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Autore: Ormhaxan    07/07/2017    8 recensioni
Gabrielle Nakovrar ha diciotto anni quando, seguendo le orme di suo padre e sua nonna prima di lei, entra a far parte della Bræthanir, la Fratellanza, gruppo di spietati e famigerati soldati al servizio dei sovrani di Yvjór, il regno della Primavera.
Ben presto, però, si renderà conto che dietro la gloriosa facciata fatta di palazzi maestosi, balli in maschera e sorrisi accondiscendenti si nasconde qualcosa di più profondo, oscuri segreti custoditi da secoli e la volontà di annientare coloro che dovrebbe essere protetti.
Nel regno a Nord di Ynjór, estremo baluardo che ancora resiste al dominio dei sovrani della Primavera, gli ultimi discendenti dei Sýrin, i mutaforma che un tempo popolavano ogni angolo dell'isola di Vøkandar, si stanno riunendo, insieme ad altri ribelli, sotto il comando di una combattente misteriosa che si fa chiamare Narmana.
E sarà proprio Narmana e il suo esercito che Gabrielle, adesso conosciuta con il nome di Nako, dovrà cercare di combattere quando la regina Lorhanna e il suo fratello bastardo, Lucien, ordineranno alla Fratellanza di marciare verso Nord in una missione che sembra essere un suicidio preannunciato.
Il vero nemico avrà realmente le sembianze di un lupo albino?
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Lorhanna Yvjórst aveva sempre odiato il bianco.
Il bianco era il colore della propria coscienza, l’assenza di un suono, il luogo dell’invisibile; il bianco era il colore della neve, il colore del freddo, il colore del Nord; il bianco era il colore del tradimento, della sconfitta, della perdita. Il bianco era tutto ciò che odiava.
Sua sorella Norhanna, quella sciocca illusa, aveva amato quel candore con tutto il suo cuore, lo aveva fatto entrare nel suo letto ed era morta partorendo un essere albino dalle fattezze di neonato, una creatura che aveva disgustato l'allora giovane principessa dal primo momento in cui aveva posato i suoi occhi color dell’ambra su di lui.
Il bambino, a cui era stato dato il nome di Mikhal, non aveva nulla della stirpe degli Yvjórstin: non il colore della pelle, che era pallida e traslucida; non gli occhi color ambra, rimpiazzati dal gelido ghiaccio; non i capelli corvini, che invece erano bianchi come una nuvola.
Ogni cosa in lui rivelava la sua natura di Sý e con il passare del tempo sarebbe persino divenuto un dominatore della Terra o, ancor peggio, dell’Acqua — l’esempio vivente di tutto ciò che il padre di Lorhanna e i suoi avi prima di lui avevano cercato di annientare con tutte le loro forze.
Norhanna era morta da quasi diciotto anni, il suo bambino l’aveva seguita quasi tre anni dopo eppure le minacce al suo trono non erano ancora cessate: continui erano i tentativi di mettere in discussione il suo ruolo, voci circolavano tra il popolo secondo cui il bambino non era morto davvero; altri parlavano di un gemello segreto, di una gemella, del fantasma di Norhanna visto aggirarsi per le strade della Capitale. Voci, voci, stupide voci che si aggiungevano al tentativo di calunnia di quello stupido di suo cugino Lucas e al suo imperdonabile tradimento.

Avrò la sua testa e quella di coloro che lo hanno spalleggiato. Avrò vendetta e il loro sangue sarà un esempio per tutta la popolazione.


«Non allarmatevi, mia dolce Regina, vedrete che tutto andrà per il meglio.»
La soave voce di Damien e il suo lieve tocco tra i capelli corvini la strapparono dal flusso di pensieri fatto di preoccupazioni e amari ricordi che aveva avvolto la sua mente.
Trovato il suo sguardo, il giovane uomo dalla costituzione minuta le sorrise nel modo in cui solo lui sapeva sorridere, facendola sentire compresa e amata, e per un attimo Lorhanna credette ciecamente nelle sue parole: dopo tutto, Damien era, insieme a suo fratello Lucien, l’unica persona fidata che le restava in quel mondo scintillante che, ai suoi occhi ambrati, diveniva ogni giorno più buio e triste; era l’unico in grado di capirla e farla sorridere anche quando non c’era alcun motivo di farlo.
«Narmana e i suoi traditori sono sempre più potenti. — sussurrò a denti stretti, chiudendo a pugno le sottili mani fino a farsi sbiancare le nocche — Le terre a Ovest sono irrequiete, nonostante siano passati trecento anni dalla loro sottomissione non hanno mai accettato il loro essere inferiori, di prostrarsi passivamente davanti alla forza della Primavera. Voci dicono che i mutatori di pelle sono stati nuovamente avvistati vicino Dvér, la città dell’Autunno, e nonostante la Fratellanza…»
«La Fratellanza è nata per salvaguardare la monarchia, il suo futuro ed è quello che continuerà a fare per molti e molti anni. — la voce di Damien era fredda e calda al tempo stesso; il suo volto androgino, contornato da neri capelli tagliati all’altezza del mento, era imperturbabile — Dopo tutto, nessuno di loro sospetta nulla. Vero?»
«No, nessuno e non dovranno mai sospettare. — Lorhanna giocò distrattamente con una perla nera del suo vestito scarlatto, come sempre faceva quando qualcosa la preoccupava — Se i dissidenti del Nord dovessero… se la Fratellanza dovesse…»
«Tutto andrà bene! — Damien le incorniciò il viso tra le mani morbide e, ben consapevole di essere da solo con lei, avvicinò il proprio viso al suo e la baciò a fior di labbra — Il nostro amato Lucien non permetterà a nessuno di farvi del male o arrecarvi disonore. Ucciderebbe anche l’ultimo neonato della Capitale pur di salvaguardare il vostro trono, le vostre tradizioni, la Storia di questo regno che è tanto vostra quanto sua.»

 
 


**
 



Quando Lucien raggiunse le stanze reali la trovò assorta nei suoi pensieri.
Lorhanna era in piedi davanti alla finestra, lo sguardo fisso oltre il vetro permeato dai raggi del sole: dall’ala Est del palazzo poteva vedere l’ingresso maestoso e ogni punto dell’immensa struttura costruita secoli prima dalla sua famiglia e questo le riportava alla mente nebulosi ricordi.
Era stato suo padre che, per primo, aveva raccontato a lei e a sua sorella Norhanna, all'epoca entrambe bambine, la storia un tempo narrata in antichi testi oramai perduti circa la fondazione del palazzo di Yvjóstafir.
La leggenda sosteneva che erano stati gli ultimi discendenti della stirpe dei Dvérin, signori dell’Ovest capaci di dominare l’aria e di parlare la lingua della foresta, a contribuire alla realizzazione della dimora in occasione del matrimonio dell’erede al trono della Primavera con Aranel, principessa di Dvér, la stella più preziosa del suo popolo e loro più grande orgoglio.
Come il palazzo, anche la triste storia di Aranel era divenuta leggenda: la sfortunata principessa era dipartita due anni dopo il matrimonio dando alla luce un bambino nato morto e suo marito, distrutto dalla perdita, era impazzito e si era gettato dalla torre più alta di quello stesso palazzo che era stato al tempo stesso la dimora e la tomba della sua amata.
Da quel giorno in avanti, tutto era cambiato e niente era stato più uguale…

«Ebbene?» Lorhanna non lo guardò, non distolse lo sguardo dalla città che stava ammirando oltre le mura del palazzo.
«Il nostro adorato cugino è fuggito, ma siamo sulle sue tracce e fiduciosi che lo raggiungeremo prima che oltrepassi il fiume Marén. — Lucien non mostrò alcuna vergogna nel rivelare una, seppur parziale, sconfitta, la sua voce era sicura e tranquilla — Inoltre, abbiamo catturato alcuni degli abomini del Nord e, con l’aiuto giusto, riusciremo a far rivelare informazioni preziosi sui Narman e la loro misteriosa condottiera Narmana.»
«Bene, ma stai attento a non far avvicinare i più giovani o chi reputi debole a nessuno di loro: sai bene che il sigillo è ancora troppo debole e se si dovesse…»
«Nessuno scoprirà nulla, mia adorata. — Lucien si avvicinò alla sorella e le cinse la sottile vita con le braccia possenti — La Fratellanza è forte, come sono forti e saldi i lucchetti che chiudono i nostri segreti. Con un po’ di fortuna, presto anche Ynjór cadrà ai tuoi piedi e tu sarai la regina di tutta Vøkandar.»
«E tu sarai al mio fianco come sempre. Vero, fratello?»
Lucien sorrise e, sebbene molti avrebbero rabbrividito nel vedere quell’espressione più simile ad un ghigno folle che a un sentimento di affetto, il cuore di Lorhanna si allietò: «Sempre, mia dolce sorella. Sempre.»
 

 

**





Lucien ricordava bene com’era iniziata la conquista dei regni dell’isola di Vøkandar.
Tutto aveva avuto inizio con la morte del compianto e nobile sposo di Aranel, al quale era succeduto al trono suo fratello minore, Kol, uomo ambizioso e crudele, il quale aveva dato inizio ad una guerra sanguinosa contro la stirpe dei Dvérin, signori nelle terre a Ovest dell'Æntall, il Sempre Verde bosco che per centinaia e centinaia di anni aveva diviso i regni dell'Autunno e della Primavera; quella stessa guerra che si era protratta per cento anni e conclusa con l’estinzione della casata nemica e l’annessione del regno a quello della Primavera.
Da quel preciso momento, da quella importante conquista, era iniziata una seconda era, un’era gloriosa per il popolo di Yvjór e per la stirpe il cui sangue, seppur in parte, scorreva nelle sue vene.
Suo padre, il suo nobile padre, aveva amato sua madre, la sua sciocca madre non abbastanza nobile per sposare un figlio di Yvjór, abbastanza da essere la sua amante e generare un figlio degno della corte ma non del trono.
A modo suo, suo padre lo aveva amato, si era preso cura di lui quando la febbre si era portato via sua madre e lo aveva reso ciò che era: uno stratega, un combattente, un uomo spietato, un Bræstvenin, il cinquantesimo dalla fondazione della Fratellanza.
Era stato il terzo bastardo reale a coprire quel ruolo e, come i suoi due predecessori, anche Lucien era intenzionato a rimanere nella Storia — quello e molto di più.
Da tempo, oramai, aveva la fiducia di Lorhanna — Lorhanna che era avida di potere e gloria, aveva una mente malleabile ben diversa da quella di Norhanna che, sin dal primo giorno del suo regno, si era dimostrata cocciuta e irremovibile nelle sue decisioni.

— Lorhanna ha pianto quando lei è morta, nonostante tutte le loro differenze e i loro dissidi ha pianto sua sorella maggiore, mentre io ho gioito e fatto anche di peggio… —

Arrivò alle celle del palazzo in tutta fretta, scendendo una scala a chioccia dopo l’altra e dovette fare affidamento su tutta la sua forza di volontà per non sembrare disgustato a causa del tanfo di ferite putride e sangue rancido che saturava l’aria.
La prima volta che aveva messo piede là sotto era stato un bambino e al suo fianco c’era suo padre; poco era cambiato da allora tra quelle quattro mura: non le pareti di mattoni rossi, non la luce giallastra delle torce, non il soffitto pieno di muffa o il pavimento appiccicoso e sporco.

«Bræstven.» l’anziano carceriere a capo delle prigioni lo accolse con un inchino reverenziale. Tutti in quelle quattro mura lo rispettavano e temevano allo stesso tempo, eseguivano alla perfezione i suoi ordini, terrorizzati al sol pensiero del suo temperamento e della sua implacabile ira che, negli anni, gli avevano fatto guadagnare il soprannome di Zhérion, Ferro.
«I traditori sono stati incatenati e incarcerati come chiesto?»
«Sì, Milord, anche se uno degli abomini è perito durante il trasporto. Le sue ferite erano troppo profonde e gravi, non c’è stato nulla da fare.»
«Meglio così, — si ritrovò a dire Lucien, quasi divertito al pensiero di una di quelle belve dalla pelle umana che si dissanguava fino alla morte — una bocca in meno da sfamare e un nemico in meno da combattere. Ditemi, dov’è si trova il Sý dalle sembianze di orso?»
«Da questa parte, seguitemi.»

Lucien seguì l’uomo dai radi capelli bianchi verso un lungo corridoio ancor più buio e fetido del precedente e si fermò solo quando davanti a lui, oltre le sbarre rinforzate e imbevute di una sostanza orticante e velenosa, si parò la figura incatenata e ferita di un uomo dalla pelle bianca come il latte e la statura possente.
In un primo momento, chiunque lo avrebbe scambiato per un ragazzo, ma Lucien conosceva perfettamente i poteri derivanti dalla natura di Sý, la lunga vita che ogni mutatore di pelle aveva in dono, anni e anni passati con le sembianze di giovani bellissimi e spaventosi allo stesso tempo che sembravano non invecchiare mai, non conoscere mai la vecchiaia e la morte.
I suoi precettori erano stati i primi ad insegnarli tutto ciò che uno nella sua posizione, un bastardo reale destinato alla grandezza, doveva conoscere; era stato uno dei suoi maestri a concedergli, all’età di undici anni, l’occasione di mettere le mani su uno dei libri proibiti, uno dei tanti che popolavano le biblioteche del palazzo reale e che solo i discendenti della Primavera potevano consultare per apprendere le antiche storie risalenti alla notte dei tempi, studiare quelli che da molti anni erano divenuti il nemico.

« Yvjórsekk!» esclamò il prigioniero dall’altra parte della cella, alzando il suo sguardo e incontrando quello impassibile di Lucien.
Il comandante della Fratellanza aveva perso il conto del numero di Sýrin che aveva incontrato e ucciso, dimenticato i loro volti, eppure quella volta fu diverso: quella volta, Lucien ricordò perfettamente l’uomo al suo cospetto, un uomo che aveva conosciuto tanti anni prima, quando sua sorella Norhanna sedeva sul trono e, per la prima volta dopo cento anni, una delegazione composta da Sýrin e ribelli del Nord era giunta nella capitale.
«Serghej. — sussurrò compiaciuto, ghignando al pensiero di aver finalmente incatenato quel borioso mostro che per settimane lo aveva guardato con sufficienza, disprezzato e deriso persino — Le nostre strade si incrociano nuovamente.»
«Avrei preferito incrociare la mia strada con la vostra solo per ridere sul vostro cadavere, per sputare sul vostro corpo privo di vita e gridare vendetta per colui che è stato mio amico e fratello.»
«Colui che si è macchiato le mani con il sangue del suo sangue ed è morto come il cane che è sempre stato, intendete. — corresse Lucien — Mikka era un folle, un pazzo che ha sedotto la mia ingenua sorella, macchiandola per sempre e uccidendola con un abominio nato dalla magia oscura e discendente da una razza che dovrebbe essere estinta.»
Serghej buttò la testa all’indietro e rise, mostrando i suoi canini affilati: «Ben presto scoprirete, Lucien, che la mia razza è ben lontana dall’estinzione.»
«Siete molto fiducioso per essere dietro delle sbarre, incatenato e prossimo alla morte. — anche quella volta, Lucien non si scompose — Prima, però, ci assicureremo di cavare informazioni preziose da quella vostra bocca fetida, notizie sui vostri amici ribelli e questa Narmana che si atteggia a sovrana del Nord.»
«Nessuna informazione uscirà dalle mie labbra e voi lo sapete bene. — Serghej sputò verso le sbarre, non abbastanza lontano per raggiungere il viso spigoloso di Lucien — I miei segreti, come i miei giuramenti, li porterò con me nella tomba.»
«Lo vedremo. — concluse prima di rivolgersi alle guardie — Portatelo al più presto nella Stanza Rossa e siate molto persuasivi quando cercherete di farlo confessare: la regina, come io stesso, si aspetta delle preziose informazioni e, in caso contrario, sarebbe molto delusa nel non riceverne.»


 


*




Glossario & Albero genealogico dei sovrani di Yvjòr:



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Vøkandar: isola in cui si svolgono le vicende. Nella mia mente, è simile all'Islanda, solo più grande e solo in parte dominata dai ghiacci.
Yvjór: il Regno della Primavera. Il suo territorio si estende a Sud dell'isola ed è governato da un monarca.
Yvjóstafir: l'Eterna Primavera. Capitale del regno di Yvjór che si trova a Sud-Est dell'isola e si affaccia sul mare.
Ynjór: il Regno dell' Inverno e della Neve. E' il regno che si estende a Nord del Marén, il fiume Azzurro. E' il solo regno a non essere stato conquistato dai monarchi della Primavera.
Sýrin, i mutaforma del Nord: un tempo erano presenti in tutta l'isola, ma adesso sono decimati e sono presenti solo a Nord. Il singolo componente di questa "razza" viene chiamato Sý e solitamente ha il manto albino.
Narman: sono i ribelli del Nord, tra i quali ci sono sia i Sýrin che persone comuni. Il loro comandante si fa chiamare Narmana.
  
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