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Autore: Ayr    31/07/2017    4 recensioni
Mi hanno accusato di tradimento, ma sono solo una vittima innocente degli eventi, incastrata da qualcuno più furbo e spietato di me, che non ha avuto rimorsi nel coinvolgermi in tutto questo e nel far ricadere la colpa sul mio capo, su cui, ora, pende la lapidaria sentenza: verrò destituito dal mio incarico e cacciato da quella che fino a quel momento era stata la mia casa.
Verrò umiliato, un’ultima volta, la più terribile: mi verrà strappato tutto ciò che fino ad ora ho posseduto ed il mio unico compagno di una vita verrà distrutto. Una parte di me morirà inevitabilmente con lui, quando il Sigillo verrà spezzato e rimarrò spezzato anche io.
Non voglio essere ricordato in questo modo, non se ho anche la più remota possibilità di raccontare come siano veramente andate le cose, e di dimostrare la mia innocenza.
Narrerò la mia storia e lascerò che siano i posteri a giudicarla, nella speranza che qualcuno riesca a vedere come io sia stato solo una vittima ingenua di un enorme inganno ben architettato.
[La storia partecipa al contest indetto da E.Comper sul forum di EFP: ‘The Dragon’s Riders Contest!’]
[Steampunk fantasy (o almeno ci provo)]
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’Ardrir incontrò la durezza del fianco della nave, più resistente e duro di quelli in legno a cui era abituato, e rimase stordito. 
Il colpo non sortì alcun effetto: la nave non venne sventrata come si aspettava, e il drago si ritirò sgomento e sorpreso.
Il contraccolpo, però, fece ondeggiare il vascello e Krugar venne sbalzato contro il parapetto, così come la maggior parte della ciurma, Adam venne gettato fuori bordo e si ritrovò a penzolare a testa in giù, sospeso sul nido di Ardrir.
«È l’ultima volta che lavoro per qualcuno» borbottò Krugar riacquistando l’equilibrio. Approfittò del temporaneo stordimento dell’animale per sbraitare ordini a destra e a manca e preparare una controffensiva. Il ponte si animò: gli uomini iniziarono a correre freneticamente da una parte all’altra, come schegge impazzite, e si riversarono nei boccaporti alla ricerca di quanto il loro capitano aveva richiesto.
«Dov’è finito quel damerino rompicazzo?» si domandò il pirata accorgendosi in quel momento dell’assenza di Adam. Dal canto suo, il cavaliere continuava a oscillare appeso alla corda, e non appena il timoniere iniziò la manovra di spostamento, venne strattonato e costretto a seguire il movimento. Il sangue gli era affluito al volto e si sentiva alquanto nauseato e stordito, oltre che un emerito deficiente.
«Credo sia caduto fuori bordo, signore» mormorò uno dei suoi uomini indicando la corda ancora legata alla balaustra e tesa fino allo spasmo.
«Tiratelo su! Porco il cazzo!» sbraitò il capitano mentre correva sottocoperta a recuperare la sua spada, «E dategli un’arma: ci ha ficcato in questo casino ed è bene che si dia da fare per tirarcene fuori!»
Adam sentì uno strappo verso l’alto che gli artigliò l’aria dai polmoni, lasciandolo senza fiato, seguito dalla sensazione di essere trainato. Il nido si allontanava al ritmo singhiozzato degli uomini che stavano tirando la corda. Lo stavano recuperando, segno che l’orco aveva preferito non lasciarlo penzolare come un deficiente, come il Dragoron aveva, invece, supposto.
Appena giunto sul ponte, iniziò a trafficare con la corda per sciogliere il nodo.
«Tienitela!» sbraitò Krugar, riemergendo da sottocoperta, «E anche voi dovreste legarvi se non volete fare un salto di quasi tredicimila piedi! Dunabar procura altre cazzo di corde!»
L’orco aveva indossato un giustacuore di cuoio bollito, mostrando come preferisse non ripetere l’esperienza passata: una ferita di Ardrir gli era bastata. Il braccio non armato era rivestito da uno spallaccio di metallo scuro, costituito da diverse punte che lo facevano somigliare alla cresta di un drago. Con lo stesso metallo era stata forgiata Fernecar che brillava tra le sue mani.
L’Ardrir, nel frattempo, si era ripreso dalla sorpresa ed era pronto ad attaccare di nuovo.
Le prime palle di cannone sibilarono nell’aria, ma il drago era agile e veloce, e le schivò facilmente. Emise un basso suono gutturale di sfida, e frustò l’aria con la sua lunga coda, mettendo in mostra le pinne sull’estremità, anch’esse striate di cremisi.
«La pancia, rincoglioniti! Puntate alla pancia!» sbraitava Krugar, come un ossesso, ma i suoi tiratori sembravano essere ciechi: non un colpo era riuscito a sfiorare l’Ardrir.
«Lo stiamo solo innervosendo» fece notare Adam.
«Non ho bisogno di prendere ordini da te, damerino» lo rimbeccò l’altro, «Ho già abbattuto una volta queste bestiacce, ed avevo solo la mia spada e la mia forza. Sconfiggere questo sarà un gioco da ragazzi!»
Ma come confermando le parole del Dragoron, un poderoso colpo di coda si abbatté sulla nave, facendola dondolare pericolosamente.
Gli uomini riuscirono a non precipitare fuori bordo, abituati a quel genere di scossoni, ma Adam non fece in tempo, e prima che potesse rendersene conto, venne brutalmente scagliato oltre la balaustra e si ritrovò ad attraversare l’aria come un saltimbanco al circo. Improvvisamente, si trovò davanti una delle enormi ali membranose dell’Ardrir, che si era erta a difesa del fianco vulnerabile del drago.
«Oh cazzo» esalò.
Il mondo divenne improvvisamente un caleidoscopio di azzurri e verdi, prima di diventare completamente bianco e poi annullarsi in un nero uniforme.
Adam rimase stordito: percepiva il proprio corpo galleggiare nell’aria, ma era come se non gli appartenesse, e quelle sensazioni giungessero da un’altra dimensione onirica. Sentiva l’aria attorno a sé e le grida degli uomini, distanti e ovattate, attorno a lui si ergeva solo una coltre di buio e nebbia sfilacciata.
Improvvisamente si sentì afferrare e trasportare, l’aria gli frustava il viso e gli fischiava nelle orecchie; una presa salda e decisa lo tratteneva per la vita e un odore penetrante gli invase le narici.
Sbirciò tra le ciglia, la vista stava iniziando a snebbiarsi, e intravide la pelle verdastra e butterata del collo di Krugar.
«Ma che cazz…?» esclamò, prima di venire brutalmente scaricato sul ponte della nave.
«Forse è il caso che tu vada sottocoperta» ghignò l’orco, «Questo non sembra un posto adatto a principessine come te»
Adam avvampò, rendendosi conto di quanto fosse appena successo: vedendolo penzolare svenuto dopo l’impatto con l’ala del drago, l’orco si era affrettato a soccorrerlo e a riportarlo al sicuro sulla nave, come se si fosse trattata di una sciocca donzella in pericolo. Aveva fatto la figura dell’idiota e si era reso ridicolo davanti a tutti quegli uomini che stavano rischiando la vita per lui; probabilmente lo consideravano un inetto, ma ciò non lo turbava affatto dal momento che teneva in gran poca considerazione l’opinione di quei pirati. Lo infastidiva, però, il fatto che Krugar potesse dubitare di lui e decidere di non lavorare più per un tale inetto.
L’umiliazione bruciava sul volto del Dragoron: non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa e deridere da un pirata.
«È stato un incidente» si difese, riprendendo il solito contegno sprezzante.
«Lo spero per te» replicò Krugar, «Ma sappi che se cadi di nuovo fuori bordo, ti lascio lì!»
Il drago pareva come impazzito: si arrotolava e si contraeva convulsamente, battendo freneticamente le ali e agitando la coda, nell’affannoso tentativo di schivare i proiettili.
«Dobbiamo trattenerlo» pensò ad alta voce il capitano, «O questo continuerà a dimenarsi come una puttana in calore»
Adam trovò la similitudine del pirata scurrile ma azzeccata: se il drago continuava ad agitarsi selvaggiamente e a sfuggire, i colpi non sarebbero mai andati a segno.
«Preparate gli arpioni» fu il comando perentorio di Krugar.
«Gli arpioni?» domandò uno dei suoi uomini, confuso, «Quelli per le Waahl?»
«Come cazzo pensi di impedire di muoversi ad un mostro di merda del genere?» replicò l’orco esasperato, spesso gli sembrava di avere a che fare con dei decerebrati. Il sottoposto umiliato corse ad eseguire gli ordini, e mentre palle di cannone ancora sibilavano nell’aria, gli arpioni vennero approntati.
«Lasciate a me quello più grosso» ordinò il capitano, «E puntate alle ali. Vicino al limite esterno sono più fragili»
Krugar prese posizione, le gambe divaricate e lo stesso ghigno malefico che aveva distorto i tratti del suo volto quando l’arpione era puntato contro Adam.
Questa volta il bersaglio era meno semplice, dal momento che si muoveva in maniera più convulsa e veloce; avrebbe dovuto anticipare le sue mosse, ma ogni azione era imprevedibile.
L’orco si concesse qualche secondo per studiare i movimenti dell’Ardrir e si accorse che seguiva uno schema preciso, come in una sorta di danza, con piccole variazioni che aveva una base di fondo sempre identica.
Aspettò che facesse rientrare l’ala e sparò il colpo. L’arpione fischiò nell’aria e squarciò l’ala sinistra del drago. Questi rigettò il capo all’indietro, esalando un latrato di dolore e furia.
Inizio a torcersi su sé stesso, cercando di liberare l’ala ma lacerandola ancora di più.
«Bisogna immobilizzare anche la seconda!» latrò Krugar.
Adam spinse via uno degli uomini dell’orco e prese il suo posto: avrebbe dimostrato a quel gretto pirata che non era una donzella in pericolo da spedire sottocoperta.
Il Dragoron era da sempre stato uno dei migliori tiratori e nemmeno in quel caso si smentì. La fiocina andò a lacerare la seconda ala e il colpo fu tale che portò via con sé una parte del fianco molle e non rivestito di squame della bestia.
«Finalmente qualcuno in grado di comprendere le indicazioni» si complimentò Krugar, «Non sei così inutile, dopotutto.»
Adam sorrise tronfio, ma non riuscì a pregustarsi a lungo la vittoria. L’Ardrir si era imbestialito: fino a quel momento aveva creduto di essere invulnerabile, ma le lacerazioni sulle ali e lo squarcio sul suo fianco ostentavano il contrario; i suoi occhi trasudavano rabbia e sete di vendetta, promettendo un attacco terribile.
«La coda!» urlò uno dei pirati, mentre con un guizzo azzurro l’estremità caudale dell’Ardrir colpì l’Andromeda, destabilizzandola. Le corde che tenevano legati gli uomini si tesero producendo lamenti preoccupanti, ma resistettero. Un nuovo colpo di coda gli obbligò ad abbarbicarsi al parapetto.
«Vuole farci precipitare, il bastardo» digrignò i denti Krugar, «Vedete di non far avvicinare quella dannatissima coda alla nave o vi taglio le palle e le do in pasto al drago!»
Gli uomini risposero con grida inarticolate mentre l’Ardrir provava ad afferrare la nave e ad avvolgerla.
«Gliela mozzo quella maledetta coda!» ghignò l’orco «Puntate un cannone contro quella bastarda!»
Un paio di uomini sentirono il suo ordine e ruotarono i piccoli cannoni, che si trovavano sul ponte, verso il drago. Nell’aria esplose il rombo assordante della detonazione e una delle ali più piccole della creatura venne brutalmente strappata dal resto del corpo, assieme ad uno schizzo di sangue verdastro.
Non era esattamente ciò che l'orco si era aspettato, ma risultò altrettanto efficace: il drago ululò di dolore ed emise un fischio basso e assordante, mentre si allontanava di scatto, proteggendo con il corpo la parte offesa.
«Ben fatto!» si complimentò, tornando accanto ad Adam sul ponte.
L’Ardrir, però, si sollevò verso l’alto con un grido esacerbato di dolore e rabbia, per poi gettarsi verso il basso, trascinandosi dietro la nave. Gli uomini vennero spinti gli uni contro gli altri e furono costretti ad aggrapparsi nuovamente alla balaustra.
Adam si sentì per un momento come sospeso nel vuoto, poi, una sensazione di vertigine lo invase e incominciò la caduta. L’aria gli venne brutalmente strappata dai polmoni, il cuore gli salì in gola assieme allo stomaco e al suo contenuto, una voragine si aprì all’altezza degli intestini e una spiacevole sensazione di leggerezza si impossessò delle sue membra.
«Oh merda!» imprecò Krugar. La creatura aveva intenzione di farli sfracellare al suolo.
«Preparate Berta!» gridò.
Il pirata aveva compreso che con quel bestione bisognava ricorrere all’artiglieria pesante.
«Chi sarebbe Berta?» domandò Adam confuso.
Per tutta risposta una parte del ponte all’altezza della prua si lacerò, lasciando emergere un cannone enorme con la bocca larga due braccia: era un colosso di metallo nero e lucido dall’aria letale, trattenuto da pesanti catene. Adam aveva già visto cannoni simili, ma erano in dotazione dell’esercito imperiale e venivano utilizzati durante gli assedi.
«Dove l’hai preso?» esalò.
«Non ti piacerebbe saperlo» ghignò l’orco.
Sul fianco qualcuno aveva scritto con una grafia storta e infantile poche lettere in stampatello: B-E-R-T-A.
«Questo è riservato per le occasioni speciali» gongolò Krugar, «Non credevo sarebbe servito, ma questo Ardrir è un osso duro.»
La prua puntava direttamente contro la schiena del drago, lanciato in una caduta a capofitto verso il fondo delle Kal Schelas.
«Non appena sparerò il colpo, fate rientrare gli arpioni» ordinò, «Ariel, tu sai cosa devi fare.»
«Sarà divertente» assicurò poi rivolto ad Adam, abbracciato al parapetto d’osso come una cozza allo scoglio.
L’orco caracollò fino al cannone e rovinò su di esso. Si aggrappò all’arma come ad un’ancora di salvezza e grazie a quella riuscì a mantenere l’equilibrio in quella folle discesa verso la morte.
«Soffoca nel piombo, figlio di puttana!» gridò e fece partire il colpo.
L’enorme palla tranciò l’aria come una lama di coltello e squarciò la schiena del mostro, trapassandolo da parte a parte. Frammenti di carne e spruzzi di sangue verde si dispersero in un macabro fuoco d’artificio.
Adam aveva chiuso gli occhi, in attesa della fine imminente, ma quando ormai stava dando l’estremo saluto alla propria vita, si sentì bruscamente strattonato per la corda, la testa iniziò a girargli e di punto in bianco si ritrovò in posizione orizzontale.
Quasi contemporaneamente alla detonazione, gli arpioni erano stati ritratti con uno scatto, e Ariel, con un enorme sforzo di braccia, aveva virato bruscamente la nave, facendola impennare e frenando la sua caduta, ma anche facendo risalire il contenuto dello stomaco dell'intera ciurma.
Con un'altra mossa azzardata l'aveva raddrizzata e i pirati erano stati scaraventati gli uni contro gli altri in un intrico di gambe, braccia e corde. Ma almeno erano vivi.
L’Ardrir emise un verso acuto e angosciante, di dolore e sconfitta, precipitò nel vuoto e il grido si disperse nell’aria, per poi estinguersi completamente, sostituito dalle urla di giubilo e di vittoria dei pirati.

   
 
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