Quinto
capitolo! °w°
Questo è stato forse il più arduo, siccome ce
l’avevo già scritto da tanto
tempo ho dovuto ‘solo’ perfezionarlo ed ampliarlo,
ma non è stato così semplice.
@_@
Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente, ovvero Pirate (vov,
una fan
dei Red Jumpsuite Apparatus! Your Guardian Angel è la mia
canzone preferita in
assoluto, di quel gruppo), Ernil (thanks! *.*), SnapEly (non molto
cortesemente, temo), Dedy94 (ti perdono, ti perdono! XD *fa rialzare
Dedy*),
Pervinca (grazie per i complimenti cara! *.*) e Allison (no, non erano
affatto
rivolte alla spiaggia!XD Grazie per i complimenti! ^\\^).
E grazie alle 25 persone che hanno messo YGA nei preferiti senza
recensire, che
esorto nuovamente a farsi vivi! ò_ò
Ah,
ultima cosa... scusate se lascio
sempre molti puntini di sospensione tra una frase e l'altra,
è per dare l'idea
della conflittualità fra i pensieri e i sentimenti di
Severus. Se vi danno
fastidio, ditemelo.
~
YOUR GUARDIAN ANGEL ~
*
Londra
– Luglio 1985
Capitolo
Quinto
*
Il
gelato cadde a terra.
Severus Piton smise di respirare.
Verde. Verde. Tanto verde.
Quanto tempo senza vederlo… com’era potuto vivere
senza?
Quel
verde, che in quell’istante infinito
gli stava evocando tutte le immagini, tutte le voci, tutti i profumi
di lei…
gli stava evocando una vita intera, una vita diversa, di quando aveva
Lily
Evans al suo fianco.
Gli stava evocando la loro storia.
Tutto
perché in quel momento, davanti a lui, sudato e ansimante,
c’era il
piccolo Potter.
Oh, cielo. Il suo piccolo tormento.
Colui che, insieme al padre, era disposto a consegnare ad Signore
Oscuro pur di
aver salva la vita della donna che amava.
Com’era
stato stupido… cosa pensava di
ottenere in cambio della morte di Harry?
L’amore di Lily, forse?
Il
piccolo Harry, per il quale Lily era
stata uccisa.
Quante volte Severus aveva scaricato su di lui la colpa della morte
della sua
amata…
E quante volte si era pentito di aver pensato una cosa
simile… il colpevole
rimaneva sempre lui, Severus Piton.
Avrebbe dovuto portarsi questo peso per sempre.
Era la sua condanna.
L’uomo
deglutì, cercando di riacquistare
un po’ di controllo.
Strinse le labbra con violenza, fremendo, e così anche i
pugni, conficcandosi
le unghie nella pelle, cercando in tutti i modi di nascondere quella
tempesta
di emozioni che si stava agitando nel suo povero e arido cuore.
Sopprimere i sentimenti, sempre.
Prima regola del buon Occlumante.
Ora,
come doveva comportarsi col piccolo
Potter?
Il piccolo Potter, che sembrava alquanto agitato: non riusciva a
respirare
normalmente e si guardava alle spalle in continuazione.
Di sicuro temeva di essere trovato dai suoi amichetti. Stavano di certo
giocando
a quell’idiozia infantile chiamata… nascondino?
Nascondino…
~
“Hei,
Principe…”
“Hmm?” rispose Severus un po’
scocciato:
erano dieci minuti buoni che aspettavano dal
bagnino di sapere sotto quale ombrellone stare.
“Guarda quei bambini” sussurrò Lily
indicando all’amico
cinque ragazzini che giocavano a nascondersi
dietro ai pochi rifugi disponibili.
Uno riuscì a raggiungere la tana prima di essere scoperto.
“Sì, li vedo...” disse il ragazzo, ma la
voce gli morì in gola
quando vide le iridi dell’amica.
In sette anni non le aveva mai viste così piene di dolore.
“Come avrei voluto… che Petunia avesse giocato con
noi
quando eravamo piccoli…” disse
la ragazza affranta.
Severus precipitò in un abisso di angoscia infinita.
Lily stava ancora soffrendo per sua sorella.
Aveva sofferto per tutti questi anni, e lui non se n’era mai
accorto.
Come aveva potuto non vedere?
O meglio, quando aveva smesso di vedere?
Sentì l’impulso di stringere Lily a sé,
ma la sola idea di farlo lo fece
avvampare…
E avvampò ancora di più quando sentì
le braccia di Lily attorno al suo collo,
tremanti.
~
E
poi, d’un tratto, Harry parlò.
“Signore”
rantolò il bimbo preoccupato:
“Ha visto qualcuno passare di qui, per caso?”
Piton sussultò.
Poi si irrigidì, guardando Harry come si guarda una pozione
malriuscita.
…
Che
sfacciato.
Nemmeno un ‘mi scusi’ o un ‘per
favore’.
Quel bambino mancava completamente d’educazione. Proprio come
‘Dud’: non si
sarebbe stupito se i due si fossero rivelati parenti.
Severus
studiò velocemente il volto del
bimbo, evitando accuratamente gli occhi.
Tutto suo padre. Tutto.
E fu proprio per quel tutto che
non gli disse dei suoi
‘amichetti’ in arrivo.
Tana
per Potter.
‘Dud’
fu il primo a chiudere il pugno
ciccione attorno all’esile braccino di Harry, che
cercò di divincolarsi.
“Lasciami! Lasciamiii!” si disperava il bambino,
accerchiato dagli altri
ragazzini.
Evidentemente il piccolo Potter detestava perdere.
“Bene, Potter, sei nostro! Adesso ti…
ti…” latrò
‘Dud’ minaccioso, ma la
sua voce si affievolì quando si accorse da chi era
accompagnato Potter.
Argh, l’Uomo Nero!
Rapidamente
lasciò libero Harry, il quale
si affrettò a sparire dietro Piton in cerca di protezione.
Severus
sbiancò.
Sentì manine calde di Potter appoggiate alla sua gamba,
stringendo il tessuto
dei pantaloni…
Per meno di un attimo percepì qualcosa fiorire
nelle oscure
profondità del suo essere, qualcosa che andava oltre
all’antico odio nei
confronti di quello scellerato Potter.
Ma scostò ugualmente la gamba dalla presa di Harry,
infastidito da quel contatto.
‘Dud’,
intanto, pensava.
Darla vinta a Potter sarebbe stata un onta che difficilmente avrebbe
dimenticato, tuttavia non poteva nemmeno affrontare l’Uomo
Nero.
Idea: semplicemente sarebbe allontanato, lasciando il cugino in balia
del
nemico.
L’Uomo Nero se lo sarebbe portato via.
Con
un cenno sbrigativo della mano fece
segno ai compagni di fare marcia indietro, e se ne andò
pedalando veloce.
***
Tutti
coloro che dimenticano il loro
passato, sono condannati a riviverlo.
Non
aveva idea come queste parole fossero
entrate nella sua testa, ma Severus pensò che
nessun’altra frase al mondo
avrebbe potuto descrivere meglio di così la situazione nella
quale era immerso.
In
quattro anni aveva anestetizzato i suoi
pensieri (o almeno, ci aveva provato), per scordarsi il più
possibile di quella
serie di eventi agghiaccianti che avrebbero condizionato per sempre il
resto
della sua vita.
Se non avesse fatto altrimenti, era certo che il dolore
l’avrebbe spazzato via
con la facilità con la quale il vento d’autunno
strappa le foglie ingiallite
dal loro amato albero.
E
cosa aveva ottenuto, cercando di
dimenticare (o meglio, fuggire) il suo passato?
Semplice. Quello tornava a galla, nel modo più imprevedibile
e doloroso
possibile.
Che
beffa.
E dire che quella parte del suo passato era l’unica cosa che
lo teneva ancora
aggrappato alla vita.
Sì, perché per Severus l’unica cosa che
dava un senso ai suoi giorni era la
prospettiva di riuscire a mantenere quella promessa.
Proteggere Harry.
Senza di essa…
“Signore?”
Hmm,
Potter aveva parlato.
Piccola
pulce.
Se
avesse potuto leggere la storia
dell’Uomo Nero nei suoi occhi color pece, probabilmente
avrebbe cambiato
atteggiamento. Sicuramente non sarebbe stato
così… così…
Così Potter.
In fondo, solo una era la colpa di Harry: essere figlio di James.
Per questo, non poteva perdonarlo.
“Cosa?”
abbaiò Piton, scurrile.
Harry
non era affatto intimidito dal tono
del signore, abituato com’era agli urlacci di Zio Vernon.
Tuttavia deglutì:
doveva fare una domanda davvero molto importante.
“Lei…
lei è davvero l’Uomo Nero?”
Piton
sbuffò.
Proprio come aveva pensato: uno sfacciato. E pure impertinente.
Decise che spaventarlo un po’ non poteva nuocergli.
“Certo
che lo sono. I tuoi compagni sono
fuggiti davanti a me. Perché non li raggiungi?”
chiese, sperando di allontanare
dalla sua persona quell’insistente sguardo verde.
Questa
volta fu Harry a trattenersi dal
ridere. L’Uomo Nero era molto sciocco.
Compagni? Raggiungerli?
Si vedeva lontano un miglio che quei bambini lo stavano
perseguitando!
Comunque
un Uomo Nero con un gelato
(spiaccicato sul marciapiede) non doveva essere molto pericoloso.
“Perché, ecco, loro… loro volevano
farmela pagare.”
Tipico
Potter.
Chissà
quale tiro mancino doveva aver
giocato a quei poveri ragazzi, se ora cercavano vendetta.
“Ma davvero?” replicò Piton con un
sorrisetto lezioso: “E per quale ragione
volevano fartela pagare?”
Harry
serrò un attimo gli occhioni.
Sembrava si stesse concentrando.
“Sono entrato nella camera di Dudley, mio cugino”
confessò Harry, sollevato di
essersi tolto quella colpa dal cuore.
Severus
annuì. Si sentiva solidale col
povero Dudley.
Probabilmente
Potter gli aveva nascosto
una valanga di caccabombe dentro l’armadio (anche se non era
certo che
esistessero caccabombe nel mondo Babbano) oppure gli aveva riempito le
lenzuola
di Vermicoli striscianti.
Caccabombe… Vermicoli… cose che ai tempi di
Hogwarts finivano irrimediabilmente
nelle sue mutande per mano di Potter Senior. Il figlio doveva aver
ereditato la
sua dimestichezza nel maneggiare simili nefandezze.
Ma…
un attimo.
Aveva appena detto che suo cugino si chiamava Dudley?
‘Dud’…
diminutivo di Dudley...
I
due erano davvero parenti.
…
Che
famiglia disastrata.
“E poi? Cos’hai combinato nella sua
camera?” lo incitò bruscamente, curioso
come non mai di scoprire ogni sfaccettatura del temibile piano di
Potter contro
l’indifeso cugino.
Harry
alzò lo sguardo in cui riluceva una
confusa innocenza.
“Niente
signore” mormorò il bambino,
sincero: “Sono entrato nella camera di Dudley”
ribadì, facendo capire
che il suo crimine consisteva unicamente in quello.
A
quel punto Piton poteva scegliere fra
due strade.
O
credere in anni e anni di prese in giro
e umiliazioni da parte di James Potter.
O
credere nella purezza di quello sguardo,
che cercava ostinatamente di evitare.
Scelse
la prima.
Tanto
la stava percorrendo già da molto
tempo, la strada dell’odio.
*