Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: LatazzadiTea    29/09/2017    7 recensioni
Oscar inizia a rendersi conto di ciò che prova, quando André smette di parlarle come faceva un tempo. Ora che tutto sembra cambiato, lei cercherà di ritrovare se stessa aprendo il suo cuore a un nuovo sentimento. Il suo amore per lui cresce dentro al suo cuore facendosi strada giorno per giorno, divendo sempre più intenso e opprimente, quanto il silenzio che la circonda senza il suono della sua voce.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Togliti subito gradi e medaglie, e resta seduta lì. Non osare muoverti! - le intimò il generale Jarjayes col volto stravolto dall'ira.

Suo padre se ne stava in piedi a pochi passi da lei, con la spada sguainata. Nel vederlo così sconvolto, Oscar si sentì morire per il dolore che gli aveva dato. Conosceva bene il cuore e i pensieri di suo padre; in una famiglia notoriamente fedele alla famiglia reale, la presenza di un traditore non poteva essere tollerata. Non avrebbe dovuto far altro che puntarsi una pistola alla tempia e spararsi per espiare quell'onta dal nome dei Jarjayes, ma al contrario di tutto ciò che quella logica le suggeriva, Oscar non poteva farlo, almeno, non per quella ragione. Oltre al fatto, che ora che aspettava un figlio, e non era più padrona di se stessa. Un altra vita cresceva dentro di lei, doveva proteggerla.

- Non lo farò, almeno fino a che non avrò il responso di sua maestà... - replicò Oscar cercando di mantenere la calma.

- Credi sia necessario? Stammi bene a sentire figlia ribelle, anche se tutto il mondo si rivoltasse contro la famiglia reale, i Jarjayes non lo faranno! Resteremo fedeli al nostro sovrano sempre e comunque, mi hai capito? Ti ucciderò con le mie stesse mani, se non avrai il coraggio di farlo da sola e poi... poi ti seguirò Oscar. Tanto, la mia vita è già finita... - singhiozzò suo padre avventandosi su di lei.

- No! Mi dispiace padre, ma non posso morire adesso. Ho troppe cose per cui continuare a vivere, cercate di perdonarmi! - reagì Oscar cercando di difendersi.

- FERMO! Che volete fare? State lontano da lei, maledetto vecchio pazzo... - gridò una voce maschile.

Oscar si girò di scatto, raggelandosi alla vista di quell'uomo sconosciuto che entrava nella stanza dove si trovavano, gettandosi di peso su suo padre, fino a immobilizzarlo.

Lottarono per qualche istante, fino a che, schiacciato dal peso del più giovane, al generale Jarjayes non rimase altro che arrendersi.

- Chi siete? Cosa volete? Cosa ci fate in casa mia? - volle sapere il generale sconvolto da quella irruzione imprevista.

- Mi chiamo Alexander Hulin de Merodé signore, e sono il fratello minore di André Grandier! Non muovetevi signor generale, o sarò costretto a colpirvi... sono stato chiaro? - rispose duramente Alexander lasciando tutti a bocca aperta.

- S-Suo fratello? - balbettò Oscar.

- Voi siete Oscar. Non sbaglio, è così? - si sincerò il giovane.

- Sì, sono io. Vi prego, lasciatelo andare adesso, per favore... - lo scongiurò Oscar tremando di rabbia.

Vedere suo padre così umiliato, annichilito e sconfitto, le fece molto male. Aveva cercato di ucciderla o così aveva pensato, ma era più che convinta che alla fine lui non avrebbe mai sferrato il colpo letale. Suo padre non avrebbe squarciato il suo petto e versato il suo sangue, ne aveva la certezza.

- Oscar, chi è quest'uomo? E dov'è André? - domandò il vecchio genitore mentre il giovane lo lasciava andare aiutandolo a rialzarsi.

- André è in Belgio padre, da sua madre. Immagino che sia stato lui a mandarvi. Ditemi, come sta? Cosa gli è successo? - rispose Oscar domandando ad Alexander notizie.

Il giovane ufficiale restò immobile, contrapponendosi ancora fra lei e suo padre, che indietreggiò fino a una delle finestre. Malgrado si fosse calmato, il generale sembrava non essere ancora tornato del tutto in se.

- Avete ragione, è lui a mandarmi. Dovevo consegnarvi solo questa lettera comandante Oscar, ma la vostra governante mi ha supplicato di entrare. Perdonatemi, ma non sono riuscito a restare indifferente alla sua richiesta d'aiuto... - le confermò Alexander.

Marie aveva intuito l'immane tragedia che stava per colpire quella famiglia chiedendo aiuto ad Alexander, una volta capito chi fosse. L'anziana donna aveva trovato la forza di alzarsi dal letto e reagire, e Oscar la guardò con estrema comprensione e gratitudine, nel vederla apparire alla porta così sconvolta dalle lacrime.

- Nonna... è tutto finito! - le mormorò Oscar raggiungendola per darle un po di conforto.

- Mi dispiace, ma non posso perdonarti. Da questo momento, non sei più mio figlio! - sentenziò suo padre gettando un'occhiata rabbiosa e confusa al giovane che lo aveva fermato.

- Padre no, lasciate che vi spieghi... - lo pregò inutilmente lei.

Quando Oscar cercò ancora un dialogo col vecchio genitore, qualcun'altro batté alle porte di casa Jarjayes. La persona in questione era un emissario reale, e veniva direttamente da Versailles. La notizia che né il re, né la regina Maria Antonietta avrebbero preso provvedimenti contro di lei, auspicandosi solo una maggiore fedeltà della famiglia Jarjayes nei loro confronti, ribaltò improvvisamente tutta la situazione. Lei e Alexander osservarono la scena dalla balconata che dava sull'ampio salone d'ingresso, e per la prima volta da quando lo conosceva, Oscar vide suo padre piangere di gioia.

- La tua vita è salva Oscar, sono felice, sono davvero felice... - gli sentì dire con le lacrime agli occhi.







Ancora impaurita per la brutta esperienza passata, Oscar bevve un bicchiere di cioccolata, cercando un po di conforto davanti al fuoco del camino. Le tremavano le mani talmente tanto, che in un primo momento non riuscì a leggere, ma poi si calmò, aspirando una grande boccata d'aria nei polmoni.

- Una lettera di André? Perché, cosa significa? - volle sapere Oscar una volta che tutto si fu risolto.

- André è venuto da noi quasi venti giorni fa, col solo intento di conoscere nostra madre, ma poi, ecco, lui... lui è stato costretto a restare - cercò di spiegarle Alex.

Oscar sbiancò. Cosa poteva essere successo di tanto grave da impedirgli di fare ritorno?

- Potrei dirvelo ma, credo sarebbe meglio che leggiate la sua lettera... - aggiunse il giovane. Oscar diede un'ultima occhiata al ragazzo di fronte a lei prima di iniziare a leggere, in effetti, ora che lo guardava meglio, la somiglianza fra lui e André era più che evidente.

Aprì la busta e quando ebbe quel foglio candido fra le mani, tremò al pensiero di cosa potessero contenere quelle poche righe.

"Mia cara Oscar, ti scrivo da questo luogo, Charleroi, la città in cui sono nato, con estremo dolore per la notizia che sto per darti: molto probabilmente, diventerò cieco. Perdonami per averti mentito sulle mie condizioni, ma temevo che se ti avessi messa al corrente, mi avresti allontanato da te e impedito di starti accanto. Ora che però ho una possibilità di guarigione, rimanderò la mia partenza permettendo a mio fratello Edgard, che fa il medico, di operarmi. Lo faccio per noi Oscar, perché ciò che desiderò di più al mondo, è rivedere il tuo volto amore mio. Non ho certezze, solo speranze, e comunque vada, aspettami Oscar, perché sia nella luce che nelle tenebre, la mia vita è con te"
                                                                                                                         
                                                                                                                                                                                                       Per sempre tuo, André.



Oscar si sforzò di non piangere ancora, trattenendo dentro di se quel tumulto di emozioni che le si agitavano dentro pronte ad esplodere. Teneva duro, resisteva, obbligandosi a non pensare a quanto quel distacco forzato fosse stato doloroso per lei. E malgrado fosse finalmente riuscita a dargli un senso, dopo quelle parole, la sua sofferenza invece di attenuarsi, aumentò.

- Non è la sua calligrafia, chi l'ha scritta? - domandò lei stranita.

- Mio fratello Edgard, comandante Oscar - le chiarì l'altro. André era già in condizioni così gravi da non riuscire più nemmeno a scrivere, e la cosa, la sconvolse più di quanto già non fosse.

- Un operazione? Ha idea di quanto sia rischioso? - replicò lei cercando lo sguardo del più giovane.

- Mio fratello maggiore Edgard è un ottimo medico, nonché un bravissimo chirurgo. Se non avesse avuto qualche speranza di poter aiutare André, non gli avrebbe mai consigliato di farlo... - cercò di rassicurarla Alexander. Oscar deglutì nervosamente, ma alla fine si tranquillizzò.

- E così, André ha dei fratelli. E ditemi, come è stato accolto? E come sta vostra madre? - volle sapere.

- Mia madre sta molto bene, sopratutto ora che ha ritrovato André. Che ci crediate o meno, tutti noi, compresi i gemelli, abbiamo sempre saputo di lui. Nel nostro cuore André è un membro della nostra famiglia da sempre, non potevano accoglierlo diversamente... - le ribadì il ragazzo.

- I gemelli? Ma quanti siete in tutto? - domandò Oscar stupita.

- Siamo quattro, madamigella Oscar. Edgard, io, Albert e Clarisse: la nostra unica sorella - le rispose il giovane.

- Una famiglia numerosa! Sapete, io invece ho cinque sorelle maggiori... - disse Oscar riuscendo finalmente ad accennare un sorriso.

Malgrado quell'atmosfera negativa e ancora tesa fra lei e suo padre, Alexander fu pregato di restare. Avrebbe dormito in camera di André, e Marie lo invitò a rifocillarsi dal lungo viaggio nelle cucine, che incredibilmente, per ordine del generale Jarjayes, quella notte si aprirono solo per lui.







Oscar lasciò casa Jarjayes molto presto quella mattina e la prima cosa che fece, dopo aver avvertito Alain delle sue intenzioni, fu rintracciare Bernard. Sparava nell'aiuto del giornalista amico di Robespierre per salvare i suoi uomini: i dodici soldati della guardia che avevano rifiutato di eseguire l'ordine di sparare sulla folla, erano ancora incarcerati alla prigione dell'abbazia, in attesa di giudizio. Non poteva permettere che pagassero un prezzo tanto alto come la vita, per esserle stati fedeli. Doveva liberarli, e a tutti i costi, pensò, mentre si recava sul luogo dell'incontro.

- Oscar, che piacere rivederti. Cosa posso fare per te? - le domandò il giovane amico.

- Ho bisogno del tuo aiuto Bernard - Oscar rispose secca indagando l'espressione preoccupata e pensierosa dell'uomo di fronte a lei.

- Certo, tutto quello che vuoi. Sai che farei ogni cosa per te! Ma se devo aiutare un nobile o la famiglia reale Oscar, temo che la mia risposta non sarà positiva - replicò Bernard.

- Si tratta di dodici dei miei soldati della guardia, e loro non sono certo dei nobili. Sono trattenuti alla prigione dell'Abbazia in attesa di giudizio, e saranno fucilati se non interveniamo - gli spiegò Oscar.

- La prigione dell'Abbazia è una fortezza Oscar, non credo che, anche volendo noi potremmo... - controbatté l'uomo.

- Io credo che due o tremila persone potrebbero bastare, che ne pensi? Come comandante della guardia metropolitana ho il compito di garantire la sicurezza e per evitare un tumulto, potrei chiedere la liberazione dei miei uomini. Aiutami Bernard, sei l'unico a cui posso rivolgermi! - continuò Oscar.

- Non sparerai sulla folla se si creeranno dei disordini, vero? - volle sapere il giovane giornalista.

- No Bernard, ma nel caso non fossi in grado di mantenere questa promessa, farò tutto quello che mi chiederai - ribadì lei sperando in una risposta positiva da parte dell'uomo.

- E va bene, mi piacerebbe molto salvare dodici uomini. Ne parlerò con i miei amici, e ti farò sapere. Sai Oscar, sarei felice di avere una mente come la tua dalla nostra parte! - ammise Bernard stringendole la mano con entusiasmo.







Quel tentativo non si rivelò infruttuoso: dopo aver parlato con Robespierre, Bernard riuscì a radunare fuori la prigione dell'Abbazia, ben cinquemila persone. La grande folla gridava a gran voce la liberazione di quei soldati, anche loro figli del popolo, e come si aspettava, Oscar fu chiamata a Parigi col compito di prevenire disordini.

Aveva esplicitamente ordinato ai suoi uomini di non sparare sulla gente ammassata al di fuori la prigione, e mentre si assicurava che tutto procedesse come previsto, Oscar fu letteralmente trascinata a terra da un losco individuo dagli occhi di ghiaccio. Si sentì schiacciare dal peso dell'uomo, che senza farsi il minimo scrupolo le portò le mani al collo spremendo le dita con tanta forza, che per un istante le mancò del tutto il respiro. Si dimenò facendo ricorso a tutte le sue energie cercando di sfuggire a quella presa di ferro, e quando finalmente riuscì a liberarsi, l'aggressore tentò di colpirla al fianco con un lungo pugnale.

Oscar rimase un istante a fissarlo, dopo di che lo vide fuggire sotto l'arcata di un ponte, verso la rete fognaria che si snodava per chilometri sotto la città. L'istinto le suggerì di inseguirlo, aveva già avuto a che fare con lui, e questa volta, doveva fermarlo. Ricordava perfettamente quegli occhi gelidi, la sola cosa che era riuscita a intravvedere sotto la maschera che indossava, occhi capaci di farla tremare di paura, ma anche d'infiammarle l'anima di un incontenibile desiderio di uccidere. Riuscì a raggiungerlo guidata da quello stesso desiderio e dopo un paio di fendenti, grazie alla sua abilità con la spada, riuscì a tagliare la sua maschera in due. Il giovane uomo indietreggiò agilmente impedendo a quei due pazzi di separasi, ormai in svantaggio l'uomo in fine desisti, dandosi alla fuga.

In ultimo impeto d'ira Oscar gli lanciò l'arma contro, che andò però a conficcarsi fra le pietre di quel pavimento umido e maleodorante. Si sentì riempire le orecchie dai suoi stessi respiri ansanti: aveva lottato con tutte le sue forze per non ottener nulla. Quando un soffio d'aria fresca proveniente dalle sue spalle fece crepitare le torce accese lungo quei fitti e labirintici corridoi sotterranei, Oscar si sentì chiamare.

- Comandante! Comandante siete qui? - gridò una profonda voce maschile.

Alain l'aveva cercata dappertutto e quando riuscì a trovarla, sul volto del soldato si disegno un'espressione di sollievo.

- Che succede Alain? - domandò Oscar.

- Buone notizie comandante! - Oscar raggiunse la piazza antistante la prigione dell'Abbazia nell'esatto momento in cui i suoi sodati venivano liberati. L'ordine era giunto da Versailles solo poco prima, e quando li vide, provati ma felici, Oscar si appressò a stringere la mano ad ognuno di loro, Lassalle compreso.

- Che fai Lassalle? Guardatelo, piagnucola come un femminuccia! Sei davvero l'uomo più fortunato della terra amico mio, se sei riuscito a scamparla anche questa volta... - lo canzonò Alain pieno di commozione.








André si alzò dal letto quella sera stessa. Quel dolore insopportabile sembrava averlo abbandonato, era come se fosse improvvisamente scomparso, permettendogli finalmente di aprire l'occhio e guardarsi intorno. Era ancora tutto un po offuscato, aveva visto solo ombre all'inizio, ma si accorse che per lo meno la vista non andava e veniva come in precedenza. Dopo poche ore poi, tutto si fece improvvisamente più limpido e chiaro, fino a farlo sperare che dopo tutto, avrebbe potuto sperare di non perdere anche l'occhio destro. Aprì la finestra, e si perse incredulo ad ammirare la luna, non gli era mai sembrata più bella: una palla argentata e piena, che col suo splendore sembrava volergli dare il bentornato alla luce. Una lacrima gli solcò il bel viso smagrito e pallido: grazie a dio, poteva vedere ancora.

Provò una gioia immensa, e una gratitudine che non riuscì a trattenere quando Edgard entrò nella sua stanza per accertarsi di come stesse. Abbracciò il fratello così forte da togliergli il respiro, e l'altro ricambiò, lasciandosi scappare una lacrima. Aveva temuto che quell'affetto ritrovato avrebbe potuto togliergli qualcosa, e invece, André aveva riempito un vuoto oramai incolmabile, arrichendo la loro vita come niente e nessuno avrebbe potuto fare. Fu un muto scambio di sorrisi fra i due giovani fratelli, fino a che Joséphine non finì per raggiungerli, scoppiando in un pianto disperato e liberatorio alla vista del figlio in piedi sulle sue gambe.

- Madre... - la chiamò dolcemente André.

Joséphine non riuscì a rispondere, correndo ad abbracciarlo come aveva fatto la prima volta che lo aveva visto dopo tanti anni, con lo stesso profondo affetto. Sapeva che avrebbe dovuto separarsi da lui un altra volta, anche se ora, aveva la certezza che da quel momento in poi, sarebbero stati per sempre una famiglia.

- Sono felice figliolo, sono tanto felice! - disse poi lasciandosi scappare un grande sorriso.

- Dimmi che posso partire Edgard, ti prego - esordì André incapace di attendere oltre.

- Non hai bisogno del mio permesso per farlo, e comunque, so che non mi staresti a sentire... - replicò il fratellastro.

Sapeva di rischiare, perché non era guarito del tutto. Avrebbe dovuto fare più che attenzione, e l'avrebbe fatto, pur di continuare a vedere ancora. Non era disposto però, ad aspettare: sebbene non avesse la minima idea di ciò che stesse succedendo a Oscar, in cuor suo, André sentì che la donna che amava aveva bisogno di lui.








Oscar sentì il bisogno di ringraziare la regina per averla assolta e convinto il re a graziare i suoi uomini. Non si vedevano dalla morte del piccolo Louis Joseph, e in tutta onestà, con tutto quello che aveva passato, non sapeva proprio come affrontarla. Eppure, dopo quel gesto inaspettato, Oscar avvertì dentro di se, ancora un profondo affetto per la sua regina, l'unica persona per cui in passato, avrebbe dato la vita.

- Oscar! - esordì Maria Antonietta.

- Maestà... -

La luce che solitamente accompagnava ogni sguardo, sorriso o gesto della sovrana di Francia, sembrava essersi irrimediabilmente spenta, sebbene il volto cereo e l'espressione sofferente, non ne avessero affatto cancellato la straordinaria bellezza.

- Sapete Oscar, sono molto sola in questo momento. I nobili vengono sempre meno a Versailles, ma quasi lo preferisco. Ecco, dopo la morte di Louis Joseph, non riesco più a stare in mezzo alla gente... Il vostro reggimento è molto impegnato a Parigi, non dovevate venire a ringraziarmi - continuò stancamente la regina.

- Avevo commesso un errore molto grave maestà, ma voi, mi avete risparmiato una punizione molto severa. Inoltre, grazie al vostro intervento, dodici dei miei uomini sono stati liberati. Non potevo non ringraziarvi per questo... - rispose Oscar.

- La nostra amicizia dura da vent'anni, non potevo fare altrimenti Oscar - replicò Maria Antonietta.

- Vi sono molto grata Maestà! - rispose Oscar che in quel momento le era sinceramente grata.

Com'erano cambiati i suoi sentimenti. Aveva vissuto momenti di felicità a corte, di soddisfazioni personali e successi. Aveva dedicato gli anni migliori della sua vita alla famiglia reale, mentre ora, dinnanzi alla sua amata regina, provava solo frustrazione e disagio. Parigi era piena di soldati; decine di centinaia di uomini armati affollavano le strade della capitale, portando semmai ancora più scompiglio, fra il popolo già esasperato dalla fame. Maria Antonietta la mise al corrente del fatto che oltre ai reggimenti francesi, anche molti contingenti stranieri sarebbero arrivati a difenderli, e il terrificante quadro di morte che le si parò davanti, le fece comprendere più do ogni di altra cosa, che ormai più nulla la legava a quel mondo.

- Vi prego maestà, richiamate le armate di soldati da Parigi. La famiglia reale non può puntare le armi contro il proprio popolo - la supplicò Oscar.

- Sì Oscar, ma se dovessi farlo, voi mi restereste vicino per difendermi? - le domandò Maria Antonietta.

- Mia regina io, ho lasciato da tempo la guardia reale... - disse Oscar piangendo.

Oramai non poteva più mentire, né a se stessa, né alla sua amata regina.

- Oscar, perché piangete come se non dovessimo più rivederci? Io spero di rivedervi Oscar... - mormorò appena la sovrana di Francia.

- Anch'io - rispose Oscar incapace di trattenere le lacrime.

La famiglia reale non aveva mai avuto a cuore il bene della povera gente, e ora, sembrava essere ancora più sorda alle grida disperate del popolo. Persino in quel momento, in cui tutto faceva presagire il peggio. In cuor suo, Oscar sentiva che i sovrani stavano percorrendo una strada pericolosa, soprattutto la sua regina. Quegli avvenimenti avevano irrimediabilmente finito per incrinare la loro amicizia, così, malgrado non lo avessero ammesso, sia lei che Maria Antonietta, sentirono che non si sarebbero più riviste. 

Quello, era un addio.




 
   
 
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