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Autore: Ayr    22/06/2017    2 recensioni
Ritrovai quelle lettere un po' sgualcite e consumate dal tempo in un anfratto nascosto sotto le assi di legno del pavimento della camera padronale, mentre stavo restaurando Palazzo Cicogna. Erano pochi, fragili fogli di carta che custodivano la travagliata storia d'amore di due giovani durante le guerre di indipendenza.
La maggior parte erano rovinate e illeggibili, ma ho cercato di ricostruirne i contenuti generali, estrapolandoli da quei frammenti di carta superstiti. Ho cercato di restaurare la loro vicenda, così come riporto agli antichi splendori palazzi in decadenza, e davanti ai miei occhi, si è dipanato lentamente il ritratto del loro sentimento, profondo e indissolubile nonostante il tempo e le difficoltà, simile ad un quadro dalle linee pulite e classicheggianti. L'immagine di un bacio si è delineata davanti ai miei occhi, e credo che quel bacio racchiuda l’essenza di questi stralci di vita e di storia, affidati a qualche goccia di inchiostro e sigillati in uno scrigno di effimera carta. È solo una piccola parte delle lettere che riesumai, ben misera a confronto, ma è tutto quello che sono riuscita a racimolare…Spero che sia sufficiente…
[Terza classificata nel contest "In punta di pennello" indetto da Stainless_ sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Milano, 31 agosto 1860

Mio adorato,
come state?

Sono molto addolorata per il giovane Gaspare, la notizia è giunta a noi assieme alla sua salma, poco prima che mi arrivasse la vostra missiva. Conosco i Tibelli, ed è stato un onere straziante e imbarazzante porgere loro le nostre condoglianze. Cosa si può dire ad una madre in lacrime per la morte prematura del proprio unico figlio? Come la si può risollevare dal dolore e dalla desolazione? Nessuna parola né gesto saranno mai abbastanza per riportare in vita quello che le è stato strappato.
È così penoso conversare con qualcuno in lutto: ogni parola sembra detta a sproposito, e stonare con il contesto, ma anche il silenzio è increscioso e opprimente, simile ad una coltre pesante che schiaccia e toglie il respiro.

Mi rammarica confessarlo, ma fu con sollievo che mi allontanai da quella casa ammantata di nero e tristezza.
Prego Iddio ogni sera perché vegli su di voi e sulla vostra incolumità e vi ho raccomandato alla Vergine Santissima perché vi preservi e vi riporti da me sano e salvo. È un desiderio egoistico, ma il solo pensiero che vi possa succedere qualcosa mi stringe il cuore. Mi affido a loro, perché possano ricondurvi a me vivo, se come vincitore o vinto mi è indifferente.
Le barbarie descritte nella vostra ultima missiva sono giunte alle nostre orecchie qualche giorno addietro, e un sentimento di sgomento e orrore ha avvinto tutti, sottraendoci per un momento l’aria dai polmoni e lasciandoci boccheggianti e sconcertati. Per quanto ne fossi già a conoscenza, non ho potuto reprimere l’ondata di sconforto e tristezza che si è abbattuta su tutti, lacerando i nostri cuori e sgretolando un poco la nostra serenità e la nostra speranza.

Mamma stava per avere uno svenimento, e solo per il tempestivo soccorso della cameriera non è ceduta alla forza delle proprie emozioni. Papà ha commentato che, come sempre, non ha potuto fare a meno di sfruttare le proprie doti di attrice melodrammatica e attirare l’attenzione di tutti.
L’atmosfera è molto tesa e le notizie dal fronte contribuiscono a esacerbarla. Voci poco confortanti giungono da Torino: la vostra impresa, per quanto sia stata accolta con entusiasmo, inizia ad essere vista con occhio sospettoso e guardingo. Temono che Garibaldi, trascinato dal fervore che sempre lo ha caratterizzato, e dal desiderio bruciante di una patria unita, possa commettere qualche gesto avventato e compromettere gli accordi precari che assicurano la pace e rabboniscono la Francia. La politica e i meccanismi che regolano questo mondo non sono mai stati un’attrazione per me, troppo complessi e aggrovigliati per la mia mente istruita con letteratura, musica, danza e cucito- conoscenze ben poco utili per comprendere argomenti tanto spinosi…ma anche la mia istruzione frivola e superficiale è bastante per comprendere quanto preoccupante e nervosa sia la situazione.
Sono in pensiero per voi, e spero che codesti pettegolezzi malevoli siano infondati, e la vostra ardita impresa non venga così barbaramente affondata.
Ricordo con piacere le vostre accese discussioni sull’importanza di una Nazione che raccogliesse tutti gli abitanti della Penisola e desse loro un’identità in cui riconoscersi e rifugiarsi. Il colore che tingeva le vostre guance quando pronunciavate quasi in estasi la parola “Italia”, era paragonabile al rossore che imporporava le mie gote quando vi ho scorto le prime volte, fiero e cupo come una statua di granito di un condottiero. Mi avevate conquistato con quel vostro contegno riservato e schivo, che celava un animo sobrio, umano, leale, prodigo e schietto; vi siete rivelato di lingua, e spesso di man, prode, di ratti passi, pensieri, atti e accenti. Questo vostro fuoco indomabile mi ha lambito e mi ha bruciata, consumandosi nel mio amore per voi.

Spero che riusciate a trovare un poco di conforto nel mezzo di quell’Inferno, come io lo trovo nel libro di poesie di cui mi avete fatto dono prima della partenza.
In ogni componimento rivedo una parte di voi: ogni verso è il tassello di un mosaico che costruisce la vostra immagine, e bacio trepidante le pagine che rievocano le vostre labbra. Bramo di rivedervi ancora, e poter assaporare nuovamente le promesse della vostra bocca, prego perché quel bacio, rubato sugli scalini del cortile, non si tramuti in un bacio d’addio, ma possa essere replicato infinite volte, in maniera sempre diversa eppure uguale quando tornerete a Milano.
Indosserò lo stesso abito di quel giorno, quello dello stesso colore del cielo di Sicilia, cosicché, quando vi bacerò, sembrerà che il tempo non sia mai trascorso ma si sia cristallizzato in quell’attimo di sublime bellezza. Sarà cambiato tutto, ma tutto sarà rimasto immutato. Voi sarete diverso e anche io lo sarò, ma il nostro amore, quel sentimento profondo e indissolubile che ci lega nonostante la distanza, sarà rimasto invariato.
Vi amo con tutta me stessa. E nei miei momenti di maggior sconforto, quando la lontananza mi trafigge e mi lacera il cuore con i suoi artigli, rievoco quel bacio, e la tempesta che strazia il mio animo si placa.

Ricordo con chiarezza ogni attimo: voi che fremevate per la partenza, ma nel contempo non volevate abbandonarmi, io che da un lato cercavo di trattenervi, ma dall’altro vi spingevo a partire, perché come il mio, anche il vostro cuore era diviso tra i doveri verso di me e quelli verso la patria. Rimembro la dolcezza delle vostre labbra e quella lacrima salata che ha reso il bacio più amaro e più vero.
Ricordo persino i passi della fantesca, lievi eppure inesorabili come il tempo che corre e non si arresta. Mi stava cercando, e voi, all’udirli, capiste che quegli attimi sarebbero stati gli ultimi – granelli di sabbia preziosi trafugati, in segreto, alla clessidra della vita- e siete diventato più ardente e passionale. Il vostro bacio si è fatto più languido ed infuocato e, a volte, ritrovo tra i recessi più profondi delle mie labbra, le ceneri assopite di quel fuoco.

E il ricordo è straziante e bellissimo assieme, come un quadro che non si può toccare ma solo ammirare.
Con esso, giungono anche le rimembranze galeotte dei baci sottratti di nascosto negli abbandonati anfratti gotici di Villa Lavanda, con i suoi soffitti alti e gli antri grigi e polverosi e le gorgoni truci che sorvegliavano i portoni, a una delle quali voi, un dì, staccaste per errore il naso e me lo donaste, come spiritoso pegno del vostro amore. Riemergono, come compagne di una danza della reminiscenza, l’’incontro casuale e l’intreccio accennato delle dita durante le passeggiate lungo il Corso, tenuti segreti per non destare scalpore, e resi più eccitanti per la loro segretezza, e i tramonti barocchi sui Navigli, e il gelato che rinfrescava quell’incendio di luci e nuvole scarlatte, simile ai cieli dell’Apocalisse affrescati sulla volta di quella chiesa in campagna, dove ci rifugiammo quando venimmo sorpresi dall’acquazzone. Codesti momenti trascorsi assieme ritornano in maniera inaspettata e subdola, cogliendomi negli istanti in cui la mia mente non è concentrata, e lascio che spazi per i meandri della mia fantasia.
E dopo un folle volteggio tra queste memorie care e preziose, evoco sempre quel bacio, l’ultimo, straziante ricordo che ho di voi, per questo più squisito e amato degli altri.
Ricordo il desiderio bruciante delle vostre labbra, la loro ricerca affannosa e il loro abbandonarsi contro le mie. Sento ancora sotto le dita la stoffa ruvida del vostro mantello da viaggio, gettato in fretta sulle spalle per correre dal vostro comandante.

Papà, scherzando, sostiene che dovrei preoccuparmi del fatto che preferiate rincorrere un uomo, piuttosto che rimanere con la vostra promessa.  Mamma, come sempre, inasprisce la questione e la distorce completamente insinuando che siate un ribaldo avventato e animato da troppo fervore, sfuggente come il vento e non ancora pronto a legarvi a qualcuno.
Ma è proprio questo che mi piace di voi e che mi ha conquistata: siete sempre così pieno di energie e di vita, ardente nelle vostre passioni e saldo nelle vostre convinzioni, disposto a immergervi in esse completamente e a sostenerle fino alla morte.
Vi ammiro molto per questa vostra forza, e per il coraggio con cui affrontate i rischi che continuamente correte in quel luogo, lontano da casa, impervio e sconosciuto.
Le meraviglie del paesaggio dell’assolata Sicilia, che mi avete descritto, paiono sublimi e accoglienti. Mi riportano alla memoria le figure smaltate delle scatole di latta dei confetti che portava a casa vostro zio, la Domenica. Ancora viene a pranzo da noi, e ogni volta mi permette di leggere le lettere che gli inviate, anch’esse ricche di spettacoli raccapriccianti ma anche di speranza.

Mi piacerebbe molto vedere di persona ciò che, al momento, mi è concesso solo immaginare, e ammirare assieme a voi le rovine che tanto vi ammaliano.
La vostra lontananza mi è per me la peggiore delle agonie e un’ambascia continua, e cerco, con ogni mezzo possibile, di relegarla in un angolo del mio animo, e di distrarmi e tenermi occupata come posso.

Vi sto confezionando un nuovo mantello; quello con cui partiste era già vecchio e provato, e con le peripezie che vivete ogni giorno diverrà logoro, stracciato e inutilizzabile. È di un caldo color caffè, come quello che indossaste il giorno in cui partiste…Mi sembra di essere una vecchia vedova sola, che reitera e macina i ricordi continuamente, tormentandosi con le misere memorie che ancora la sua mente stanca e afflitta riesce a trattenere, mai uguali agli originali o a quelli precedenti, se non per i sentimenti e l’affezione associati a essi. Lentamente sto prendendo le sembianze della Vedova Caccia, quella cara signora che vi fermò quel dì per chiedervi di portare per lei le borse della spesa, ché i suoi figli erano entrambi lontani e lei non aveva più nessuno se non i loro ricordi e i loro ritratti sbiaditi. Allora ebbi occasione di sperimentare anche il vostro cuore generoso e il vostro animo gentile, che vi portano a sostenere e soccorrere i più bisognosi, come ora è indigente quest’Italia ancora divisa e spezzata. Avete udito il suo grido d’aiuto e siete accorso in suo aiuto.
Non vi sto rimproverando per essere partito, ma mi rammarico solo di non sapere quando vi rivedrò ancora, e se sarete lo stesso che baciai quando vi lasciai tre mesi orsono.
Spero che sfiorando di nuovo le vostre labbra possa ritrovare il sapore familiare e rasserenante del vostro ardimento, della passione e della determinazione che le accesero quel dì, assieme alla nobiltà d’animo e alla composta riservatezza che mi fecero innamorare di voi.
Vi amo e vi rispetto come la prima volta che vi incontrai, in Piazza Duomo, e vostro ci presentò. Il vostro nome suonò subito soave alle mie orecchie, sebbene il vostro sguardo serio mi intimorì, subito mitigato dal vostro sorriso radioso, che mi trafisse il cuore.
Lo stesso sorriso me lo riservaste quel dì, poco prima di fuggire inghiottito dalla tromba delle scale. Fu la rassicurazione che avreste mantenuto la promessa di tornare in trionfo, paladino di un’Italia unita, per congiungere nuovamente ciò che è destinato a rimanere unito ed era stata diviso, la Nazione come le nostre anime.
Vi aspetto,


Per sempre vostra
Giulia
   
 
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