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Autore: Daniel_The White    31/07/2017    3 recensioni
La morte di Cedric Diggory ha scosso la pace di Hogwarts. Il Signore Oscuro è tornato ma il Ministero cerca di nascondere la verità. Un giovane mago torna dalla Nuova Zelanda ad Hogwarts, mentre dagli Stati Uniti tre nuovi professori stanno facendo le valige. Nuovi e vecchi personaggi si incrociano. Là dove il mistero, la sfiducia e l'incertezza minano la società magica e Voldemort si staglia pronto a riconquistare il potere, Hogwarts riuscirà a ricordare la sua storia o finirà divisa?
Nuove amicizie e amori sboccieranno, altri finiranno amarmente, mentre il mondo magico si prepara ad una guerra che ancora non conosce, Hogwarts diventerà il fulcro della salvezza o della rovina di tutta l'Inghileterra.
P.S. Questa fanific si discosterà dal canone su specifici punti e progressivamente si svilupperà alternativamente alla continuity originale.
Genere: Avventura, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Luna Lovegood, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Harry, Luna/Theodore, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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Una fresca brezza proveniente dal mare stava rinfrescando quello che altrimenti poteva essere tranquillamente il giorno più caldo di quell’estate del 1995, almeno che gli abitanti della baia di Hamilton potessero ricordare. La giornata stava volgendo al termine quando la calura estiva sembrò essere mitigata tutta a un tratto da una rapida brezza che, nel giro di una mezz’ora, crebbe spingendosi dalla baia  fino a spazzare le colline sassose ed i rilievi circostanti.

In una radura lì vicino Daniel tirò un sospiro di sollievo, lasciandosi accarezzare dolcemente da quel vento che gli toglieva di dosso non solo la calura della giornata ma anche quella di una bella scarpinata con i suoi amici, Blaise e Rachel, che si erano addormentati accanto a lui. Daniel sospirò strappando una pagliuzza e mettendosela tra i denti, mentre si ributtava sul prato a guardare il cielo rosso della sera che ogni tanto era attraversato da qualche gabbiano particolarmente intraprendente.

Daniel Nighingale era un ragazzo alto, di corporatura media, dai capelli ribelli castano scuro e gli occhi color nocciola, che in quel momento teneva chiusi, assaporando il tepore della sera. Era felice. Nella semplicità di una giornata passata all’aria aperta con i suoi migliori amici. Il nuovo anno scolastico era ancora lontano e questo gli permetteva, come diceva sua madre, di fare lo stambecco sui sentieri più impervi, fino a sfinirsi di fatica. Ma a Daniel non gli importava, lui era fatto così e per niente al mondo avrebbe cambiato la sua vita. Da figlio unico i suoi due amici erano la cosa a cui teneva di più al mondo, dopo sua madre. Amava Hamilton Bay e la Nuova Zelanda e l’aveva visitata quasi tutti, zaino in spalla, cappello a tesa larga e pantaloncini sotto al ginocchio.

Girandosi un attimo di lato vide la mano leggermente paffuta di Rachel cercare nel sonno quella di Blaise; Daniel sorrise. I suoi amici erano già una coppia anche se nessuno dei due se ne era ancora accorto. Pur molto diversi di carattere si completavano spesso a vicenda ed anche nei momenti peggiori erano sempre stati vicini. Daniel provò un sentimento di invidia: sapeva bene che il carattere era forse il maggiore dei suoi problemi nel trovarsi una ragazza ma scacciò quei pensieri dalla mente mentre con gli occhi aperti fissava il volo di un gabbiano sopra di lui. Alle volte gli sarebbe piaciuto volare lassù con loro con la sua scopa, anche se sapeva che, se ci avesse anche solo lontanamente provato, sua madre l’avrebbe fatto dormire fuori all’addiaccio per minimo una settimana.

Dopo qualche minuto la stanchezza ebbe la meglio e Daniel scivolò lentamente in un sonno dapprima tranquillo ma che poi lo riportò indietro fino ad un ricordo che aveva cercato di dimenticare.

Il rumore di un tuono lo fece trasalire, sentì su di sé l’umida pioggia fredda ed il rumore di passi frettolosi, prima di rendersi conto di essere trasportato di peso da una figura alta e massiccia, ansimante. Rumore di molti altri passi echeggiavano attorno a lui. Si trovava in un giardino, tra due filari di siepi sotto un violento temporale. All’improvviso il rumore di qualcosa di pesante che si sgretolava alle sue spalle lo fece trasalire ed un lampo di luce verde lo spinse a guardare in altro dietro di lui. Il terrore lo colpì come cento stilettate al cuore mentre vedeva, sulla torre est di quella che un tempo aveva chiamato casa, una figura perdere lentamente l’equilibrio, un braccio proteso leggermente in avanti con la bacchetta che gli scivolava dalle mani al rallentatore e la schiena inarcata al contrario proprio quando un'altra figura alta torreggiava sopra di lui e lo spingeva giù dalla torre.

NOOOOO!!!!!  

Un urlo lancinante riportò Daniel nel mondo dei vivi. Sì alzò di scatto tanto da non vedere Blaise che gli scuoteva il braccio preoccupato e i due si tirarono un bella zuccata l’uno contro l’altro.

“Ahia!” gridarono all’unisono Daniel e Blaise.

“Che cavolo ti prende amico?” gli chiese il ragazzo alto e magro al suo fianco, massaggiarsi la fronte sotto la folta chioma di capelli corvini. “Sembravi come in coma. Non riuscivamo quasi a svegliarti...che ti succede?”

Daniel rimise a fuoco il mondo rimettendosi a sedere con la schiena diritta, massaggiandosi la fronte con la mano destra. Ancora aveva la vista annebbiata ed era madido di sudore, un sudore freddo, inusuale per quella calda sera d’estate.

“Era quel ricordo Blaise, ero in Inghilterra a casa mia quella maledetta notte, quando...quando...” disse Daniel recuperando piano piano le vista e sentendosi un tumulto dentro che gli si estendeva fino alla bocca amara impastata e che gli faceva salire il vomito in bocca. Erano ormai diversi anni che quell’incubo non lo tormentava più.

“Quel ricordo Daniel?” disse Rachel preoccupata porgendogli un fazzoletto per asciugarsi ed una bottiglietta d’acqua.

“Tieni” disse la ragazza sinceramente preoccupata.

“Erano tre anni che non pensavo più a quella maledetta notte di quando mio padre è stato ucciso” disse Daniel asciugandosi la fronte.

Quella sensazione di paura mista ad orrore che per diversi anni era riuscito a ricacciare indietro sembravano essere riemerse con forza dall’antro della sua mente, dove era riuscito dopo molti anni a confinarle; per troppo tempo si era svegliato nel cuore della notte urlando immaginandosi quel ghigno, il Signore Oscuro che uccideva suo padre e lo buttava giù dalla torre est, mente suo nonno e sua madre lo portavano, nell'infuriare della battaglia.

“Non preoccuparti amico” disse Blaise stringendogli la spalla. “Forza ti accompagniamo a casa stasera e no, non accetteremo un “no” come risposta” disse vedendo lo sguardo del tipo “non sono un bambino frignone” dell’amico.

Daniel fece per voltarsi quando Rachel gli lanciò uno sguardo determinato e capì di essere in trappola. Si maledisse in quel momento e sì odiò dentro di sé ancora un volta, dopo tanti anni non sopportava che i suoi amici stessero male per lui, per una cosa avvenuta molti anni prima, a migliaia di chilometri di distanza. Un ricordo su cui non era ancora riuscito a metterci una pietra sopra a quanto pare.

“Perché ancora?!” si chiese Daniel fra sé alzandosi in piedi e riafferrando con uno scatto iroso lo zaino per rimetterselo in spalla. Non riusciva a capire ciò che non andava in lui, perché non riusciva a chiudere i conti col passato. Rachel e Blaise sapevano bene ormai dopo tanti anni che non era il caso di riaffrontare l’argomento e Daniel li ringraziò di cuore per il loro silenzio: era stato fortunato a trovare due amici come loro.

Il profilo delle colline sassose si fece più dolce mentre il sole scompariva ormai sotto il profilo dell’orizzonte a pelo dell’acqua in lontananza sul mare quando il sentiero svoltò verso un cottage isolato sulla collina. Daniel sorrise dentro di sé, rivedendo la sua casa e scrollandosi di dosso i brutti ricordi di quel pomeriggio.

Arrivati al limitare del giardino recintato che confinava con un piccolo orto, la passione di sua madre Anne, Daniel vide gli alberi di pesche maturi ed estraendo la bacchetta fece volare tre pesche nelle sue mani, dandone una a Blaise ed una a Rachel. I due lo ringraziarono con lo sguardo e fu quella piccola merenda a togliere il peso di quanto era successo quel pomeriggio dallo stomaco di Daniel.

“E’ meglio lasciare il passato dove sta e concentrarsi sul presente” pensò, ricordando quanto gli aveva detto un volta Nino, uno dei più cari amici di suo padre, quello che più di tutti gli era stato vicino dopo i tragici eventi di dieci anni prima.  Daniel sorrise pensando a cosa avrebbe potuto dare per avere il suo senso dell’umorismo.

“Ehi amico, domani andiamo a farci una nuotata al largo della baia, che ne dici?” la voce di Blaise lo riscosse dai suoi pensieri.

Daniel sorrise annuendo. “Certo, portiamo anche le tavole? Non si sa mai...”

“Certamente, vediamo di andare un po’ al largo, fa schifo stare a riva. Non siamo turisti no?” disse Blaise,  dandogli il cinque.

“Certo che no, risposero gli altri due in coro, scoppiando un istante dopo tutti e tre a ridere.

“A domani allora” disse Daniel salutando i suoi amici “ e ragazzi....grazie”.

“Non dire niente” lo salutò Rachel con un sorriso. “A domani”.

Daniel vide le sagome dei suoi amici svoltare sul sentiero per continuare verso la baia, fino a scomparire alla sua vista, prima di spingere la pesante porta di legno ed entrare in casa.

“Sono tornato, mamma”

Non ricevendo alcuna risposta si avviò in cucina dove trova sua madre, una donna magra con volto affilato ma gentile e premuroso, che lo accolse con un sorriso, staccandosi dalla lettera che stava leggendo, vedendo Daniel che si versava un bicchiere di succo.

“Ne vuoi un po’?” chiese il ragazzo.

“No, non importa” disse la donna rimettendosi a leggere la lettera.

Daniel che quasi non l’aveva notata, vide che la lettera che stava leggendo sua madre era di pergamena spessa, e portava una filigrana dorata che si avvinghiava ad uno simbolo di una grande “M” color mogano con una bacchetta in mezzo, sormontata di una corona con le iniziali....“EIIR”.

Al notare quest’ultimo dettaglio Daniel quasi si strozzò col succo, mentre una sensazione di paura mista ad una grande rabbia sembrò avvamparlo come dal nulla.

“Che vogliono quelli del Ministero da noi?” chiese il ragazzo con un tremito nella voce, pregando Dio che la risposta non fosse quella che si era immaginato.

La donna staccò gli occhi dalla lettera, si tolse gli occhiali e con uno sguardo deciso squadrò Daniel. Poi fece per alzarsi dalla sedia con un sospiro ed in quel momento Daniel sapeva che i suoi peggiori timori si erano avverati.

“No...no...no...no....NO!” la rabbia che gli bruciava dentro esplose in tutta la sua forza mentre il bicchiere si infrangeva sul pavimento di cotto, andando in mille pezzi.

“Non ne hanno il diritto! Rispondigli di no! Io non ci torno....hai capito, NO!” disse Daniel mentre la sensazione di vomito gli risaliva in bocca.

“Daniel, lo sai, non è possibile...” disse la donna cercando di prenderli la mano ma Daniel si allontanò prontamente con un scatto rabbioso.

“Rendilo possibile, digli di no, che rinunciamo, che lo diano a qualcun altro quel maledetto posto, glielo regalo”. Poi un pensiero gli fece raggelare il sangue. “Aspetta ma...è in anticipo...se la lettera...allora...” farfugliò il ragazzo cercando sul tavolo la conferma di quello che il suo cervello non riusciva ad immaginare, o meglio che non voleva.

 Fu un istante quando guardando la posta sul tavolo Daniel vide un'altra busta più piccola, già aperta, sempre con simbolo della lettera precedente con una striscia nera in tralice, nell’angolo superiore destro. Quella visione gli diede conferma dei suoi peggiori timori.

“No....” emise con un sospiro mentre le lacrime gli salivano agli occhi. Poi, prima che sua madre potesse toccarlo o dire alcunché, Daniel si voltò e corse in camera sua sbattendo la porta con una forza tale da farla rimbombare in tutta casa.

“No, Dio fa che non sia vero” disse il ragazzo mentre con le unghie affondava nel cuscino, rigandolo di lacrime, scosso dai tremiti. Quante volte si era promesso che avrebbe trovato un modo per evitarlo, e ora, ancora una volta era arrivato troppo tardi. Era sempre in ritardo.

“Da sempre” disse una vocina nella sua testa, maledicendolo.

“Nonno...” sussurrò Daniel fra i singhiozzi abbandonandosi sul letto.

La sua vita sarebbe cambiata, da quel giorno in poi lo sapeva, ma prima di sprofondare in un sonno agitato il ragazzo sperò che fosse quello tutto un sogno e sperò che quando si sarebbe svegliato niente di tutto quello che era successo quel maledetto undici luglio sarebbe stato vero.

 

 

Note dell’autore. In questo primo capitolo, in termini di modifica al canon, introduco il ruolo dello Speaker del Wizengamot, una sorta di Presidente del Parlamento e della Corte, visto che il Wizengamot per i maghi svolge entrambe le funzioni. Il ruolo è ereditario per i Nightingale fin dalla sua creazione in Inghilterra dopo l’entrata in vigore dello Statuto di Segretezza del 1692.

 

  
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