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Autore: emylee    17/07/2017    4 recensioni
Dopo la Battaglia di Hogwarts, Harry si ritrova a vivere quasi peggio di un Magonò, perché la sua magia sembra essersi spenta. Per vivere finalmente una vita normale, decide di abbandonare il Mondo Magico e fare il Babbano in una nuova città.
Ma... sorpresa! Forse è ancora accesa una fiammella, da qualche parte.
Si avvicinò al gufo e notò praticamente subito il pezzo di pergamena arrotolata e attaccata alla zampina. Senza perdere tempo, lesse velocemente il messaggio al suo interno e non poté fare a meno di sbiancare. Accartocciò la pergamena e la pestò sotto ai piedi, sperando che sparisse.
So dove vivi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: Mpreg | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hundred sea'
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Harry non era mai stato il tipo da restare con le mani in mano, o di ignorare per troppo tempo le tentazioni. Il gufetto di Hermione fece il nido ormai fuori sul suo balcone, prendendo la ringhiera come se fosse il suo trespolo – ed avere lì accanto, a pochi metri di distanza da dove mangiava ogni sera, l'unica cosa che avrebbe potuto collegarlo alla sua vecchia vita, lo stava facendo diventare pazzo. Persino la vecchietta della porta accanto, quando era venuta a ritirare l'affitto, gli aveva fatto notare che ormai il suo balcone era diventato una guferia e avrebbe dovuto dare una lavata al pavimento pieno di piume ed escrementi. Harry, arrossendo, si limitò ad annuire.

Fu così che, una settimana dopo la visita di Draco Malfoy, afferrò carta, penna e gufo, e inviò un messaggio proprio a Malfoy.


Domani è sabato e non hai lezione, ti va di bere qualcosa?

  • H


La risposta non si fece attendere molto. Arrivò persino prima che Harry iniziasse a pentirsi di averlo fatto e di aver dato retta al suo istinto che, non poi spesso, lo aveva portato sulla buona strada.


Per il tea delle cinque sarò da te.

  • Draco


Il giorno dopo si svegliò trepidante e agitato. Andò a lavorare con l'ansia che saliva con l'avvicinarsi delle cinque, tanto che, alle tre, Vivianne lo cacciò via dopo aver rovesciato il quinto caffè sul bancone. Se ne andò non prima di aver comprato dei dolci e vari tipi di tea: sapeva che Malfoy aveva dei gusti raffinati, ma se li sarebbe fatti bastare.

Arrivato a casa, si chiese cosa diamine stesse facendo. Aveva così tanta voglia di ricevere un ospite che non fosse la vecchietta della porta accanto che si stava addirittura preparando all'arrivo di Malfoy come se quello fosse... un appuntamento. Dopo quel pensiero, fece sbattere la fronte sul legno del tavolo nello stesso istante in cui sentì il rumore di Malfoy che si materializzò a pochi metri da lui.

«Hai la testa troppo dura, Potter, devi farlo con più forza.»

Harry grugnì, alzandosi per andare a prendere i dolci e il tea, «Ciao, Malfoy.»

In silenzio, prese un piccolo vassoio e ci mise sopra i dolci ripieni di cioccolato e vaniglia, e prese due tazze riempiendole di tea. Sedendosi di nuovo a tavola, per infiniti minuti mangiarono e bevvero in silenzio.

Fu Malfoy a rompere il silenzio, «Questo tea fa schifo, ma i dolci non sono per niente male. Oserei chiederti quasi del succo di zucca al posto di questo.» disse, e indicò la tazza piena a metà di fronte a lui.

«I Babbani non bevono succo di zucca. Ho della Coca Cola se vuoi.»

«Cosa Cosa?»

«Coca Cola.»

Malfoy scosse la testa, una smorfia nascente sulle labbra bianche e sottili, «No, a questo punto preferisco il tea. Perché mi hai mandato quel gufo, Potter?»

Harry posò la tazza davanti a sé e ci giocherellò per un po', godendosi il tepore del tea attraverso la ceramica decorata. Perché l'aveva fatto? La risposta era semplice e se l'era ripetuta per tutta la settimana, cercando di convincersi, prima di farlo, che era una cosa normale e che non avrebbe fatto del male a nessuno. Malfoy non era Hermione, o Ron, o Ginny. Non avrebbe sofferto quando avrebbe di nuovo staccato i ponti, quando la diversità sarebbe stata troppo da sopportare. Poteva godersi la compagnia di qualcuno di magico ancora per un po', perché ogni giorno sembrava che la malinconia e la nostalgia diventavano sempre più insopportabili.

Quando parlò, se ne pentì. «Mi mancavi.»

«Ti mancavo? Questa è nuova.»

Harry arrossì, imbarazzato oltre ogni limite, «Beh, quindi? Anche se in modo negativo, mi sei sempre stato tra i piedi in tutti questi anni, e così come mi manca avere i miei migliori amici accanto, mi manca anche avere il mio peggior nemico.»

«Sono il tuo peggior nemico?»

«Ora che Voldemort è morto, sì.»

Malfoy fece una smorfia che era un misto tra terrore e divertimento, che lo rese persino buffo ai suoi occhi, ma cercò in qualunque modo di non scoppiargli a ridere in faccia. «Non è divertente, Potter. Quel nome ancora non lo dice nessuno.»

«Beh, io lo dico tutte le volte che voglio. Voldemort mi ha tolto tutto: la mia famiglia, la mia vita, la mia magia, e non voglio avere paura anche solo di dire il suo nome. Non ne avevo quando era vivo, e non ne avrò adesso che è morto.»

Malfoy sorrise, sghembo. «Non sei cambiato per niente. Nonostante tutto, sei sempre lo stesso, irritante, eroico, grifondiota, Potter.»

«Cretinverde.»

«Schifondoro.»

«...Serpendiota?»

La risata di Malfoy fu leggera eppur rumorosa, e Harry non riuscì a credere di quanto fosse facile scherzare con Malfoy quando riuscivi a prendere le sue parole alla leggera, quando non c'era più il peso di alcuna guerra sulle spalle di entrambi. Fece sentire un po' meno la nostalgia di casa parlando degli ultimi pettegolezzi di Hogwarts e di come i lavori per ricostruire la scuole non erano ancora finiti, mancavano ancora il campo da Quidditch e i sotterranei da rimettere in piedi. I Serpeverde si erano trasferiti al terzo piano abbandonato e la McGranitt aveva trasfigurato intere aule in dormitori provvisori. Malfoy e gli altri alunni che erano tornati a scuola per il loro ottavo anno, erano stati messi tutti in dei dormitori a parte.

Quando fu l'ora per Malfoy di tornare ad Hogwarts, disse: «Torno domani per il tea. Ma lascia perdere il tea, l'importante che ci siano gli stessi dolci di oggi.»



Tornò il giorno dopo, e anche la settimana successiva. Passò così più di un paio di mesi dove quasi tutti i fine settimana – a parte quando era troppo pieno tra compiti e assegnazioni – Malfoy – Draco – veniva nel suo appartamento e gli faceva compagnia. All'inizio era solo per l'ora del tea, ma con l'andar dei giorni, Draco arrivò per l'ora di pranzo, e restò fino all'ora di cena. Passarono anche Halloween, Natale e Capodanno insieme. Non che Harry avesse voglia di mandarlo via – ed era questo a preoccuparlo di più: non voleva che Draco smettesse di fargli visita, assolutamente. Il suo bisogno di staccarsi da qualsiasi cosa fosse magica sembrava essersi assopito, perché con lui non si sentiva diverso, o anormale. Non esternava troppo la sua magia, a malapena prendeva la bacchetta giusto per smaterializzarsi per andar via – quella di biancospino, ormai, restava abbandonata in un cassetto nella sua camera da letto – e ad Harry non pesava molto il fatto di essere un Magonò. Sembrava assurdo, considerando che colui che lo faceva sentire così era proprio Draco Malfoy, lo spocchioso Purosangue che aveva reso un inferno gli anni scolastici di tutti i Mezzosangue di Hogwarts, figlio di Mangiamorte e Mangiamorte lui stesso.

Passavano i giorni, e Harry scopriva un Draco più divertente e accomodante, di un'intelligenza acuta e sarcastica. Un Draco che non aveva mai perso tempo a conoscere prima, ma che adesso non vedeva l'ora di vedere e contava i minuti che lo separavano dal suo arrivo. Sapeva cosa questo significava, ma non voleva neanche pensarlo per non renderlo più vero: nonostante stesse bene, adesso, continuava ad essere un Magonò, e Draco non avrebbe mai potuto avere un qualsiasi interesse verso di lui che non fosse la novità del momento, il Salvatore del Mondo Magico che richiedeva la sua compagnia. O forse era perché si sentiva in debito, proprio non sapeva, ma era certo che non avrebbe potuto ricevere di più. Poco male, si sarebbe accontentato. Anche se, ormai, sapeva che quelle frasi fatte non lo avrebbero portato da nessuna parte e ci sarebbe cascato lo stesso, proprio come non era riuscito a vincere la malinconia o la tentazione.

«Ma il gufo come si chiama?» gli chiese un giorno Draco, mentre stavano mangiando da asporto a casa sua. Draco non aveva mai mangiato roba Babbana o cibo spazzatura, ma dopo i primi tempi che stava sulle sue e faceva lo schizzinoso, aveva iniziato ad adorare il cibo cinese del ristorante in fondo alla via.

«Ehm, boh.» aveva la bocca piena dal raviolo che stava mangiando, e Draco non mancò di disgustarsi a dovere, anche se non staccò lo sguardo.

«Ingoia prima di parlare, Potter. Sembri un bambino di quattro anni, per Salazar. Comunque, davvero non sai come si chiama? Pensavo fosse tuo.»

Harry fissò il piccolo gufo che si stava arruffando le piume fuori al balcone, e scrollò le spalle. «Era di Hermione, me l'ha dato perché sperava che le scrivessi. Quando ti ho inviato la bacchetta gli avevo detto di tornare da lei, ma a quanto pare, invece, è rimasto con te.»

«Mi serviva.» disse solo, prendendo con le bacchette un raviolo dal piatto – Harry ancora non ci credeva che avesse già imparato a mangiare con le bacchette, lui ancora usava la forchetta – e mangiandolo con modi del tutto opposti a quelli di Harry, «Dagli un nome, allora.»

«Adesso?»

«E quando allora? Ce l'hai già da un po', ed è rimasto per tanto senza nome. Potrebbe non rispondere ad un tuo richiamo, o avvicinarsi a qualcun altro che potrebbe dargli un nomignolo.»

«Oh, er, okay. È un maschio, giusto?» Al cenno affermativo, posò la forchetta e fissò il gufetto. «Edvigo...?»

«Edvigo? Sei serio?»

«La mia civetta di chiamava Edvige e le volevo molto bene, prima che Voldemort mi portasse via anche lei.» fece silenzio per un po', «Magari con lo stesso nome gli vorrò bene allo stesso modo.»

«C'è qualcuno a cui non vuoi bene, Potter? Sarai sempre il solito buonista con il solito cuoricino dolce. Scommetto che i tuoi figli li chiamerai con il nome dei tuoi genitori o di chi– va bene, ho esagerato.»

Harry non rispose. Sapeva bene che non doveva prendere sul serio le frecciatine o le cattiverie di Draco se le diceva con un tono leggero e scherzoso, ormai l'aveva capito, ma certe cose bruciavano e facevano male nonostante tutto. E a quanto pareva, sembrava che gli si leggesse in faccia cosa stesse provando in quel momento. Quindi si alzò e prese il suo piatto ancora mezzo pieno – gli era passata la fame, ma non aveva voglia di litigare, non con l'unica persona che aveva vicino, sicché rimase in silenzio e decise di battere in ritirata.

Ma la mano di Draco lo fermò e gli strinse il polso, costringendolo a fermarsi. «Ho esagerato, Potter, me ne sono reso conto.» Ottenendo sempre silenzio da parte sua e neanche uno sguardo, aggiunse: «Non lo dico spesso, quindi non prendere l'abitudine, ma... mi spiace, Potter. Ho esagerato. Ritieniti fortunato, io non mi scuso mai.»

«Lo so,» sospirò e lo guardò negli occhi, che nonostante sembrassero così freddi di quel colore del ghiaccio, erano piuttosto pentiti. Sorrise, «lo so, Draco. È tutto okay.»

Si rimisero a sedere, ed Harry fece finta di finire di mangiare. Quella notte, però, dormì male – e non era per le parole di Draco, ma piuttosto per il suo comportamento.

  
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