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Autore: Mary P_Stark    30/08/2017    2 recensioni
1827. Andrew Spencer, erede del titolo degli Harford, parte per il Grand Tour europeo assieme ai suoi migliori amici, Keath e Leonard. Il viaggio ha sì lo scopo di fare nuove scoperte e conoscenze - come effettivamente avverrà - ma serve ad Andrew come via di fuga dal suo annoso, terribile problema. Il suo cuore sanguina per una donna che pensa di non poter avere.
Violet Phillips, al tempo stesso, è alle prese con un problema non dissimile: la Stagione a Londra, mille potenziali cavalieri e nessuno che realmente colpisca il suo cuore... poiché esso è già impegnato, e dall'uomo per lei più inavvicinabile di tutti.
Potrà il Grand Tour aiutare Andrew a chiarirsi le idee, e trovare il coraggio che ora gli manca per dare voce al suo cuore?
E potrà Lucius Bradbury, cugino di Alexander Chadwick, aiutare Violet nella riscoperta di se stessa e di una forza che non crede di avere? - SEGUITO DI "UNA PENNELLATA DI FELICITA'" e "SOTTO IL VELO DELLA NOTTE"
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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14.
 
 
 
 
Sistemandosi il cappellino sulle ventitré, mentre la sua cameriera le preparava il mantello da indossare, qualcuno bussò alla porta della sua stanza.

Violet levò il capo sorpresa e, quando la voce di Randolf si fece udire oltre il battente, lo stupore della ragazza aumentò.

Andando ad aprire, fissò con il dubbio nello sguardo l’alto fratello che, impettito e vagamente dubbioso, le domandò: “Senti, Violet, Andrew mi ha detto che stamattina andrai ai cantieri navali Bradbury con lui e Lucius. Non è che potrei venire anch’io?”

Sobbalzando leggermente, Violet mise il naso fuori dalla porta, scrutò il corridoio e infine chiese: “E papà? Vuole venire anche lui?”

“Ce la siamo giocata ai dadi” ammise lui, facendo sorridere la sorella.

“Oh, bene… vedo che siete ancora restii a fare mosse false. Temete qualche altro mio colpo basso?” ironizzò Violet, divertita da quello strano, nuovo potere che aveva acquisito sui maschi della sua famiglia.

In qualche modo, questo la faceva sentire assai bene, pur se una parte di lei si stava autoflagellando per la troppa soddisfazione provata.

Era dura quando, per natura, si era propensi a cedere sempre il passo agli altri.

“Diciamo che, per ora, stiamo valutando l’idea di lasciarti fare come vuoi” dichiarò con un mezzo sorriso Randolf. “Ovvio che, se tu decidessi di partire per il mare, ti gambizzerei seduta stante… con tutto il mio affetto, s’intende…”

A quel punto, Violet scoppiò a ridere e, nell’abbracciarlo, mormorò contro il suo petto: “Sei un testone senza speranza, ma ti voglio bene, fratellone.”

“Meno male… il voler bene, non il testone” sussurrò lui, stringendola a sé con un braccio prima di domandarle: “Allora? Cosa mi dici?”

“Che puoi venire, è ovvio. Solo, lord Bradbury troverà strano che io abbia una scorta di tal genere, per una visita di cortesia.”

Chiesto a Ester il mantello, che la donna le drappeggiò sulle spalle, Violet accettò il braccio del fratello e, assieme a lui, discese le scale per raggiungere l’ingresso della villa.

Lì, trovarono ad attenderli Andrew e Max, già abbigliato a sua volta per uscire.

Con un mezzo sorriso, Violet scrutò ironica il suo migliore amico e disse: “Lasciami indovinare; verrai anche tu.”

“E’ ovvio. Vuoi che mi perda il tuo successo?”

“Successo? Che intendi dire?” esalò Violet, confusa.

Max poggiò le mani sui fianchi, la guardò come se fosse tarda di mente e aggiunse: “Scusa, ma questo invito non è un riconoscimento della tua bravura come progettatrice?”

Violet arrossì suo malgrado e Andrew, nel dare di gomito al fratello, disse: “Così la metti solo in imbarazzo, Max. Lasciala stare, tappati la bocca e monta in carrozza.”

“Solo perché sei il suo fidanzato, non puoi ficcare il naso nel mio rapporto con Lettie. E a lei dico tutto quello che penso” brontolò per contro Max, fissando torvo il fratello maggiore.

Violet sorrise di fronte a quello scherzoso battibecco e, nel prendere sottobraccio Max, disse: “Come posso non essere la donna più fortunata del mondo? Ho attorno a me gli uomini migliori che si possano sognare.”

Ringalluzziti da quelle parole, Andrew, Max e Randolf sorrisero alla fanciulla al centro dei loro pensieri – pur se per motivi diversi – e Violet si disse che, dopotutto, non le dispiacevano le loro attenzioni.

Finché fosse stata lei a decidere quando averne bisogno, tutto sarebbe andato benissimo, e quel nuovo equilibrio appena raggiunto le piaceva moltissimo.

Lucius sarebbe sicuramente scoppiato a ridere, nel vederli giungere in quattro, ma avrebbe capito.
 
***

La carrozza venne fermata dinanzi agli alti cancelli dei cantieri navali di Aberdeen, dove erano già al lavoro diverse squadre di uomini, in svariati punti dei bacini di carenaggio.

Lì, Lucius si avvicinò per scortarli all’interno e, come previsto da Violet, la vista di Andrew, Max e Randolf lo fece ridere di puro gusto.

Ironicamente, dichiarò che suo padre avrebbe riso per mesi, al pensiero di aver richiesto una simile scorta, per un semplice invito di cortesia.

I tre uomini non ci fecero neppure caso e Violet, al braccio di Andrew, si avviò all’interno del cantiere, osservando con aria rapita lo scafo in costruzione di una goletta.

Pur se le temperature stavano diventando proibitive, gli uomini lavoravano ancora all’esterno degli enormi capannoni presenti in loco, e i loro movimenti sembravano coordinati da un direttore d’orchestra.

Non faceva specie che le imbarcazioni della Bradbury Inc. fossero le migliori su piazza.

Indirizzandoli verso una casamatta a un piano, Lucius disse: “Papà ha ritenuto fosse meglio vedervi qui, Violet, visto che tutta la documentazione sui suoi progetti la tiene in loco. Pensava potesse interessarvi.”

“Oh, ma non doveva scomodarsi così per me!” esalò Violet, arrossendo suo malgrado.

“Credetemi, Violet, è ben difficile che mio padre si scomodi, se non è interessato a qualcosa” le sorrise fiducioso Lucius, bussando un paio di volte alla porta prima di entrare nell’ufficio.

L’interno, caldo e accogliente come un qualsiasi salotto d’alta classe, appariva come la cabina di comando di un comandante di flotta.

Le pareti erano ricoperte di arazzi a sfondo marinaro, con la battaglia di Trafalgar cucita da sapienti e abili mani.

Sestanti di oro brillante svettavano in cristallerie del settecento, e un timone in noce era appeso sopra il camino scoppiettante, da cui proveniva il tepore avvertito all’entrata.

Un uomo alto, imponente e dai capelli sale e pepe si levò dalla scrivania dietro cui era assiso e, avvicinandosi con il suo passo imperioso, si piantò dinanzi ai nuovi arrivati, intrecciando le mani dietro la schiena.

A Violet sembrò in tutto e per tutto un cupo capitano di vascello, pronto per la battaglia.

I suoi tratti aquilini erano importanti e la sua pelle, dorata dal sole, indicava un’inclinazione a stare all’aria aperta.

Non sembrava niente affatto uno dei lord azzimati e senza nervo che Violet aveva conosciuto a Londra.

“Lucius… e così, questa signorina è l’ideatrice dei progetti che mi hai mostrato?” esordì l’uomo, continuando a fissare con intenzione Violet e ignorando bellamente tutti gli altri.

“Sì, padre. Lei è lady Violet Phillips, figlia del duca Thornton di York, e loro sono…”

Interrompendo il figlio, Cornelius Bradbury fissò a quel punto i tre giovani, quasi volesse trapassarli con il suo sguardo d’aquila, e borbottò: “La sua guardia d’onore, forse? Avevate timore a presentarvi al mio cospetto, madamigella?”

“Beh, ecco…” tentennò lei, non sapendo bene come rispondere.

Fu Andrew a rispondere per Violet.

“E’ colpa nostra, lord Bradbury. Siamo tre inguaribili cavalier serventi, e volevamo dare man forte a Violet, quando evidentemente non ne ha bisogno.”

Cornelius si esibì in un mezzo sorriso, e disse: “Una donna che tratteggia simili progetti ha bisogno di un pennino nuovo, non di tre galletti al seguito. Lucius, mostra il cantiere ai nostri valenti condottieri, mentre io parlo un po’ con la nostra ospite.”

“Signorsì” disse subito il figlio, ben sapendo che qualsiasi ‘ma’ sarebbe stato visto come malissimo, dal padre.
Andrew sorrise convincente a Violet, che lo fissò ai limiti del panico e, assieme ai suoi compagni di viaggio, uscì assieme a Lucius per visitare il cantiere.

Pur se stava tremando come una foglia, doveva dare piena fiducia a Violet e a lord Bradbury.

Ce l’avrebbe fatta, a conquistarlo, ne era più che sicuro.

Rimasta sola con Cornelius, Violet sentì le proprie gote avvampare e, dandosi mentalmente della sciocca, si disse di piantarla con quegli infantilismi inutili.

Lord Bradbury non voleva mangiarla, né gettarla dal pennone di maestra, perciò doveva darsi una calmata.

Doveva credere in se stessa e nei suoi mezzi.

Senza dirle nulla, Cornelius tornò alla scrivania e lì, aperto un enorme foglio, lo fissò ai quattro angoli con dei fermacarte di legno e infine disse: “Venite a vedere, lady Phillips.”

“Violet, per favore” riuscì a dire lei, affrettandosi ad avvicinarsi alla scrivania.

Cornelius assentì e si fece da parte per mostrarle il progetto su cui stava lavorando e la ragazza, sgranando gli occhi, esalò: “Oh, ma è… è splendido. Il modo in cui avete tratteggiato la sagoma della chiglia, e il particolare delle bocche da fuoco… è una commessa per la Marina?”

Lord Bradbury le sorrise compiaciuto e assentì.

“Anche se siamo in tempo di pace, dobbiamo rimpinguare le nostre navi, ogni tanto, e moltissime le perdemmo a Trafalgar, oltre che nel corso degli altri anni di guerra contro Napoleone.”

“Ne so a sufficienza, avendo come padre un’ex spia del Governo” sorrise Violet, sentendosi un poco più a suo agio.

“Trovate che sia un buon progetto, miss Violet?”

“Lo chiedete a me? Certo che è…” iniziò col dire lei, prima di venire azzittita da un’occhiata torva dell’uomo.

“Mai dare per scontato nulla, fanciulla, neppure se a disegnare questo progetto sono stato io. Chiunque può commettere errori” motteggiò Cornelius, tornando a scrutare il disegno.

Violet, allora, ne imitò il gesto e lo soppesò con lo sguardo poi, senza neanche pensarci, prese una delle squadre sistemate sulla scrivania e prese qualche misura, accigliandosi sempre di più.

Non visto, Cornelius assentì soddisfatto, intrecciando nuovamente le mani dietro la schiena e, per più di venti minuti, rimase in religioso silenzio mentre la ragazza studiava il suo lavoro.

Alla fine, Violet tornò a scrutare il suo ospite e disse: “Confermo ciò che ho detto; il progetto è perfetto.”

“Molto bene, Violet. Avete studiato sul manuale di Verbinsky, vero?” le domandò lui, sorprendendola.

“Beh, sì, tra le altre cose” ammise la giovane, sorpresa da quella affermazione. “Come lo sapete?”

Allontanandosi dalla scrivania per prendere il mantello, la scortò verso l’uscita e disse: “Il modo in cui avete usato le squadre per fare i vostri calcoli. E’ un ottimo manuale, ma non l’unico. Ve ne presterò altri, se lo desiderate.”

Arrossendo di puro piacere, Violet assentì e Cornelius, nell’indirizzarla verso uno dei bacini di carenaggio, le disse: “Non vi stupite che io vi abbia invitata qui, anche se siete una donna e, in teoria, le donne non dovrebbero conoscere questa materia.”

“La cosa mi ha sorpresa, in effetti” ammise la giovane, accettando il braccio offertole da lord Bradbury. “Vostra moglie si interessa per caso di ingegneria marittima?”

L’uomo ridacchiò divertito e scosse il capo, replicando: “Mia moglie ha tante buone qualità, ma non saprebbe distinguere una gomena da un paterazzo. Però, ha un occhio estetico davvero sopraffino, e mi concede di guardare i progetti finiti, per sapere se la linea è adeguata.”

“E serve?” domandò sorpresa Violet.

“Qualsiasi commento serve, anche dai non addetti ai lavori” assentì l’uomo. “Chi non è un esperto, nota cose che noi non noteremmo mai, perché siamo abituati a vedere le navi nel suo insieme, ma non come particelle a sé stanti. Una volta, mia moglie mi fece notare che i gradini interni di un panfilo erano troppo alti, se visti con gli occhi di una donna.”

Violet fece tanto d’occhi, non avendo mai pensato a un particolare simile. In effetti, con l’impiccio dato dalle gonne, alle volte era difficile salire e scendere le scale di una nave.

Ma non della goletta.

“Vostra moglie ha avuto a che fare con la progettazione della goletta che ha acquistato la nostra famiglia?” gli domandò Violet, sorridendo appena.

Accigliandosi leggermente, Cornelius le chiese: “Il nome della goletta?”

“Starlight.”

A quel punto l’uomo sorrise, assentendo. “Oh, sì …ne siete soddisfatti?”

“Moltissimo. L’ho anche condotta per un po’…” ammise lei, prima di aggiungere contrita: “… ma mio padre e mio fratello non lo sanno.”

Cornerlius allora sogghignò, dichiarando: “Rimarrà un nostro segreto. Vostro fratello è uno dei giovani presenti oggi?”

“Quello bruno con il mantello nero” assentì Violet.

“E fra di loro vi è anche il vostro promesso?”

Violet assentì ancora, arrossendo, e sussurrò: “Il giovane coi capelli castani e il mantello verde scuro. L’erede di lord Christofer Spencer, conte Harford.”

“E lui vi apprezza? Vi ascolta?”

“Oh, sì, molto” annuì la giovane.

Cornelius sorrise compiaciuto, asserendo poi con una certa ironia: “Mio figlio mi ha parlato molto di voi, in questi mesi, e vi devo un ringraziamento sentito per avergli dato le giuste motivazioni, quando io non ne sono stato in grado. A volte, pecco un po’ di alterigia, e spero che i miei figli capiscano tutto senza che io dica loro le cose.”

“Lucius rispetta moltissimo la vostra opinione.”

“E io mi concedo troppo poco, lo so. Ma sono lieto che voi gli siate stata accanto come amica… perché so che lui vede solo questo, in voi. Sarei stato felice di scoprire in lui un interesse per voi, specialmente dopo aver visto quanto siete dotata, ma è chiaro che il ragazzo vi vuole bene come ne vuole a sua sorella Jillian” aggiunse l’uomo, con una sorta di rammarico nella voce.

“Non so che dire…” mormorò lei, sorpresa dal suo dire.

“Non crediate che al mondo esistano solo uomini ottusi, che pensano alla donna solo come a un mero trofeo, Violet. Siamo la minoranza ma, grazie al cielo, siamo una minoranza molto attiva, e teniamo all’opinione delle donne che ci circondano” dichiarò lord Bradbury, indicandole una nave quasi ultimata. “Quella, sarà la nave con cui Lucius partirà per raggiungere le Americhe. Sarà una buona pubblicità, non vi pare?”

“Decisamente sì. E’ un tre alberi davvero magnificente” annuì Violet.

“Questo mi porta al mio invito a voi, ragazza. Visto che il mio Lucius porterà la sua mente brillante, e a volte un po’ troppo eccentrica, verso nuovi lidi, mi servirà qualcuno che mi pungoli con nuove idee, altrimenti finirò per diventare vecchio e noioso.”

“Come, prego?” esalò lei, bloccando i suoi passi.

“I miei figli maggiori, Martin e Pardick, sono dei bravi progettisti, ma non hanno la verve artistica che ha Lucius e credo che, a lungo andare, i suoi commenti arguti mi mancheranno. Volete essere voi, il mio Lucius, d’ora in poi?”

Sbattendo le palpebre per lo stupore, l’orgoglio pronto a gonfiarsi dentro di lei ma ancora restio a crederci, Violet riuscì a domandargli: “E… e chi sarà il lord Bradbury della situazione, per Lucius?”

Sorridendo, lord Bradbury asserì: “Oh, Lucius non andrà da solo allo sbaraglio. Sarà affiancato dal mio miglior capomastro, l’unico di cui mi fidi per lasciare che il mio ultimogenito se ne vada in America a fare fortuna.”

“Allora… allora, penso che potrei essere il vostro Lucius” sorrise commossa Violet, scacciando una lacrima con un gesto secco della mano. “Ne sarei davvero onorata.”

“Molto, molto bene” mormorò l’uomo, riprendendo la passeggiata.

Violet si accodò a lui e, nell’ammirare quelle splendide creazioni, non poté che sentirsi orgogliosa di poter dire che, prima o poi, vi avrebbe preso parte in qualche modo.
 
***

Acciambellata su un cuscino di fronte al camino acceso, Violet gesticolava frenetica, nello spiegare al suo auditorium come fosse andata la giornata.

Essendo ancora presenti gli amici di Andrew, il salottino verde era praticamente gremito, e tutti ascoltavano Violet in assorto silenzio.

Fin da quando era tornata a casa, la ragazza non aveva smesso di sorridere, e aveva dispensato abbracci a tutti coloro che aveva incontrato lungo il cammino.

A cena, aveva infine dichiarato che avrebbe parlato dei risultati della giornata in salotto e, quando tutti avevano terminato di mangiare, si erano spostati in blocco per ascoltarla.

“… sulle prime, ero davvero terrorizzata, perché lord Bradbury sembra uno di quei capitani di vascello di cui si legge nei romanzi. Alto, scuro in viso, accigliato e un po’ burbero, ma parlandoci ho scoperto che è una persona buona e generosa.”

Anthony le sorrise, asserendo: “Non conosco molto lord Bradbury ma, da quanto mi dici, è un grand’uomo.”
“Oh, padre, lo troveresti davvero affascinante, credimi!” assentì giocosa Violet. “E tiene molto all’opinione di ogni persona che lavora per lui. L’ho sentito discorrere con i suoi operai, mentre passeggiavamo per il cantiere, e aveva una parola per tutti. Ridendo, mi ha detto che trova sciocco che certi nobili disprezzino coloro che si sono lanciati nel campo dell’imprenditoria. Dice che è stupido starsene semplicemente con le mani in mano, perché gli altri lavorano per te.”

Anthony e Christofer si sorrisero divertiti, e quest’ultimo disse: “Alla Camera dei Lord, troverebbe pane per i suoi denti. Credo di non dire sciocchezze, nell’affermare che certi nostri stimati colleghi non abbiano mai neppure cambiato il ferro di uno dei loro cavalli.”

“Assolutamente. Anzi, posso dirti, a confutazione della tua affermazione, che lord Colin Chester si vanta di non essersi mai sbarbato da solo” aggiunse Anthony, facendo sogghignare i presenti.

“Ciò detto, tesoro, desideri che io imbracci una vanga, domani?” domandò poi Anthony, rivolgendosi alla figlia.

Scoppiando a ridere, Violet scosse il capo e replicò: “No di certo, padre. So che non sei uno svogliato damerino di città, credimi.”

“Buono a sapersi. Ho l’approvazione di mia figlia” sogghignò a quel punto Anthony, prima di lanciare un’occhiata al resto dei suoi figli. “E voi? Che ne dite?”

Paul, Sarah e Lorainne ridacchiarono divertiti mentre Randolf, pensandoci un po’ su, dichiarò: “Potresti metterti a fare il mastro sellaio, padre. Sei molto bravo a lucidare.”

Detto ciò, ghignò, lasciando intendere ben altro.

Anthony si finse offeso, replicando: “Intendi dire che sto… lustrando mia figlia per averne i favori?”

“Qualcosa del genere” celiò Randolf, guadagnandosi una pacca sullo stomaco dalla moglie.

Tutti risero e Andrew, nell’osservare la sua famiglia così allegra, i suoi amici riuniti in quell’unica stanza, comprese cosa aveva rischiato di perdere, innamorandosi di Violet.

Ogni cosa avrebbe potuto andare a catafascio, se non fossero state le persone che erano ma, per Violet, avrebbe rischiato anche di rimanere da solo.

Gli sarebbe spiaciuto, il suo cuore avrebbe pianto ma, per quella donna, avrebbe compiuto anche questo sacrificio.

Naturalmente, ciò non era avvenuto perché, proprio poiché di mezzo c’era Violet, l’armonia non poteva che tornare sempre e comunque.

Lettie creava equilibrio anche laddove non c’era, e univa i cuori di tutti, con la sua generosità d’animo.

Andrew si ritrovò a sorridere un po’ scioccamente, di fronte all’idea di averla per sempre al suo fianco ma, quando i suoi occhi si posarono su di lei, notò un certo turbamento.

Anche gli altri se ne accorsero e, subito, le risate si spensero come erano venute.

Violet, nel rendersene conto, si morse il labbro inferiore e mormorò: “Ho dimenticato di dire una cosa… anche se, prima di accettare, forse avrei dovuto discuterne con te, Andrew.”

“Che cosa?” esalò lui, più che mai confuso.

Tutti lo squadrarono come se avesse fatto del male a Lettie e Andrew, nonostante tutto quel livore nei suoi confronti, fu lieto che continuassero a preoccuparsi per Violet.

Certo, ora era tutto un po’ diverso, lasciavano che fosse lei a stabilire se fosse il caso o meno di snudare i denti… ma i difensori restavano.

Erano stati solo addomesticati.

“Beh, ecco… lord Bradbury mi ha detto che, per le mie consulenze, intende pagarmi come se fossi uno qualsiasi dei suoi dipendenti. Lì per lì, la cosa mi ha divertita, e gli ho detto di sì, ma sarai tu il capofamiglia, quando saremo sposati…” e, a quelle parole, avvampò. “… perciò, avrei dovuto chiedere a te, se posso avere una rendita tutta mia.”

Andrew arrossì a sua volta – sposarla era il suo desiderio più grande, ma faticava ancora a crederci – e, grattandosi nervosamente la nuca, esalò: “Eh? Oh, ma certo che puoi avere una rendita tutta tua. Ovviamente, avresti anche quella che ti darei io ma, se lord Bradbury vuole pagarti, non ci sono problemi. Davvero.”

Tutti tirarono un sospiro di sollievo e Violet, in barba a tutto e a tutti, si levò in piedi dal cuscino, lo raggiunse e lo abbracciò con foga, scatenando le risate degli amici.

Anthony e Randolf ebbero un brivido, ma si astennero dal fare commenti mentre Savannah e Myriam sorridevano compiaciute.

Andrew strinse debolmente a sé Violet per un istante, prima di scostarla con gentilezza e, quando si ritrovò a fissare il suo sorriso radioso, fu certo di una cosa.

Il matrimonio non sarebbe mai arrivato abbastanza velocemente.
 
***

Il vento era gelido, ma serviva sicuramente allo scopo.

Schiarirsi le idee era davvero necessario, dopo quell’intensa giornata.

Era stato contento di accompagnare Lettie al cantiere, così come di scoprire quanta fiducia riponesse lord Bradbury nella sua amata.

Ma questo gli aveva fatto comprendere quanto, negli anni, l’avesse data per scontata.

Certo, il suo amore aveva cambiato ogni cosa, e tutto gli era parso più chiaro, ma gli restava il dubbio di non aver fatto abbastanza, per meritarsi l’amore di Violet.

“Pensieri profondi, Andrew?” domandò Anthony, a poca distanza da lui.

Andrew si volse a mezzo e, a sorpresa, vide avvicinarsi sia Anthony che Christofer.

Entrambi sorridevano e, quando lo raggiunsero accanto al parapetto, vi si appoggiarono con gli avambracci.

In lontananza, sul mare, era in corso un temporale violento, e sottili fulmini saettavano tra le nubi scure mentre, sopra di loro, la luna ancora resisteva, pallida e fredda.

Entro mezzanotte, a giudicare dalla direzione del vento, quel temporale si sarebbe abbattuto anche sulla costa, ma non in quel momento.

“Qualcosa ti turba, ragazzo?” domandò ancora Anthony, lanciandogli un’occhiata di straforo.

“Temo di non essere degno di Violet” ammise con sincerità Andrew, e i due uomini ridacchiarono, a quel commento.

“Sta a indicare che capisci perfettamente a quale donna speciale tu stia finendo in mano” sottolineò Christofer, battendogli una mano sulla spalla. “Come ben sai, io ho impiegato parecchio, prima di capirlo e, nel mezzo, ho commesso molti errori.”

“E io…” intervenne Anthony, ghignando. “… sono stato pavido, non concedendo a Myriam il diritto di scegliere con onestà, raccontandole una bugia perché non la ritenevo all’altezza di accettare il mio ruolo di spia. Tu, invece, hai dimostrato di avere molto a cuore la mia Violet, oltre ai rapporti familiari che ci uniscono. Ti sei comportato con estrema maturità.”

Arrossendo suo malgrado, Andrew reclinò vergognoso il capo e Christofer, con tono più serio, mormorò: “E’ normale che tu abbia dei dubbi, figliolo. Saresti sciocco a non averne. Pur se vi conoscete da sempre, non sapete cosa voglia dire vivere come una coppia sposata. Gli equilibri cambieranno ancora, nel corso della vita, e voi vi ci adatterete, ma pensa a questo; saresti stato disposto a perdere tutto questo, per lei, vero?”

“Sì, anche se avrei sofferto moltissimo” assentì con veemenza il giovane.

“Allora, sei abbastanza forte per affrontare qualsiasi cosa, ragazzo” lo incoraggiò Anthony, dandogli a sua volta una pacca sulla spalla.

“Grazie… a entrambi” sussurrò Andrew, con voce roca.

“Va da sé, ragazzo che, se la farai soffrire, non esisteranno mura sufficientemente alte e robuste, per proteggerti dalla mia vendetta” terminò di dire Anthony, facendo ridere sia Andrew che Christofer.

“Ho afferrato il messaggio.”

“Bene… e ora, vediamo di rientrare, prima di buscare tutti una polmonite” dichiarò Christofer, sospingendo all’interno il figlio.







Note: L'intesa tra lord Bradbury e Violet è immediata... e come non aspettarselo, visto che parlano la stessa lingua?
In ogni caso, Violet non solo si ritrova a confrontarsi con un uomo che accetta senza problemi la sua passione ma che, tra le altre cose, è così colpito da lei da volerla come apprendista e consigliera.
Non male, per lei, vi pare?
Ormai siamo al capolinea, per questa coppia, di cui ci rimane solo l'epilogo, poi passeremo a Maximilian.
A presto!

 
  
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