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Autore: Skylark91    21/09/2017    5 recensioni
Sevitus Post-GOF: l'estate immediatamente successiva al quarto anno di Harry porta con se nuovi problemi, sfide e... drastici cambiamenti. Un susseguirsi di vicende molto particolari indurranno il ragazzo ad avvicinarsi alla persona più improbabile nel ricoprire il ruolo di mentore e... qualcosa di più. (Non-Slash)
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Severus Piton, Sirius Black, Voldemort
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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XX.
War Victims




Il turbinio lo avvolse di sorpresa, senza dargli il tempo di prepararsi all'impatto con il suolo stradale irregolare e catapultandolo in quello che aveva tutte le sembianze di un vicolo sul retro. Qualcuno lo afferrò, trattenendolo in posizione prima che la sua faccia potesse incontrare il dislivello e causargli danno.

«Temo che delle lezioni su come atterrare dopo la Materializzazione siano in ordine, d'ora in avanti.»

Harry si voltò a osservare Severus e l'elegante volteggiare del suo mantello da viaggio. La sua postura era impeccabile. Il ragazzo non poté trattenersi dall'inarcare un sopracciglio, in quella che avrebbe potuto somigliare ad una imitazione perfetta dello stesso Piton.

«É proprio necessario?» borbottò, lisciandosi le vesti stropicciate.

«Assolutamente. L'entrata in scena è fondamentale per un mago,» rimarcò Severus, aiutandolo a ricomporsi. «Per non parlare di tutta la polvere che lasci dietro quando usi il camino... dove andremo a finire?» esagerò il tono esasperato, con un sospiro quasi teatrale mentre scuoteva la testa.

«Severus. Per favore, mi stai mettendo in imbarazzo,» lo pregò sottovoce Harry, aggiustandosi gli occhialetti sul naso mentre tentava di evitare le occhiate di tenerezza lanciategli dalle signore attorno a loro in coda per entrare nell'ospedale. Ai loro sguardi doveva senz'altro apparire adorabile nei panni di un bambino di poco più di otto anni.

Anche Severus non aveva le stesse sembianze di sempre. Il suo aspetto era invecchiato di qualche anno; i capelli corvini erano tagliati decisamente più corti di come era solito portare la sua chioma abitudinaria; il suo mento era incorniciato da una corta barba sale e pepe, e i suoi occhi si avvicinavano per tonalità ad un blu intenso, della medesima sfumatura di quelli sfoggiati nello stesso momento dall'Harry bambino, il quale - a sua volta - avrebbe potuto tranquillamente passare per la miniatura esatta dell'uomo.

L'Ex-Mangiamorte schiuse appena le labbra a formare un piccolo sorriso, e - dietro all'incanto di camuffamento in atto - Harry avrebbe potuto giurare di intravedere la luce sardonica che solitamente caratterizzava i suoi lineamenti. «Da questa parte,» disse l'uomo, indicando il vecchio magazzino dai mattoni rossi di fronte a loro.

Era infine arrivato il loro turno per entrare. Harry osservò Piton sporgersi oltre una delle finestre dell'edificio abbandonato e rivolgersi a quello che aveva tutta l'aria di essere un manichino immobile. Dopo qualche istante, quest'ultimo si spostò di lato, esattamente come aveva fatto poco prima per un paio di streghe - lasciando libero il passaggio e permettendogli di attraversare il gateway magico. Severus si fermò a metà strada, attendendo che Harry lo precedesse, prima di fare lo stesso.

Il giovane eseguì e - un attimo dopo - si ritrovò al di là della barriera, in un luogo che appariva completamente diverso dal fatiscente e abbandonato magazzino labellato Purge & Dowse Ltd. Un basso 'wow' gli sfuggì dalle labbra mentre i suoi occhi vagavano su ogni dettaglio di quel luogo così poco familiare. Pareti di un bianco quasi innaturale circondavano quella che aveva tutta l'aria di essere una considerevolmente grande sala di attesa, ricca di quelli che Harry avrebbe tranquillamente definito "pazienti molto particolari".
  

Il Grifondoro si ritrovò a seguire il Serpeverde con gli stessi movimenti che avrebbe fatto un automa, troppo impegnato a osservare le stranezza che lo attorniavano. Un uomo con un palloncino rosso al posto della testa, un pappagallo che dava ad un bambino lezioni dettagliate in una lingua che il ragazzo non avrebbe saputo identificare, una pianta carnivora dalla quale sbucavano due gambe umane in movimento...

«Ouch.» Harry finì con l'urtare la schiena del suo guardiano magico; Severus lanciò un'occhiata distratta al suo sbadato protetto, senza interrompere la discussione con l'infermiera al bancone presso cui si era fermato.

«Oh, ti sei fatto male, piccolo?»

Harry smise di massaggiarsi il naso dolente, girandosi verso il volto preoccupato di un'altra donna dal camice bianco. «N-no, non è nulla... davvero,» cercò di abbozzare un sorriso, odiando la vocina infantile con cui aveva risposto.

«Non è tenero, Margie? Suona proprio come un ometto,» commentò ancora la seconda infermiera. «Come si chiama?»

«Edgar,» Severus bruciò sul tempo ogni risposta possibile di Harry, che tossì per evitare di strozzarsi dalla sorpresa.

«Proprio un bel bambino,» asserì la prima donna, tornando a guardare Severus con l'aria di chi si sta congratulando con un genitore orgoglioso. Harry sentì le guance avvampare e finse di stropicciarsi ancora il punto colpito per mascherare parte dell'imbarazzo; con la coda dell'occhio osservò l'espressione curiosa sul volto di Piton, la cui poker face parve infrangersi, seppure per un solo istante. A quanto pareva - pensò Harry, ridacchiando internamente - ingannare per anni l'Oscuro Signore doveva essere stata una passeggiata a confronto con le circostanze del momento. «Abbiamo un'area bimbi al nostro secondo piano, può lasciare lì il suo giovanotto e passare a prenderlo al termine della visita, signore.»

«Oh no, temo che ciò non sia possibile,» rispose casualmente Severus, troncando ogni possibile replica da parte del giovane, «Edgar ha insistito molto per poter visitare sua nonna, Minerva... non vorrei privarlo della possibilità di riabbracciarla ora che è qui.»

Harry vide il viso della prima infermiera intristirsi improvvisamente. «Oh, è la paziente di cui mi parlava prima, ricoverata nel Reparto Lesioni da Incantesimo, non è così?» Al cenno di assenso di Severus, il Grifondoro vide la donna rivolgergli uno sguardo simpatetico, cercando di non fargli sentire le parole successive. «Povero piccino, dover assistere a certe scene in età così precoce... Ma vi sto facendo perdere tempo; ecco il vostro cartellino da visitatori,» si corresse, con un colpetto della bacchetta verso il lato destro della loro veste, all'altezza del petto, «e... una caramella per questo piccolo lord,» aggiunse, con una gentile strizzatina d'occhio in direzione di Harry, facendogli apparire uno zuccotto di zucca in una mano.

«Grazie,» mormorò Harry in tono educato, prima di accingersi a seguire Severus verso l'ascensore alla loro sinistra, il più velocemente possibile. «Ricordami di chi è stata la brillante idea di farmi assumere le sembianze di un bambino?» parlò, dopo qualche istante di silenzio.

Severus grugnì. «Albus Percival Wulfric Brian Silente, esperto nell'arte dell'imbarazzare la gente dal 1881.»

«E cosa mi dici di "Edgar"? Seriamente? Edgar?»

«Non è di tuo gradimento?» replicò Severus, inarcando le sopracciglia in una finta espressione sorpresa.

Harry roteò gli occhi e lasciò cadere l'argomento, sapendo che a nulla sarebbe valso cercare di convincere l'uomo delle proprie ragioni. Ben presto, l'ascensore si fermò al quarto piano e i due sbucarono in un corridoio tanto bianco quanto la reception al piano terra. Il ragazzo si guardò intorno, spaesato, finché non notò i piccoli numeri posizionati al di sopra di ogni porta laterale.

«Stanza 459,» indicò Severus, lanciando uno sguardo dietro di sè per assicurarsi che Harry lo stesse seguendo. Il giovane era però attualmente intento a fissare quello che aveva tutta l'aria di essere un piccolo chiosco per visitatori e pazienti; il Grifondoro ne fu immediatamente attratto come da una calamita, colto da un'idea improvvisa.

«Avete anche i fiori?» chiese Harry, dopo essersi avvicinato alla bancarella e aver salutato l'uomo e la donna dietro di esso.

«Certo che sì, figliolo, nove falci per un bel mazzetto di gigli,» rispose l'uomo, osservando il punto in cui gli occhi di Harry si erano posati. Ricordava che la professoressa McGranitt era solita tenerne uno in un vaso sulla scrivania del proprio ufficio.

Harry pescò nella propria tasca, alla ricerca delle monete necessarie, ma nello stesso istante in cui le dita si chiusero intorno ad una manciata di falci, un leggero tintinnare nella sua mano libera lo distrasse. Confuso, Harry sollevò lo sguardo verso Severus, che gli lanciò un'occhiata eloquente. Il giovane fece per aprire bocca per ringraziare e cercare - al tempo stesso - di rifiutare i soldi, ma l'intensità negli occhi dell'uomo lo fermò, ricordandogli le parole che solo il giorno prima gli aveva rivolto.

Non devi ringraziarmi, spetta a me badare alle tue necessità in qualità di guardiano.

Riconoscente, il ragazzo concluse il piccolo acquisto, prima di riprendere a camminare lungo il corridoio immacolato assieme al Serpeverde. Di tanto in tanto ad Harry capitò di vedere medi-magi correre ed affaccendarsi da un lato all'altro del reparto, presi ad occuparsi delle numerose emergenze in atto o dei vari casi più gravi. Molti di questi, notò Harry erano Auror, maghi e streghe, ma anche Babbani, tutti - chi più e chi meno - vittime della comune guerra in corso. Nel giro di qualche minuto, i due si ritrovarono di fronte ad una porta identica a tutte le altre, ma riportante il numero che stavano cercando. Severus si guardò intorno prima di spingere Harry con se oltre l'uscio ed entrare. Al di là della porta, il primo letto era occupato da una signora anziana che discuteva animatamente con un signore che poteva essere solo suo marito a giudicare dalle frasi sconnesse captate da Harry. I due si interruppero brevemente nel vederli entrare, sorridendo lievemente in direzione dei nuovi arrivati. La figura ospitata nel secondo letto era invece mascherata da un classico paravento ospedaliero, che ne celava i tratti.

Severus vi guidò Harry, accertandosi che entrambi fossero ben nascosti dalla barriera di tela prima di estrarre la bacchetta. Con un fluido gesto del polso, l'Incanto di Camuffamento abbandonò i due maghi e Minerva McGranitt - nel letto a due passi da loro - emise un leggero sussulto, tutta a un tratto sveglia.

«Professoressa McGranitt?» tentò Harry, speranzoso, cercando di accantonare il ricordo dell'ultima volta in cui l'aveva vista, lo sguardo allora stravolto da puro orrore per il suo stato di salute, poco prima di essere scagliata come una bambola inanimata contro la parete dell'ufficio di Silente. «Riesce a riconosc--?»

«Oh, ma che bei fiori,» disse la donna, con un largo sorriso ad aprirle il volto visibilmente deperito, «come facevate a sapere che sono i miei preferiti?»

Harry lanciò uno sguardo a Severus, che gli fece segno di continuare e prendere posto nella sedia accanto alla donna. Sembrava piuttosto evidente che la Direttrice di Grifondoro non avesse ancora recuperato la propria memoria. «Perché so che li tiene in un vaso ad Hogwarts, professoressa,» rispose gentilmente il ragazzo.

«Oh,» ripeté la donna, spostando lo sguardo dall'uno all'altro come se qualcosa non le tornasse, «anche voi con questa storia della scuola di magia?»

«Minerva, siamo qui per aiutarti a ricordare quanto avvenuto la scorsa settimana. Io ed Har--»

«Shhh,» interruppe la strega, portandosi un dito alle labbra e fulminando Severus con gli occhi, prima di far loro cenno di avvicinarsi. Con confusione crescente, Harry guardò il proprio guardiano, che si limitò ad annuire. «Finalmente, dei volti amici,» sospirò la donna, prima di allungare una mano a stringere il braccio del suo giovane allievo, «è bello vedere che stai bene, Harry,» disse ancora, sinceramente sollevata. «Severus, mi meraviglio di te--»

«Ho lanciato l'Incanto Muffliato prima di sederci, possiamo parlare liberamente,» interruppe Severus, l'angolo destro delle labbra arricciato in un piccolo sorriso, spiegando anche per Harry, che si era rivolto a lui, sempre più perplesso. «Deduco che tu abbia ritrovato la memoria, Minerva?» riprese l'uomo.

«In parte,» rispose la donna, i suoi lineamenti austeri nuovamente tesi a formare un'espressione seria, «abbastanza da accorgermi di essere sorvegliata a vista,» aggiunse, con un lieve cenno in direzione delle uniche due persone che occupavano la stanza oltre a loro. «Spie del Ministero, senza dubbio. Caramell è ormai poco più che una pedina nelle mani del Signore Oscuro, non mi meraviglierei se questi due non fossero a loro volta sotto effetto di un incantesimo di camuffamento.»

Harry si girò instintivamente verso la coppia di anziani che rimaneva oscurata dal paravento, un brivido a percorrergli la schiena. Il sorriso che aveva ricevuto poco fa dai due appariva ora quanto mai sinistro nella sua mente. «Da quanto tempo sono qui? Perché Silente non era al corrente...»

«Si sono spostati qui appena quattro giorni fa e lanciare un Patronus per mandare un messaggio senza bacchetta, in queste condizioni, era fuori discussione... stupide misure di sicurezza che impediscono ai pazienti di possedere bacchette nel corso del ricovero,» la McGranitt sospirò, stizzita, «inoltre, ho iniziato a riacquistare parte della memoria solo dall'altro ieri... certo, niente ha finora aiutato tanto quanto vedere Severus Piton ed Harry Potter riuscire a coabitare civilmente nella stessa stanza per più di cinque minuti,» fu il suo turno a sorridere adesso, incapace di trattenere una nota divertita nella voce, nonostante l'evidente stanchezza.

Severus emise un leggero grugnito, rapido nel cambiare argomento come una biscia a scivolare sul pelo dell'acqua. «Dobbiamo fare in modo che ti dimettano quanto prima da qui,» disse, mentre i suoi occhi scuri vagavano sulla sagoma in movimento del vecchio affianco, in procinto di abbandonare il suo posto accanto alla "moglie". «Avrò Silente qui prima di sera, il San Mungo non può trattenerti se dimostriamo che la tua salute non è più precaria.»

«Non so cosa stia succedendo di preciso dietro le mura del Ministero, ma ti posso assicurare che non è nulla di buono, Severus,» continuò la donna, con enfasi. «L'ultima cosa che vogliamo è che il conflitto si espanda ad Hogwarts... Oh, come faremo con la scuola aperta? Cosa diremo alle famiglie dei ragazzi...?» proseguì, la voce sempre più spezzata mentre la foga lasciava spazio all'angoscia di un futuro incerto.

«Affronteremo quel che verrà, se e quando succederà, Minerva,» rispose subito Piton, «quello di cui abbiamo veramente bisogno adesso, è che tu ti rimetta pienamente in sesto e ritorni tra le fila dell'Ordine. Per quanto sia poco caratteristico da parte mia ammetterlo,» aggiunse, facendo per alzarsi e sfoderando uno dei suoi più celebri sorrisetti sardonici, «avremo bisogno della nostra incrollabile muraglia per i tempi che verranno.»

«Starà bene, professoressa?» chiese Harry, ripensando alle parole della donna riguardo al Ministero della Magia, ormai colluso con Voldemort.

Minerva si soffiò brevemente il naso, già ristabilitasi dal suo piccolo momento di defiance. «Non sottovalutare l'orgoglio di un'anziana strega, Signor Potter,» rimbeccò, con un velo di ironia. «Ora, sarà meglio che andiate o darete nell'occhio,» continuò, strizzando gentilmente l'occhio in direzione di Harry, una luce scaltra nello sguardo chiaro, «sono ancora troppo giovane per avere un figlio ed un nipote così grandi.»

Harry le sorrise, apprezzando la forza d'animo della sua direttrice anche in quella circostanza e decidendo di tralasciare il fatto che Severus l'aveva additata come 'nonna' alla reception. Reprimendo un piccola risata interiore, il ragazzo si sottopose all'incanto che l'avrebbe fatto diventare nuovamente bambino. Una volta abbandonata la stanza numero 459, il giovane osservò un filamento argenteo lasciare la punta della bacchetta di Piton e prendere la forma dell'ormai familiare cerva d'argento che l'uomo aveva per Patronus.

«Silente sarà subito avvisato,» mormorò Severus, prima di notare che lo sguardo del giovane sembrava ancora turbato e scosso dalle recenti rivelazioni. L'uomo gli si posizionò di fronte, controllando di non essere osservato, per poi posargli una mano sulla spalla e osservarlo con la stessa luce intensa di qualche minuto fa. «Voglio che i visi di quei due ti rimangano impressi nella mente, Harry. Quella che stiamo combattendo è una guerra in cui il nemico può assumere le sembianze di chiunque; potrebbe nascondersi dietro il volto del tuo vicino di casa, del tuo compagno di banco e... persino del tuo migliore amico,» gli occhi di Harry incontrarono i suoi, sorpresi e Severus continuò, la sua voce più sottile e marcata, e la presa sulla sua spalla più serrata. «Ogni errore che compi potrebbe essere l'ultimo.»

Harry deglutì e attese qualche attimo prima di aprire bocca. «Come faccio a sapere quando sto per compierne--»   

«Comincia da quest'istante. Da quest'anno, niente più stupidi gesti eroici, niente più insensati atti di coraggio. Imparerai finalmente ad usare quell'adorabile cervello di cui i tuoi genitori ti hanno tanto gentilmente dotato come un vero Serpeverde, fosse l'ultima cosa che faccio.»

«Hey,» interruppe il giovane, stizzito, «siamo già tornati alle offese?»

«Se servirà a risvegliare un po' di sano amor proprio e a salvarti la pelle, sono disposto a fare ben di peggio,» proseguì Severus, con una nota finale nella voce e un'occhiata ancora più grave, se possibile.

«Non tollererò che mio figlio e mio marito siano detenuti in questo manicomio un minuto di più! Per giunta in camere così distanti l'una dall'altra!»

Una voce stridula proveniente dall'estremo opposto del corridoio interruppe lo scambio tra guardiano e protetto. Harry riconobbe immediatamente il tono esigente e altezzoso di Petunia Dursley senza nemmeno doversi voltare verso il punto da cui il chiasso proveniva.

«Abbiamo il tempo per un'altra visita?» chiese Harry, guardando sua zia allontanarsi a grandi passi dalla stanza per andare a protestare con chi di dovere, evidentemente non apprezzando il tentativo, da parte delle infermiere di reparto, di calmarla.

Severus osservò la luce speranzosa nello sguardo del giovane e si sforzò di concedere un semplice cenno di assenso. «Se proprio insisti...» gli accordò, prima di rassegnarsi a seguirlo verso la stanza dove doveva attualmente trovarsi almeno uno dei suoi parenti feriti. 

Una volta entrati, Harry si chiese se avessero sbagliato. Suo cugino Dudley era attualmente l'unico ricoverato all'interno della camera in cui si trovavano, ma il giovane Grifondoro per poco non lo riconobbe dallo stato in cui il suo coetaneo si trovava. Il volto di suo cugino era così gonfio e tumefatto che Harry stentò a credere di trovarsi di fronte alla stessa persona con cui era abituato a passare orribili estati.

Dudley si mosse impercettibilmente nel sonno, come se avesse percepito di non essere più solo nella propria stanza. «... ma-mma...?» mugugnò, tuttora incosciente, e Harry non poté che essere mosso a pietà dallo stato in cui suo cugino versava. «... a-acqua...» Il Grifondoro lanciò uno sguardo a Severus, che lesse nei suoi occhi la silenziosa richiesta, sospirando; un semplice gesto della bacchetta fu sufficiente a reidratare il giovane che giaceva nel letto.

«Cosa... cosa gli hanno fatto?» mormorò Harry, gli occhi ancora fissi sulla figura lesionata del cugino. «Molti di loro hanno figli della nostra età,» proseguì Harry, spostando il suo sguardo mesto da Dudley a Severus, alla ricerca di risposte. «Come hanno potuto compiere atti così orribili contro chi non è nemmeno capace di difendersi...?» domandò ancora, questa volta con più veemenza se possibile, colto improvvisamente da una rabbia inedita fattasi strada dai i meandri del suo stomaco fino a salirgli in petto.

«Tuo cugino non è né la prima né l'ultima delle giovani vittime di violenza subita da parte dei Mangiamorte,» si limitò a rispondere Severus, in volto la stessa espressione neutrale di sempre. «La loro crudeltà e il terrore verso il loro Signore non conosce confini.»

Harry rimase in silenzio per qualche istante, i suoi occhi chiari nuovamente posati sulla figura ora  immobile e dormente di Dudley. «È tutta colpa mia,» disse infine Harry, la voce impregnata di rancore misto a sconfitta, «se solo non fossero mai stati coinvolti nella mia vita, a quest'ora non avrebbero dovuto subire qualcosa di tanto imperdonabile--»

«Quello che hanno fatto a te, Harry, è imperdonabile,» lo fermò subito Severus, marcando con enfasi le sue parole e costringendolo a voltarsi con gentilezza, ma decisione, gli occhi illuminati dalla stessa luce intensa di poco prima. Non poteva sopportare di sentire quella rassegnazione nella voce del ragazzo, «i Mangiamorte, i Dursley... nessuno di loro merita la tua pietà.»

«I Dursley erano indifesi! Il fatto che siano stati orribili nei miei confronti per anni non cambia nulla. Se io non fossi andato a vivere con loro, i Mangiamorte non li avrebbero mai presi di mira!» continuò Harry, intestarditosi, sempre più convinto delle proprie ragioni. «Nessuno merita di fare questa fine, soprattutto non per una battaglia che non li riguarda...»

Severus scosse la testa, le labbra arricciate in un sorriso sardonico che non poteva fare a meno di ricordare a Harry i tempi in cui gli si sarebbe gelato il sangue nelle vene nel vederlo. «Questa guerra non conosce differenze tra maghi e Babbani, e il tuo ottuso, infantile, idealismo non fa altro che dimostrare quanto sto dicendo,» scandì il l'ex-spia e Harry si sentì inesorabilmente ferito dal ritorno all'uso degli insulti neanche poi tanto velati da parte dello stesso uomo che era diventato suo mentore e guardiano. «Hai forse dimenticato le nostre sedute di Occlumanzia? Credi che non abbia visto gli abusi a cui questi inetti esseri ti hanno sottoposto per tutti questi anni? Solo uno stupido non ricorderebbe che sta parlando degli stessi parenti che gli hanno reso la vita un inferno quando avrebbero dovuto--»

«Lo avresti ucciso?» fu il turno di Harry a interrompere Severus, cercando di ingoiare l'ennesima offesa del professore e di spostare l'attenzione su qualcosa che nulla avesse a che vedere con tutti i soprusi patiti per mano dei suoi parenti, concentrandosi - al tempo stesso - su quello che più gli premeva in quel momento. «Avresti ucciso Mulciber, se Voldemort non fosse intervenuto? Se io non ti avessi fermato?» ripeté, ignorando la fitta di dolore che balenò per un istante negli occhi del suo guardiano al sentir pronunciare il nome proprio del suo vecchio padrone. Dentro di sè, il giovane provava l'urgente bisogno di confermare le proprie paure, i propri dubbi. Se diventare più forti - come Severus gli aveva promesso di insegnargli ad essere - avrebbe voluto dire rinunciare alla propria umanità e trasformarsi in cinici e pragmatici misantropi come Piton, allora forse lui non era tagliato per questo. Aveva bisogno di sapere. Doveva sapere, se questo nuovo mutuo accordo tra di loro, questo nuovo tentativo di convivenza avrebbe potuto funzionare...

«Harry--»

«Rispondi alla domanda,» incalzò Harry con più fervore, liberandosi dalle mani dell'uomo ancora posate sulle proprie spalle, completamente incurante dell'occhiata con cui Severus lo fulminò. Solo allora quest'ultimo sembrò - per la prima volta durante il loro alterco - essere realmente in difficoltà.

Severus socchiuse gli occhi per qualche secondo, prima si sospirare infine. «Sì,» rispose, e il Grifondoro sentì il pavimento vacillare per un istante, sotto i propri piedi, «sì, lo avrei ucciso.»

Harry annuì in modo assente, quasi meccanico, il suo sguardo posato in un punto non precisato della stanza. Si sentiva stremato dalla loro discussione, prossimo alle lacrime e in procinto di soccombere alla stanchezza. Tutto quello che avrebbe voluto fare era urlare in faccia a Piton e scappare il più lontano possibile da lì.  Invece, solo una delle due cose gli riuscì, perché la sua voce suonò estremamente calma quando parlò.

«Io ho scelto di darti una seconda possibilità,» esordì, cercando di nascondere l'evidente delusione nel suo tono basso e pacato, ma non per questo meno micidiale, «ma è evidente che solo uno stupido avrebbe potuto sperare che sarebbe valso a qualcosa.»

Severus fissò il punto in cui Harry aveva ripreso a muoversi, in procinto di uscire dalla stanza in cui ancora si trovavano e qualcosa in lui scattò. Le parole del giovane erano state in grado di colpirlo come uno schiaffo in pieno viso. «Harry James Potter,» la sua voce era aspra e intimidatoria, in particolar modo nel momento in cui si soffermò volutamente sul secondo nome del Grifondoro. «Non provare nemmeno a varcare quella so-- Potter!»

Harry non prestò ascolto, incurante dell'ira evidente nella voce minacciosa del suo professore, lui stesso infervorato da un mix pericoloso di emozioni e nessuna di queste positiva. Non sapendo bene dove andare, il giovane continuò a correre lungo il corridoio ospedaliero. Il suo vagare durò poco tuttavia, perché ben presto la sua faccia entrò sgraziatamente in contatto contro qualcosa che tutto era tranne che morbido.

«Ma tu guarda che bel bambino... cosa fai tutto solo in giro per questo posto?»

Harry sollevò gli occhi fino a incontrare il volto pieno di rughe di un anziano dall'aria incredibilmente familiare... Harry sentì la schiena gelarsi per la seconda volta di seguito quel giorno, mentre si rendeva conto che quello era lo stesso vecchio da cui la McGranitt li aveva messi in guardia.

«Non ci siamo forse già incontrati?» proseguì il vecchio, con aria amichevole, fin troppo amichevole. «Oh, ma sì! Poco fa, nella stanza con mia moglie? Devi scusarmi, ma la mia memoria fa cilecca ormai il più delle volte,» continuò ridacchiando bonariamente. Lo sguardo dell'uomo si fece per una frazione di secondo più serio, probabilmente perché Harry aveva iniziato a muoversi a disagio, nella sua testa mille voci che gridavano tutte la stessa cosa: scappa. «Cosa c'è, piccolo? Sei preoccupato perché hai perso il tuo papà? Ti aiuto io a ritrovarlo,» sorrise di nuovo sereno l'anziano.

«N-no,» disse Harry, iniziando ad arretrare impercettibilmente, «n-no, grazie, non ce n'è bisogno...»

«Temo che dovrò insistere allora,» proseguì l'uomo, «sai, non vorrei mai che un bimbo come te si perda in un posto così grande e pieno di strani soggetti...»

Harry deglutì. Si era pentito amaramente di essere corso via senza curarsi nemmeno della possibilità di cacciarsi nei guai, per di più dopo essersi ripromesso di non fare più stupidaggini, né errori... Indietreggiò ancora, vedendo l'uomo avanzare con fare sicuro verso di lui.

«Edgar?»

La sua schiena toccò qualcosa in movimento e il timbro basso e sicuro della voce che aveva parlato gli sembrò musica per le sue orecchie. Nello stesso istante in cui un braccio andò a circondargli le spalle, Harry vide l'anziano che lo aveva importunato cercare di camuffare l'espressione sorpresa che gli era balenata in viso per poi fare un passo indietro.

«Quante volte devo dirti che questo non è il posto adatto per giocare a rincorrersi?» continuò Severus, attirandolo accanto a sé come per rimarcare le proprie parole, in quella che aveva tutta l'aria di essere una vera e propria paternale. Harry notò che sembrava completamente un'altra persona rispetto a prima, ma in quel momento non gli importava. Era salvo.

Il giovane mormorò, nella sua piccola voce, uno "scusa" che voleva essere in qualche modo anche un anticipo di quello che avrebbe voluto dire a Severus per l'atteggiamento stupido che aveva appena avuto e che - per poco - non aveva causato seri problemi a tutti, lui in primis.

«Che dire... tutto è bene quel che finisce bene?» sorrise nervosamente l'uomo, prima di scivolare via in modo tanto disinvolto così come era arrivato.

Harry attese qualche istante prima di tornare a respirare a dovere, la paura che lo aveva investito poco prima ancora ben presente. Solo allora poteva realmente rendersi conto di quanto vulnerabile si sentisse nelle sembianze attuali. In quel momento, si accorse che Severus era ancora fermo accanto a lui, la stessa mano ancora a tenerlo saldamente contro di sé e il viso dall'espressione perennemente imperscrutabile rivolto verso di lui. Il giovane non mosse un muscolo, in attesa della sentenza che sapeva sarebbe arrivata... questione di secondi ormai... 

«Mai più,» fu tutto ciò che uscì dalle labbra di Severus, in un sibilo in grado di procuragli mal di pancia seduta stante.

Harry si morse il labbro inferiore, consapevole di non potersi permettere repliche in quel momento di evidente svantaggio. Sapeva che una discussione era in ordine, rimandata a quando entrambi sarebbero stati soli, lontano dagli spettatori che avevano iniziato a popolare il piano del San Mungo in quel frangente. Con estrema docilità - nel tentativo di non peggiorare la propria posizione già sufficientemente precaria - permise all'uomo di guidarlo verso l'ascensore. «Dove andiamo adesso?» domandò nervosamente, in una voce piccola piccola.

«A prendere le tue cose prima di tornare a Hogwarts,» tagliò corto Severus. «Dove faremo i conti per il tuo comportamento insolente e immaturo,» aggiunse, con la voce pericolosa di chi sa benissimo cosa sarebbe successo una volta arrivati a destinazione.

Harry deglutì. Se c'era una cosa che aveva imparato nel corso della sua giovane vita, era sapere benissimo quando si trovava in guai seri. Era evidente che la sua situazione attuale non prevedeva nulla di buono. Piton lo avrebbe punito, esattamente come avrebbe fatto in passato ad Hogwarts durante l'anno scolastico e tutto tra loro sarebbe tornato come prima, ne era certo. Forse, da un lato, sarebbe stato meglio così, piuttosto che continuare con la farsa delle buone intenzioni che solo due giorni prima si erano promessi durante il giuramento... Ed Harry non avrebbe neanche potuto replicare, perché sapeva che aveva torto, che scappare in quel modo era stato sciocco, infantile e tutto ciò che Severus gli aveva appena detto di non fare per garantire la propria sopravvivenza...

Il viaggio di ritorno dal San Mungo all'esterno durò insolitamente poco - troppo poco per Harry - e ben presto venne il momento di Materializzarsi. Preparandosi psicologicamente a schiantarsi contro il suolo del vialetto principale di Grimmauld Place, Harry accettò il braccio teso del suo professore, prima di essere proiettato nel familiare e nauseante vortice che tanto detestava. Ma l'impatto contro la dura pietra non avvenne mai, perché anche questa volta Harry fu afferrato appena in tempo dall'uomo al suo fianco, cosa che gli permise di evitare una rovinosa caduta.

Harry sollevò lo sguardo sul Maestro di Pozioni, confuso e - al tempo stesso - sorpreso dal gesto. Avrebbe giurato che, tornando tutto come prima tra di loro, Piton avrebbe ripreso le buone, vecchie abitudini che tanto lo rendevano celebre tra gli studenti a Hogwarts, ovvero consistenti nel ritornare a vederlo come il solito, imbranato, buono a nulla Potter e a trattarlo di conseguenza, facendogli urtare volutamente la faccia contro il pavimento così da insegnargli una lezione e prendendolo anche in giro per questo. Di certo non si sarebbe aspettato, invece, un suo comportamento tanto distintamente non 'Pitonesco'.

Severus ignorò completamente la sua occhiata e bussò tre volte sull'uscio del Quartier Generale dell'Ordine. Arthur Weasley aprì loro la porta e i due si introdussero all'interno, accolti ben presto da alcuni membri dell'Ordine in procinto di uscire in missione. Harry cercò con lo sguardo Remus tra di essi, ma sembrava che l'uomo non si trovasse alla base per il momento.

«Silente ha ricevuto il tuo Patronus, Severus,» spiegò Arthur per loro, mentre la squadra guidata da Moody attraversava la porta dalla quale i due erano appena entrati. «Minerva sarà presto in buone mani e di nuovo tra noi.»

L'uomo dai capelli neri annuì, mentre l'Incanto di camuffamento spariva del tutto per entrambi. «Sono tornato a prendere le cose di Potter,» disse, con l'espressione più neutrale ed incolore di questo mondo, prima di rivolgersi al ragazzo di fianco a sè, il quale era intento a osservare con estrema cura i buchi nel tappeto sconquassato su cui sostavano al momento. «Va' pure di sopra a salutare i tuoi amici, mentre scambio due parole con il signor Weasley. Mi aspetto che tu sia qui tra quindici minuti.»

«Sì, signore,» mormorò Harry con voce sommessa, per poi allontanarsi dall'ingresso con lo stesso umore di un condannato al patibolo. L'idea di incontrare Ronald Weasley - con il quale non si era ancora riappacificato - prima di fronteggiare Severus Piton a Hogwarts sicuramente non poteva che migliorare il suo umore.

«Harry!»

Hermione e Ginny furono le prime ad avvedersi di lui, non appena ebbe varcato la soglia della camera che aveva condiviso fino a quel momento con Ron. Il Ragazzo Sopravvissuto lanciò un'occhiata all'amico e i loro occhi si incrociarono per un breve istante, prima che entrambi lo distogliessero alla svelta, quasi mortificati l'uno con l'altro.

Hermione non si lasciò sfuggire lo scambio appena intercorso ed emise un leggero sbuffo irritato, stanca di dover sopportare l'infantilismo dei suoi due migliori amici. Era evidente che entrambi volessero fare pace l'un con l'altro, nonostante nessuno dei due si decidesse a mettere da parte l'orgoglio per fare la prima mossa. «Avete intenzione di tornare a parlarvi voi due, o che cosa?» sospirò infine, adocchiandoli con la stessa aria severa di Molly Weasley.

«Potresti non rivedere Harry fino all'inizio delle lezioni, vuoi davvero farlo andare via così, senza neanche salutarlo?» Ginny redarguì il fratello, che le lanciò un'occhiataccia di sottecchi, prima di alzare di nuovo lo sguardo verso Harry, una luce di ostilità ancora presente.

«Mamma ha detto che andrai a stare con Piton,» disse il rosso, cercando di non pronunciare il nome dell'insegnante con troppo disprezzo. «Era così difficile aspettare l'inizio delle lezioni per stare con lui, anziché passare il resto dell'estate con i tuoi amici, Harry?»

Harry roteò gli occhi al soffitto, irritato. Doveva aspettarselo che Ron avrebbe fatto il difficile, proprio quando si aspettava che si sarebbero invece riappacificati. «Andrò per tornare a studiare Occlumanzia ed essere addestrato in Difesa Contro le Arti Oscure, Ron, di certo non per giocare a nascondino nei sotterranei,» ribatté stizzito. Soprattutto non dopo come gli ho gridato in faccia e sono corso via al San Mungo...

«Giusto,» continuò Ron, incurante dello sguardo fulminante rivoltogli da Hermione, «perché non potevate farlo semplicemente qui, vero? Come avreste potuto altrimenti rafforzare la grande amicizia nata dalla vostra improvvisa e reciproca rivelazione...»

«Ron, adesso basta, sei davvero infantile!»

«Io sarei infantile, Hermione?» replicò Ron, nonostante Harry non avesse ancora risposto alla sua provocazione. «Harry non ha neanche avuto il coraggio di ammettere che lascia questo posto perché non riesce nemmeno più a guardarmi in faccia, figuriamoci continuare a condividere la stanza con me!»

«Questo non è vero, Ron,» disse Harry, a disagio. O almeno, non era del tutto vero. Una parte di sé sapeva che l'amico non aveva tutti i torti, e questo lo faceva sentire in colpa come non mai. «Grimmauld Place non è più lo stesso da quando Sirius non c'è più, e Severus ha detto che il luogo contribuisce a--»

«Oh, è Severus, adesso, non è così?» esclamò Ron, trionfante e fuori di sé, la faccia ormai dello stesso colore dei propri capelli e qualsiasi buona intenzione ormai nel dimenticatoio. «Beh, se tu sei in grado di ignorare quattro anni di tormenti e prese in giro, buona continuazione, amico, ci si vede a Hogwarts.»

«Sei proprio un idiota, Ron,» mormorò Ginny, trattenendo Harry per un braccio prima che potesse andare a cantargliene quattro da vicino.

Harry fissò la schiena del suo migliore amico per qualche istante prima di lasciarsi condurre dalla sorella del rosso fuori dalla stanza, dalla quale il giovane poté sentire Hermione continuare a difenderlo.

«Non badare a quello che dice, Harry, è solo accecato dalla gelosia,» disse Ginny, cercando di scusarsi per lui. «Non si può ragionare con lui in questo momento, convinto com'è che il suo migliore amico lo stia trascurando per passare del tempo con chi ci ha reso la vita un inferno fino ad ora.»

Harry scosse la testa, deglutendo la delusione che minacciava di salirgli in gola. «Come può essere geloso di Piton?»

Proprio in quel momento, la voce di Hermione si levò sopra quella di Ron, permettendo ai due fuori di udire come se fossero ancora dentro con loro.
 

«Smettila di fare il bambino, Ron! Il professor Piton ha dimostrato in più di un'occasione di tenere ad Harry, possibile che tu non capisca? Ha bisogno anche lui di un punto di riferimento, una guida, soprattutto ora che il suo padrino non è presente per aiutarlo!»

«È circondato da adulti, Hermione, la mia famiglia lo adora, perché non può restare con noi? Perché proprio Piton?»

«Perché forse è ciò di cui ha bisogno, Ronald! Forse Harry ha bisogno di qualcuno che si occupi di lui e solo di lui! Non di prendere un posto all'interno della famiglia di qualcun altro, cosa che quel tuo zuccone vuoto si ostina a non capire!»

Harry sentì un pizzichio familiare dietro alle lenti arrotondate e si affrettò a salutare Ginny prima che le emozioni prendessero il sopravvento. Mentre la ragazza lo abbracciava e si faceva promettere di scrivere ogni qual volta ne sentisse il bisogno, le immagini di come Severus si era preso cura di lui solo la sera prima, come era rimasto accanto a lui finché il giovane non aveva ripreso sonno, per poco non rischiarono di sopraffarlo. E ancora quello stesso pomeriggio, nonostante la loro discussione e il modo in cui lui - Harry - gli aveva disubbidito, Severus era ugualmente giunto in suo soccorso, con quella stessa aura di protezione che il giovane aveva percepito durante la loro fuga disperata dalla fortezza, quando l'uomo aveva usato tutte le armi in suo possesso per difenderlo a spada tratta dai Mangiamorte e da Voldemort stesso. E gli aveva impedito di cadere e farsi male, nonostante tutto, dimostrando di tenere ancora alla sua sicurezza, come alla sua salute, quando avrebbe potuto tranquillamente infischiarsene.

I suoi sensi di colpa per come si era conclusa la visita al San Mungo furono momentaneamente interrotti dai due bauli che avevano preso a fluttuare ordinatamente verso il piano inferiore. Osservando i propri affetti scomparire in fondo alle scale, Harry si rese conto che il tempo a sua disposizione era ormai giunto a termine.

Dopo aver salutato anche Hermione e gli altri Weasley sbucati sul pianerottolo, Harry si accinse a incontrare Severus al piano terra, dove il giovane ricevette l'ennesimo abbraccio stritolante da parte di Molly Weasley.

«E ricordati di scriverci e di aggiornarci su come stai, mi raccomando,» si premurò Molly sotto lo sguardo scuro di Severus, che non perse l'occasione per storcere il naso a quella vista, «per qualsiasi cosa dovessi aver bisogno - anche solo per una razione extra di zuppa inglese - sappi che ci saremo sempre per te, Harry caro...»

«Ma certo, tesoro,» intervenne Arthur, quando la moglie cercò il suo supporto con lo sguardo, «ma vedrai che Harry starà bene, non sta partendo per una guerra magica--» tentò di smorzare la situazione, ottenendo in cambio un'occhiataccia da parte della donna.

«Il Preside ci sta aspettando,» si schiarì la voce Severus, chiaramente spazientito. «Signor Potter?» lo richiamò, attendendo, accanto alla porta, che il giovane si liberasse della stretta affettuosa di Molly.

«Sono pronto,» mormorò il ragazzo, una volta che ebbe accompagnato il professore al di là dell'uscio del numero 12 di Grimmauld Place. Severus ruotò il capo verso di lui, un sopracciglio inarcato a formulare una silenziosa domanda. «A Materializzarmi. Voglio dire... a Materializzarmi come si deve, signore,» spiegò Harry, nervosamente.

Una smorfia apparve sul volto di Severus, che tese il proprio braccio perché Harry lo afferrasse. «Raccogliere pezzi di Potter sparsi per il giardino di Hogwarts non è previsto nel mio programma odierno,» disse semplicemente, ignorando lo sguardo di puro orrore che apparve sul volto del ragazzo. «Limitati a seguire me come hai fatto finora, e tutto andrà bene,» si sentì in dovere di aggiungere, prima di rivolgergli uno dei suoi celebri sorrisetti diabolici, «le lezioni di Materializzazioni dovranno attendere ancora... sai, non vorrei che ti stancassi troppo prima della nostra, ormai prossima, discussione tra le mura dei sotterranei.»

E con quelle ultime fatidiche parole, prima che Harry potesse aggiungere qualcosa, i due sparirono dal pianerottolo di Grimmauld Place con un sonoro crack.
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