatto poco prima.
« Ma che diavolo sta succedendo? » aveva sbottato il ragazzo adirato, affiancandomi per terra e voltandosi a guardare tutte le armature che ci circondavano. Dal mio canto, non riuscivo a smettere di tremare. « È magia oscura, questa, ne sono certo! Non si tratta di uno stupido scherzo e sai, non mi sembra neanche un caso. »
« Non mi sembra un caso niente, a questo punto. » sussurrai, la mente che lavorava frenetica. « Ci sono presenze che si introducono ad Hogwarts con un metodo oscuro... sì, un modo esiste e loro ne conoscono uno, l'unico. Come un Armadio Svanitore! »
« Sono stati confiscati da anni, sai bene il motivo. Nessuno in casa propria ha un Armadio Svanitore, li avrebbero scoperti subito. »
« Nessuno in casa propria ha un Armadio Svanitore. » ripetei, sentendomi particolarmente vicina alla soluzione che l'intero Ordine della Fenice cercava di trovare da secoli, che io cercavo di trovare da secoli. « Ma tutti quanti hanno qualcosa che anche Hogwarts ha, tutti quanti in casa hanno un divano, un letto, anche un quadro, una porta... una porta! Un portale! Qualcosa che tutti hanno in casa... cosa mette in comunicazione le loro case con il castello? »
Guardai il biondino in cerca di una risposta ma lo ritrovai poco attento a quel che dicevo, gli occhi puntati su qualcosa in lontananza che non riuscivo a vedere. Notai che era pallido e sudato.
« Vuoi ancora giocare l'ultima partita di Quidditch, vero? » mi chiese, inarcando le sopracciglia.
« Certo che sì, che cosa ti salta in- »
« Allora ti conviene non lasciarti mordere. » concluse lui, in un soffio.
Mi voltai in fretta e furia e contai una trentina di enormi tarantole che zampettavano frenetiche nel corridoio, a pochissimi metri da noi. Non avevo paura di quelle bestiole, amavo le tarantole, ma qualcosa mi diceva che neanche loro erano lì per caso e, nonostante in generale fossero innocue, in quel momento ero abbastanza certa che non lo fossero neanche lontanamente.
Lysander spedì loro contro un incantesimo evanescente proprio mentre il vice preside Coleman faceva la sua teatrale apparizione nel corridoio, i capelli sparati in tutte le direzione e la veste stropicciata e sporca: sembrava imbestialito.
« Potter! » inveì furioso, facendo svanire tutte le tarantole con un incantesimo di incenerimento. Spalancai la bocca, sconvolta. « Venti punti in meno al Grifondoro per essere fuori oltre il coprifuoco e via altri venti punti per aver liberato delle tarantole in tutto il diavolo di castello! Saranno almeno una decina di studenti che filando nelle proprie sale comuni hanno incontrato queste bestie! »
« Non sono stata io a liberarle! » esclamai immediatamente, voltandomi verso Scamander in maniera confusa, come per cercare un supporto.
Coleman si era avvicinato a noi con occhi fuori dalle orbite, grondante di sudore e fastidio. « Eri tu che collezionavi tarantole due anni fa, Potter! » era livido, e sputacchiava saliva dappertutto.
Iniziai a balbettare, stravolta dagli avvenimenti. « Sì, ma... »
« Non mi interessa! Le tarantole sono state liberate fuori alla Torre Grifondoro e hanno anche morso un tuo compagno di squadra! »
Mi sentii cedere mollemente.
« Ha sentito? Non le ha liberate lei quelle tarantole. » si intromise il biondino, furibondo.
« Un complice, eh? Dieci punti in meno a Serpeverde! » Coleman non rispondeva delle sue azioni, sembrava a dir poco impazzito. Scamander cominciò a protestare a gran voce. « SILENZIO! Gli scherzi ai corpo docenti, i prodotti illegali che tu e il tuo maledetto cugino somministrate agli studenti e tutti i disastri di cui ci avete reso partecipi nel corso della vostra carriera scolastica... MALEDIZIONE! Ti sei giocata l'ultima partita della stagione di Quidditch, Potter! »
« Che cosa? » urlammo io e Scamander, atterriti.
« Mi avete sentito! E ora dalla Preside, camminate. »




« Non sono stata io, Preside! »
« Preside, posso confermarlo. »
« Qualcuno ha incantato le armature! » esclamai, estremamente pallida e sudata ma decisa a far capire alla Preside il pericolo in cui ci eravamo trovati quella sera. « Ci hanno colpito con delle asce e per poco non ci ammazzavano. Preside, c'era qualcuno nel castello. »
La McGranitt aveva alzato rapidamente lo sguardo su di me e notai che era sbiancata; i suoi occhi erano spalancati e attenti ad eventuali dichiarazioni. Il biondino, con tutto il sangue freddo che si ritrovava, mi diede una lieve gomitata nelle costole.
« Qualcuno che ha fatto uno scherzo di pessimo gusto. » corresse prontamente lui, pestandomi, già che si trovava, anche un piede. « Non siamo riusciti a scovarlo, Preside. Sono certo che fossero dei primini. »
Mi voltai per fissarlo col cuore che mi batteva forte nel petto e osservai la reazione della McGranitt sperando di non aver suscitato alcun sospetto da parte sua.
« Hanno anche liberato le tarantole, io non c'entro in questa faccenda. » sospirai. « Come sta Corner? »
« Il vostro Cercatore ha rischiato moltissimo. » rispose la McGranitt, seria e cerea. La sua voce era debole e incerta e lo stesso erano le sue gambe a giudicare dal modo in cui sprofondò sulla sedia che aveva accanto. « Erano tarantole davvero pericolose e velenose. È stato molto fortunato... »
Cominciai nuovamente a tremare: non solo la faccenda lasciava tracce incredibilmente oscure ma la squadra di Baston non avrebbe avuto neanche più un Cercatore. E io ero stata appena ingiustamente squalificata...
La reazione del Capitano mi atterriva più di un manipolo di Mangiamorte.
« Mi crede quando le dico che non sono stata io? » ripetei, per la ventesima volta di fila.
« Ti credo, Potter. » rispose lei, suscitando stupore nei nostri visi.
Io e Scamander ci scambiamo uno sguardo allegro.
« Davvero? » esclamai, speranzosa. Perdere un componente della squadra era una batosta, ma perderne due, tra cui il Capocannoniere, era un disastro, e con la fiducia della Preside McGranitt si sarebbe evitato che l'inferno scendesse in terra per mano di Baston. « Sapevo che lei mi avrebbe creduto, Preside! Io non so davvero come ringrazia- »
« Temo, Potter, di non poter revocare una punizione che un insegnante ha imposto. » si affrettò a stroncarmi la professoressa, con una punta di tristezza nella voce calma. « Posso parlare con il professore Coleman ma, vedi, devi aver messo una pasticca vomitosa nel succo di zucca sbagliato. »
Lysander mi guardò con un certo rimprovero mentre boccheggiavo.
« Che cosa? No! Non l'ho fatto! »
Non negli ultimi cinque mesi, almeno.
« Su questo non ti credo, Potter. Anche se non sei stata tu a creare il caos nei corridoi stasera, al professor Coleman non interessa. Eri anche fuori dal tuo dormitorio oltre l'orario stabilito e lui ha tutto il diritto di punirti. »
« Ma non ho messo alcuna pasticca vomitosa nel- »
« Scamander, accompagna la tua amica alla Torre di Grifondoro e porta a termine il tuo compito da Prefetto. » mi interruppe la McGranitt, congedandoci con freddezza. « E mi raccomando, non cincischiate. Potter, sono stata chiara? Avresti potuto evitare una squalifica dalla squadra se ti fossi attenuta al regolamento della scuola e se non avessi fatto quello stupido scherzo al tuo insegnante. Mi dispiace davvero tanto per Grifondoro... »
Il biondino, funereo, mi aveva scoccato una strana occhiata e ponendomi una mano dietro la schiena, mi sospinse fuori la porta dell'ufficio della Preside, incamminandosi verso le scale che conducevano al settimo piano mentre mi muovevo meccanicamente dietro di lui come un robot telecomandato, senza avere neanche la forza di proferir parola.
« Sei stata tu a mettere- »
« No! Posso giurarlo. » lo assalii prima che finisse la sua domanda, stringendo i denti con rabbia e respirando furiosamente.
« Va bene, ti credo. »
« Ah, complimenti, bell'affare! C'era bisogno che me lo chiedessi davvero? » sbuffai, disperata. « E adesso chi riferisce a William Baston che ha perso due componenti della squadra a pochi giorni dall'ultima partita della stagione di Quidditch? »




« Espulsa?! »
« Capitano... »
« Dall'ultima partita della stagione di Quidditch?! »
« Capitano, io davvero non... »
William Baston diede un poderoso calcio ad una poltrona vicina al suo piede, spedendola in modo diretto nel camino acceso e facendole prendere fuoco. Inutile dire che in quel momento nessuno osò neanche lontanamente spegnere il fuoco.
« Cosa diavolo ti passa per quel cervello bacato che ti ritrovi, Potter?! QUESTA È LA VOLTA BUONA CHE TI SBUDELLO, PAROLA MIA! »
Deglutii quello che nella mia gola parve un rospo particolarmente massiccio. Non avevo mai visto William Baston in quello stato e io l'avevo visto in parecchi stati. Era spaventoso, squilibrato, avrebbe ammazzato, ad esempio me, se l'avesse ritenuto necessario... e un omicidio in piena notte e nel bel mezzo della Sala Comune sembrava lo ritenesse più che necessario.
Il Capitano prese fiato, tanto che era paonazzo, e io approfittai per dire la mia: « Coleman mi ha espulsa ingiustamente! Non sono stata io a mettergli una pasticca vomitosa nel succo di zucca e neanche a liberare quelle maledette tarantole! »
I Grifondoro, che erano naturalmente svegli a causa delle urla indemoniate del Capitano, trattennero il respiro quando la poltrona nel camino iniziò a scoppiettare in modo rumoroso. Alcuni erano nascosti sulle scale dei dormitori, altri erano affacciati ai balconi per godersi dall'alto lo spettacolo che stavamo dando, altri, invece, si erano riversati nella Sala Comune e si stavano occupando del principio di incendio prodotto da Baston.
Incrociai gli sguardi dei miei cugini, che mi fissavano sconvolti al pensiero di dover giocare da soli l'ultima partita, e quello dei miei compagni di squadra, che mi squadravano in maniera rassegnata mentre un paio di Grifondoro scuotevano il capo severamente.
« Lo giuro, non sono stata io! Qualcuno ha voluto fare- »
« Il figlio di puttana con me. » finì la frase il Capitano, gli occhi neri che ardevano di ira e la mascella così serrata che avrebbe potuto spezzare in due una mazza da Battitore. « Ma nessuno fotte William Baston, Potter, nessuno mi fotte! » insistette, e parecchi Grifondoro furono percorsi da un brivido. In quel momento, neanche i miei cugini osavano ridacchiare. « Giuro che se non scovo quel figlio di puttana per annientarlo con le mie stesse mani, la mia vita non ha alcun senso. » soffiò, e gli credemmo sul serio. In effetti, allearsi con Baston per stanare i Mangiamorte non mi sembrava un'idea così scellerata. « Il mio Capocannoniere fuori gioco a pochi giorni di distanza dalla partita, non ci posso credere... »
Il mio cuore fece una capriola e sbiancai visibilmente, cominciando a perdere lucidità a livello mentale. L'unico pensiero che mi sovveniva e gironzolava in maniera pericolosa nella mia mente era uno: che quel caos era accaduto solo ed esclusivamente per la mia espulsione. Di Corner, ferito in Infermeria e con nessuna possibilità di scendere in campo, non ne avevo ancora fatto menzione...
« Capitano... » mormorai, senza voce.
« Non possiamo assolutamente perdere contro quelle mezzeseghe dei Tassorosso! »
« Capitano, io... avrei qualcos'altro da dire. »
« Potter, che diavolo vuoi? »
« Le tarantole hanno... insomma, in poche parole, loro... »
« Hanno morso qualcuno della squadra? » intervenne Hugo orripilato, stranamente perspicace mentre osservava il mio viso disperato, capendo al volo la frase che c'era scritta a caratteri cubitali sulla mia fronte madida di sudore.
« Hanno morso qualcuno della squadra? » ci tenne a ripetere Baston, il tono quadruplicato di dieci decibel. Annuii atterrita e impallidii quando il Capitano si sostenne al divano lì vicino per non cadere. « HANNO MORSO QUEL BUONO A NULLA DI MCLAGGEN? DIMMI CHE HANNO MORSO LUI, POTTER! »
« Ma Capitano! » si udì una voce proveniente dalle scale dei dormitori.
No, decisamente non si trattava di lui.
« Allora? » insistette Baston, di fronte la mia espressione avvilita. « Chi hanno... hanno morso Corner? Hanno morso il Cercatore, Potter?! »
Mi scambiai uno sguardo terrificato con i miei cugini e il Capitano parve capire. Ce ne accorgemmo dalla sfumatura verdognola che stava assumendo il suo volto.
« Me l'ha detto Coleman, io non ne sapevo niente! Non sono stata io a... Capitano! »
Direi che l'ha presa bene, per i suoi standard. - pensai, inginocchiandomi accanto al corpo svenuto di William Baston.
   
 
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