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Autore: Gemad    25/05/2017    0 recensioni
"La luce dei raggi solari attraversa pigramente la finestra della camera di un giovane addormentato. Quando si fosse svegliato, da lì a poco, avrebbe realizzato che quel giorno era una data speciale, quella della partenza per Hogwarts."
Provate a pensare ai figli di Harry Potter e dei suoi amici, anzi, ai figli dei loro figli. Ci siete? Bene, ora aggiungete un pericolo incombente, un pericolo che per Harry e i suoi amici è impossibile affrontare. L'unica soluzione possibile per loro è comunicare con i pronipoti, sempre che riescano a trovare un modo per mettersi in contatto con loro.
Genere: Avventura, Azione, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 39


 
“Caro figlioccio,
ti starai chiedendo chi sono e perché ti ho scritto questa lettera. Io sono il padre di Zukhov: Scorpius Malfoy. Ti starai facendo molte domande e potresti essere molto confuso. O forse starai pensando di prendere questo foglio di carta e di strapparlo e buttarlo nelle fiamme del camino del tuo Dormitorio.
Ma prima di farlo e di tornare alla tua normale vita da adolescente, cerca di sforzarti di finire questa lettera. Che tu ci creda o no, io sono il tuo padrino. Tu non mi hai mai visto e non hai ricordo del mio volto e della mia voce, ma io sì.
Ricordo ancora quando ti tenevo in braccio quando non avevi nemmeno raggiunto il primo anno di età. Ricordo ancora quando la tua piccola mano stringeva il mio mignolo. Ricordo ancora quando, per la prima volta, ho visto il tuo volto sorridere. Ricordo ancora la prima volta che ho intravisto il mio riflesso nei tuoi occhi verde smeraldo.
Era il riflesso di un uomo felice. Era il riflesso di un uomo contento e pieno di orgoglio. Era un uomo desideroso di insegnare ciò che sa sulla vita e sulla magia a quello che sarebbe stato il suo figlioccio.
Purtroppo, così non è stato. Purtroppo, non sono riuscito a vederti crescere. Non ho saputo aiutarti nei momenti di difficoltà. Non ho saputo nemmeno cercare di contattarti. Non ho nemmeno avuto il coraggio di presentarmi davanti a casa tua. Non ti ho nemmeno dato la possibilità di scegliere la visione che tu avresti avuto di me.
Io, dopo tanto tempo, ho preso coraggio e, sapendo che Zukhov è riuscito ad ottenere il permesso di entrare nel Regno Unito, mi ha riempito di orgoglio e felicità. Ma quando ho saputo che avrebbe passato il resto dell’anno scolastico ad Hogwarts, mi ha fatto pensare immediatamente a te Jackson.
Ho capito che, se non avessi sfruttato questa possibilità, le mie chance di mettermi in contatto con te sarebbero svanite per sempre.
Scrivo questa lettera per farti una richiesta. Sono desideroso di incontrarti. Non mi costerebbe alcuna fatica prendere la prima Passaporta per la Scozia e sono certo che una visita a mio figlio, sarebbe anche un ottimo modo per poterti vedere e parlare.
La tua decisione, potrai comunicarla tramite Zukhov, che farà da tramite.
Nell’attesa di una tua risposta,
Scorpius Malfoy”.

 
 
Jackson guardava la lettera. Leggeva e rileggeva. Si era sempre chiesto il motivo per cui i suoi genitori impazzivano completamente ogni volta che tentava di scoprire informazioni sul suo padrino.
Ma ora, invece, aveva la possibilità di conoscerlo di persona. Aveva la possibilità di poterlo vedere in volto. Aveva la possibilità di cucire una parte della sua vita che era rimasta fuori e sconosciuta. Aveva tante domande a cui manca ancora una risposta. Ed alcune di quelle domande, riguardavano proprio il suo padrino.
Una marea di opzioni gli brancolavano nella mente. Avrebbe dovuto parlare della questione ai suoi genitori? Avrebbe dovuto subire le urla e le lacrime della madre? Avrebbe dovuto tenere tutto nascosto? Avrebbe dovuto farlo e basta? Avrebbe dovuto rifiutare? Avrebbe dovuto accettare?
Si guardò attorno a vide che era solo e si chiese se avrebbe dovuto dare sfogo alle sue frustrazioni, alla sua rabbia, alla sua curiosità, alla sua felicità. Si chiese se avrebbe dovuto urlare o mollare un pugno al muro o alla panca.
-Non pensi che girovagare per il Castello da solo potrebbe essere molto pericoloso?- chiese una voce maschile che fece voltare verso destra lo sguardo del giovane Potter.
-Non è il momento Payne, vattene- rispose il Grifondoro.
-Io non me ne vado fino a quando non mi spieghi perché hai mollato Kaendra- disse il Serpeverde adirato.
-Non sono affari tuoi- gli rispose Jackson.
-Oh sì che lo sono!- rispose Daniel Payne alzando la tonalità della sua voce –Hai mollato una delle ragazze più meravigliose che la vita potesse porti davanti agli occhi!-.
-Se l’ho fatto, ho avuto le mie ragioni- disse Jackson deponendo con cura la lettera in tasca ed alzandosi.
-Tu non hai idea di quello che hai scatenato in quella ragazza- continuava sempre più furioso il Serpeverde –Non mangia! Non mangia da giorni! Non vuole parlare nemmeno con i suoi genitori e con le sue amiche più care! Non parla con me! Non parla con nessuno! Si sta distruggendo ogni giorno che passa Potter!-.
-E con questo?- chiese.
-Come fai a fare delle domande così stupide?- ormai, aveva perso la pazienza. Aveva perso la calma ed una scazzottata era alle porte –Tu le hai fatto male! E lei ti amava!-.
Jackson si voltò. Non aveva intenzione di far intravedere lo sguardo che assunse ad un suo nemico. Era una sguardo molto triste. Era uno sguardo deluso. Era uno sguardo disperato. Perché il moro ci aveva creduto. Aveva veramente pensato che Kaendra fosse la ragazza giusta per lui. Era una ragazza stupenda. Ma ciò che gli aveva chiesto, era un qualcosa che non poteva essere sopportato.
Era una cosa che lo sconvolse. Lo sconvolse così tanto che la evitò in ogni modo, nonostante morisse dalla voglia di parlarle e di tentare di restare in buoni rapporti. Moriva dalla voglia di risolvere con calma e pazienza ogni cosa. Perché, dopotutto, lui ci teneva ad una ragazza come Kaendra.
Accorgersi del fatto che stesse facendo del male ad una persona che, fino a qualche settimana fa, vedeva ogni giorno, lo faceva sentire uno schifo. Lo faceva star male, perché sapeva che non avrebbe voluto tutto questo.
-Lei troverà di meglio- disse.
-Tu devi andare a parlare con lei- disse Payne –Devi parlarle-.
-Io non posso parlarci Payne. Cerca di capirlo- continuò il moro che continuava a dare le spalle al suo nemico –Le farebbe solo più male. Non può vedermi. Non può parlarmi. Rischio di darle delle speranze che non devono nascere-.
-Tu devi fare qualcosa Potter!- disse il Serpeverde prendendo la spalla del ragazzo e costringendolo a voltarsi. Jackson si aspettò un pugno e rimase in forte difesa, ma rimase sorpreso quando vide il volto duro e severo del suo peggior nemico, costellato e bagnato dalle lacrime –Tu risolvi sempre tutto- continuò con una voce che tentava di contenere la rottura di tonalità dei singhiozzi –Non so a chi altro rivolgermi-.
-Io vorrei fare qualcosa ma…- tentò di dire Jackson che venne interrotto con rabbia e frustrazione da Payne –Ma un cazzo Jackson!- fu la prima volta che lo appellò con il suo nome.
Improvvisamente, incominciarono a picchiarsi. Per la verità, fu Payne che dava pugni sul petto del ragazzo. Erano pugni insignificanti. Pugni deboli. Pugni lanciati per la frustrazione e la delusione. Pugni che non avevano forza. Erano pugni che, ad ogni gancio dato, acquisivano sempre più debolezza. E dopo ogni pugno, Payne continuava a far sgorgare lacrime dai suoi occhi.
-Violetta- disse il Grifondoro.
-Cosa?- chiese Payne che si reggeva sul Grifondoro.
-Portale tu dei fiori di Violetta. Un bel mazzo. Mi disse che sono i suoi fiori preferiti-.
Il Serpeverde si ricompose. –Dovresti farlo tu- disse lui.
-Ti ho già spiegato perché non posso farlo. Tu ci tieni di più a Kaendra. Devi solo aggiungere qualche brutta parola su di me e le risolleverai il morale-.
-A parlare male di te ci so fare- disse Payne ridendo. Non seppe il perché, ma rise anche Jackson. Trovò la battuta divertente.
-Il difficile è trovare i fiori- continuò.
-Vai nei giardini dell’ala est del Castello. Ci sono dei fiori Violetta che crescono vicino ad uno stagno. Ce ne sono in abbondanza-.
-D’accordo- disse Payne andandosene –Ah Potter!- lo richiamò dopo pochi secondi il Serpeverde.
-Sì?- chiese.
-Se vai a dire a qualcuno che ho pianto, ti infilo le Violette su per il fondoschiena, è chiaro?-.
-Se tu dici in giro che ho preso dei pugni da te senza oppormi e restituire il favore, ti porto via quel ghigno dalla faccia infilandoti tutte le Violette che la mia mano può contenere, chiaro?-.
Payne sorrise e se ne andò. Jackson rimase quasi sconvolto quando realizzò quello che era appena successo. Ma, comunque, fu felice di constatare che esisteva un briciolo di umanità in Daniel Payne. Si avviò verso l’esterno del corridoio in cui era avvenuto l’incontro inconsueto e stranamente pacifico con Payne.
Incrociò il Preside. –Ah Jackson- lo chiamò lui –Cercavo proprio te-.
-Mi dica pure signore- chiese cortesemente il Grifondoro tenendo alta la guardia.
-Volevo avvisarti che starò lontano dal Castello per qualche settimana, perciò i nostri incontri saranno temporaneamente sospesi-.
Il giovane Potter mostrò una leggera delusione. Era ovvio che mostrasse particolare interesse verso i ricordi di suo nonno. –So che in questo momento non è esattamente ciò che vorresti sentito ragazzo mio- tentò di rincuorarlo Sinister –Ma guarda il lato positivo: avrai l’opportunità di concentrarti maggiormente sugli studi, i tuoi amici, la tua ragazza e, sfortunatamente, sul Quidditch-.
Un sorrisetto uscì, anche in questa circostanza, dalle labbra del ragazzo. Era risaputo che Sinister, grazie al suo passato, era un grande tifoso della squadra di Serpeverde.
-Io e la mia ragazza abbiamo rotto- disse il ragazzo.
-Non mi riferivo alla signorina Chambers- disse il Preside con un sorriso ed un occhiolino per poi andarsene.
Senza farsi vedere, immediatamente, prese la Mappa del Malandrino, che teneva sempre con sé. Aveva intenzione di pedinare il Preside senza doverlo seguire. Ma, purtroppo, notò solamente che si diresse verso lo studio del professor Newton, prima, e verso il suo ufficio, poi.
Ma osservare la Mappa, gli aveva fatto posare gli occhi su Zukhov. Corse verso il terzo piano e, come disse la Mappa, lo trovò in mezzo ad un gruppetto di Corvonero. Jackson lo chiamò.
-Dì a tuo padre che possiamo incontrarci-.
   
 
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