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Autore: _Corin    07/06/2017    1 recensioni
Era un equilibrio delicato e instabile, che sarebbe crollato al primo commento sprezzante che certamente uno dei due, un giorno, avrebbe espresso sulle origini dell’altro e che palesemente avrebbe attirato a sé le antipatie di Weasley e Malfoy, oltre che le congetture di tutti gli altri.
Non avrebbe mai potuto funzionare. Non avrebbe mai dovuto funzionare. Eppure, in un qualche strano modo, contro ogni previsione… funzionava.

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Essere un Potter atipico non è facile, ma, con le persone giuste, potrebbe essere un'esperienza davvero indimenticabile.
Genere: Commedia, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Primo Anno

Tregua

 

 

 

La sala comune di Grifondoro era caotica e colorata. Albus la trovava piacevole, a piccole dosi, come avrebbe trovato piacevole una foresta pluviale. Effettivamente, la maggior parte dei Grifondoro erano anche piuttosto simili a belve, soprattutto la sera, soprattutto coloro che facevano parte della cricca di James.

«Full!» urlò Cavendish, che era un ragazzo vergognosamente bello per essere appena un dodicenne.

«Hai barato!» lo accusò James. Albus scosse la testa. Non perché Cavendish non avesse barato, ben inteso, più che altro perché James lo aveva fatto persino peggio di lui.

L’asso di Cavendish ingiuriò James dal mazzo. Le carte magiche di James lo odiavano, e lui tentava di sostenere che fosse per quello che perdeva ogni partita.

Cavendish mise da parte le carte e diede un buffetto alla mano di James con queste. «Può essere. O forse no, Jaimie.»

Albus dovette trattenere un sorriso alla vista del modo in cui le orecchie di James si imporporavano, come ogni volta in cui veniva chiamato in quel modo.

«Jaimie Jaimie Jaimie» continuava a canticchiare il ragazzo, con aria malefica e affettuosa insieme.

«Hai mai provato con Jessie? Gli piace da matti» lo consigliò il fratello minore.

«Albus!» lo riprese James. «Canaglia! Traditore del tuo sangue! Si può sapere cosa ci fai ancora nella mia sala comune?»

«Aiuto Rose a fare i compiti» le sopracciglia dell’intera sala comune si alzarono fino a sfiorare l’attaccatura dei capelli. Tutte tranne quelle di Rose, il volto scomparso dietro a un libro dall’aria pesante.

«Okay, copio i compiti di Rose.»

«Sai che la nostra accoglienza ha un prezzo, vero serpeverde?» Albus si sarebbe potuto arrabbiare se non avesse saputo che le prese in giro di suo fratello sarebbero sempre state assolutamente indipendenti dalla casa in cui sarebbe finito.

«Tanto affetto?»

«Quale?»

«Non dire a mamma del pacco dei tiri vispi Weasley arrivato giusto ieri?»

«E tu come lo sai?» domandò Cavendish sorpreso. Albus pensò che stare a stretto contatto con James dovesse creare un’opinione ben poco lusinghiera delle capacità di osservazione dei Potter, ma la sua risposta fu coperta da James: «Non oseresti.»

«Scommettiamo?»

«Sì, dato che io ho preso il mio pacco mentre tu prendevi il tuo. Non puoi prendere in giro un Potter, Potter.»

«Touché. Okay, ti passo i turni delle ispezioni delle stanze a sorpresa che Gazza ha intenzione di fare per scovare caccabombe illegali.»

«Esistono caccabombe legali?» Cavendish era sempre più sorpreso.

«Perché non sapevo niente di queste ispezioni?»

«È questo che significa sorpresa, James.»

«E tu come faresti a saperlo?»

«Ho contatti che hanno contatti…»

«Tu non parli con nessuno, Albus» gli fece notare James. Albus non se la prese per la mancanza di tatto quanto per il fatto che Cavendish e tutta la sala comune avessero sentito.

«Temo che non lo saprai mai, allora.»

«No, dai, aspetta… »

«Scommetto che te l’ha detto Georgette Rosier, prefetto Serpeverde del quinto anno, credo che sia una cugina di Malfoy, no? Sono tutti cugini fra loro. Mi sorprende che gli parli, pensavo tu fossi l’unico» intervenne Cavendish, pacato e sorridente.

«È un obbligo fra famiglie, credo. Tu come fai a saperlo?»

«Forse stare a stretto contatto con un Potter è poco lusinghiero per le mie capacità di attenzione, ma io sempre tutto» si strinse nelle spalle. Albus non ebbe tempo di considerare quanto quelle parole fossero simili a quelle che lui stesso aveva pensato qualche minuto prima.

I loro discorsi furono interrotti da uno sbuffo. E poi da un altro.

«Rose?» si azzardò a chiedere Albus. La cugina aveva assunto un improvviso colorito pulce.

«Credo che sia…» iniziò a spiegare Cavendish.

«Malfoy» sputò la ragazzina come fosse stato un insulto.

«C’è sempre di mezzo un Malfoy» intervenne James con lo sguardo di uno che pregusta una sfuriata made in Weasley che, per una volta, non era destinata a lui.

«Non lo sopporto! È così… supponente. Non capisco proprio come tu possa riuscire a passare intere lezioni con lui che ti-ti… hai visto come ti guarda? Merlino se ha degli occhi inquietanti! E comunque si crede chissà chi, come tutti quelli della sua famiglia: spocchiosi, boriosi, antipatici. Credo che dovresti dirglielo, sai, che ti da fastidio averlo intorno.»

Albus fissava Rose da sopra le lenti degli occhiali. I capelli sembravano allargarsi alle sue spalle come il pelo di un gatto stizzito e continuava ad aggrottare e sollevare le sopracciglia con un ritmo allarmante. La parte peggiore, poi, era che aveva continuato a leggere “Storia di Hogwarts” tutto il tempo.

«Allora? Quando lo farai?»

Albus doveva aver quantomeno perso un pezzo molto importante di conversazione.

«Fare… cosa, di preciso?»

«Oh, Albus, dire a quell’irritante e borioso cretino cosa pensi di lui.»

«E cosa penso?»

«Che sia un irritante e borioso cretino, Albus! Mi ascolti? Ti rendi conto che oggi ha persino criticato il libro che stavo leggendo?»

L’attenzione di Albus riuscì a reggere solo qualche altra parola, prima che l’interminabile tirata di Rose lo facesse tornare in uno stato di incoscienza. James e il suo amico guardavano lo scambio come fosse stata una partita a ping pong.

«Rose» Albus tentò di richiamare la sua attenzione mentre lei s’imporporava al pensiero di chissà quale affronto che le aveva arrecato Malfoy. «Rose, Rose, ascoltami.»

Lei sollevò brevemente lo sguardo dalle pagine, e ad Albus bastò. «Non è così male.»

«Albus, non scherzare. È un Malfoy!»

«Non è poi così male. Non è un chiacchierone, certo, ma non credo che abbia mai anche solo pensato di offenderti. Ecco, in realtà credo che non offenderebbe nessuno neanche se costretto.»

«Cosa?»

«Non te ne sei accorta, Rose? Lui non piace alle persone.»

«Certo che non piace! C’è un motivo più che ottimo ed è, Albus, che è un Malfoy!»

«E io sono un Potter. E tu una Weasley. Senti, Rose, non dico che ti debba piacere. Ma provaci. Non giudicarlo senza prima conoscerlo, lui non lo fa!»

L’espressione di Rose, a sentirsi minore di un Malfoy in una qualsiasi cosa, fu terribile. Serrò la bocca, le sopracciglia che continuavano ad animarle il volto tinto di rosso. Albus la trovava buffa, con la stessa espressione di quando da piccola non riusciva a far levitare un biscotto via dal barattolo della cucina ma non poteva lamentarsene ad alta voce. Fu quasi sicuro di sentire il suono di una macchina fotografica magica alle sue spalle, ma non si arrischiò a girarsi per controllare chi fosse tanto spericolato. James, quasi certamente. Stupidità grifondoro.

«Non mi piace. Non ne verrà nulla di buono, Albus, ci metterà nei guai. E non mi piace.»

Albus si tirò via gli occhiali con stizza. Abbandonò la sala comune Grifondoro con un tema sull’algabranchia mezzo sbavato.

L’unica cosa che si sentì, dopo che il quadro della signora grassa si chiudeva alle sue spalle, fu James che chiedeva i turni di Gazza.

 

Non parlò con Rose per alcune settimane, dopo quella discussione. Rose tendeva ad evitare Malfoy il più possibile, e di conseguenza Albus, che invece si trovava splendidamente a suo agio nella bolla d’invisibilità e calma di Scorpius. L’allontanamento con la cugina un po’ gli dispiaceva, ma al momento non era nella lista delle faccende principali che affollavano la sua testa (un carico di Merendine Marinare a suo nome appena giunto e finito nelle mani di James lo rendeva decisamente più nervoso). Dunque, all’inizio Albus non ci aveva fatto caso: Rose si gettava in ogni progetto con la foga di una Granger, ed era una ragazza intelligente. Non si sarebbe preoccupato dei suoi Eccellente. Fu Scorpius a farglielo notare, quando a cena Rose si presentò con delle orribili occhiaie violacee e finì a gambe all’aria prima di riuscire a raggiungere la sua tavolata, inciampando con gli occhi incollati alle pagine di un volume dall’aria pesante. Scorpius era accorso a darle una mano, le aveva raccolto i libri e le aveva chiesto se si fosse fatta male. Rose aveva rifiutato la mano che il ragazzo le porgeva e solo allora Scorpius sembrava essersi ricordato dell’asprezza che Rose provava nei suoi confronti. Ad ogni modo, quella fu l’ultima sera in cui Albus vide Rose. La mattina successiva, alla lezione di Difesa che avevano in comune lei non si presentò. E così a quella di incantesimi del giorno successivo.

Allora, forse, aveva pensato che fosse venuto il momento di preoccuparsi. Rose non avrebbe mai saltato una lezione di sua spontanea volontà. D’altra parte, parlarne con le sue compagne di dormitorio non era un’opzione per il timido Albus, che le aveva viste proprio quella mattina leggere un articolo sui peggiori Serpeverde della storia.

La soluzione migliore che gli venne in mente fu di parlarne con qualcuno che sicuramente avrebbe saputo ciò di cui parlava.

«Tu sai sempre tutto o sbaglio?»

«Ciò che so ha un prezzo, Potter.»

«Gazza ha intenzione di…»

«Ispezionare le camere mentre siamo a lezione di Pozioni. Dimmi qualcosa che non so.»

Albus non sapeva davvero cosa avrebbe potuto dire a qualcuno che sapeva tutto.

«Come fai a sapere queste cose?»

«Segreti del mestiere. Allora?»

«James ha il terrore…»

«Dei piccioni e delle bambole di porcellana. Lo so, non ho potuto fargli vedere la mia collezione senza che gli venisse una crisi isterica.»

«Tu hai una collezione di bambole?»

«No, di piccioni. Piccioni di classe, eh. Un allevamento. Lunga storia piuttosto divertente.»

Albus scosse la testa. Davvero non voleva sapere nulla in merito. «Cosa c’è che non sai?»

«Malfoy. Parlami di lui.»

«Lo conosco appena. Non siamo amiconi o cose del genere, solo compagni di banco.»

«Non importa. Mi piace conoscere le persone che mi stanno attorno, e di Malfoy non si sa letteralmente nulla, anche se è a scuola da più di un mese e il suo arrivo è stato tutto un pettegolezzo.»

«È una persona discreta.»

«Forse» si strinse nelle spalle. «Ma io non lo sono, e neanche tu. Dimmi qualcosa che non so.»

«È bravo in incantesimi ma è parecchio nonviolento. Non si pettina mai. Non è mai salito su un manico di scopa, benché abbia un ultimo modello a casa.»

Cavendish lo ascoltava ad occhi socchiusi, come se stesse visualizzando un quadro nella sua testa, pennellata per pennellata. «Cos’altro?»

«Da vicino si vede che ha gli occhi gialli, li ha ereditati dalla nonna materna. Sono carini, ma credo di aver letto su un qualche giornale scadente che sono un simbolo del suo essere demoniaco. Credo che ne sia convinto anche lui» Cavendish storse la bocca. «Di essere demoniaco, non carino, intendo.»

«E poi?»

«Nient’altro.»

«Un’informazione per un’informazione, Albus. Lo so che c’è qualcosa che devi dirmi.»

Albus pensò che forse non fosse il caso. Si sentiva male, sporco e pettegolo, a rendere pubblica quell’informazione, come se in qualche modo l’avesse resa meno importante, nient’altro che un gossip per avere notizie di sua cugina. Pensò di andarsene, per un attimo, e lasciare il ragazzo di fronte a sé senza segreti. In fondo, poteva parlare con le compagne di sua cugina. Si sarebbe persino potuto arrampicare fino alla torre Grifondoro a mani nude, meglio che dire quello ad alta voce.

Ma Cavendish aveva aperto gli occhi e lo guardava, serio, il riflesso del fuoco ancora nelle pupille. Albus capì che lo sapeva già, come sapeva ogni cosa. Ripeterlo ad alta voce non lo avrebbe reso più vero.

«Sta morendo. Sua madre sta morendo.»

Cavendish non abbassò lo sguardo, adombrato. «Ha preso Troll. In erbologia. Si è addormentata sul banco e il suo fiorellino ha fatto gonfiare la mano ad una sua compagna.»

Albus non si rese neanche conto di cosa un Troll poteva essere per sua cugina. Improvvisamente, sembrava molto meno importante.

 

Albus non avrebbe voluto sapere niente di nessuno, per inciso, ma essere il figlio di Harry Potter aveva un prezzo che la maggior parte delle persone non poteva comprendere o immaginare. I suoi fratelli sembravano non farci caso, erano troppo distratti o disinteressati, o forse erano semplicemente più interessati ai lati positivi della faccenda. Albus non ci riusciva. Assorbiva ogni informazione, ascoltava, faceva caso a coloro che gli stavano attorno in qualunque situazione. L’aveva saputo una mattina di agosto assolutamente insignificante. Dean era passato per raccogliere delle dichiarazioni di suo padre in merito alle recenti candidature come Ministro della Magia di alcuni suoi colleghi, e Harry non aveva saputo trovare un angolo di tempo se non a colazione, solo perché Dean era suo amico e la Gazzetta del Profeta avrebbe arrangiato qualcosa di molto peggiore, se lui non avesse fatto alcuna dichiarazione interessante di sua spontanea volontà.

A un certo punto, però, le discussioni avevano preso una piega molto meno politica. «La nuova segretaria del ministro, eh, l’hai vista Harry? Per quella lì mi candiderei io» aveva dichiarato Dean, ma prima che suo padre potesse rispondere uno scappellotto neanche troppo leggero l’aveva raggiunto.

«Stai bene attento a come rispondi, Ragazzo-che-no-potrà-sopravvivere-a-tutto» gli aveva intimato sua madre, e Albus aveva sorriso sotto i baffi di latte.

«Io ci andrei piano con i commenti, Thomas. Quella lì è impegnata. Con Zabini.» Dean aveva alzato le sopracciglia. Zabini era il genere di persona che non avrebbe contrariato per niente al mondo, per altro perché se non l’avesse fatto fuori sul colpo sarebbe comunque rimasto il suo spaventoso capo.

«Daphne Greengrass. Chi l’avrebbe mai detto? Tu te la ricordi, a scuola?»

«No» rispose Harry schietto, che pure aveva avuto molti spiacevoli contatti con la sua cricca di serpeverde.

«Esattamente. Sua sorella, invece…» ed era stato allora, schivando una seconda pacca di Ginny, che Dean aveva tirato fuori un pettegolezzo parecchio esclusivo sulla signora Malfoy, fra un commento alle sue grazie e il lamento che ne conseguiva.

Albus aveva sentito tutto, prima di poter capire che non avrebbe voluto sapere niente. Era troppo tardi. Oblivarsi, ora, sarebbe potuta essere l’unica soluzione.

Stare a contatto con Scorpius, in quel modo, era anche più strano di quanto sarebbe potuto essere. Non era sicuro che Scorpius sapesse, e certamente non avrebbe potuto chiederglielo. Lo guardava, osservava la piega dolente delle sue labbra e i suoi occhi liquidi, cercando di ricavarne risposte.

«Albus?» lo richiamava infine lui, perplesso, e riaffondava nel dubbio.

D’altra parte, Scorpius Malfoy non riempiva del tutto i suoi pensieri. Rose, sebbene Albus trovasse la sua reazione esagerata e melodrammatica, sembrava aver preso molto sul serio il suo Troll in erbologia. Dopo che il suo eremitismo aveva avuto fine – poiché c’era un limite alle lezioni di trasfigurazione che poteva saltare – aveva ricominciato a vagare per i corridoi con un’aria afflitta nascosta dalle pagine pesanti da cui non si staccava un attimo. Albus aveva poi notato, solo quel pomeriggio, un sorriso niente affatto rassicurante che le scintillava in faccia, non dissimile da quello che sfoggiava solitamente zio George. Quello lo preoccupava più di tutto il resto.

«Scorpius?» cercò di richiamare le attenzioni del compagno, assorbito da un trattato di Storia della Magia che Albus era sicuro avrebbe dovuto ricordare dalle lezioni nebbiose del professor Ruf.

«Sì, Albus?»

«Credo che andrò a fare un giro nella sala comune di Grifondoro, forse Rose ha bisogno di sfogarsi…» si strinse nelle spalle.

«Certo. Nessun problema, io ho quasi finito. Mi raggiungi in sala Grande?»

«Sicuro» annuì Albus, alzandosi. Si lisciò un’invisibile piega della divisa, facendo un passo verso la porta. Dure, tre. Si fermò.

«Vuoi venire?»

Gli occhi di Scorpius erano sempre imperscrutabili, per Albus, perché sembravano persi nella polvere delle righe che leggevano senza sosta, ma c’erano dei momenti in cui lo guardavano, davvero, come non era mai stato guardato ed erano brillanti e Albus si sentiva spogliato e inerme.

Sorrise un po’. Albus si ritrovò a pensare che quella era forse la prima volta che lo vedeva sorridere davvero. Le sue labbra non poterono fare a meno che inarcarsi di riflesso. «Lo prendo per un sì.»

 

I grifondoro, forse per onorare il loro nome o il loro spirito, erano sovente parecchio simili a bestie selvagge. Albus lo pensava spesso. Quando poi si trovavano di fronte a ingiustizie, al quidditch o a dei serpeverde, allora erano anche feroci. Albus non poteva fare a meno che paragonare la loro sala comune a una foresta amazzonica, ma, beh, non in modo letterale. Non così.

O almeno, non fino a quel giorno.

«Weasley è il nostro re» disse alla Signora Grassa, che rivolse uno sguardo torvo alla cravatta grigio-verde di Scorpius, ma li lasciò passare. O meglio, lasciò uscire uno sbuffo di rami verdastri, che non appena la porta si aprì invasero un tratto di corridoio.

«Cosa diavolo..?» chiese Albus ad alta voce, spostando con la punta della scarpa quella che sembrava un’enorme liana, verdastra e viscida. Dall’interno della sala comune proveniva un insolito e agghiacciante silenzio tombale.

«Dovremmo avvertire qualcuno» commentò Scorpius.

Albus, che essendo dopotutto un Potter tendeva a pensare di avvertire le autorità competenti solo come ultima alternativa, gli rivolse uno sguardo sorpreso.

«Ehy!» chiamò ad alta voce Scorpius. «Ehy, potresti…?» ma il ragazzino di corvonero non gli rivolse attenzione e fuggì prima che potesse chiedergli di chiamare un professore.

«E poi saremmo noi, i codardi» sbuffò Albus.

«Okay, allora, credo che dovrò andare io a…»

«Albus?» Il sussurro veniva dalle fronde, e per un breve attimo Albus si chiede come la pianta potesse conoscere il suo nome. «Albus? Ci sei? C’è qualcuno?»

«Rose? Sono io! Cosa diavolo è successo?»

Il piagnucolio che ricevette in risposta non fu affatto incoraggiante. «Oh Albus, mi dispiace così tanto… io volevo solo… volevo… e poi questa stupida pianta…» un urletto stridulo interruppe il lamento di Rose.

«Rose? Rose!» gli occhi di Albus, dietro le lenti, si erano fatti allarmati.

«Depulso» provò Scorpius, la bacchetta puntata alle fronde che sbarravano l’entrata. Quelle si ritirarono per un breve attimo, prima di allungarsi a schiaffeggiarlo.

«Diffindo! Dissendio! Rosie, ci sei?» urlò Albus, grato alle serate in biblioteca con Scorpius che gli avevano fornito una discreta conoscenza di incantesimi e ai litigi con James, che in particolare lo avevano introdotto agli incantesimi che tagliavano o facevano esplodere.

Scorpius iniziò a ripetere quello che faceva lui, ma appena si allungo per spostare una liana quella si avvolse intorno al suo polso, e in breve era scomparso nel buio verdastro.

«Scorpius?» chiese esitante Albus alle fronde, ma l’unica risposta fu un colpo diretto alla sua testa e finalmente, come non gli era successo con l’imbarazzo dei primi giorni né quando gli avevano tolto il cappello parlante dalla testa, sebbene allora lo avesse sperato di cuore, svenne e sprofondò nel cuore pulsante della terra.

 

Si risvegliò con un gran mal di testa e la bocca impastata, come se si fosse addormentato dopo essersi riempito la bocca di terriccio secoli prima. Cosa che, per inciso, non era del tutto improbabile, considerando che sentiva la pelle del viso sporca di fango indurito ed era immerso in un buio fitto che sembrava che il mondo intorno a lui fosse morto. La liana, pensò, non doveva essere stata particolarmente attenta alle sue condizioni mentre lo fagocitava.

Si arrischiò allora ad aprire gli occhi, ma nel buio non riusciva a scorgere assolutamente niente.

«Rose? Scorpius?» chiese all’oscurità. Inaspettatamente, il vuoto gli rispose.

«Oh, Albus, mi dispiace così tanto…» singhiozzò Rose. «Moriremo qui?»

«Non essere sciocca, Rose, qualcuno si renderà sicuramente conto della nostra assenza prima che moriamo.»

«Oppure potrebbero accorgersi dell’improvvisa presenza di flora tropicale nella torre di Grifondoro» considerò Scorpius con una vena di sarcasmo che Albus trovava assolutamente indecente da mostrare per la prima volta in una situazione come quella. O almeno, era ciò che avrebbe dovuto pensare. In realtà gli venne solo da ridere istericamente per la situazione assurda in cui si trovava, che sembrava portare il marchio di sfiga registrato Potter in ogni foglia.

«Attento a quello che dici, Malfoy, credo che sia… senziente.»

«Non le piace sentirsi chiamare stupida pianta?» chiese retoricamente, e poi tossicchiò un po’, segno del fatto che no, a quella cosa non piaceva per niente.

«Allora sei scemo! L’avevo detto, io, che un Malfoy ha il cervello che fa contatto con le mutande oppure non ce l’ha proprio.»

«Shh…» la zittì Scorpius. Albus poteva immaginare distintamente il rossore che riempiva di chiazze il collo di Rose, la vena sulla tempia che iniziava a pulsare furiosa a ritmo degli epiteti destinati a un qualunque Malfoy che si fosse arrischiato a zittirla.

«Sto provando a… ecco» esclamò con inutile entusiasmo. «Lumos» mormorò, e Albus poté finalmente vedere ciò che aveva intorno. Rose era appesa a testa i giù, del tutto avviluppata in spire dall’aria pesante che sembravano mozzarle il respiro. La avvolgevano fino a sotto il mento, e aveva un rametto uncinato ad ogni ciocca. Albus sospettava che se avesse detto qualcosa di scortese si sarebbe trovata pelata e soffocata in un battibaleno. La testa di Rose era esattamente allo stesso livello di quella di Scorpius, che però stava dritto, per quanto le sue gambe fossero immobilizzate da un tronco solido. Non li separavano che qualche centimetro e la bacchetta che Scorpius era riuscito a recuperare. Anche Rose dovette essersene accorta, perché mugolò e cercò di mettersi da parte, ma una stretta della liana parve farle cambiare idea.

«Ottimo, Malfoy. Hai la bacchetta. Ora devi solo… tagliare tutto.»

«No» scosse la testa. «No, non è una buona idea. Lo hai detto anche tu, no? È senziente. Non credo che le piacerebbe se provassimo a sminuzzarla.»

«Cosa proponi, allora?» chiese Albus. In un altro momento si sarebbe sorpreso del fatto che Scorpius, il timido e taciturno ragazzino smilzo che lo accompagnava per condividere con lui la necessità di silenzio, avesse preso il comando con tanta semplicità. In quel momento sembrava naturale, l’evidente e unica scelta logica.

«Non so… depulso?» ma una liana lo schiaffeggiò offesa, sulla guancia opposta a quella che aveva centrato la volta precedente e su cui ancora spiccava un segno rosso.

«Allora… rictusempra» puntò la bacchetta contro il grosso tronco che avvolgeva Rose, che per un secondo parve stringersi attorno al suo corpo facendola diventare ancora più rossa di quanto già non fosse, per poi lasciarla e contorcersi a mezz’aria.

«Soffre il solletico, a quanto pare» sorrise Scorpius. «Accio bacchetta di Rose» provò, ma la bacchetta non lo raggiunse. Arrossì, imbarazzato. «Mi dispiace, ancora non mi viene.»

Ma Rose lo guardava con gli occhi spalancati. Albus pensava che forse era perché mentre l’albero la lasciava era caduta di testa, ma più probabilmente era perché Scorpius aveva sistemato in qualche minuto un casino di dimensioni epiche. A Rose piaceva l’ordine, sì, e anche gli incantesimi di livello avanzato.

«Evanesco» pronunciò il biondo, ancora rosso d’imbarazzo, che di quello sguardo pareva non essersene proprio accorto. Il ramo che teneva Albus scomparve.

Albus si chinò a raccogliere le bacchette dalla pozza di melma in cui erano finite, mentre Scorpius sillabava incanti immobilius e impedimenta ad ogni ramo che vedeva, per evitare una ritorsione.

«Mobiliarbus» dissero infine Rose e Scorpius, senza essersi in alcun modo messi d’accordo, e i rami si spostarono riluttanti a formar loro un passaggio. Lo sguardo che si scambiarono sembrava il preludio della nascita di qualcosa di importante, ma Albus non se ne rese conto perché dall’altra parte del corridoio di arbusti, l’espressione un po’ arcigna e tanto tanto esasperata, stava la professoressa McGrannitt affiancata dal professor Paciock.

«Non avevo nessun dubbio, signor Potter, che lei c’entrasse qualcosa. Signorina Weasley. Signor-» ingoiò un singhiozzo a riconoscere il signor Malfoy, impiastricciato di terriccio, affiancato agli altri due. Apparentemente, non sembrava felice del ricongiungimento fra case rivali, né tantomeno era commossa dalla fine della faida ultracentenaria fra Malfoy e Weasley che stava avvenendo proprio in quel momento, proprio in quello sguardo.

«Credo che, signorina Weasley, i suoi genitori dovranno venire a conoscenza di ciò che combina, e chiaramente la punizione che riceverà sarà… adeguata. Si può sapere cosa aveva in mente?» e Rose sbiancò sotto lo sguardo deluso della vecchia professoressa, gli occhi che sembravano nuovamente sul punto di riempirsi di lacrime.

«Io…io…»

«Sono stato io» la interruppe Malfoy sotto lo sguardo sorpreso di tutti i presenti. «Sono stato io. Mi dispiace, pensavo che fosse uno scherzo innocente, non avevo pensato che sarebbe successo tutto questo. Me ne prendo tutta la responsabilità.»

Aveva molti sguardi incollati addosso: quello sorpreso e ancora lacrimoso di Rose, quello furente della McGrannitt, quello intenerito di Neville. Albus lo guardava come al solito, come se fosse stato un libro di antiche rune. Da leggere al contrario

«Non essere sciocco, signor Malfoy, riconosco il tocco della mia studentessa peggiore» intervenne il prefessor Paciock, e Rose abbassò lo sguardo vergognosa.

«E io riconosco l’orgoglio di una Granger e l’avventatezza di un Weasley» continuò la McGrannitt. Albus era convinto che non sembrasse arrabbiata quanto avrebbe dovuto.

«Sono stato io» ripeté Scorpius con più fermezza di quanta Albus ne avesse mai sentita nella sua voce.

«Se il signor Malfoy ritiene però una buona idea addossarsi la colpa, che faccia pure. Meno trenta punti a serpeverde perché è uno scherzo stupido, meno dieci ciascuno perché non dovreste mettere piede nel dormitorio di Grifondoro e meno cinquanta punti perché manca poco a mezzanotte ed è un orario indecente. Dunque, voi, filate a letto. Domani sceglieremo con il signor Gazza la punizione più adatta a non farvi mai più credere che sia lecito fare scherzi innocenti in queste mura. Per quanto riguarda lei, signorina Weasley, ci aiuterà a liberare la sala comune e i suoi compagni. E per domani voglio sulla mia cattedra il tema sulle trasformazioni corporali semplici previsto.»

«Sì signora.»

«A voi avevo detto di andare, o sbaglio? Nel vostro dormitorio, preferibilmente.»

«Certo, professoressa, buonanotte.»

E scomparvero nel corridoio. Il rapido sguardo che si scambiarono rivelò che stavano entrambi trattenendo una stessa fragorosa risata che sarebbe stata quantomeno indecente data l’occasione e che gli avrebbe fatto perdere abbastanza punti da perdere la Coppa delle Case finchè fossero vissuti.

 

L’indomani mattina, la situazione si presentò alquanto bizzarra agli occhi dei due ragazzi. Scesero in ritardo, gli occhi gonfi, diretti alla classe in cui avrebbero avuto la prima ora di lezione, poiché di mangiare non c’era più tempo. La loro camera era silenziosa, gli altri compagni erano già andati. La sala comune di Serpeverde, al contrario, era più rumorosa di quanto non fosse mai stata.

Albus e Scorpius si scambiarono uno sguardo confuso dagli schiamazzi che venivano dal piano di sotto. Prima che potessero decidere di scendere, qualcuno gli venne incontro. Nott, riconobbero i ragazzi, e anche Collins, con cui condividevano la camera, e Georgette Rosier, che era cugina di Malfoy di secondo o terzo grado. Non avevano mai sprecato una parola con nessuno dei tre.

«Malfoy» si avvicinò Nott saltellante. «Malfoy, Malfoy, Maloy. Oh, favoloso. Meraviglioso! La sala comune di Grifonodoro… me l’hanno raccontato, ‘sta mattina a colazione ne parlavano tutti, la professoressa McGrannitt è diventata viola, tipo, sembrava che stesse per esplodere!»

Le sopracciglia di Scorpius scomparvero nel ciuffo scombinato, quando Nott gli strinse la mano e gli diede una pacca cameratesca.

«Non dovrei dirlo» continuò la ragazza «dato che sono prefetto non dovrei proprio dirlo… ma è stato un ottimo, ottimo modo per iniziare l’anno. Orgoglio Serpeverde!» urlò con il braccio alzato, e dal piano inferiore si sentì un urlo di approvazione.

Persino Collins gli fece un cenno, e dato che non l’avevano mai sentito spiccare parola lo interpretarono come un grande segno. Mentre cercavano di uscire ricevettero pacche e sorrisi. Sorrisi da serpe, poi, che Albus non aveva mai visto rivolti a se e non gli fecero certo dispiacere.

«Credo che ti abbiano rivalutato, Malfoy.»

«Ma io non ho fatto niente!» Scorpius aveva ancora un’aria stralunata, probabilmente al pensiero che qualcuno potesse gioire dell’esplosione della McGrannitt, oppure perché non era abituato a tutto quel rumore.

«Loro questo non lo sanno» gli fece un occhiolino.

Un altro piccolo miracolo si presentò a loro qualche ora dopo, davanti all’arrosto, con la sua divisa perfetta e i capelli che, per contrasto, rimbalzavano sulle spalle, riccioluti.

«Albus! Malfoy… volevo solo…» Rose prese un respiro, sollevò lo sguardo azzurro. «Dirvi grazie. Sono stata una vera stupida» sputò fuori quella parola aspramente.

«Tregua?» chiese, porgendo una mano a Malfoy.

Non erano un granché, come scuse, ma Albus sapeva che per l’orgoglio di Rose ammettere uno sbaglio al proprio peggior nemico non era cosa da poco. Anche se forse, a quel punto, non si potevano più chiamare nemesi. Una volta qualcuno disse che non si può affrontare un pericolo mortale insieme senza diventare amici. Beh, nel caso di una Weasley con sangue Granger, c’è solo un rischio peggiore della morte. L’espulsione.

«Tregua.»

 

 

 

NdA:

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e che non odiate troppo la mia piccola Rose: comprendo che per il momento possa essere insopportabile, ma garantisco che nel corso della storia subirà un cambiamento parecchio radicale. Per quanto riguarda gli altri: aspetto opinioni!

L’ultima volta che ho aggiornato era Natale, e spero che il prossimo aggiornamento non mi impieghi così tanto tempo e che voi vogliate seguirmi ancora, quindi alla prossima!

 

 

 

   
 
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