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Autore: Just a riddle    15/09/2017    1 recensioni
Era trascorsa quasi una settimana dall’attacco ad Hogwarts ma, a quanto sembrava, erano più interessati a spettegolare sul passato di Silente o a fare ipotesi sul futuro della scuola piuttosto che domandarsi come mai il Ministero non avesse fatto nulla per impedire quell’attacco. Spense la radio e si chiese perché si sintonizzasse ancora su quella frequenza, perché comprasse ancora quei giornali. Erano passati anni dall’ultima volta che aveva sentito il suo nome e, forse, visti gli ultimi eventi, era meglio cosí.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Lyall Lupin, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Ted Tonks | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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Ciao a tutti!
Vi ringrazio per aver trovato il tempo di leggere il primo capitolo e vi chiedo scusa se ho impiegato tanto a pubblicare il secondo capitolo ( purtroppo mi si era rotto il pc e ho dovuto aspettare che il tecnico tornasse dalle ferie.) Spero che questo capitolo non sia troppo deludente :)

******************************************

“Permesso!”

Si spostò verso la parete, appena in tempo per evitare di essere urtato dal mago che attraversava l’Atrio di corsa.

Si guardò intorno, un po’ confuso. Era passato molto tempo, più di venti anni, dall’ultima volta che era entrato al Ministero e, se non fosse stato per il gufo che aveva ricevuto quella mattina, probabilmente non vi avrebbe più rimesso piede. Infilò istintivamente la mano nella tasca destra del mantello, stringendo la lettera tra le dita, come a volersi assicurare di non averla persa, e si avviò verso il centro della sala, lì dove si trovava il banchetto per la pesa e la registrazione delle bacchette.

 “Credevo non mi avrebbero lasciato andare.” Sbuffò Savage osservando il gruppetto di giornalisti fermi vicino a quella che una volta era stata la fontana dei fratelli magici e che, adesso, era solo un cumolo di pietre coperte da un telone.

 “Hanno bisogno di sentirsi dare delle risposte che non siano ‘Non c’è bisogno di creare allarmismi. Il Ministero ha la situazione sotto controllo.’” rispose Tonks citando le parole di Scrimgeour.

“Come se ci fosse ancora qualcuno disposto a crederci.” Ribatté ironica l’Auror premendo nuovamente il pulsante dell’ascensore.

“Non dovresti dire certe cose.” La interruppe guardando diffidente le due streghe che aspettavano l’ascensore insieme a loro. Aveva come la sensazione che si fossero avvicinate solo dopo aver riconosciuto la loro divisa e che stessero ascoltando ogni parola. Da quando Hogwarts era stata attaccata il Ministero era stato preso d’assalto dai giornalisti e nemmeno le divise da Auror sembravano impedire loro di fare domande al limite della correttezza.

 “Lo sanno tutti ormai “replicò l’altra ignorando il tono di avvertimento “che il Ministro sta perdendo il con…”

“Scusate…”

“Sì?” rispose Tonks cogliendo al volo l’occasione per poter abbandonare quel discorso.  Savage aveva ragione, ma ultimamente circolavano strane voci e ci voleva poco per capire che era meglio stare attenti ad esprimere le proprie opinioni sulle scelte del Ministro. “Ha bisogno di aiuto?” domandò con un sorriso incoraggiante nel vedere l’espressione dell’uomo cambiare leggermente nel riconoscere la loro divisa. Non era la prima volta che bastava quella piccola ‘A’ argentata a mettere a disagio la gente.

L’uomo sembrò accorgersi della propria reazione e si affrettò a cambiare espressione “Sapete a che piano si trova l’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche?”

“È al quarto livello.” Rispose la ragazza mentre l’ascensore si fermava al piano e le porte iniziavano ad aprirsi.

 

 

“...non c’è abbastanza spazio.”

 “Non capisco a cosa ci serva altro spazio” insistette Bill “Il nostro salotto è abbastanza grande per…”

“È un matrimonio.” Si intromise Ginny da dietro la sua rivista “non una riunione tra compagni di scuola.”

“Grazie.” Mormorò sollevata Fleur, felice che almeno lei riuscisse a comprendere la differenza tra le due cose. “Manca meno di un mese e non abbiamo ancora trovato uno spazio adatto, non abbiamo pensato alla cena, né alla musica, né…”

“Perché non montate delle tende in giardino” propose Lupin alzandosi dalla poltrona “C’è abbastanza spazio in giardino.”

“Beh, credo che non ci siano molte probabilità che piova a luglio.” Rispose Fleur dopo aver riflettuto per qualche istante “Organizzare il matrimonio in giardino potrebbe essere un’ottima idea. Cosa ne pensi?”

“Se piace a te per me va bene” le concesse distrattamente Bill mentre cercava di capire da dove provenisse quell’orribile odore che lo nauseava.

“Potremmo sistemare i tavoli per la cena nella tenda più grande” riprese Fleur lasciandosi infervorare da quell’idea “e spostarci in una seconda tenda per la torta e i balli e…”

Da quando, il giorno prima, Molly aveva accennato al matrimonio sembrava che non esistesse più altro argomento di conversazione, pensò il licantropo avvicinandosi alla finestra. Era da ore che si discuteva di invitati, addobbi, menu …. Mentre guardava fuori l’aria davanti all’albero di magnolia sembrò prendere corpo per un istante e incresparsi prima che un sonoro pop rompesse il silenzio e la sagoma di Tonks comparisse dietro al cancelletto. La osservò allontanarsi i capelli dal volto e incamminarsi a passi lenti e pesanti lungo il vialetto. Non era la prima volta che si tratteneva al Ministero oltre il suo turno, aveva detto Molly sparecchiando il suo posto e mettendole qualcosa da mangiare da parte. La seguì con lo sguardo dirigersi verso la porta quindi sentì Charlie chiamarla e lei tornò indietro.

 “Da quando il collega di papà ha sequestrato un bersaglio incantato usato in uno dei pub di Bristol per truccare le scommesse, papà è rimasto affascinato da questo gioco.” Disse Ginny guardando anche lei fuori dalla finestra e vedendo George e Charlie provare a spiegare a Tonks le regole del gioco. “Almeno giocando a freccette nessuno si può fare male e mamma non ha nulla da ridire.” Aggiunse lanciando uno sguardo alla madre che, seduta nel divano accanto a Fleur, era troppo coinvolta dai preparativi per rendersi conto dei malumori che il suo divieto di allontanarsi da casa aveva scatenato.

 

“Ballare?” domandò Bill, come se quel pensiero non lo avesse nemmeno sfiorato fino a quel momento.

“Tua madre mi ha detto che balli bene.” rispose Fleur sorpresa da quella espressione terrorizzata. “Stai bene?” aggiunse poi vedendogli chiudere gli occhi per un istante e massaggiarsi le tempie.

“Sono solo un po’ stanco.” Quel discorso sul matrimonio gli stava facendo venire il mal di testa.

“Sei sicuro?” domandò Molly “Vuoi una tazza di tè o…”

“Sto bene!” la interruppe bruscamente il ragazzo attirando l’attenzione di tutti. “Sto bene.” Ripeté con più calma rendendosi conto della reazione esagerata. “Ho solo bisogno di un caffè.” Aggiunse alzandosi e dicendosi che in realtà ciò che aveva bisogno era che smettessero di guardarlo con quell’aria apprensiva, che smettessero di preoccuparsi per lui. Stava bene, lo aveva detto anche madama Chips, aveva solo bisogno che sua madre e Fleur smettessero di accudirlo come un bambino e sobbalzare a ogni suo movimento. “Ne volete?”

“No.” Risposero quasi in contemporanea mentre lui usciva dalla stanza.

“Forse stiamo correndo un po’ troppo. Forse dovreste rimandare il matrimonio.” Mormorò Molly assicurandosi che il figlio non potesse sentirla “Solo di un paio di settimane…” Si affrettò ad aggiungere vedendo l’espressione sorpresa e di disapprovazione apparire sul volto di Fleur. Non voleva che la ragazza credesse lei avesse cambiato nuovamente idea su loro due. “Anche se lui dice il contrario” continuò la donna “non credo che si sia ancora ripreso dallo shock dell’attacco e organizzare un matrimonio può essere molto stressante e…”

“Non credo che il problema sia organizzare il matrimonio.” La interruppe con un sospiro Fleur. “Lupin…” mormorò pur credendo di conoscere già quello che avrebbe detto.

“Temo che tu abbia ragione.” Sussurrò il licantropo “Non è solamente stressato dall’organizzazione del matrimonio o ancora sconvolto da quello che gli è accaduto.”  anticipò le domande dei Weasley. Si sedette nuovamente sulla poltrona, lentamente, lo sguardo basso evitando i loro sguardi mentre rifletteva e sceglieva le parole da usare “Tra due giorni ci sarà luna piena” Bisbigliò in un sussurro quasi impercettibile.

Per un lungo istante nessuno parlò, come se quella notizia avesse tolto loro momentaneamente la capacità di farlo, quindi fu Fred a rompere il silenzio “Cosa vorresti dire?”

“Non è la prima volta che si comporta in modo strano, che reagisce in modo esagerato.” Lo interruppe il licantropo rendendosi conto di quanto fosse difficile per loro ascoltare quelle parole “Fleur mi ha parlato questa mattina,” si scambio uno sguardo con la ragazza che annuì “e sono quasi sicuro che…”

“Quasi sicuro?” esclamò Molly “Sicuro di cosa?” domandò aggrottando la fronte, il volto rosso quanto i suoi capelli, la mano stretta intorno al bracciolo del divano, eppure la sua voce non più forte di un bisbiglio “Avevi detto che Bill non sarebbe diventato un …”

“Un lupo mannaro?” completò per lei accorgendosi che non riusciva nemmeno a pronunciare quelle parole. “Sono sicuro che non lo è.”

Fu come se qualcuno avesse appena detto che Voldemort era stato sconfitto, che non c’era nessuna guerra in corso, che quelli di Bill erano semplici graffi e che sarebbero scomparsi in un paio di giorni. L’espressione dei Weasley e di Fleur si rasserenò immediatamente, quasi lui avesse detto loro di poter tornare a respirare.

“Non capisco.” Intervenne Ginny “Se non è un lupo mannaro” il suo sguardo si spostò istintivamente verso la cucina da cui proveniva il suono di sportelli aperti e richiusi “cosa importa se ci sarà luna piena?”

Quello che diceva aveva una certa logica. Bill non era un lupo mannaro. Perché preoccuparsi della luna piena, allora? Il ragionamento della ragazza, però, si basava su quanto scritto sui manuali e nessuno, mai, si era interessato tanto ai lupi mannari o era stato tanto avventato da studiarli da vicino. Tutto ciò che insegnavano sui libri era teorico. “Io credo c…”

 “Sono felice che i tuoi genitori e tua nonna vengano qui qualche giorno prima” lo zittì Molly con un tono di voce forse più allegro del normale.

“Si fermeranno qui per un paio di giorni?” domandò sorpreso Bill tornando a sedersi sul divano. Poggiò la tazza fumante sul tavolino “Credevo sarebbero venuti solo per la cerimonia.”

“No…cioè, sì” Farfugliò Fleur, un po’ spiazzata da quel repentino cambiamento di discorso. “Tua madre ha insistito tanto perché restassero un paio di giorni in più. Per potersi conoscere meglio.”

Il ragazzo sembrò riflettere per qualche istante su quelle parole quindi passo un braccio intorno alle spalle di Fleur e la strinse a sé “Mi sembra un’ottima idea.” Disse baciandole la fronte.

“Già” concordò la ragazza ringraziando silenziosamente Molly per la sua prontezza. Non osava nemmeno immaginare come avrebbe reagito Bill se lei non si fosse accorta del fatto che stava entrando in salotto e lui avesse sentito il loro discorso.

 “Ma…” si intromise Fred distogliendo per un istante lo sguardo dal fratello. Era così sorridente e sembrava talmente soddisfatto che, se non fosse stato assurdo, avrebbe pensato si trattasse di una persona diversa da quella che aveva lasciato la stanza pochi minuti prima “non ci sono abbastanza camere.”

“Beh…” rispose la madre che aveva detto quella frase semplicemente per cambiare argomento e non aveva ancora riflettuto sul da farsi “vostro padre può chiedere in prestito la tenda da campeggio a Perkins.”

“Chi è che va in campeggio?” si intromise Charlie che, entrato dalla porta finestra, aveva sentito solo l’ultima parte della frase.

“Nessuno.” rispose Molly guardandolo bere un sorso di caffe dalla tazza del fratello e posarla nuovamente con una smorfia un po’ disgustata “Stavo solo pensando che voi ragazzi potreste dormire un paio di notte in tenda in giardino in modo da ospitare la famiglia di Fleur.”

“Ah!”  esclamò per nulla entusiasta all’idea quindi, dopo un paio di secondi, si rivolse a Tonks che, poggiatasi alla spalliera del divano, sbirciava, come lui, la rivista che Fleur stava sfogliando. “Ti va una tazza di tè?”

La ragazza sembrò rifletterci per un paio di istanti poi si raddrizzò nascondendo uno sbadiglio dietro la mano “Credo che andrò a riposare un po’ prima che arrivino gli altri.”

 

Il rumore dei suoi passi echeggiò nei corridoi. Non era la prima volta che rimaneva fino a notte fonda al Ministero e sapeva di non essere sola all’interno del Dipartimento, che le sarebbe bastato entrare in uno dei cubicoli alla sua destra per veder un volto conosciuto, eppure c’era qualcosa di inquietante in quel silenzio.

Il suono metallico delle porte e la fredda voce registrata annunciarono l’arrivo dell’ascensore, affrettò il passo ma l’ascensore venne chiamato a un altro livello. Aveva appena premuto il pulsante, rassegnata ormai ad aspettare che l’ascensore si fermasse nuovamente al piano, quando lo vide. Lì in fondo al corridoio, c’era lo stresso uomo che aveva incontrato quella mattina e che le aveva chiesto informazioni. Si chiese cosa ci facesse a quell’ora di notte da solo al Ministero. Le era sembrato un uomo tranquillo e gentile, eppure la sua presenza, il modo in cui si guardava intorno, erano sospetti. Guardò l’orologio, la luce lampeggiante sopra le porte dell’ascensore segnalava che si trovava ancora nell’Atrio. Si sistemò la tracolla sulla spalla e si affrettò a seguirlo prima che sparisse tra i corridoi.

L’uomo svoltò a destra e così fece anche lei stando bene attenta a non farsi notare. Percorsero una decina di metri quindi girarono nuovamente a destra. Strano, pensò Tonks, che non ci fosse nessuno nei corridoi, strano quasi quanto il fatto che quell’uomo, che poche ore prima sembrava non aver la pallida idea di come muoversi all’interno del Ministero, adesso camminasse con una sicurezza tale da far sembrare la sua presenza in quel luogo qualcosa di naturale. Svoltarono a sinistra, scesero le scale e…improvvisamente tutto divenne buio. I globi di luce fluttuanti a mezzaria che fino a quel momento avevano illuminato i corridoi si spensero.

Era stato stupido, un errore da matricola! Si rimproverò la giovane Auror togliendosi la tracolla di spalla. Avrebbe dovuto informare gli altri della presenza di un estraneo all’interno del Ministero, invece di seguirlo.

Ormai, tuttavia, era tardi per chiamare aiuto, si disse estraendo la bacchetta dalla tasca della giacca. “Lumos” sussurrò, ma la fioca luce proveniente dalla bacchetta scomparve in quell’oscurità dopo un paio di secondi.

Il rombo del tuono nascose quasi completamente il suo urlo. Per un paio di secondi rimase immobile, seduta al centro del letto, gli occhi e la bocca spalancati, il cuore che batteva impazzito nel petto mentre i suoi occhi mettevano a fuoco la sagoma del letto di Fleur di fronte al suo.

 

Il tavolo di noce era stato allungato e spostato al centro della stanza, una ventina di sedie scompagnate lo circondavano, i loro occupanti, in piedi, erano chini, concentrati sulle pergamene srotolate al centro del tavolo. Sentì l’occhio magico di Malocchio seguirla mentre entrava nella stanza senza, vide la chioma rossa di Molly accanto alla McGranitt, la testa rasata di Kingsley, il ciuffo di capelli bianchi di Dedalus apparire da sotto uno dei suoi bizzarri cappelli, Fred e George, con una espressione seria in volto, a un angolo del tavolo accanto a Bill. Mancava poco all’inizio della riunione, la prima riunione dell’Ordine dopo la morte di Silente. Arthur e Hestia non era ancora arrivati, ma gli altri avevano già iniziato a discutere.

“E i giganti?” chiese Dedalus interrompendo la McGranitt “Hagrid aveva detto che avrebbero preso in considerazione la nostra proposta.”

“Si fidavano di Silente.” Rispose la strega “Senza di lui non intendono schierarsi apertamente contro…”

“Meglio così.” Borbottò Moody sbuffando infastidito dal notare i suoi occhi arrossarsi al ricordo del vecchio preside. Silente era stato suo amico ma non c’era tempo per i sentimentalismi. “Non è semplice fare ragionare i giganti e…. “

“Sempre meglio che essere soli contro un esercito.” ribatté Fred attirandosi un’occhiataccia da parte dell’ex Auror.

“I centauri manterranno la loro parola e anche gli elfi domestici che lavorano ad Hogwarts” prese la parola Kingsley, prima che Malocchio potesse aprire bocca “Fleur aspetta la risposta di madame Maxime e non dobbiamo dimenticare le altre creature magiche.”

“Le altre creature magiche?” ripeté scettico Mundungus, che fino a quel momento si era aggirato per la stanza guardandosi intorno “Credete veramente che i folletti, i Goblin o le Velee si schiereranno dalla nostra parte?” si avvicinò al tavolo prese un bicchiere e iniziò a controllare il contenuto delle caraffe che Molly aveva poggiato sul tavolo “Questa è una guerra tra maghi. Rimarranno nascosti nei loro rifugi finché tutto non sarà finito.”

La McGranitt aprì bocca per ribattere ma Kingsley le fece cenno di ignorarlo. Non riusciva a capire perché Malocchio avesse insistito tanto sulla presenza di quel truffatore. “Hai ricevuto risposte?”

“Non ancora.” Disse Lupin “Dopo quello che è accaduto sono troppo spaventati e…”

“Spaventati!” sbuffò Malocchio accigliandosi.

Improvvisamente, si rese conto Tonks, l’atmosfera si era fatta tesa e pesante “Di chi stanno parlando?” bisbiglio all’orecchio di George.

“Dei licantropi.” Mormorò il ragazzo quindi, notando quanto fosse pallida aggiunse “Ehi, ma ti senti bene?”

“E?” lo spronò a proseguire annuendo appena.

 “Lupin dice di averne quasi convinto qualcuno a schierarsi dalla nostra parte…”

 “Non mi importa se quei maledetti licantropi di fidano di lui.” riprese nel frattempo Mundungus con un’espressione disgustata sul volto “Ha vissuto quasi per un anno con loro e non ne vuole parlare. E se fosse uno di loro? Se fosse una spia? Chi ci dice che non sia stato lui a dire ai licantropi come entrare a Hogwarts?” alzò la voce ignorando i tentativi degli altri di zittirlo “Non mi fido di lui!” esclamò con disprezzo puntando un dito verso Lupin. “E non mi fido neanche del ragazzo.”

Un botto secco ruppe il silenzio mentre Bill scattava in avanti verso il mago. Un gesto così veloce e inaspettato che Mundungus non fece nemmeno in tempo a vedere la mano che lo colpiva.

Per un lungo istante nessuno disse nulla. Fu come se il tempo si fosse improvvisamente fermato. Cosa aveva fatto? Si chiese Bill, mentre la rabbia che lo aveva travolto lo abbandonava, osservando Mundungus portarsi una mano all’occhio. Il pulsare martellante del sangue nelle orecchie lo assordava, sentiva lo sguardo stupito di tutti su di sé. Cosa aveva fatto! Si ripeté scavalcando la sedia rovesciata sul pavimento e correndo fuori dalla stanza.

 “Bill!” chiamò Fleur “Bill!” ripeté alzandosi e seguendolo mentre anche gli altri iniziavano a riprendersi dalla sorpresa.

“Mi ha quasi accecato!” si lamentò Mundungus “Pot...”

“Sta zitto Mundungus!” lo interruppe Fred alzandosi e seguendo anche lui gli altri fuori.

“Bill!” urlò Molly mentre il più grande dei suoi figli scavalcava il muretto di recinzione e si smaterializzava.

“Bill!” chiamò nello stesso istante Fleur, pronta a scavalcare anche lei il muretto.

“È inutile.” La fermò George osservando la piccola buca lasciata nel fango, lì dove il fratello era atterrato prima di smaterializzarsi, riempirsi di acqua “Non puoi seguirlo senza s.…”

“Credo di sapere dove è.” Lo interruppe Charlie allontanandosi i capelli zuppi di pioggia dagli occhi.

 

Lontano all’orizzonte, oltre la cima degli alberi, si intravedeva il chiarore dei fulmini. Nonostante il cielo fosse coperto di grosse nuvole nere non aveva ancora iniziato a piovere, eppure si percepiva già l’elettricità nell’aria e, pensò Remus avvicinandosi alla riva, non solo a causa del temporale in arrivo. 

Avrebbe dovuto immaginare che Charlie avrebbe capito dove era andato e lo avrebbe seguito, si disse Bill sentendo la ghiaia scricchiolare rumorosamente alle sue spalle. Aprì la bocca per dire al fratello di andare via, lasciarlo da solo, quando qualcosa, qualcosa che non avrebbe saputo spiegare, gli fece capire che non era lui. “Va via Lupin.” disse continuando a guardare la superficie del lago increspata dal vento.

Ignorò la sua risposta. “Da quando ti senti così?”

“Non ho idea di cosa tu stia parlando.” Ribatté il ragazzo calciando una pietra nel lago.

Avrebbe dovuto intuirlo, si rimproverò Lupin, palare con lui, e invece aveva preferito lasciarsi ingannare, esattamente come avevano fatto tutti gli altri. Aveva notato i suoi sbalzi di umore negli ultimi giorni, la sua aria assente ma, forse perché in parte si sentiva colpevole di non aver potuto evitare che Hogwarts venisse attaccata, per quello che era accaduto al ragazzo, aveva sottovalutato quei segnali dicendosi che dopotutto la notte in cui Fenrir lo aveva morso non c’era stata luna piena. “Hai la sensazione che la tua testa sia troppo pesante, che i tuoi pensieri siano offuscati, che tu stia perdendo il controllo su quello che sta accadendo e…”

“Sta zitto.” Lo interruppe ostinandosi a negare l’evidenza.

“…sei arrabbiato.” continuò osservando con la coda dell’occhio la sua mascella serrata, i pugni tanto stretti che le nocche erano sbiancate “Perché io?” spazzò con la mano le foglie che ricoprivano un grosso masso “è questo che ti chiedi, lo so.” si sedette “Perché è capitato a me? Cosa ho fatto di…”

“Avevi detto che sarei stato bene!” esclamò voltandosi verso di lui “Avevi detto che tutto questo non sarebbe accaduto!”

“Non l’ho mai detto.” Lo contraddisse con calma sostenendo quello sguardo carico di frustrazione “Ho detto che non ti trasformerai.”

“Credi che questo mi basti? Che dovrei ringraziare?” domandò sentendo la rabbia crescere di nuovo dentro di sé “Chi credi che mi offrirà un lavoro quando i folletti mi licenzieranno? Chi credi che vorrà sedersi al pub accanto a me e scambiare due parole? Cosa credi che vedranno, me o le mie cicatrici?” 

Lo guardò in silenzio per un istante e in quell’istante si rivide in lui. Quante volte aveva detto quelle parole ai suoi genitori, ai suoi amici, a Tonks. Quante volte loro avevano provato a farlo ragionare, a convincerlo che lui era molto più di quelle cicatrici. Non li aveva voluti ascoltare, li aveva allontanati da sé. Non gli avrebbe permesso di fare i suoi stessi errori “Bill ascol…”

“Non dirmi di ascoltarti!” gli urlò contro “È colpa di quelli come te se la mia vita è rovinata!” lo accusò furioso, resistendo a stento all’impulso di sfogarsi su di lui.

 “La tua vita non è rovinata.” ribatté Lupin con calma. “Tu non sei un licantropo e ti basterà dimostrarlo per mantenere il tuo lavoro.” Si alzò nuovamente “Hai la tua famiglia e hai Fleur che…”

Fleur. Il pensiero della ragazza sembrò smorzare le fiamme che gli bruciavano nel petto. Si allontanò da lui e si voltò verso il lago “Starebbero molto meglio senza di me.” replicò sentendosi preda di quella depressione che, improvvisamente, aveva sostituito la rabbia “So che si sforzano di non guardare le mie cicatrici, fingendo non sia mai accaduto nulla. Li ho sentiti cambiare discorso quando mi vedono entrare in una stanza, mi sono accorto dei loro sguardi quando pensano io non li veda e Fleur…” Per alcuni istanti l’unico rumore a rompere il silenziò che seguì fu il fruscio del vento tra le foglie degli alberi “Non voglio perderla, Remus.” mormorò con voce tremante “Non posso, non riesco a stare senza di lei.” Tornò a guardare l’uomo fermo sulla riva accanto a lui “Cosa devo fare?” chiese “Ho la sensazione che la mia testa stia per esplodere, che non riesca più a pensare, che non sappia più chi sono, cosa voglio.”

Sapeva esattamente quello che provava, pensò Lupin. “È l’effetto della luna piena.” gli disse dispiaciuto “ma tra un paio di giorni non ci penserai più.” aggiunse rassicurante.

“Sarà sempre così?”

“La prima volta è la peggiore.” rispose vedendo la paura nei suoi occhi.

“È stato così anche per te?”

“Io…non ricordo.” Ammise sincero dopo un paio di secondi.

 

Un fulmine rischiarò il cielo mostrandole la sagoma di uno gnomo che si teneva stretto a un cespuglio del giardino per evitare di essere trascinato via dal vento. Si allontanò dalla finestra. Non era la prima volta che i membri dell’Ordine litigavano, ma mai in quel modo, si disse osservando Arthur, Malocchio e Kingsley discutere animatamente in un angolo della stanza. Nonostante fosse quasi estate il fuoco nel camino era stato acceso, seduti lì vicino, Fleur, Molly e i ragazzi fissavano in silenzio il grande orologio sperando quasi di poter spostare con lo sguardo la lancetta di Bill su ‘casa’.

“Preparo il tè.” Disse Tonks e, prima ancora che qualcuno rispondesse, uscì dalla stanza e andò in cucina.  Rimanere in salotto, in silenzio, senza nulla da fare, rischiava di farla impazzire. Mundungus era andato via da ore ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a togliersi di mente le parole che aveva detto. Riempì il bollitore di acqua e lo mise sul fuoco. Sapeva che con la morte di Silente molte cose sarebbero cambiate. I pochi che avevano convito a schierarsi al loro fianco iniziavano a dubitare di avere qualche possibilità contro Voldemort; il Ministero vacillava, sul punto di crollare da un momento all’altro; Scrimgeour provava a rassicurare la stampa ma, ormai, era inutile negare che non era in grado di gestire la situazione. Avevano paura, tutti, si disse osservando le grosse gocce di pioggia battere rumorosamente contro la finestra, anche lei.

Forse, aveva pensato quel pomeriggio vedendo Tonks insieme a Charlie, quello era il momento giusto per uscire per sempre dalla sua vita. Charlie era simpatico, aveva un buon lavoro e teneva veramente a lei. Lui avrebbe potuto offrirle ciò che meritava. Eppure, per quanto continuasse a ripetersi quelle parole, il pensiero di vederla tra le braccia di un altro lo faceva star male. Nel corso della sua vita aveva rinunciato a molte cose. Pur essendo bravo a volare quanto James non aveva mai fatto nemmeno domanda per entrare nella squadra di Quidditch, nonostante ci avesse fantasticato sopra non aveva mai pensato di presentare domanda di lavoro al Ministero, amava insegnare ma aveva lasciato il posto ad Hogwarts, …. l’elenco era così lungo che non sarebbe bastata un’intera giornata. C’erano tante cose a cui aveva rinunciato senza alcun rimpianto semplicemente perché sapeva che uno come lui non avrebbe mai potuto farle o averle, ma Tonks… Tonks era la ragione per cui lui era tornato, si disse mentre le parole di Bill gli tornavano in mente. Non avrebbe rinunciato a lei, non poteva, non voleva.

“Bill è tornato a casa.”

Sussultò nel sentire improvvisamente quella voce.

“È in salotto.” Le disse sapendo quanto fosse preoccupata per l’amico “Ho pensato fosse meglio lasciarlo un po’ da solo con la sua famiglia.” Parlare con Bill gli era costato più di quanto chiunque avrebbe mai potuto immaginare. Aiutare Bill significava affrontare le sue stesse paure, quei timori che per anni aveva tenuto relegati nel profondo della sua anima, eppure non era riuscito a fare a meno di pronunciare quella promessa. “Non so quanto possa servire, ma ho promesso di aiutarlo.”

Un fulmine attraversò il cielo rischiarando la stanza, illuminando il suo volto, i capelli appiattiti dalla pioggia sulla sua fronte. Era dimagrito, troppo, più di quanto non ricordasse, un nuovo graffio gli segnava il mento. Aveva l’aria stanca eppure c’era qu il suo sguardo era determinato. “Grazie.”

Da quando si era trasferito quella era la prima volta che lui e Ninfadora si trovavano da soli. La prima volta che lo guardava senza rabbia. Per un istante la tentazione di avvicinarsi e stringerla a sé fu quasi incontrollabile. Fece per muovere un passo verso di lei ma il ricordo della sera prima lo bloccò. Non voleva litigare, non quella notte.  

Le sembrò che esitasse, quasi volesse dire qualcosa, quindi lo vide fare un cenno con la testa e voltarsi. L’aveva lasciata senza una spiegazione, era partito senza dirle una parola dopo l’attacco al Dipartimento Misteri, sparito per quasi un anno senza mai mandarle un messaggio, un segnale, qualsiasi cosa che potesse farle capire che era vivo e, quando finalmente era tornato, lo aveva fatto solo per lasciarla di nuovo. Era furiosa. Il ricordo di come l’aveva lasciata sulle scale davanti alla porta dell’infermeria bastava a farla tremare per la rabbia.  Si era detta che non le importava più nulla di lui eppure, per quanto avesse desiderato odiarlo, lei non ci riusciva. Vedendolo smaterializzarsi per un momento aveva insensatamente temuto che non sarebbe ritornato, ma lui adesso era lì “Remus...” mormorò bloccandolo prima che uscisse.

Il suo cuore smise di battere per un istante nel sentire quel nome. Aveva perso il conto delle volte che si era guardato alle spalle, credendo di aver sentito la tua voce chiamarlo, per poi scoprire che era solo il vento tra gli alberi. Perso il conto delle notti che aveva sognato il suo volto e si era svegliato, all’improvviso, solo per assicurarsi di essere ancora vivo, di avere ancora la possibilità di rivederla, di sentire la sua risata.

“Quello che ha detto Mundungus…”

“Ci sono abituato.” Le assicurò con tono rassegnato “Non importa.”

Non riusciva a spiegarsi il perché ma il cuore le batteva impazzito. Voleva che lui l’ascoltasse, che sapesse. “Nessuno di noi hai mai pensato che tu potessi tradirci.” Insistette.

Per un attimo la cucina di Grimmauld Place si sovrappose a quella della Tana. Rivide Sirius accusare Piton di avergli suggerito di infiltrarsi tra i licantropi solo per vendetta, sapendo che probabilmente lo avrebbero scoperto e ucciso. Rivide Tonks, i bizzarri capelli rosa raccolti in una coda disordinata, dirgli di ignorare le provocazioni dell’ex compagno di scuola. Sapeva che non era vero, che non era solo Mundungus a guardarlo con sospetto, eppure il fatto che lei gli avesse detto quelle parole valeva più di quanto Tonks potesse immaginare. “Grazie.” Rispose accennando un sorriso prima di incamminarsi verso la porta. Aveva fatto solo un paio di passi quando si fermò. Subito dopo l’attacco a Hogwarts, prima di trovare il coraggio di materializzarsi alla Tana, aveva trascorso tre giorni seduto sul vecchio divano del salotto di Grimmauld Place fissando la poltrona di fronte a lui e sperando, insensatamente, di vedere Sirius entrare nella stanza. Aveva immaginato l’amico ascoltarlo e poi ridere alla sua domanda. Perché chiedeva a lui cosa doveva fare, gli avrebbe detto Sirius, se conosceva già la risposta?  “Hai ragione.” Le disse tornando a voltarsi verso di lei. “Non avevo il diritto di scegliere per te.” Quello probabilmente non era il momento migliore per affrontare l’argomento, ma aveva la sensazione che sarebbe impazzito se non le avesse parlato. “Pensavo di proteggerti. Da quelli come Mundungus. Da quelli che ti giudicheranno, che ti ostacoleranno solo per aver scelto di stare con uno come me.” La vide aprire bocca per ribattere e si affrettò ad anticiparla “Ho sbagliato. L’ho capito non appena sono arrivato tra i licantropi, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.” Aveva pensato a lungo a quello che le avrebbe detto, si era preparato un discorso, un bel discorso, ma in quel momento le parole sembravano essersi perse nella sua mente. “Non ho saputo dell’attacco ad Hogwarts se non quella stessa sera, mi sono offerto volontario.” Si avvicinò a lei che poggiata al tavolo della cucina, lo guardava con una espressione indecifrabile sul volto “Sapevo che saresti stata lì. Dovevo trovarti, prima di chiunque altro, dovevo essere certo che non ti sarebbe accaduto nulla.” il cuore gli batteva così forte che credeva anche lei riuscisse a sentirlo. “Quando ti…”

“Mi hai lasciata.” Lo interruppe “Per la seconda volta, Remus, sei scappato via da…”

“Ho avuto paura.” Confessò cercando di controllare il tono della voce, terrorizzato dalla sua calma “Ho visto cosa è successo a Bill. Sanno che li ho spiati per conto di Silente e…” la vide scuotere la testa e capì che era troppo per lei. Non voleva altre scuse, non lo avrebbe più ascoltato. “Ho sbagliato tante volte nei tuoi confronti, fatto troppi errori. Forse più di quanti ne puoi perdonare.” Tornò indietro e si fermò davanti a lei “Stare con me è difficile, ci sono giorni in cui persino io, potendo, farei a meno della mia compagnia.” Cercò il suo sguardo, ma lei si ostinava a fissare il pavimento. Sentì il panico assalirlo, stringergli la gola togliendogli il respiro. Aveva paura di Greyback, di quello che avrebbe fatto se lo avesse trovato, di quello che avrebbe fatto se avesse saputo di Tonks. Tuttavia ciò che lo terrorizzava veramente era il pensiero che lei potesse zittirlo, chiedergli di andare via. “Stare con me ti metterà in pericolo più di quanto tu non lo sia già.” Il bollitore iniziò a fischiare rumorosamente ma nessuno dei due ci fece caso. “Non ho nulla da offrirti. Nulla, eccetto quello che vedi.” esitò un istante quindi le prese la mano e se la poggiò sul cuore “Nulla eccetto questo.” Il suo battito accelerò nel vederla sollevare il volto verso di lui “E vorrei tanto che tu…”

“Lupin,” chiamò Kingsley affacciandosi nella stanza, interrompendoli, “sei pronto?”

 

 

 

 

 

  
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