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Autore: Celine_Falilith    11/06/2009    9 recensioni
Postato il Settimo Capitolo.
[Dal IV Capitolo ] Perché sapeva che Harry non era lei.
Harry era il maledettissimo figlio di James Potter, con tutti i suoi infiniti difetti.
Era inutile cercare Lily in Harry.
Inutile e dannoso.
Ed era meglio così: meglio convincersi che di Lily non era rimasto niente,
piuttosto che illudersi di rivederla negli occhi di suo figlio.
[Dal V Capitolo ] Piton deglutì, cercando di riacquistare un po’ di controllo.
Strinse le labbra con violenza, fremendo, e così anche i pugni, conficcandosi le unghie nella pelle, cercando in tutti i modi di nascondere
quella tempesta di emozioni che si stava agitando nel suo povero e arido cuore.
Sopprimere i sentimenti, sempre.
Prima regola del buon Occlumante.
Ora, come doveva comportarsi col piccolo Potter?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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V Cap

Quinto capitolo! °w°
Questo è stato forse il più arduo, siccome ce l’avevo già scritto da tanto tempo ho dovuto ‘solo’ perfezionarlo ed ampliarlo, ma non è stato così semplice. @_@
Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente, ovvero Pirate (vov, una fan dei Red Jumpsuite Apparatus! Your Guardian Angel è la mia canzone preferita in assoluto, di quel gruppo), Ernil (thanks! *.*), SnapEly (non molto cortesemente, temo), Dedy94 (ti perdono, ti perdono! XD *fa rialzare Dedy*), Pervinca (grazie per i complimenti cara! *.*) e Allison (no, non erano affatto rivolte alla spiaggia!XD Grazie per i complimenti! ^\\^).
E grazie alle 25 persone che hanno messo YGA nei preferiti senza recensire, che esorto nuovamente a farsi vivi! ò_ò 

Ah, ultima cosa... scusate se lascio sempre molti puntini di sospensione tra una frase e l'altra, è per dare l'idea della conflittualità fra i pensieri e i sentimenti di Severus. Se vi danno fastidio, ditemelo.

~ YOUR GUARDIAN ANGEL ~

 

*

 

Londra – Luglio 1985

 

Capitolo Quinto

*

 

Il gelato cadde a terra.

 

 

 

 
Severus Piton smise di respirare.

 

 

 

 
Verde. Verde. Tanto verde.
Quanto tempo senza vederlo… com’era potuto vivere senza?

Quel verde, che in quell’istante infinito gli stava evocando tutte le immagini, tutte le voci, tutti i profumi di lei… gli stava evocando una vita intera, una vita diversa, di quando aveva Lily Evans al suo fianco.

Gli stava evocando la loro storia.

Tutto perché in quel momento, davanti a lui, sudato e ansimante, c’era il piccolo Potter.
Oh, cielo. Il suo piccolo tormento.
Colui che, insieme al padre, era disposto a consegnare ad Signore Oscuro pur di aver salva la vita della donna che amava.

Com’era stato stupido… cosa pensava di ottenere in cambio della morte di Harry?
L’amore di Lily, forse?

Il piccolo Harry, per il quale Lily era stata uccisa.
Quante volte Severus aveva scaricato su di lui la colpa della morte della sua amata…
E quante volte si era pentito di aver pensato una cosa simile… il colpevole rimaneva sempre lui, Severus Piton. 
Avrebbe dovuto portarsi questo peso per sempre.


Era la sua condanna.

 

 

L’uomo deglutì, cercando di riacquistare un po’ di controllo.
Strinse le labbra con violenza, fremendo, e così anche i pugni, conficcandosi le unghie nella pelle, cercando in tutti i modi di nascondere quella tempesta di emozioni che si stava agitando nel suo povero e arido cuore.
Sopprimere i sentimenti, sempre.
Prima regola del buon Occlumante.

 

Ora, come doveva comportarsi col piccolo Potter?
Il piccolo Potter, che sembrava alquanto agitato: non riusciva a respirare normalmente e si guardava alle spalle in continuazione.
Di sicuro temeva di essere trovato dai suoi amichetti. Stavano di certo giocando a quell’idiozia infantile chiamata… nascondino?

 

Nascondino…

 

 

 

~

“Hei, Principe…”
“Hmm?” rispose Severus un po’ scocciato: 
erano dieci minuti buoni che aspettavano dal 
bagnino di sapere sotto quale ombrellone stare.
“Guarda quei bambini” sussurrò Lily indicando all’amico 
cinque ragazzini che giocavano a nascondersi 
dietro ai pochi rifugi disponibili.
Uno riuscì a raggiungere la tana prima di essere scoperto.
“Sì, li vedo...” disse il ragazzo, ma la voce gli morì in gola 
quando vide le iridi dell’amica.
In sette anni non le aveva mai viste così piene di dolore.
“Come avrei voluto… che Petunia avesse giocato con noi 
quando eravamo piccoli…”  disse la ragazza affranta.
Severus precipitò in un abisso di angoscia infinita.
Lily stava ancora soffrendo per sua sorella.
Aveva sofferto per tutti questi anni, e lui non se n’era mai accorto.
Come aveva potuto non vedere?
O meglio, quando aveva smesso di vedere?
Sentì l’impulso di stringere Lily a sé, ma la sola idea di farlo lo fece avvampare…
E avvampò ancora di più quando sentì le braccia di Lily attorno al suo collo, tremanti.

 ~

 

 

 

E poi, d’un tratto, Harry parlò.

 

 

“Signore” rantolò il bimbo preoccupato: “Ha visto qualcuno passare di qui, per caso?”

 

 

 

 
Piton sussultò.

 

 

 

 

 
Poi si irrigidì, guardando Harry come si guarda una pozione malriuscita.

 
 

 

 


 

 

 


 

Che sfacciato.
Nemmeno un ‘mi scusi’ o un ‘per favore’.
Quel bambino mancava completamente d’educazione. Proprio come ‘Dud’: non si sarebbe stupito se i due si fossero rivelati parenti. 

Severus studiò velocemente il volto del bimbo, evitando accuratamente gli occhi.
Tutto suo padre. Tutto.
E fu proprio per quel tutto che non gli disse dei suoi ‘amichetti’ in arrivo.

Tana per Potter.

‘Dud’ fu il primo a chiudere il pugno ciccione attorno all’esile braccino di Harry, che cercò di divincolarsi.

 
“Lasciami! Lasciamiii!” si disperava il bambino, accerchiato dagli altri ragazzini.


Evidentemente il piccolo Potter detestava perdere.
“Bene, Potter, sei nostro! Adesso ti… ti…” latrò ‘Dud’ minaccioso, ma la sua voce si affievolì quando si accorse da chi era accompagnato Potter.
Argh, l’Uomo Nero!

 

Rapidamente lasciò libero Harry, il quale si affrettò a sparire dietro Piton in cerca di protezione.

 

 

Severus sbiancò. 
Sentì manine calde di Potter appoggiate alla sua gamba, stringendo il tessuto dei pantaloni…
Per meno di un attimo percepì qualcosa fiorire nelle oscure profondità del suo essere, qualcosa che andava oltre all’antico odio nei confronti di quello scellerato Potter.
Ma scostò ugualmente la gamba dalla presa di Harry, infastidito da quel contatto.

 

 

‘Dud’, intanto, pensava.
Darla vinta a Potter sarebbe stata un onta che difficilmente avrebbe dimenticato, tuttavia non poteva nemmeno affrontare l’Uomo Nero.
Idea: semplicemente sarebbe allontanato, lasciando il cugino in balia del nemico.
L’Uomo Nero se lo sarebbe portato via.

Con un cenno sbrigativo della mano fece segno ai compagni di fare marcia indietro, e se ne andò pedalando veloce.

 

***

 

Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.

Non aveva idea come queste parole fossero entrate nella sua testa, ma Severus pensò che nessun’altra frase al mondo avrebbe potuto descrivere meglio di così la situazione nella quale era immerso.

In quattro anni aveva anestetizzato i suoi pensieri (o almeno, ci aveva provato), per scordarsi il più possibile di quella serie di eventi agghiaccianti che avrebbero condizionato per sempre il resto della sua vita.
Se non avesse fatto altrimenti, era certo che il dolore l’avrebbe spazzato via con la facilità con la quale il vento d’autunno strappa le foglie ingiallite dal loro amato albero.

E cosa aveva ottenuto, cercando di dimenticare (o meglio, fuggire) il suo passato?
Semplice. Quello tornava a galla, nel modo più imprevedibile e doloroso possibile.

Che beffa.
E dire che quella parte del suo passato era l’unica cosa che lo teneva ancora aggrappato alla vita.
Sì, perché per Severus l’unica cosa che dava un senso ai suoi giorni era la prospettiva di riuscire a mantenere quella promessa.
Proteggere Harry.
Senza di essa…

 

 

“Signore?”

 

 

Hmm, Potter aveva parlato.

Piccola pulce.

Se avesse potuto leggere la storia dell’Uomo Nero nei suoi occhi color pece, probabilmente avrebbe cambiato atteggiamento. Sicuramente non sarebbe stato così… così…
Così Potter.
In fondo, solo una era la colpa di Harry: essere figlio di James.
Per questo, non poteva perdonarlo.

 

“Cosa?” abbaiò Piton, scurrile.

 

Harry non era affatto intimidito dal tono del signore, abituato com’era agli urlacci di Zio Vernon. Tuttavia deglutì: doveva fare una domanda davvero molto importante.

“Lei… lei è davvero l’Uomo Nero?”

Piton sbuffò.
Proprio come aveva pensato: uno sfacciato. E pure impertinente.
Decise che spaventarlo un po’ non poteva nuocergli.

“Certo che lo sono. I tuoi compagni sono fuggiti davanti a me. Perché non li raggiungi?” chiese, sperando di allontanare dalla sua persona quell’insistente sguardo verde.

Questa volta fu Harry a trattenersi dal ridere. L’Uomo Nero era molto sciocco.
Compagni? Raggiungerli?
Si vedeva lontano un miglio che quei bambini lo stavano perseguitando! 

Comunque un Uomo Nero con un gelato (spiaccicato sul marciapiede) non doveva essere molto pericoloso.
“Perché, ecco, loro… loro volevano farmela pagare.”

Tipico Potter.

Chissà quale tiro mancino doveva aver giocato a quei poveri ragazzi, se ora cercavano vendetta.
“Ma davvero?” replicò Piton con un sorrisetto lezioso: “E per quale ragione volevano fartela pagare?”

Harry serrò un attimo gli occhioni. Sembrava si stesse concentrando.
“Sono entrato nella camera di Dudley, mio cugino” confessò Harry, sollevato di essersi tolto quella colpa dal cuore.

Severus annuì. Si sentiva solidale col povero Dudley.

Probabilmente Potter gli aveva nascosto una valanga di caccabombe dentro l’armadio (anche se non era certo che esistessero caccabombe nel mondo Babbano) oppure gli aveva riempito le lenzuola di Vermicoli striscianti. 
Caccabombe… Vermicoli… cose che ai tempi di Hogwarts finivano irrimediabilmente nelle sue mutande per mano di Potter Senior. Il figlio doveva aver ereditato la sua dimestichezza nel maneggiare simili nefandezze.

Ma… un attimo.


Aveva appena detto che suo cugino si chiamava Dudley?

‘Dud’… diminutivo di Dudley...

I due erano davvero parenti.

 

 

 

 

 

Che famiglia disastrata.
“E poi? Cos’hai combinato nella sua camera?” lo incitò bruscamente, curioso come non mai di scoprire ogni sfaccettatura del temibile piano di Potter contro l’indifeso cugino.

Harry alzò lo sguardo in cui riluceva una confusa innocenza.

“Niente signore” mormorò il bambino, sincero: “Sono entrato nella camera di Dudley” ribadì, facendo capire che il suo crimine consisteva unicamente in quello.

 

A quel punto Piton poteva scegliere fra due strade.

O credere in anni e anni di prese in giro e umiliazioni da parte di James Potter.

O credere nella purezza di quello sguardo, che cercava ostinatamente di evitare.

 

Scelse la prima.

Tanto la stava percorrendo già da molto tempo, la strada dell’odio.

 

*

 

  
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