Ciao a
tutti!
Vi ringrazio per aver trovato il tempo di leggere il primo capitolo e
vi chiedo scusa se ho impiegato tanto a pubblicare il secondo capitolo
( purtroppo mi si era rotto il pc e ho dovuto aspettare che il
tecnico tornasse dalle ferie.) Spero che questo capitolo non sia troppo
deludente :)
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“Permesso!”
Si spostò verso la parete,
appena in tempo per evitare di
essere urtato dal mago che attraversava l’Atrio di corsa.
Si guardò intorno, un
po’ confuso. Era passato molto tempo,
più di venti anni, dall’ultima volta che era
entrato al Ministero e, se non
fosse stato per il gufo che aveva ricevuto quella mattina,
probabilmente non vi
avrebbe più rimesso piede. Infilò istintivamente
la mano nella tasca destra del
mantello, stringendo la lettera tra le dita, come a volersi assicurare
di non
averla persa, e si avviò verso il centro della sala,
lì dove si trovava il
banchetto per la pesa e la registrazione delle bacchette.
“Credevo
non mi
avrebbero lasciato andare.” Sbuffò Savage
osservando il gruppetto di
giornalisti fermi vicino a quella che una volta era stata la fontana
dei
fratelli magici e che, adesso, era solo un cumolo di pietre coperte da
un
telone.
“Hanno
bisogno di
sentirsi dare delle risposte che non siano ‘Non
c’è bisogno di creare allarmismi.
Il Ministero ha la situazione sotto controllo.’”
rispose Tonks citando le
parole di Scrimgeour.
“Come se ci fosse ancora
qualcuno disposto a crederci.”
Ribatté ironica l’Auror premendo nuovamente il
pulsante dell’ascensore.
“Non dovresti dire certe
cose.” La interruppe guardando
diffidente le due streghe che aspettavano l’ascensore insieme
a loro. Aveva
come la sensazione che si fossero avvicinate solo dopo aver
riconosciuto la
loro divisa e che stessero ascoltando ogni parola. Da quando Hogwarts
era stata
attaccata il Ministero era stato preso d’assalto dai
giornalisti e nemmeno le
divise da Auror sembravano impedire loro di fare domande al limite
della
correttezza.
“Lo
sanno tutti ormai
“replicò l’altra ignorando il tono di
avvertimento “che il Ministro sta
perdendo il con…”
“Scusate…”
“Sì?”
rispose Tonks cogliendo al volo l’occasione per poter
abbandonare quel discorso. Savage
aveva
ragione, ma ultimamente circolavano strane voci e ci voleva poco per
capire che
era meglio stare attenti ad esprimere le proprie opinioni sulle scelte
del
Ministro. “Ha bisogno di aiuto?” domandò
con un sorriso incoraggiante nel
vedere l’espressione dell’uomo cambiare leggermente
nel riconoscere la loro
divisa. Non era la prima volta che bastava quella piccola
‘A’ argentata a
mettere a disagio la gente.
L’uomo sembrò
accorgersi della propria reazione e si
affrettò a cambiare espressione “Sapete a che
piano si trova l’Ufficio
Regolazione e Controllo delle Creature Magiche?”
“È al quarto
livello.” Rispose la ragazza mentre l’ascensore
si fermava al piano e le porte iniziavano ad aprirsi.
“...non
c’è abbastanza spazio.”
“Non
capisco a cosa
ci serva altro spazio” insistette Bill “Il nostro
salotto è abbastanza grande
per…”
“È un
matrimonio.” Si intromise Ginny da dietro la sua
rivista “non una riunione tra compagni di scuola.”
“Grazie.”
Mormorò sollevata Fleur, felice che almeno lei
riuscisse a comprendere la differenza tra le due cose. “Manca
meno di un mese e
non abbiamo ancora trovato uno spazio adatto, non abbiamo pensato alla
cena, né
alla musica, né…”
“Perché non
montate delle tende in giardino” propose Lupin
alzandosi dalla poltrona “C’è abbastanza
spazio in giardino.”
“Beh, credo che non ci
siano molte probabilità che piova a
luglio.” Rispose Fleur dopo aver riflettuto per qualche
istante “Organizzare il
matrimonio in giardino potrebbe essere un’ottima idea. Cosa
ne pensi?”
“Se piace a te per me va
bene” le concesse distrattamente
Bill mentre cercava di capire da dove provenisse
quell’orribile odore che lo
nauseava.
“Potremmo sistemare i
tavoli per la cena nella tenda più
grande” riprese Fleur lasciandosi infervorare da
quell’idea “e spostarci in una
seconda tenda per la torta e i balli e…”
Da quando, il giorno prima, Molly
aveva accennato al
matrimonio sembrava che non esistesse più altro argomento di
conversazione,
pensò il licantropo avvicinandosi alla finestra. Era da ore
che si discuteva di
invitati, addobbi, menu …. Mentre guardava fuori
l’aria davanti all’albero di
magnolia sembrò prendere corpo per un istante e incresparsi
prima che un sonoro
pop rompesse il silenzio e la sagoma di Tonks comparisse dietro al
cancelletto.
La osservò allontanarsi i capelli dal volto e incamminarsi a
passi lenti e pesanti
lungo il vialetto. Non era la prima volta che si tratteneva al
Ministero oltre
il suo turno, aveva detto Molly sparecchiando il suo posto e mettendole
qualcosa da mangiare da parte. La seguì con lo sguardo
dirigersi verso la porta
quindi sentì Charlie chiamarla e lei tornò
indietro.
“Da
quando il collega
di papà ha sequestrato un bersaglio incantato usato in uno
dei pub di Bristol
per truccare le scommesse, papà è rimasto
affascinato da questo gioco.” Disse
Ginny guardando anche lei fuori dalla finestra e vedendo George e
Charlie
provare a spiegare a Tonks le regole del gioco. “Almeno
giocando a freccette
nessuno si può fare male e mamma non ha nulla da
ridire.” Aggiunse lanciando
uno sguardo alla madre che, seduta nel divano accanto a Fleur, era
troppo
coinvolta dai preparativi per rendersi conto dei malumori che il suo
divieto di
allontanarsi da casa aveva scatenato.
“Ballare?”
domandò Bill, come se quel pensiero non lo avesse
nemmeno sfiorato fino a quel momento.
“Tua madre mi ha detto che
balli bene.” rispose Fleur
sorpresa da quella espressione terrorizzata. “Stai
bene?” aggiunse poi
vedendogli chiudere gli occhi per un istante e massaggiarsi le tempie.
“Sono solo un po’
stanco.” Quel discorso sul matrimonio gli
stava facendo venire il mal di testa.
“Sei sicuro?”
domandò Molly “Vuoi una tazza di tè
o…”
“Sto bene!” la
interruppe bruscamente il ragazzo attirando
l’attenzione di tutti. “Sto bene.”
Ripeté con più calma rendendosi conto della
reazione esagerata. “Ho solo bisogno di un
caffè.” Aggiunse alzandosi e
dicendosi che in realtà ciò che aveva bisogno era
che smettessero di guardarlo
con quell’aria apprensiva, che smettessero di preoccuparsi
per lui. Stava bene,
lo aveva detto anche madama Chips, aveva solo bisogno che sua madre e
Fleur
smettessero di accudirlo come un bambino e sobbalzare a ogni suo
movimento. “Ne
volete?”
“No.” Risposero
quasi in contemporanea mentre lui usciva
dalla stanza.
“Forse stiamo correndo un
po’ troppo. Forse dovreste
rimandare il matrimonio.” Mormorò Molly
assicurandosi che il figlio non potesse
sentirla “Solo di un paio di settimane…”
Si affrettò ad aggiungere vedendo
l’espressione sorpresa e di disapprovazione apparire sul
volto di Fleur. Non
voleva che la ragazza credesse lei avesse cambiato nuovamente idea su
loro due.
“Anche se lui dice il contrario”
continuò la donna “non credo che si sia ancora
ripreso dallo shock dell’attacco e organizzare un matrimonio
può essere molto
stressante e…”
“Non credo che il problema
sia organizzare il matrimonio.”
La interruppe con un sospiro Fleur.
“Lupin…” mormorò pur credendo
di conoscere
già quello che avrebbe detto.
“Temo che tu abbia
ragione.” Sussurrò il licantropo “Non
è
solamente stressato dall’organizzazione del matrimonio o
ancora sconvolto da
quello che gli è accaduto.”
anticipò le
domande dei Weasley. Si sedette nuovamente sulla poltrona, lentamente,
lo
sguardo basso evitando i loro sguardi mentre rifletteva e sceglieva le
parole
da usare “Tra due giorni ci sarà luna
piena” Bisbigliò in un sussurro quasi
impercettibile.
Per un lungo istante nessuno
parlò, come se quella notizia
avesse tolto loro momentaneamente la capacità di farlo,
quindi fu Fred a
rompere il silenzio “Cosa vorresti dire?”
“Non è la prima
volta che si comporta in modo strano, che
reagisce in modo esagerato.” Lo interruppe il licantropo
rendendosi conto di
quanto fosse difficile per loro ascoltare quelle parole
“Fleur mi ha parlato
questa mattina,” si scambio uno sguardo con la ragazza che
annuì “e sono quasi
sicuro che…”
“Quasi sicuro?”
esclamò Molly “Sicuro di cosa?”
domandò
aggrottando la fronte, il volto rosso quanto i suoi capelli, la mano
stretta
intorno al bracciolo del divano, eppure la sua voce non più
forte di un
bisbiglio “Avevi detto che Bill non sarebbe diventato un
…”
“Un lupo
mannaro?” completò per lei accorgendosi che non
riusciva nemmeno a pronunciare quelle parole. “Sono sicuro
che non lo è.”
Fu come se qualcuno avesse appena
detto che Voldemort era
stato sconfitto, che non c’era nessuna guerra in corso, che
quelli di Bill
erano semplici graffi e che sarebbero scomparsi in un paio di giorni.
L’espressione dei Weasley e di Fleur si rasserenò
immediatamente, quasi lui
avesse detto loro di poter tornare a respirare.
“Non capisco.”
Intervenne Ginny “Se non è un lupo
mannaro”
il suo sguardo si spostò istintivamente verso la cucina da
cui proveniva il
suono di sportelli aperti e richiusi “cosa importa se ci
sarà luna piena?”
Quello che diceva aveva una certa
logica. Bill non era un
lupo mannaro. Perché preoccuparsi della luna piena, allora?
Il ragionamento
della ragazza, però, si basava su quanto scritto sui manuali
e nessuno, mai, si
era interessato tanto ai lupi mannari o era stato tanto avventato da
studiarli
da vicino. Tutto ciò che insegnavano sui libri era teorico.
“Io credo c…”
“Sono
felice che i
tuoi genitori e tua nonna vengano qui qualche giorno prima”
lo zittì Molly con
un tono di voce forse più allegro del normale.
“Si fermeranno qui per un
paio di giorni?” domandò sorpreso
Bill tornando a sedersi sul divano. Poggiò la tazza fumante
sul tavolino
“Credevo sarebbero venuti solo per la cerimonia.”
“No…cioè,
sì” Farfugliò Fleur, un po’
spiazzata da quel
repentino cambiamento di discorso. “Tua madre ha insistito
tanto perché
restassero un paio di giorni in più. Per potersi conoscere
meglio.”
Il ragazzo sembrò
riflettere per qualche istante su quelle
parole quindi passo un braccio intorno alle spalle di Fleur e la
strinse a sé
“Mi sembra un’ottima idea.” Disse
baciandole la fronte.
“Già”
concordò la ragazza ringraziando silenziosamente Molly
per la sua prontezza. Non osava nemmeno immaginare come avrebbe reagito
Bill se
lei non si fosse accorta del fatto che stava entrando in salotto e lui
avesse
sentito il loro discorso.
“Ma…”
si intromise
Fred distogliendo per un istante lo sguardo dal fratello. Era
così sorridente e
sembrava talmente soddisfatto che, se non fosse stato assurdo, avrebbe
pensato
si trattasse di una persona diversa da quella che aveva lasciato la
stanza
pochi minuti prima “non ci sono abbastanza camere.”
“Beh…”
rispose la madre che aveva detto quella frase
semplicemente per cambiare argomento e non aveva ancora riflettuto sul
da farsi
“vostro padre può chiedere in prestito la tenda da
campeggio a Perkins.”
“Chi è che va in
campeggio?” si intromise Charlie che,
entrato dalla porta finestra, aveva sentito solo l’ultima
parte della frase.
“Nessuno.”
rispose Molly guardandolo bere un sorso di caffe
dalla tazza del fratello e posarla nuovamente con una smorfia un
po’ disgustata
“Stavo solo pensando che voi ragazzi potreste dormire un paio
di notte in tenda
in giardino in modo da ospitare la famiglia di Fleur.”
“Ah!” esclamò per
nulla entusiasta all’idea quindi, dopo un paio di secondi, si
rivolse a Tonks
che, poggiatasi alla spalliera del divano, sbirciava, come lui, la
rivista che
Fleur stava sfogliando. “Ti va una tazza di
tè?”
La ragazza sembrò
rifletterci per un paio di istanti poi si
raddrizzò nascondendo uno sbadiglio dietro la mano
“Credo che andrò a riposare
un po’ prima che arrivino gli altri.”
Il rumore dei suoi passi
echeggiò nei corridoi. Non era la
prima volta che rimaneva fino a notte fonda al Ministero e sapeva di
non essere
sola all’interno del Dipartimento, che le sarebbe bastato
entrare in uno dei
cubicoli alla sua destra per veder un volto conosciuto, eppure
c’era qualcosa
di inquietante in quel silenzio.
Il suono metallico delle porte e la
fredda voce registrata
annunciarono l’arrivo dell’ascensore,
affrettò il passo ma l’ascensore venne
chiamato a un altro livello. Aveva appena premuto il pulsante,
rassegnata ormai
ad aspettare che l’ascensore si fermasse nuovamente al piano,
quando lo vide. Lì
in fondo al corridoio, c’era lo stresso uomo che aveva
incontrato quella
mattina e che le aveva chiesto informazioni. Si chiese cosa ci facesse
a
quell’ora di notte da solo al Ministero. Le era sembrato un
uomo tranquillo e
gentile, eppure la sua presenza, il modo in cui si guardava intorno,
erano
sospetti. Guardò l’orologio, la luce lampeggiante
sopra le porte dell’ascensore
segnalava che si trovava ancora nell’Atrio. Si
sistemò la tracolla sulla spalla
e si affrettò a seguirlo prima che sparisse tra i corridoi.
L’uomo svoltò a
destra e così fece anche lei stando bene
attenta a non farsi notare. Percorsero una decina di metri quindi
girarono
nuovamente a destra. Strano, pensò Tonks, che non ci fosse
nessuno nei
corridoi, strano quasi quanto il fatto che quell’uomo, che
poche ore prima
sembrava non aver la pallida idea di come muoversi
all’interno del Ministero,
adesso camminasse con una sicurezza tale da far sembrare la sua
presenza in
quel luogo qualcosa di naturale. Svoltarono a sinistra, scesero le
scale
e…improvvisamente tutto divenne buio. I globi di luce
fluttuanti a mezzaria che
fino a quel momento avevano illuminato i corridoi si spensero.
Era stato stupido, un errore da
matricola! Si rimproverò la
giovane Auror togliendosi la tracolla di spalla. Avrebbe dovuto
informare gli
altri della presenza di un estraneo all’interno del
Ministero, invece di
seguirlo.
Ormai, tuttavia, era tardi per
chiamare aiuto, si disse
estraendo la bacchetta dalla tasca della giacca.
“Lumos” sussurrò, ma la fioca
luce proveniente dalla bacchetta scomparve in
quell’oscurità dopo un paio di
secondi.
Il rombo del tuono nascose quasi
completamente il suo urlo.
Per un paio di secondi rimase immobile, seduta al centro del letto, gli
occhi e
la bocca spalancati, il cuore che batteva impazzito nel petto mentre i
suoi
occhi mettevano a fuoco la sagoma del letto di Fleur di fronte al suo.
Il tavolo di noce era stato allungato
e spostato al centro
della stanza, una ventina di sedie scompagnate lo circondavano, i loro
occupanti, in piedi, erano chini, concentrati sulle pergamene srotolate
al
centro del tavolo. Sentì l’occhio magico di
Malocchio seguirla mentre entrava
nella stanza senza, vide la chioma rossa di Molly accanto alla
McGranitt, la
testa rasata di Kingsley, il ciuffo di capelli bianchi di Dedalus
apparire da
sotto uno dei suoi bizzarri cappelli, Fred e George, con una
espressione seria
in volto, a un angolo del tavolo accanto a Bill. Mancava poco
all’inizio della
riunione, la prima riunione dell’Ordine dopo la morte di
Silente. Arthur e
Hestia non era ancora arrivati, ma gli altri avevano già
iniziato a discutere.
“E i giganti?”
chiese Dedalus interrompendo la McGranitt
“Hagrid aveva detto che avrebbero preso in considerazione la
nostra proposta.”
“Si fidavano di
Silente.” Rispose la strega “Senza di lui
non intendono schierarsi apertamente contro…”
“Meglio
così.” Borbottò Moody sbuffando
infastidito dal
notare i suoi occhi arrossarsi al ricordo del vecchio preside. Silente
era
stato suo amico ma non c’era tempo per i sentimentalismi.
“Non è semplice fare
ragionare i giganti e…. “
“Sempre meglio che essere
soli contro un esercito.” ribatté
Fred attirandosi un’occhiataccia da parte dell’ex
Auror.
“I centauri manterranno la
loro parola e anche gli elfi
domestici che lavorano ad Hogwarts” prese la parola Kingsley,
prima che
Malocchio potesse aprire bocca “Fleur aspetta la risposta di
madame Maxime e
non dobbiamo dimenticare le altre creature magiche.”
“Le altre creature
magiche?” ripeté scettico Mundungus, che
fino a quel momento si era aggirato per la stanza guardandosi intorno
“Credete
veramente che i folletti, i Goblin o le Velee si schiereranno dalla
nostra
parte?” si avvicinò al tavolo prese un bicchiere e
iniziò a controllare il
contenuto delle caraffe che Molly aveva poggiato sul tavolo
“Questa è una
guerra tra maghi. Rimarranno nascosti nei loro rifugi finché
tutto non sarà
finito.”
La McGranitt aprì bocca
per ribattere ma Kingsley le fece
cenno di ignorarlo. Non riusciva a capire perché Malocchio
avesse insistito
tanto sulla presenza di quel truffatore. “Hai ricevuto
risposte?”
“Non ancora.”
Disse Lupin “Dopo quello che è accaduto sono
troppo spaventati e…”
“Spaventati!”
sbuffò Malocchio accigliandosi.
Improvvisamente, si rese conto Tonks,
l’atmosfera si era
fatta tesa e pesante “Di chi stanno parlando?”
bisbiglio all’orecchio di
George.
“Dei licantropi.”
Mormorò il ragazzo quindi, notando quanto
fosse pallida aggiunse “Ehi, ma ti senti bene?”
“E?” lo
spronò a proseguire annuendo appena.
“Lupin
dice di averne
quasi convinto qualcuno a schierarsi dalla nostra
parte…”
“Non
mi importa se
quei maledetti licantropi di fidano di lui.” riprese nel
frattempo Mundungus
con un’espressione disgustata sul volto “Ha vissuto
quasi per un anno con loro
e non ne vuole parlare. E se fosse uno di loro? Se fosse una spia? Chi
ci dice
che non sia stato lui a dire ai licantropi come entrare a
Hogwarts?” alzò la
voce ignorando i tentativi degli altri di zittirlo “Non mi
fido di lui!” esclamò
con disprezzo puntando un dito verso Lupin. “E non mi fido
neanche del
ragazzo.”
Un botto secco ruppe il silenzio
mentre Bill scattava in
avanti verso il mago. Un gesto così veloce e inaspettato che
Mundungus non fece
nemmeno in tempo a vedere la mano che lo colpiva.
Per un lungo istante nessuno disse
nulla. Fu come se il
tempo si fosse improvvisamente fermato. Cosa aveva fatto? Si chiese
Bill, mentre
la rabbia che lo aveva travolto lo abbandonava, osservando Mundungus
portarsi
una mano all’occhio. Il pulsare martellante del sangue nelle
orecchie lo
assordava, sentiva lo sguardo stupito di tutti su di sé.
Cosa aveva fatto! Si
ripeté scavalcando la sedia rovesciata sul pavimento e
correndo fuori dalla
stanza.
“Bill!”
chiamò Fleur
“Bill!” ripeté alzandosi e seguendolo
mentre anche gli altri iniziavano a
riprendersi dalla sorpresa.
“Mi ha quasi
accecato!” si lamentò Mundungus
“Pot...”
“Sta zitto
Mundungus!” lo interruppe Fred alzandosi e
seguendo anche lui gli altri fuori.
“Bill!”
urlò Molly mentre il più grande dei suoi figli
scavalcava il muretto di recinzione e si smaterializzava.
“Bill!”
chiamò nello stesso istante Fleur, pronta a
scavalcare anche lei il muretto.
“È
inutile.” La fermò George osservando la piccola
buca
lasciata nel fango, lì dove il fratello era atterrato prima
di
smaterializzarsi, riempirsi di acqua “Non puoi seguirlo senza
s.…”
“Credo di sapere dove
è.” Lo interruppe Charlie
allontanandosi i capelli zuppi di pioggia dagli occhi.
Lontano all’orizzonte,
oltre la cima degli alberi, si
intravedeva il chiarore dei fulmini. Nonostante il cielo fosse coperto
di
grosse nuvole nere non aveva ancora iniziato a piovere, eppure si
percepiva già
l’elettricità nell’aria e,
pensò Remus avvicinandosi alla riva, non solo a
causa del temporale in arrivo.
Avrebbe dovuto immaginare che Charlie
avrebbe capito dove
era andato e lo avrebbe seguito, si disse Bill sentendo la ghiaia
scricchiolare
rumorosamente alle sue spalle. Aprì la bocca per dire al
fratello di andare
via, lasciarlo da solo, quando qualcosa, qualcosa che non avrebbe
saputo
spiegare, gli fece capire che non era lui. “Va via
Lupin.” disse continuando a
guardare la superficie del lago increspata dal vento.
Ignorò la sua risposta.
“Da quando ti senti così?”
“Non ho idea di cosa tu
stia parlando.” Ribatté il ragazzo calciando
una pietra nel lago.
Avrebbe dovuto intuirlo, si
rimproverò Lupin, palare con lui,
e invece aveva preferito lasciarsi ingannare, esattamente come avevano
fatto
tutti gli altri. Aveva notato i suoi sbalzi di umore negli ultimi
giorni, la
sua aria assente ma, forse perché in parte si sentiva
colpevole di non aver
potuto evitare che Hogwarts venisse attaccata, per quello che era
accaduto al
ragazzo, aveva sottovalutato quei segnali dicendosi che dopotutto la
notte in
cui Fenrir lo aveva morso non c’era stata luna piena.
“Hai la sensazione che la
tua testa sia troppo pesante, che i tuoi pensieri siano offuscati, che
tu stia
perdendo il controllo su quello che sta accadendo
e…”
“Sta zitto.” Lo
interruppe ostinandosi a negare l’evidenza.
“…sei
arrabbiato.” continuò osservando con la coda
dell’occhio la sua mascella serrata, i pugni tanto stretti
che le nocche erano
sbiancate “Perché io?” spazzò
con la mano le foglie che ricoprivano un grosso
masso “è questo che ti chiedi, lo so.”
si sedette “Perché è capitato a me?
Cosa
ho fatto di…”
“Avevi detto che sarei
stato bene!” esclamò voltandosi verso
di lui “Avevi detto che tutto questo non sarebbe
accaduto!”
“Non l’ho mai
detto.” Lo contraddisse con calma sostenendo
quello sguardo carico di frustrazione “Ho detto che non ti
trasformerai.”
“Credi che questo mi basti?
Che dovrei ringraziare?” domandò
sentendo la rabbia crescere di nuovo dentro di sé
“Chi credi che mi offrirà un
lavoro quando i folletti mi licenzieranno? Chi credi che
vorrà sedersi al pub
accanto a me e scambiare due parole? Cosa credi che vedranno, me o le
mie
cicatrici?”
Lo guardò in silenzio per
un istante e in quell’istante si
rivide in lui. Quante volte aveva detto quelle parole ai suoi genitori,
ai suoi
amici, a Tonks. Quante volte loro avevano provato a farlo ragionare, a
convincerlo che lui era molto più di quelle cicatrici. Non
li aveva voluti
ascoltare, li aveva allontanati da sé. Non gli avrebbe
permesso di fare i suoi
stessi errori “Bill ascol…”
“Non dirmi di
ascoltarti!” gli urlò contro
“È colpa di
quelli come te se la mia vita è rovinata!” lo
accusò furioso, resistendo a
stento all’impulso di sfogarsi su di lui.
“La
tua vita non è
rovinata.” ribatté Lupin con calma. “Tu
non sei un licantropo e ti basterà
dimostrarlo per mantenere il tuo lavoro.” Si alzò
nuovamente “Hai la tua
famiglia e hai Fleur che…”
Fleur. Il pensiero della ragazza
sembrò smorzare le fiamme
che gli bruciavano nel petto. Si allontanò da lui e si
voltò verso il lago
“Starebbero molto meglio senza di me.”
replicò sentendosi preda di quella
depressione che, improvvisamente, aveva sostituito la rabbia
“So che si
sforzano di non guardare le mie cicatrici, fingendo non sia mai
accaduto nulla.
Li ho sentiti cambiare discorso quando mi vedono entrare in una stanza,
mi sono
accorto dei loro sguardi quando pensano io non li veda e
Fleur…” Per alcuni
istanti l’unico rumore a rompere il silenziò che
seguì fu il fruscio del vento
tra le foglie degli alberi “Non voglio perderla,
Remus.” mormorò con voce
tremante “Non posso, non riesco a stare senza di
lei.” Tornò a guardare l’uomo
fermo sulla riva accanto a lui “Cosa devo fare?”
chiese “Ho la sensazione che
la mia testa stia per esplodere, che non riesca più a
pensare, che non sappia
più chi sono, cosa voglio.”
Sapeva esattamente quello che
provava, pensò Lupin. “È
l’effetto della luna piena.” gli disse dispiaciuto
“ma tra un paio di giorni
non ci penserai più.” aggiunse rassicurante.
“Sarà sempre
così?”
“La prima volta
è la peggiore.” rispose vedendo la paura nei
suoi occhi.
“È stato
così anche per te?”
“Io…non
ricordo.” Ammise sincero dopo un paio di secondi.
Un fulmine rischiarò il
cielo mostrandole la sagoma di uno
gnomo che si teneva stretto a un cespuglio del giardino per evitare di
essere
trascinato via dal vento. Si allontanò dalla finestra. Non
era la prima volta che
i membri dell’Ordine litigavano, ma mai in quel modo, si
disse osservando
Arthur, Malocchio e Kingsley discutere animatamente in un angolo della
stanza. Nonostante
fosse quasi estate il fuoco nel camino era stato acceso, seduti
lì vicino,
Fleur, Molly e i ragazzi fissavano in silenzio il grande orologio
sperando
quasi di poter spostare con lo sguardo la lancetta di Bill su
‘casa’.
“Preparo il
tè.” Disse Tonks e, prima ancora che qualcuno
rispondesse, uscì dalla stanza e andò in cucina. Rimanere in salotto, in
silenzio, senza nulla
da fare, rischiava di farla impazzire. Mundungus era andato via da ore
ma, per
quanto si sforzasse, non riusciva a togliersi di mente le parole che
aveva
detto. Riempì il bollitore di acqua e lo mise sul fuoco.
Sapeva che con la
morte di Silente molte cose sarebbero cambiate. I pochi che avevano
convito a
schierarsi al loro fianco iniziavano a dubitare di avere qualche
possibilità
contro Voldemort; il Ministero vacillava, sul punto di crollare da un
momento
all’altro; Scrimgeour provava a rassicurare la stampa ma,
ormai, era inutile
negare che non era in grado di gestire la situazione. Avevano paura,
tutti, si
disse osservando le grosse gocce di pioggia battere rumorosamente
contro la
finestra, anche lei.
Forse, aveva pensato quel pomeriggio
vedendo Tonks insieme a
Charlie, quello era il momento giusto per uscire per sempre dalla sua
vita.
Charlie era simpatico, aveva un buon lavoro e teneva veramente a lei.
Lui avrebbe
potuto offrirle ciò che meritava. Eppure, per quanto
continuasse a ripetersi
quelle parole, il pensiero di vederla tra le braccia di un altro lo
faceva star
male. Nel corso della sua vita aveva rinunciato a molte cose. Pur
essendo bravo
a volare quanto James non aveva mai fatto nemmeno domanda per entrare
nella
squadra di Quidditch, nonostante ci avesse fantasticato sopra non aveva
mai
pensato di presentare domanda di lavoro al Ministero, amava insegnare
ma aveva
lasciato il posto ad Hogwarts, …. l’elenco era
così lungo che non sarebbe
bastata un’intera giornata. C’erano tante cose a
cui aveva rinunciato senza
alcun rimpianto semplicemente perché sapeva che uno come lui
non avrebbe mai
potuto farle o averle, ma Tonks… Tonks era la ragione per
cui lui era tornato,
si disse mentre le parole di Bill gli tornavano in mente. Non avrebbe
rinunciato a lei, non poteva, non voleva.
“Bill è tornato
a casa.”
Sussultò nel sentire
improvvisamente quella voce.
“È in
salotto.” Le disse sapendo quanto fosse preoccupata
per l’amico “Ho pensato fosse meglio lasciarlo un
po’ da solo con la sua
famiglia.” Parlare con Bill gli era costato più di
quanto chiunque avrebbe mai
potuto immaginare. Aiutare Bill significava affrontare le sue stesse
paure,
quei timori che per anni aveva tenuto relegati nel profondo della sua
anima,
eppure non era riuscito a fare a meno di pronunciare quella promessa.
“Non so
quanto possa servire, ma ho promesso di aiutarlo.”
Un fulmine attraversò il
cielo rischiarando la stanza,
illuminando il suo volto, i capelli appiattiti dalla pioggia sulla sua
fronte.
Era dimagrito, troppo, più di quanto non ricordasse, un
nuovo graffio gli
segnava il mento. Aveva l’aria stanca eppure c’era
qu il suo sguardo era
determinato. “Grazie.”
Da quando si era trasferito quella
era la prima volta che
lui e Ninfadora si trovavano da soli. La prima volta che lo guardava
senza
rabbia. Per un istante la tentazione di avvicinarsi e stringerla a
sé fu quasi
incontrollabile. Fece per muovere un passo verso di lei ma il ricordo
della
sera prima lo bloccò. Non voleva litigare, non quella notte.
Le sembrò che esitasse,
quasi volesse dire qualcosa, quindi
lo vide fare un cenno con la testa e voltarsi. L’aveva
lasciata senza una
spiegazione, era partito senza dirle una parola dopo
l’attacco al Dipartimento
Misteri, sparito per quasi un anno senza mai mandarle un messaggio, un
segnale,
qualsiasi cosa che potesse farle capire che era vivo e, quando
finalmente era
tornato, lo aveva fatto solo per lasciarla di nuovo. Era furiosa. Il
ricordo di
come l’aveva lasciata sulle scale davanti alla porta
dell’infermeria bastava a
farla tremare per la rabbia. Si
era
detta che non le importava più nulla di lui eppure, per
quanto avesse
desiderato odiarlo, lei non ci riusciva. Vedendolo smaterializzarsi per
un
momento aveva insensatamente temuto che non sarebbe ritornato, ma lui
adesso
era lì “Remus...” mormorò
bloccandolo prima che uscisse.
Il suo cuore smise di battere per un
istante nel sentire
quel nome. Aveva perso il conto delle volte che si era guardato alle
spalle,
credendo di aver sentito la tua voce chiamarlo, per poi scoprire che
era solo
il vento tra gli alberi. Perso il conto delle notti che aveva sognato
il suo
volto e si era svegliato, all’improvviso, solo per
assicurarsi di essere ancora
vivo, di avere ancora la possibilità di rivederla, di
sentire la sua risata.
“Quello che ha detto
Mundungus…”
“Ci sono
abituato.” Le assicurò con tono rassegnato
“Non
importa.”
Non riusciva a spiegarsi il
perché ma il cuore le batteva
impazzito. Voleva che lui l’ascoltasse, che sapesse.
“Nessuno di noi hai mai
pensato che tu potessi tradirci.” Insistette.
Per un attimo la cucina di Grimmauld
Place si sovrappose a
quella della Tana. Rivide Sirius accusare Piton di avergli suggerito di
infiltrarsi tra i licantropi solo per vendetta, sapendo che
probabilmente lo
avrebbero scoperto e ucciso. Rivide Tonks, i bizzarri capelli rosa
raccolti in
una coda disordinata, dirgli di ignorare le provocazioni
dell’ex compagno di
scuola. Sapeva che non era vero, che non era solo Mundungus a guardarlo
con
sospetto, eppure il fatto che lei gli avesse detto quelle parole valeva
più di
quanto Tonks potesse immaginare. “Grazie.” Rispose
accennando un sorriso prima
di incamminarsi verso la porta. Aveva fatto solo un paio di passi
quando si fermò.
Subito dopo l’attacco a Hogwarts, prima di trovare il
coraggio di
materializzarsi alla Tana, aveva trascorso tre giorni seduto sul
vecchio divano
del salotto di Grimmauld Place fissando la poltrona di fronte a lui e
sperando,
insensatamente, di vedere Sirius entrare nella stanza. Aveva immaginato
l’amico
ascoltarlo e poi ridere alla sua domanda. Perché chiedeva a
lui cosa doveva
fare, gli avrebbe detto Sirius, se conosceva già la
risposta? “Hai
ragione.” Le disse tornando a voltarsi
verso di lei. “Non avevo il diritto di scegliere per
te.” Quello probabilmente
non era il momento migliore per affrontare l’argomento, ma
aveva la sensazione
che sarebbe impazzito se non le avesse parlato. “Pensavo di
proteggerti. Da
quelli come Mundungus. Da quelli che ti giudicheranno, che ti
ostacoleranno
solo per aver scelto di stare con uno come me.” La vide
aprire bocca per
ribattere e si affrettò ad anticiparla “Ho
sbagliato. L’ho capito non appena
sono arrivato tra i licantropi, ma ormai era troppo tardi per tornare
indietro.” Aveva pensato a lungo a quello che le avrebbe
detto, si era
preparato un discorso, un bel discorso, ma in quel momento le parole
sembravano
essersi perse nella sua mente. “Non ho saputo
dell’attacco ad Hogwarts se non
quella stessa sera, mi sono offerto volontario.” Si
avvicinò a lei che poggiata
al tavolo della cucina, lo guardava con una espressione indecifrabile
sul volto
“Sapevo che saresti stata lì. Dovevo trovarti,
prima di chiunque altro, dovevo essere
certo che non ti sarebbe accaduto nulla.” il cuore gli
batteva così forte che
credeva anche lei riuscisse a sentirlo. “Quando
ti…”
“Mi hai
lasciata.” Lo interruppe “Per la seconda volta,
Remus, sei scappato via da…”
“Ho avuto paura.”
Confessò cercando di controllare il tono
della voce, terrorizzato dalla sua calma “Ho visto cosa
è successo a Bill. Sanno
che li ho spiati per conto di Silente e…” la vide
scuotere la testa e capì che
era troppo per lei. Non voleva altre scuse, non lo avrebbe
più ascoltato. “Ho
sbagliato tante volte nei tuoi confronti, fatto troppi errori. Forse
più di
quanti ne puoi perdonare.” Tornò indietro e si fermò
davanti a lei “Stare con
me è difficile, ci sono giorni in cui persino io, potendo,
farei a meno della
mia compagnia.” Cercò il suo sguardo, ma lei si
ostinava a fissare il
pavimento. Sentì il panico assalirlo, stringergli la gola
togliendogli il
respiro. Aveva paura di Greyback, di quello che avrebbe fatto se lo
avesse trovato,
di quello che avrebbe fatto se avesse saputo di Tonks. Tuttavia
ciò che lo
terrorizzava veramente era il pensiero che lei potesse zittirlo,
chiedergli di
andare via. “Stare con me ti metterà in pericolo
più di quanto tu non lo sia già.”
Il bollitore iniziò a fischiare rumorosamente ma nessuno dei
due ci fece caso. “Non
ho nulla da offrirti. Nulla, eccetto quello che vedi.”
esitò un istante quindi
le prese la mano e se la poggiò sul cuore “Nulla
eccetto questo.” Il suo battito
accelerò nel vederla sollevare il volto verso di lui
“E vorrei tanto che tu…”
“Lupin,”
chiamò Kingsley affacciandosi nella stanza, interrompendoli, “sei pronto?”