Di
tanto in tanto, il soldato al
suo fianco le rivolgeva la parola, ma lei non gli prestava alcuna
attenzione.
Man mano che si avvicinavano alle porte del villaggio, la giovane
avvertiva un
senso d’angoscia montarle nel petto. Erano passati troppi
anni dall’ultima
volta che si era spinta oltre i confini della Congrega e
l’idea di trovarsi di
punto in bianco circondata da gente sconosciuta la metteva decisamente
a
disagio.
Non c’è motivo di preoccuparsi,
si disse, abbassando lo sguardo sui
propri piedi per evitare di incrociare quello di alcuni pastori che
stazionavano a pochi metri da lei. Sono
persone normali, uguali identiche a quelle che conoscevo da ragazzina.
Era
sicuramente vero, cionondimeno era consapevole che gli abiti che
indossava
l’avrebbero immediatamente identificata come consorella
dell’Ordine: il fatto
che si trovasse fuori dalla Congrega era una cosa sufficientemente
insolita da
attirare l’attenzione degli abitanti del villaggio, e
l’idea di trovarsi al
centro di decine e decine di sguardi sconosciuti la faceva sudare
freddo.
Quando
giunsero a pochi metri
dall’antica porta di pietra che segnalava
l’ingresso del villaggio – dovevano
esserci state delle mura, una volta, lì, ma erano quasi
completamente scomparse
– la ragazza rallentò inconsciamente il passo,
mentre il suo stomaco si
contraeva in una serie di piccoli, sgradevolissimi crampi.
«Vieni?»
Senza
che se ne rendesse conto,
Lina era rimasta indietro di alcuni metri e l’uomo che la
stava accompagnando
si era fermato a guardarla, sul volto un’espressione confusa.
«Sì» esalò lei,
schiarendosi poi la voce per renderla più ferma. Non renderti ridicola, si
rimproverò, spingendo avanti il mento e
raddrizzando le spalle. Risoluta, la giovane si diresse a passi decisi
verso la
guardia e poi la superò, varcando così le porte
del villaggio. Aveva percorso
appena pochi metri sul selciato irregolare che rivestiva quella che
doveva
essere la strada principale, quando un senso di famigliarità
la investì,
inatteso. L’odore di fumo e di cibo, simile a quello che
respirava ogni giorno
nella Congrega, eppure così diverso, la riportò
immediatamente ai giorni della
sua infanzia, quando era solita passare le giornate accovacciata su una
delle
botti che suo padre portava al mercato. Il ricordo – quasi
dimenticato, ma
gradito – le riscaldò il petto e lei si
sentì un po’ meno fuori posto.
Rilasciando
un respiro che non si
era nemmeno accorta di aver trattenuto, la giovane alzò lo
sguardo verso il
cielo limpido, osservando dal basso il netto contrasto tra le pareti
bianche
delle case, tutte uguali, e gli scuri tetti di ardesia che le orlavano.
Non
erano abitazioni ricche, lo vedeva chiaramente, ed erano nettamente
più piccole
di quella in cui aveva vissuto un tempo, ma c’era un che di
dignitoso negli
usci ordinati e nei fiori gialli e scarlatti che adornavano le
finestre. Distrattamente,
Lina pensò che non sembrava un brutto posto in cui vivere,
quello.
Dopo
un istante di indecisione,
il soldato le fece cenno di seguirlo e si incamminò lungo la
via, inoltrandosi
verso il cuore del piccolo villaggio. Man mano che si allontanava
dall’ingresso, Lina diveniva sempre più
consapevole del modo in cui la
osservava la gente: chi con curiosità, chi con diffidenza,
chi, addirittura,
quasi con timore. Quella consapevolezza fu sufficiente a far svanire
gran parte
delle sensazioni positive che aveva provato fino a qualche istante
prima, e la
ragazza si ritrovò ben presto a stringere nervosamente il
grembiule tra le
mani. Quando la tensione iniziò a diventare troppa, si
accostò al suo
accompagnatore. «Mi guardano tutti»
mormorò, quasi a pregarlo di fare qualcosa.
Lui
le rivolse uno sguardo
sorpreso – sembrava non essersi nemmeno reso conto delle
attenzioni di cui era
lui stesso marginalmente oggetto – poi scrollò le
spalle, ostentando
indifferenza. «Be’, è normale. Non
è che quelle come te ci vengano spesso, da
queste parti.»
Lina
alzò gli occhi al cielo di
fronte a quell’ovvietà, trattenendosi a stento
dallo sbuffare. «Lo so, ma mi
mette comunque a disagio essere osservata in questo modo. Sembra
addirittura
che dia loro fastidio» si lamentò, accennando con
il capo a un gruppetto
composto da due donne e un uomo che, all’ombra di un
porticato, la osservavano
di sottecchi.
«Ma
no» replicò il soldato. «Ti
guardano così solo perché non sono abituati a
vedere molti estranei. Comunque,
non è un male: se la tua compagna è stata da
queste parti, qualcuno l’avrà
certamente notata. Basterà fare qualche domanda.»
Così dicendo, si diresse
verso le tre persone che lei gli aveva indicato. I tre si affrettarono
a
distogliere lo sguardo e, per un istante, Lina provò un moto
di gratitudine nei
suoi confronti: era alto, notò, per la prima volta e, anche
se era piuttosto
snello e meno imponente di alcuni uomini con cui aveva avuto a che fare
in
passato, la divisa che indossava esercitava comunque un vago effetto
intimidatorio sulle persone che gli stavano attorno. Adesso
non mi fissate più, eh? Pensò, con un
fremito di
soddisfazione.
All’oscuro
di quei pensieri, il
soldato aveva raggiunto i tre sconosciuti e aveva rivolto loro un
saluto.
«Avete visto una donna della Congrega, di recente?»
chiese loro, quando Lina
gli si avvicinò. Una delle donne la scrutò da
capo a piedi, poi si rivolse alla
guardia. «A parte lei?»
Il
soldato sgranò gli occhi
chiari, come se non si fosse aspettato una domanda tanto sciocca, e
Lina
sbottò: «A parte me, ovviamente.»
Aveva usato lo stesso tono che era solita riservare a Danah nei suoi
momenti
peggiori, ma, anche se lo sguardo offeso della sconosciuta le fece
capire che
la cosa non era passata inosservata, non riuscì a
dispiacersene.
«No,
non l’abbiamo vista» si
intromise la seconda donna, un po’ più anziana.
«Se posso darvi un consiglio,
andate alla Locanda del Gallo D’Oro: se si cerca
un’informazione, quello è il
posto migliore per trovarla.»
Lina
scosse la testa, scettica.
«Dubito che Ibbi sia andata alla locanda» disse,
alzando lo sguardo sul
soldato. Dubito anche che sia venuta al
villaggio, aggiunse, poi, mentalmente, ma si
guardò bene dal dirlo. Non
voleva separarsi da lui prima di scoprire qualcosa di più a
proposito di quello
che le aveva accennato fuori dal villaggio.
«La
Locanda del Gallo D’Oro è il
posto in cui va chi ha voglia di scambiare due parole»
insistette la donna più
anziana. «La tua compagna forse non è
lì, ma forse ci troverete qualcuno che
l’abbia vista.»
«Cosa
vuoi fare?» chiese la
guardia, guardando la ragazza. «Vuoi provare ad andare alla
locanda o
preferisci girare ancora un po’ per strada?» La
giovane esitò, soppesando le
due opzioni. Se, da un lato, non trovava particolarmente allettante
l’idea di
sedere a un tavolo con un uomo sconosciuto, alla mercé della
curiosità degli
avventori del locale, dall’altro doveva ammettere che,
così facendo, sarebbe
stato molto più facile intavolare una conversazione che le
permettesse di
scoprire ciò che più le interessava.
«Andiamo
alla locanda» decise,
allora. «Se non altro, vorrei approfittarne per magiare
qualcosa: non ho ancora
pranzato» mentì, prima di aggiungere, a bassa
voce: «Credo che non abbia molto
senso girare a vuoto per le strade: se nessuno ha visto Ibbi, devo
tornare alla
Congrega e dare l’allarme senza perdere altro
tempo.»
A
quelle parole, il compagno
delle due donne, che fino a quel momento non aveva parlato, le rivolse
un’occhiata penetrante. «Dare
l’allarme?» ripeté.
«È successo qualcosa?»
«Non
è successo nulla» replicò
immediatamente la guardia, impedendo a Lina di rispondere lei stessa.
«La
ragazza stava badando ad alcune pecore, si è allontanata per
cercare un agnello
e potrebbe essersi persa. Hai detto che si è trasferita alla
vostra Congrega da
poco, non è così?» chiese, poi,
rivolgendosi alla giovane. «Sì, è
così»
confermò lei, lentamente, lanciando un’occhiata
tagliente all’uomo, che l’aveva
sorpresa con quella menzogna.
Quando
si furono allontanati dal
gruppetto, la guardia la prese per un polso e la fece avvicinare a
sé. «Stai
attenta a non parlare troppo» le disse, chinandosi verso il
suo orecchio. Il
tono non era minaccioso, ma quell’avvertimento fece comunque
scattare una
scintilla di rabbia nel petto della ragazza. «E
perché mai?» ribatté,
liberandosi dalla presa con uno strattone deciso. «Tanto, ben
presto si
accorgeranno anche loro che stanno succedendo delle cose strane.
Ammesso che
non se ne siano già
accorti, se, come
dici tu, ci sono già state delle avvisaglie,
da queste parti.»
Lina
gli rivolse un’occhiata di
sfida, ma lui si limitò a scuotere il capo, guardandola con
un mezzo sorriso.
«Non sai davvero come funziona il mondo, vero?» le
chiese, con una tale aria di
compatimento che, per un istante, la giovane credette di vedere rosso.
Per una
frazione di secondo, fu tentata di dire che lei il mondo lo conosceva
molto
meglio di lui, grazie tante, visto
e
considerato che lei passava la vita a studiare e lui, con ogni
probabilità, non
sapeva nemmeno scrivere il suo nome, ma poi si trattenne. No, non si
sarebbe
abbassata a tanto. Avrebbe mantenuto la calma, come il suo ruolo
richiedeva e
come era abituata a fare, e così facendo gli avrebbe fatto
intendere tutta la
sua superiorità. «Se lo dici
tu…» commentò allora, sussiegosa,
degnandolo solo
di una mezza occhiata. L’uomo parve sul punto di ribattere,
ma poi scosse
nuovamente il capo e tornò a dirigersi verso la sua meta.
Vista
dall’esterno, la Locanda
del Gallo D’Oro era un edificio come tutti gli altri,
riconoscibile solamente
dall’insegna rappresentante un galletto dorato appesa sopra
alla porta. Una
volta varcata la soglia, Lina tirò un sospiro di sollievo
nel notare che il
locale era semi deserto: c’erano solo un paio di avventori
sparsi qui e là e
gran parte dei tavoli di legno chiaro erano vuoti. Quello che doveva
essere il
locandiere, un uomo sulla cinquantina che zoppicava vistosamente dalla
gamba
sinistra, si avvicinò loro. «Buon
pomeriggio» li salutò, con una nota di
incertezza nella voce. «Posso esservi
d’aiuto?»
«Vorremmo
mangiare qualcosa» fece
il soldato, prontamente. «E vorremmo sapere se hai visto
un’altra donna della
Congrega, oggi.»
«No,
non l’ho vista» replicò
distrattamente l’uomo. Mentre lo diceva, i suoi occhi erano
fissi sul volto di
Lina e la giovane distolse lo sguardo, a disagio, sentendo le orecchie
in
fiamme. Dopo qualche istante, si azzardò a guardare ancora
in direzione del
locandiere e sul suo volto notò un’espressione
concentrata. «Beh?» fece allora,
più aspramente di quanto avrebbe voluto. Immediatamente, il
locandiere si
riscosse e arretrò di un passo, con una risatina
imbarazzata. «Non vorrei
sembrare inopportuno, ma… sei mai stata al mercato di
Balma?» chiese.
Lina
aggrottò la fronte, confusa.
Lo ricordava, il mercato di Balma. Era il più grande mercato
del Nord, un luogo
che suo padre visitava una volta all’anno. L’aveva
accompagnato, qualche volta.
«In verità, sì. Ma è da
molto tempo che… l’ultima volta avrò
avuto dieci o
undici anni, credo.» L’oste annuì.
«Se posso chiedere: vieni dalla nostra
Congrega, vero? La tua famiglia è di queste
parti?» Leggermente infastidita da
quell’interrogatorio, la giovane incrociò lo
sguardo del soldato, che si
strinse nelle spalle. «No, a dire il vero non sono di queste
parti.» replicò,
secca. «Sono nata nel Distretto delle Colline Blu. Se sono
qui, è solo perché
mia madre si è risposata e ora vive nella
Capitale.»
Per
nulla scoraggiato dalla
scontrosità della ragazza, il locandiere si aprì
in un gran sorriso. «Non è
che, per caso, sei la figlia di Ivor di Pian
dell’Alba?» La domanda la lasciò a
bocca aperta e il locandiere interpretò correttamente il suo
silenzio stupito.
«Lo sapevo!» esultò.
«Conoscevo tuo padre, tanto tempo fa. Cercava di rifilarmi
sempre del vino scadente, spacciandolo per un’ottima annata,
ma, sotto sotto,
era un brav’uomo. Tu, comunque, sei identica a tua madre:
è per questo che ti
ho riconosciuta. Avevo sentito che eri entrata nell’Ordine,
ma non mi aspettavo
certo di trovarti qui.»
Istintivamente,
Lina strinse tra
le dita una ciocca ramata che era sfuggita dall’acconciatura
e le penzolava
davanti agli occhi. «Non è vero che sono identica
a mia madre» protestò. L’oste
le rivolse un sorriso placido. «Capelli a parte,
s’intende. Ma hai la sua
stessa faccia. Anche l’espressione è la
sua.» Davanti a quell’osservazione,
Lina arrossì: non amava particolarmente essere paragonata a
sua madre, ma,
sfortunatamente, sapeva che il locandiere aveva ragione. Da suo padre
aveva
preso solo i capelli rossi, ma i lineamenti, le lentiggini e gli occhi
scuri
erano una chiara eredità materna; e non c’era
nulla che lei potesse fare per
cambiare quella verità. Cercando di evitare che
l’uomo continuasse a chiederle
della sua famiglia – un discorso che preferiva evitare, se
poteva – la giovane
si strinse nelle spalle. «Sì, be’,
immagino sia vero. Comunque, come dicevamo,
sono qui per cercare una mia compagna che si è persa: sei
certo di non averla
vista?»
A
quella domanda, l’oste si fece
più serio. «Era vestita come te,
immagino.» Quando Lina annuì, l’uomo
scosse il
capo, con un’espressione dispiaciuta sul volto.
«No, purtroppo non ho visto
nessuna consorella: né oggi, né nei giorni
scorsi. È vero però che oggi sono
stato piuttosto impegnato e non ho avuto molto tempo di fare
conversazione:
perché non vi sedete e non mangiate qualcosa? Nel frattempo,
io proverò a fare
qualche domanda agli altri clienti.»
Prima
che la ragazza potesse dire
che non era il caso che lui si scomodasse – poteva benissimo
farle lei, le
domande – il soldato si lasciò scivolare sulla
sedia più vicina. «Mi sembra un’ottima
idea» disse, alzando lo sguardo sul locandiere. Quando quello
si allontanò con un
sorriso soddisfatto, Lina rimase immobile per qualche istante, indecisa
sul da
farsi. Le poche persone presenti nel locale la stavano fissando e lei
si
affrettò a sedersi, sentendosi piuttosto stupida.
«Non
avevo idea che tu conoscessi
il padrone di questo posto» le disse il soldato, quando si fu
accomodata. Per qualche
motivo, la giovane credette di avvertire una lieve sfumatura
d’accusa, nelle
sue parole. «E infatti non lo conosco»
ribatté. «Mio padre però era un
commerciante di vino piuttosto rinomato e viaggiava molto…
immagino avesse
diverse conoscenze sparse per il regno. Non ricordo mi abbia mai
parlato di
questo tizio, ma sono passati diversi anni da quando è morto
e io mi sono ormai
dimenticata molte cose.»
Notando
che il soldato continuava
a fissarla, Lina sbuffò, spazientita. «Non mi pare
che la cosa abbia una
qualche importanza, comunque. Parliamo piuttosto del fatto che Ibbi non
è qui.»
Davanti al suo tono bellicoso, la guardia si rilassò contro
lo schienale della
sedia, sollevando un gomito per trovare una posizione comoda.
«Il fatto non
pare stupirti» commentò, osservando la sua
reazione.
La
ragazza abbassò gli occhi sul
tavolo, un po’ in imbarazzo. «Be’, in
effetti credo sia improbabile che sia
entrata nel villaggio: perché avrebbe dovuto
farlo?» chiese, mentre una fitta
di preoccupazione le attraversava lo stomaco, ricordandole che la sua
compagna –
la sua amica – era
scomparsa nel
nulla e lei stava perdendo tempo con un soldato sconosciuto,
anziché correre
alla Congrega e dare l’allarme.
«Non
saprei» replicò la guardia.
«Perché sei qui, allora?»
Lina
incontrò il suo sguardo e,
per una frazione di secondo, si chiese se fosse il caso di fidarsi di
lui. Aveva
degli occhi terribilmente chiari, quasi color ghiaccio e, per qualche
motivo,
lei aveva sempre provato una certa diffidenza nei confronti delle
persone con
gli occhi azzurri. «Immagino valesse comunque la pena fare un
tentativo»
sospirò. «Se Ibbi non è qui, significa
che è sparita nel nulla in mezzo a quel
fumo nato dal niente: poco fa, tu hai detto che non è il
primo evento del
genere ad essere avvenuto vicino alla Capitale, ma che ci sono state
delle avvisaglie. Bene, voglio
sapere a cosa
ti stavi riferendo: se Ibbi è scomparsa, ogni particolare
può esserci utile per
tentare di ritrovarla.»
«Mi
pare logico» convenne lui,
placido. «In cambio, tu mi racconterai ciò che sai
a proposito della scomparsa
della Principessa: se non erro, i patti erano questi.»
Improvvisamente,
Lina si accorse
di aver fatto un piccolo, trascurabile errore: non si era preparata
alcuna
fandonia da rifilare al soldato in cambio delle informazioni che
avrebbe
ottenuto da lui. Perché lei, della sorte di Adlyn, non
sapeva assolutamente niente.