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Autore: Hidalgo_Aragorn    11/06/2017    1 recensioni
avevo 13 anni quando successe, quando tutto cambiò, quando io cambiai e dovetti cominciare ad accettare l'idea di essere chiamata "puttana" pure dalla mia stessa madre. 13 anni, niente, avevo appena iniziato a vivere...
~dalla storia~
-Joans quanti anni avevano i tuoi genitori quando ti hanno avuto?- mi chiede il professore quando è il mio turno. Io faccio spallucce e cambio la direzione dello sguardo; "e a questo come glielo dico?"
Genere: Dark, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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Filadelfia, in Pennsylvania parve piacere particolarmente a mia madre, quel 13 ottobre, quando arrivammo, ufficilamente con il nostro bel camper bianco a seguito. In quel periodo non guidavo ancora l'auto, solo la moto -e ieri come oggi mi piace ancora molto farlo- per quanto a Emma venisse un accidente ogni volta che la toccavo, soprattutto dopo che l'anno prima avevo zampettato con le stampelle per quasi 6 mesi. 
Era tutto grigio, scuro, diverso da Montgomery in Alabama, era la prima volta che vivevamo sulla costa, ma anche la prima volta che eravamo solo io e mamma, niente nonni in giro e niente zii. Solo io e mamma. Le nostre regole, le nostre vite, niente che potesse minacciare lei, perché nessuno sapeva nulla. Eravamo in incognito. Stupendo. 
Erano circa le 5, e la Mercedes GLC rossa di mamma girava silenziosamente per quella città. 
-sicura che è di qua?- le chiedo per la quinta volta. -mamma, non è più sensato se ci fermiamo e guardiamo le indicazioni dell'agente immobiliare?- lei alza gli occhi e finalmente mi da retta. Mi darei una pacca sulla spalla dopo quella vittoria. Le voglio bene, ma è una gran testa dura. 
Mamma si ferma sull'angolo della strada, mette le quattro frecce e tiro fuori dal cruscotto le indicazioni di Ben, l'agente immobiliare. Le consulto e oltre la sua brutta calligrafia riesco a trovare una luce. -ehm... prova a tornare indietro, abbiamo sorpassato la rotonda giusta- dichiaro. 
Mamma prende i fogli a sua volta, li analizza da brava calcolatrice umana e me li passa di nuovo. -dimmi quando devo girare, renditi utile- dichiara sarcastica ed esausta, è tutta la notte che guida, ma riesce ancora a farmi un sorriso. Annuisco, come posso rifiutarle qualcosa... 
Lei gira la macchina e torniamo sul ponte che abbiamo appena sorpassato. Le indico di andare dritto e alla prima rotonda, la prima uscita a sinistra, ancora dritto e alla prima a destra. Entriamo nella città e mentre che osservo una città che si sta svegliando, sorrido, finalmente, liberi. 
Mamma lei pure sorride e abbasso il finestrino per far entrare un pò di aria fresca nell'abitacolo. Ciò le scombina i capelli e fa sottolineare la sua pelle color avorio e i capelli castani scuri lunghi, lunghissimi. Ma la cosa che amo di più di mia madre, oltre agli occhi verdi, è il suo calore, il non togliermi mai nulla e di riuscire a sorridermi anche esausta o incazzata. È la mia migliore amica. 
E mentre lo penso, batte le mani e sorride, siamo arrivati davanti alla villetta indipendente color crema che mamma aveva preso per noi. 
-siamo a casa amore- mi dice prima di baciarmi il capo e scompigliarmi i capelli. 
-già, finalmente a casa- dichiaro a mia volta e scendo dall'auto. Tiro fuori il mio zaino nero, le buste delle cose urgenti e mi avvio verso la veranda. Mamma apre la porta e accende la luce. Poso la roba ed entrambi torniamo indietro. Cominciamo a scaricare gli scatoloni, le borse e poi, il mio e il suo materasso. Tutta la nostra vita. Circa dopo un ora, nel piccolo spazio che fa da ingresso, ogni centimetro vivibile è coperto dalle nostre cose. La guardo, lei mi guarda, ci fissiamo per qualche istante. 
-facciamo colazione- dichiara e annuisco, ne ho un assoluto bisogno e anche immediato. 
Usciamo dalla casa, mamma chiude la porta e andiamo a piedi verso il centro. Mi stringo nella felpa nera a maniche bianche e mi guardo attentamente in giro. È tutto diverso dall'Alabama. Ovvio, ma deprimente. Dopo una decina di minuti, troviamo il nostro obiettivo, un bar, alleluja! 
Mamma mi apre la porta ed entro per primo. L'ambiente è carino, intimo, caldo e mi piazzo davanti alla vetrinetta a leccarmi i baffi. 
-buongiorno- dice la signora che sta al bancone. -siamo mattinieri- e parla con mamma mentre sono indeciso tra una fetta di torta, un muffin, un brownie o un panino. 
-tesoro...- mi richiama e alzo lo guardo verso lei. -tu cosa bevi?- 
Ci penso, cosa bevo? -un cappuccio- dichiaro e mentre mi raggiunge ancora sono indeciso. -posso due?- chiedo e lei ridacchia. Fa spallucce e annuisce. -io voglio un brownie e il panino al formaggio- dichiaro 
Mamma guarda un momento e alza lo sguardo. -Io una fetta di cheesecake e una di torta al cioccolato- 
Mamma paga tutto e la signora mi passa le ordinazioni mentre, Emma aspetta le bevande. 
Non voglio addentare il panino ma è molto forte in me quell'istinto, ma la aspetto. Mi raggiunge al tavolo minuto con le nostre ordinazioni e mentre verso lo zucchero nel bicchiere di carta, addento il panino, affamato. -sei felice che siamo venuti qua, ma'?- le chiedo e annuisce. 
-sì, e tu?- mi chiede mentre mi guarda e mi analizza. 
-sì, così nonna sta zitta- dichiaro, inacidito di colpo. 
-Edward, dai...- mi dice e sbuffo. Ha ragione ma sono arrabbiato comunque. Nonna, sua madre, Gabrielle, mi vuole bene, ma non ne vuole abbastanza a lei e non mi sta bene. 
-non voglio che ti senta giudicata da lei, sai i motivi delle tue scelte e sai che se le hai fatte avevi dei motivi, punto. Vorrei che papà avesse avuto il coraggio di prendersi le sue responsabilità...- dico e lei abbassa lo sguardo. 
-lascia perdere tuo padre, Edward, il passato è passato, e come quello nemmeno tua nonna si può cambiare-

Al ritorno a casa, andiamo in esplorazione: la cucina funziona e la aiuto a riempirla come prima cosa e poi saliamo di sopra, mi lascia scegliere la camera poi la aiuto a portar su i mobili, tra cui i materassi, poi le scatole. Faccio il letto, con le mie lenzuola di cotone blu, metto la trapunta rossa, cerco di sistemare i miei mobili e i libri, poi, esausto, mi butto di schiena sul letto. La camera è carina nel suo complesso, ha un balcone che da sul retro della casa, le pareti bianche e il parquet color nocciola. È bello sapere che c'é qualcosa di gradevole ad aspettarmi dopo l'inizio delle lezioni. Mamma entra, appende velocemente delle tende di cotone e raso, bianco e celeste, poi si volta e si butta sul letto a fianco a me. -puffo, che succede?- mi chiede e le sorride. 
-ho 16 anni- commento semplicemente. 
-e io 30, e quindi?- mi chiede e ridacchio. 
-perché sai sempre cosa dirmi?- faccio sarcastico. 
-perché sono tua madre e ti conosco Edward. Potrai non volerlo ma questa cosa funzionerà, amore. So che Montgomery era casa nostra ma... Ma vedrai che anche Filadelfia ci andrà a genio, ci vorrà del tempo ma sarà questa la nostra nuova casa e ti prometto che qui non ti guarderanno come ti guardavano là, okay?-
Adoravo mia madre ma in quel momento non capiva che il mio problema con Montgomery non era come guardavano me, ma come guardavano lei. Lei che era la 13enne rimasta incinta... Di me, Edward Joans.

okay, sono io, questo è il primo capitolo ... ditemi chi aveva capito che era un bel maschione il mi0 protagonista ...
ps. più avanti vi spiegherò il motivo di tutto, un bacione

  
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