Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Ormhaxan    20/06/2017    3 recensioni
Scozia, XI secolo. Edith di Scozia è la prima figlia di Malcolm III e Margaret del Wessex; cresciuta secondo i precetti cattolici, a soli sei anni viene condotta, insieme a sua sorella minore Mary, presso il convento inglese di Romsay, dove sua zia materna, Christina, è badessa.
Henry di Normandia è il quartogenito di William il Conquistatore, un giovane uomo ambizioso che, pur di arrivare al trono lasciato vuoto dopo la prematura scomparsa di suo fratello William II, è disposto a tutto.
Quando la sua pretesa al trono d'Inghilterra vacillerà, sarà proprio Edith, discendente dei sovrani sassoni e del valoroso Alfredo il Grande, a salvaguardare la corona di Henry attraverso il sacro vincolo del matrimonio.
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Medioevo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

ImagesTime.com - Free Images Hosting







Wilton Abbey, Wiltshire — 1093




 

La foggia azzurra del suo vestito era la più pregiata ed elegante che Edith avesse mai indossato. I ricami color dell'oro più splendente erano stati minuziosamente cuciti sulle maniche e sull’orlo superiore del vestito, dal quale fuoriusciva un piccolo lembo della tunica di lino, andando a formare intrecci che ricordavano elementi naturali.
Sua madre le aveva mandato in dono quello stesso vestito due mesi prima, in occasione di quello che sarebbe stato l’avvenimento più importante della sua vita da tredicenne: l’annuncio ufficiale del suo fidanzamento con Alan Rufus, Lord di Richmond, un nobile inglese di origini normanne molto più grande di lei — Edith non sapeva quanti anni avesse, ma voci sostenevano che il lord dalla rossa chioma fosse più vicino ai trenta che ai venti.
Erano stati i suoi nobili genitori a sceglierlo tra i molti partiti che avevano richiesto la sua mano, ritenendolo degno di un tale onore, di sposare una figlia di Scozia e ricavare da una così ambita unione onori e molteplici ricchezze: Edith, dal canto suo, che da sempre conosceva il suo valore e il suo rango, sapeva fin troppo bene che un unione del genere non avrebbe mai e poi mai portato con sé affetto o amore.
L’amore non era un sentimento per quelli come loro: sebbene tra i suoi genitori ci fosse affetto, forse un tenero sentimento d’amore, questo non era stato ciò che aveva condotto entrambi ad intraprendere la vita del matrimonio.
Come sua madre molti anni prima, anche lei avrebbe fatto il suo dovere per il suo popolo, adempiuto ai suoi doveri nella speranza che, un giorno non troppo lontano, il lord di Richmond diventasse qualcosa di più di un consorte e del padre dei suoi figli.

Alla sue spalle, le campane iniziarono a suonare, annunciando l’arrivo di una dozzina di uomini a cavallo, di Alan Rufus e del suo seguito.
Edith prese un respiro profondo, cercando lo sguardo di sua sorella Mary e di quello di colei che era diventata un’amica e confidente nonostante i quindici anni che le separavano: Gunhild, figlia Harold Godwinson, Conte del Wessex e ultimo sovrano anglo-sassone perito durante la battaglia di Hastings, quando lei era ancora in fasce, il che la rendeva a tutti gli effetti una principessa della corona.
Godwinson era stato preferito a suo zio Edgar, fratello di sua madre, poiché quest’ultimo considerato troppo giovane ed inesperto — all’epoca aveva quindici anni, aveva, come sua madre e tutta la loro famiglia, trascorso la maggior parte della sua vita lontano dall’Inghilterra e per queste ragioni fu ritenuto inadatto a regnare in un momento così delicato ed incerto, in cui la minaccia normanna era sempre più incalzante.

«Non date a vedere il vostro nervosismo, Principessa. — Gunhild, in piedi alla sua destra e con in dosso l’abito grigio chiaro riservato alle novizie, le strinse una mano e cercò di tranquillizzarla — Tutto andrò bene, vedrete.»
Edith annuì: non avrebbe permesso ai suoi dubbi e alle sue paure di prevalere sulla ragione e sulla sua determinazione; non avrebbe mostrato alcuna insicurezza, si sarebbe mostrata per quello che era, una fanciulla elegante e regale.
In quegli anni trascorsi a Wilton tutto era andato per il meglio, Edith finalmente aveva ritrovato la gioia di vivere, di essere se stessa, di non camminare con la costante paura della Badessa e delle sue punizioni. Finalmente, poteva indossare abiti colorati, ridere e scherzare senza timore alcuno, essere una nobile e non una monaca.

Non avrete le mie figlie, Milady, non vi permetterò di trasformarle in monache dal cuore di pietra come voi. Lasceranno questo posto entro due giorni, insieme a me e ai suoi fratelli. Dio piacendo, non le rivedrete mai più. —


Ricordava ancora le parole cariche di rabbia di suo padre quando, precisamente due anni prima, si era recato per la prima volta in quasi cinque anni al convento insieme a Duncan ed Edward, i suoi due fratelli maggiori; ricordava chiaramente il suo sdegno nel vederle indossare il soggolo e il vestito monacale, il dolore che aveva provato quando, in preda alla furia, il suo nobile signore le aveva strappato dal capo il velo, prendendo insieme ad esso per sbaglio anche una ciocca di capelli ramati che, per poco, non le si spezzarono alla radice.
Voi siete principesse scozzesi, — aveva detto loro con furia — non delle fanciulla di qualche casata minore decaduta mandate dalla propria famiglia a prendere i voti.

Due giorni dopo, come promesso da Malcolm, Edith e Mary avevano lasciato il convento su di una lettiga trainata da due cavalli dal bruno manto. Nessuna delle due si era mai voltata indietro, aveva rimpianto, nei due anni successivi, quel posto neanche per un istante.

Lo stallone da guerra nitrì e si fermò a pochi passi dai monaci e dalle fanciulle radunatisi all’esterno del convento per dar loro il benvenuto.
Polvere terrosa si alzò tutt’intorno a loro, rendendo difficile distinguere i tratti dell’uomo che, a passo sicuro, si stava avvicinando sempre di più; Edith assottigliò lo sguardo, cercando di non starnutire a causa della polvere, e strinse forte le mani posate elegantemente sul suo grembo.
Alan Rufus era molto più alto di lei, il suo corpo era possente, con ampie spalle larghe e braccia abituate a brandire spade e armi da combattimento; il suo viso era lungo, i suoi tratti affilati e tra i suoi capelli rossi spiccavano ciuffi argentei all’altezza delle tempie.
I suoi occhi azzurri come il cielo pallido al mattino incontrarono subito quelli di Edith, la sua bocca si distese in un sorriso, sebbene sforzato e privo di qualsiasi emozione.

«Principessa. — Alan fece un profondo inchino e, come richiesto dal costume, sfiorò appena il dorso della sua piccola mano con le labbra — È un onore incontrare finalmente la mia promessa sposa, poter ammirare con i miei occhi la vostra bellezza e asserire senza dubbio alcuno che le voci su di voi non vi rendono giustizia.»
Edith sentì le guance imporporarsi. Nessuno, prima, le aveva parlato in quel modo, usando un tono così lascivo e soave, delle parole che sono un nobile in età adulta e ben a suo agio con tale argomento poteva utilizzare.
«Milord, il vostro onore è anche il mio. — le disse, sperando che la sua voce non risultasse troppo insicura, troppo infantile — Benvenuto a Wilton. Spero che il viaggio non sia stato troppo lungo e faticoso; ad ogni modo, il Priore FitzRobert ha preparato per voi una stanza in cui potrete cambiarvi in vista della cena.»
«Un pensiero molto gentile. — disse, incontrando prima lo sguardo del priore, il quale rispose con un fugace gesto del capo, e poi quello di Gunhild, che abbassò prontamente il proprio — Vi rivedrò a cena, dunque, nella speranza di poter conoscervi meglio.»
«Certamente, Milord.» rispose Edith, facendo strada all’interno del convento.

 


**
  




Per un nobile qualsiasi quella cena poteva apparire frugale, ma per Edith fu il banchetto più ricco a cui partecipava da un anno a quella parte.
Sul lungo tavolo in legno era stato servito un intero maiale arrostito, ortaggi e verdure, pane fatto in casa, uno stufato condito con pregiate spezie orientali e dell’ottimo vino rosso prodotto dalle viti adiacenti alla struttura.
Non c’era alcuna musica ad accompagnare il tutto e rendere l’atmosfera più allegra, ma prima di iniziare a mangiare, subito dopo le preghiere di rito, il coro della chiesa si era esibito in un canto gregoriano che, Edith aveva notato, per poco non aveva fatto addormentare alcuni degli uomini al servizio di Alan.

«Quand’è stata l’ultima volta che avete incontrato il mio nobile padre?»
«Mi rincresce, ma non posso dire di averlo mai incontrato. — rispose Alan — È stato vostro fratello, Edward, a fare le veci di vostro padre: il vostro nobile fratello ed io ci siamo incontrati quattro mesi orsono presso la corte del nostro amato sovrano a Londra, abbiamo discusso della possibilità di una unione ed è stato sempre Edward a darmi la benedizione della vostra famiglia tutta.»
Edith non vedeva Edward da quando suo padre era giunto al convento di Romsay due anni prima e, quando ci ripensava, ricordava ancora il suo sguardo — probabilmente simile al proprio — incredulo nel rivederla faccia a faccia dopo così tanti anni.
Ricordava con calore il suo abbraccio, il modo in cui le aveva asciugato le lacrime dopo l’aggressione di suo padre nei suoi confronti, di come avessero passato, loro due insieme a Mary, la notte successiva a parlare e raccontarsi tutti quegli anni trascorsi lontani.
«Quali notizie giungono dalla corte del sovrano d’Inghilterra? — chiese ancora Edith, oramai giunta ad un’età che le permetteva di parlare, per quanto permesso ad una donna, di politica — Come sta il re?»
«Re William gode di buona salute, come forse ben sapete è nuovamente impegnato in alcune tensioni con la Scozia e la Normandia, quest’ultima adesso divisa tra la fedeltà del suo legittimo signore e quella data al figlio minore del compianto Conquistatore, Henry.»
«La sua fama accresce, dunque?»
In quegli anni Edith aveva udito solo sussurri circa Henry di Normandia e la fortuna che lo accompagnava dovunque andasse; sapeva che, malgrado tutto, era stato capace di tornare nella terra da cui era stato esiliato e conquistare una fortezza nella parte Est della regione, un castello nel quale si era stabilito da due anni.
«Molti sono quelli che si uniscono a lui, in poco tempo si è accerchiato di uomini fidati e capaci; io stesso, che non ho mai avuto molte simpatie per Henry, devo concedergli la mia ammirazione e il mio rispetto.»
«Nonostante ciò, egli per me rimane un lussurioso, un peccatore che persevera senza alcun pudore nel suo peccato. — proseguì Rufus — Mi è giunta voce giusto un mese fa che la sua amante aspetta il loro terzo figlio. L’ennesimo bastardo che…»
Alan si morse la lingua, ricordandosi che quella con cui stava parlando era pur sempre una fanciulla, una donna, una principessa scozzese: «Vi chiedo perdono, principessa. Queste mie parole non sono parole che un fiore delicato come voi dovrebbe udire.»
«Non c’è nulla da perdonare, Milord.» rispose con gentilezza Edith che arrossì violentemente l’istante successivo, quando Alan baciò prima il dorso e poi il palmo della sua mano sinistra.
Abbassò lo sguardo, nascondendo un sorriso dietro ad un calice di vino, pensando che, forse e con il tempo dalla sua, Alan Rufus si sarebbe dimostrato un buon marito.

 


**




Era notte fonda ed Edith non riusciva a dormire. Troppe erano state le emozioni provate in quel giorno di fine estate e troppi erano i pensieri che le affollavano la mente; come se non bastasse, quella che stava giungendo al termine si era dimostrata una notte particolarmente afosa, una di quelle in cui si faticava a rimanere distesi su di un letto o trovare ristoro.
Stando attenta che nessuno la scoprisse, la principessa scozzese lasciò le sue stanze, sbucando nei corridoi di pietra illuminati da poche candele non ancora consumate. Passo felpato, si diresse verso l’esterno, stringendosi in un’ampia tunica da notte ricamata che andava a coprire quella sottostante, sempre di lino ma molto più leggera, che le ricadeva morbida quasi fino ai piedi e stando attenta a non essere vista da nessuno.
Con un po’ di fortuna, sarebbe ritornata nella sua stanza entro un’ora, non vista e con la mente e l’animo più leggero.
Era quasi arrivata alle scale che l’avrebbero portata dabbasso, al giardino interno del convento in cui sperava di trovare una fresca brezza notturna, quando una porta si aprì piano e lei fu costretta a nascondersi in un piccolo anfratto del muro per non essere scoperta.
Facendo attenzione a non esser vista, Edith sporse leggermente la testa all’infuori, abbastanza da riuscire a vedere due figure nell’ombra — un uomo e una donna — ferme sullo stipite della porta.
«È stato un errore. — stava dicendo la donna, il viso basso e la voce spezzata — Non sarei dovuta venire, non avrei dovuto concedermi così…»
«Rinnegate dunque ciò che è successo, i vostri sentimenti per me? — le chiese l’altro, portando una mano tra i lunghi capelli sciolti di lei — Quello che vi ho detto prima di farvi mia non cambia: io vi amo con tutto il mio cuore, Gunhild.»
Sentendo quel nome, il nome della sua amica, Edith sgranò gli occhi per lo stupore: da quando la giovane donna aveva un’amante, da quando quella relazione andava avanti, clandestina e peccaminosa?
«Non possiamo e lo sapete, — cercò di ragionare la mora, scuotendo il capo — Sono una novizia e voi… voi siete promesso.»
Le ultime tre parole furono appena percepibili: «Aye, sono promesso, ma solo perché voi non mi avete dato scelta. Pensavo di avervi persa per sempre, altrimenti non avrei mai accettato la mano della figlia di quel cane scozzese di Malcolm. Io amo voi e solo voi, mia adorata, amerò per sempre voi.»

Un colpo al cuore: quello che stava parlando con Gunhild, il suo amante, non era un uomo qualsiasi, ma era colui che aveva cenato al suo fianco, il lord che suo padre aveva scelto per lei, che molto presto sarebbe divenuto suo marito.
E lui amava un’altra donna, aveva dato il suo cuore a lei, a lei soltanto. Lui, Alan, non l’avrebbe mai amata.
«Pensate a ciò che vi ho detto, amore mio. Giuratemi che ci penserete…»
Con uno slanciò la baciò possessivamente e Gunhild non si ritrasse. Quel bacio, per Edith, fece più male di tutte le parole precedentemente scambiate: quel bacio non mentiva.
«Ci penserò.» rispose con il fiato ancora spezzato a causa della passione messa nel bacio appena terminato.
Alan sorrise nella penombra del corridoio, un sorriso che Edith non riuscì a cogliere: «Andate, ora, svelta. Ci rivedremo domani mattina nelle stalle, come promesso.»
«Come promesso.» fece eco lei prima di un ultimo bacio, prima di scomparire nella notte.

Quando la porta della stanza da letto di Lord Alan si richiuse, Edith uscì dalla penombra, rendendosi conto di star piangendo. Lacrime di rabbia, non di dolore.
Che stupida era stata, pensò, una sciocca ragazzina che per un momento aveva sperato in qualcosa di più per il suo futuro. Non ci sarebbe stato amore per lei, non in quella unione e neanche in quelle future; non ci sarebbe stato affetto, solo un’infinita solitudine.
Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e, silenziosa com’era giunta, tornò alle sue stanze, al suo letto dove rimase stesa a fissare il grigio soffitto ammantato dei colori della notte fino all’alba, fino al momento in cui una delle sorelle non la chiamò per prepararsi al nuovo giorno.  


 



*



Angolo Autrice: E finalmente ritroviamo Edith! In questo capitolo sono successe alcune cose, ma vorrei soffermarmi su di una in particolare: la relazione tra Alan e Gunhild. Molti dibattono sulla natura di questa relazione, ritenendo che lui l'abbia rapita dal convento contro la sua volontà, mentre altri pensano che i due si amassero e che addirittura abbiano avuto una figlia. Io, per ragioni di trama, ho scelto la seconda. E, sempre per ragioni di trama, andrò a sintetizzare molto velocemente nel prossimo capitolo i successivi eventi tra di loro.
Ovviamente, questo avvenimento avrà molte ripercussioni nel futuro, specialmente sulla fiducia di Edith verso gli uomini e il rapporto matrimoniale.
Spero, infine, che questo capitolo vi sia piaciuto, quindi vi invito a lasciarmi oneste opinioni.

Alla prossima,
V.

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Ormhaxan