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Autore: LyaStark    01/10/2017    4 recensioni
C'è qualcosa di oscuro all'opera nel villaggio di Briar, una bestia che sembra uscito dai peggiori incubi della popolazione. L'unica possibilità di salvezza è chiamare un Cacciatore, un membro di un'antica razza detestata e ormai quasi scomparsa, il cui compito è sempre stato uno solo: uccidere ciò che di mostruoso c'è al mondo.
Ma a volte i veri mostri non sono quelli che ci si aspetta.
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ciao a tutti e bentornati!
Prima di iniziare ci tenevo a ringraziare Me91, Old Fashioned e Jordan Hemingway per le bellissime recensioni lasciate ai due precedenti capitoli. Grazie di cuore e in bocca al lupo per il contest ^^

WHAT KIND OF MAN
 
TRE GIORNI AL PLENILUNIO
 
“Don't hide your mistakes
Cause they'll find you, burn you
Then he said
If you want to get out alive
Run for your life”
Get Out Alive, Three Days Grace
 
Il mattino colse Cenere già sveglia. Il tenue sole invernale faceva capolino dietro alle montagne e la pallida luce superava le tende chiare, illuminando la stanza. Nonostante non fosse grande, a Cenere sembrava quasi principesca. C’erano un letto e un piccolo tavolino e in più, coperta da un paravento, c’era una vasca d’ottone che la Cacciatrice aveva provato la sera prima, incapace di resistere alla tentazione.
Era sveglia ormai da qualche ora, che aveva passato al caldo rigirandosi sotto le coperte pesanti. Non era abituata a dormire su un materasso morbido e quella era stata una notte agitata, colma di sogni di lupi e di sangue. Adesso il sole illuminava un paesaggio ricoperto di neve candida e dietro la cima della palizzata si vedevano le cime verdi dei pini.
Doveva ancora ben capire come comportarsi e che strategia utilizzare. La sua speranza era di riuscire a capire chi fossero il Lupo e il suo pastore prima della luna piena, così da poterli neutralizzare subito. Altrimenti sarebbe dovuta andare nel bosco e cercare di ucciderlo. Facile a dirsi pensò, mentre si rigirava per l’ennesima volta. Un Licantropo in grado di ridurre un corpo nelle condizioni di quelli che aveva visto il giorno prima doveva essere gigantesco. Sicuramente più grosso di lei e infinitamente più forte. Doveva cercare di evitare un incontro diretto, per quanto possibile.
Il compito era più difficile di quanto pensasse. Quando Arn e gli altri l’avevano raggiunta sulla Strada aveva accettato con sicurezza, con la certezza che avessero scambiato un animale qualsiasi con un Licantropo e si fossero preoccupati inutilmente. Quanto avrebbe voluto che le cose stessero così.
Per quanto mi pagheranno, poi… il pensiero però non le procurò il nervoso che credeva, come se fosse una risposta fiacca più dettata dall’abitudine che dalla reale situazione. Ripensò al sorriso di Galata e alla gentilezza di Bandicus, immaginandosi i loro corpi straziati dal Lupo Mannaro. No, non si meritavano di morire così. Era giusto aiutarli.
Quando il sole colpì il letto Cenere decise che era ora di alzarsi. Si stropicciò gli occhi e appoggiò i piedi sul pavimento gelido, stiracchiandosi.
Sarebbe stata una lunga giornata.
 
▪▪▪
 
Mi sono svegliato tardi, oggi. La luce del sole batteva sul mio letto e mi ha dato così tanto fastidio che mi sono dovuto alzare, nonostante non abbia niente da fare. Il mal di testa costante mi rende lento nei movimenti e fiacco. Incredibilmente non riesco a buttare giù nemmeno un sorso di questa grappa scadente che mi sta conducendo alla follia.
Oggi il dolore che provo mi sembra quasi fisico, come se avessi ricevuto una pugnalata. Non posso bere per intontirmi e vago per casa, disperato. In uno sprazzo di iniziativa, decido di uscire per andare nel bosco. Penso che l’aria pura possa farmi bene.
In effetti, una volta uscito, mi sento meglio. Cammino per i sentieri innevati che conosco come il palmo delle mie mani. Mi ricordo quando venivo qui con loro, quando la foresta era ancora un posto sicuro dove poter andare in libertà. Mi sembra di sentire ogni cosa: l’odore della neve e della resina, quello più debole degli alci che devono essere passati di qui. Mi dico che non è possibile, che deve essere un’illusione.
Sento un tenue rumore d’acqua che scorre e non ci faccio caso fino a quando mi ricordo che il fiume è a chilometri da qui. Mi blocco per un istante, scuotendo la testa. Lo scroscio scompare e riprendo a camminare.
Sono nel bosco da ore quando trovo May, chinata sotto un alto albero che mi sembra una quercia. Cerca erbe, ne sono sicuro. È così piccola, imbacuccata nei pesanti vestiti invernali, e non mi sente fino a che non le sono alle spalle. Sembra spaventata quando mi vede avvicinarmi, ma si calma quando mi riconosce.
La accompagno nel suo percorso e mi ricordo quanto è facile parlare con lei. Per un momento persino mi dimentico di quello che è successo e rido con May. Poi la consapevolezza mi colpisce come un mattone e tutto torna come prima.
Ritorno a casa e bevo, bevo nonostante il liquore mi bruci lo stomaco e mi faccia venire da vomitare. Bevo fino a quando non mi accascio sul letto e perdo i sensi.
 
▪▪▪
 
Cenere si aggirava per il villaggio da tutta la mattina ormai, accompagnata da Arn. La gente di Briar era un po’ più disponibile a parlare con il figlio del podestà nelle vicinanze, anche se le occhiate che aveva ricevuto erano tutto fuorché ospitali.
Aveva iniziato cercando di capire chi fosse al villaggio i giorni degli attacchi del Lupo Mannaro. Per sua sfortuna durante l’inverno era difficile che la gente si spostasse per lunghi periodi, a parte qualcuno che si spingeva fino alle città dei nani nella speranza di qualche commercio. Nonostante ciò, quasi tutti gli abitanti di Briar erano lì quando c’erano stati i pleniluni. Era riuscita ad escludere a malapena una decina di persone.
– Come si chiama il sopravvissuto? L’uomo che avete trovato nel bosco – chiese Cenere mentre lei e Arn camminavano su una delle vie principali del paesino. Finalmente aveva smesso di nevicare e qualcuno si era preso la briga di ripulire le strade, creando alti cumuli bianchi vicino alle case. La neve sciolta faceva un rumore viscido sotto le suole dei loro stivali.
– Intendi Liam Denson? –
Cenere annuì. – Lui. Dove abita? –
Arn si fermò un secondo, indicando poi dietro di sé. Aveva un’espressione amareggiata. – Vicino alle porte, quasi al limitare del bosco. Perché vuoi saperlo? –
– Dobbiamo ben iniziare da qualche parte. –
Arn sospirò e si girò, senza aspettare la Cacciatrice.
Cenere aumentò il passo senza fatica e gli si affiancò, il fiato che si congelava nell’aria. Il vento le scompigliava i capelli e ciocche nere le sferzavano il viso.
– Parlami un po’ di lui. –
– Cosa vuoi sapere? – Arn guardava dritto davanti a sé, gli occhi marroni gelidi.
Cenere fece finta di non aver sentito il suo tono scocciato. – Come vive, se c’è qualcuno che lo odia, se gli è mai capitato qualcosa di strano. –
– Ha più o meno la mia età, fa il tagliaboschi ed è benvoluto da tutti. Il resto dovresti chiederlo a lui. – 
La Cacciatrice trattenne una risposta brusca e sorrise conciliante. – Ma io lo sto chiedendo a te. –
– Non dovresti – disse Arn, duro. Cenere notò che aveva la mascella contratta. – Non mi piace ficcare il naso negli affari altrui. –
Cenere si fermò in mezzo alla strada, aspettando che Arn si girasse e la guardasse negli occhi. Il fatto che lui la superasse di almeno una decina di centimetri e la squadrasse dall’alto al basso la irritava.
– Il prossimo plenilunio è tra tre giorni – iniziò secca. – Vuoi aiutarmi o lasciare che muoia qualcun altro? Magari tua madre, o tuo padre. Non si può essere sempre fortunati. –
Arn la fissava sgranando gli occhi e appena aprì bocca, prima che potesse esprimere la sua irritazione, Cenere lo bloccò. – Non mi interessano i tuoi scrupoli morali, tienili per quando nessun mostro minaccerà il tuo villaggio. Se io ti chiedo di parlarmi di qualcuno, tu lo fai. Mi sono spiegata? –
Arn sembrò sgonfiarsi. – Sì, scusami. Non è una bella situazione. –
Cenere fece una smorfia che poteva essere interpretata come un sorriso triste. – No, non lo è. Ma ho bisogno di aiuto se vogliamo uscirne. –
Il figlio del podestà annuì e i due ricominciarono camminare. Per qualche secondo ci fu un silenzio imbarazzato, poi Arn prese fiato e iniziò. – Il padre di Liam è morto quando era un bambino, lui è cresciuto solo con la madre. Appena ha iniziato reggere un’ascia è andato nei boschi per fare il taglialegna e guadagnare qualcosa. Tutte le ragazze del villaggio hanno avuto una cotta per lui, ad un certo momento della loro vita – scoccò un’occhiata alla Cacciatrice. – Ti accorgerai del perché. –
Cenere sollevò un sopracciglio, divertita.
Arn ridacchiò. – È un ragazzo normale. Non ha vizi particolari, che io sappia, a parte l’essere un po’ infantile ogni tanto. Gira sempre con Sam e John, due suoi amici d’infanzia. –
Cenere inclinò la testa di lato, come faceva sempre quando pensava. – E di queste ragazze innamorate che mi dici? Ha mai avuto una storia con qualcuna di loro? –
– Immagino di sì, ma non posso dirlo per certo. Stranamente, è sempre stato molto riservato su queste faccende. –
Nel frattempo erano arrivati al limitare del villaggio. Al di là dell’alta palizzata si intravedevano le cime degli alberi, ricoperte di neve che da lontano sembrava quasi zucchero. Le grosse porte d’ingresso erano spalancate, lasciando intravedere un sentiero e gli spessi tronchi dei pini.
La casa di Liam era piccola ma incredibilmente ben tenuta. I muri erano di pietra scura e pulita, abilmente incastrata. Il tetto era basso e spiovente e dal camino che ne faceva capolino usciva un tenue filo di fumo.
Vicino all’ingresso c’era un ciocco di legno con piantata sopra una grossa ascia. Il manico era talmente liscio e usato che quasi luccicava nell’aria limpida di fine mattina. La porta della casa era di legno grezzo e squadrato ed emanava ancora un tenue odore di resina che punse le narici di Cenere.
Cenere guardò Arn bussare alla porta e non poté fare a meno di notare una piccola gabbia di rami intrecciati dondolare davanti all’architrave. Si diceva che servisse a catturare gli spiriti maligni e Cenere si ritrovò a sorridere piano, colpita da quel rimasuglio di vecchie tradizioni.
La porta si aprì senza un cigolio e la Cacciatrice dovette sbattere le palpebre un paio di volte per far sparire l’espressione stupita dalla sua faccia. Il proprietario della casa stava salutando con allegria Arn, che era grosso più o meno la metà di lui e veniva sbatacchiato da una parte all’altra ad ogni scossa di mano.
Liam Denson era alto e muscoloso. Le spalle erano ampie e i bicipiti facevano tendere la camicia ad ogni movimento. Aveva lunghi capelli biondi che portava legati in un codino e occhi verdi come un prato d’estate. Le labbra piene nascondevano denti bianchi ed erano attraversate da una cicatrice che invece di rovinargli il viso lo rendevano solo più interessante.
La Cacciatrice si riscosse giusto in tempo per capire che le stavano rivolgendo la parola.
– Io sono Liam. Ti auguro che nevichi lontano dalla tua via, Cacciatrice. –
Il boscaiolo si picchiettò due volte con le dita sulla fronte e Cenere lo imitò, in un saluto che era cortese ma non così confidenziale come una stretta di mano.
– E io spero che il sole continui a splendere sulla tua strada. Chiamami pure Cenere. –
Liam annuì e incrociò le braccia, alternando lo sguardo tra lei e Arn, palesemente in imbarazzo. Poi scosse la testa. – Entrate pure, fa freddo qui fuori. –
Cenere seguì Arn all’interno della casa e fece un piccolo sorriso amaro vedendo la diffidenza che il boscaiolo aveva nei suoi confronti. Lieta di vedere che alla fine certe cose non cambiano mai.
Rimasero fermi in piedi nell’unica stanza della casa, scaldata da un camino al cui interno c’era un grosso paiolo nero da cui emanava un buon odore di zuppa.
Cenere iniziò a camminare guardandosi attorno, facendo un cenno ad Arn di incominciare a parlare e intrattenere l’uomo. Non sapeva nemmeno lei cosa stesse cercando di preciso, forse solo qualcosa che risvegliasse il suo istinto. In teoria un Lycan quando era nella sua forma di uomo non sapeva della maledizione che gravava su di lui, ma forse una parte del suo inconscio ne era consapevole. Cenere cercava qualsiasi cosa che stonasse all’interno di quella casa e nel suo proprietario, ma dovette presto rinunciare. Le uniche cose che vedeva erano una stanza pulita e in ordine e un uomo che aveva il pieno controllo di sé.
Arn stava parlando con Liam del più e del meno, guardando interrogativo la Cacciatrice che si avvicinava.
– Cos’è successo la sera del plenilunio, quando ti hanno ritrovato nel bosco? – Cenere non si curò di essere educata e osservò il sorriso sparire dal volto del boscaiolo.
La faccia di Liam si fece grigia e tirata. – Non ricordo. –
– Cosa vuol dire? – Cenere inclinò la testa, squadrando il taglialegna con i suoi occhi asimmetrici. – Soffri di vuoti di memoria? –
– No, solo che… ho battuto la testa. –
– Contro cosa? –
– Un ramo. –
Arn seguiva lo scambio di battute come un cane potrebbe seguire un bastoncino.
Cenere inarcò un sopracciglio. – E tu sei solito prendere botte in testa così forti da farti svenire, quando cammini nel bosco? –
– Stavo correndo. –
– E perché? –
Il boscaiolo sospirò. – Forse è meglio che io parta dall’inizio. –
Cenere annuì severa. – Forse sì. –
– Quando sono uscito nel bosco il sole non era ancora tramontato del tutto. Ho pensato che sarei potuto stare nella foresta solo un paio d’ore e poi ritornarmene a casa, in tutta tranquillità. D’altronde chi credeva a quelle stupidaggini sul Lupo Mannaro? –
Arn sospirò, chiudendo gli occhi.
Liam continuò a parlare, dopo aver guardato con aria di scuse il figlio del podestà. – È andato tutto bene fino a che non è sorta la luna. Poi ho sentito un ululato fortissimo, che mi ha fatto vibrare le ossa nel corpo e pentire di essere nella foresta. Non sembrava il verso di un lupo normale, per niente. –
Cenere si accigliò. – Probabilmente non lo era. –
– Ho aspettato ancora un po’ e avevo quasi dimenticato la paura quando c’è stato un altro ululato, questa volta molto più vicino. Ho iniziato a correre verso il villaggio, l’unica cosa che volevo era tornare a casa. Continuavo a vedere il corpo del vecchio Ben, sapete, con tutte le budella di fuori. Poi ho sbattuto contro un ramo e mi sono risvegliato il giorno dopo, con un livido sopra l’occhio. –
Il boscaiolo si indicò un sopracciglio dove ancora campeggiava un grosso segno giallastro.
– Non hai visto niente? –
Liam scosse la testa. – Niente. –
Cenere scosse la testa. – Si può sapere cosa facevi nella foresta? Il podestà aveva avvisato di non uscire di casa. –
Liam si passò una mano sulla nuca e fece un sorriso stentato. – Era per una scommessa. –
Arn lo fissò come se fosse impazzito. – Una scommessa. –
– Sì, con Sam. Mi ha detto che secondo lui non sarei stato abbastanza coraggioso da stare nella foresta durante il plenilunio. Ho vinto tre pezzi di bronzo. –
– Per tre pezzi di bronzo hai rischiato di farti ammazzare? – Arn sembrava sconvolto. I suoi occhi nocciola erano sgranati e puntati nelle iridi chiare dell’altro. Cenere si accorse che, per quanto belle, sembravano profonde come pozzette d’acqua. Sentì l’amarezza farsi strada dentro di lei al pensiero che quell’uomo fosse ancora vivo nonostante la sua stupidità, mentre molte altre, che non se l’erano andate a cercare, erano morte. L’immagine dei corpi dei Lancer le si parò davanti agli occhi e riuscì a scacciarla solo con uno sforzo di volontà.
Prima che Liam potesse rispondere e peggiorare la sua situazione la Cacciatrice parlò: – Quando ti hanno ritrovato eri nello stesso posto in cui eri caduto? –
– Beh, sì. Le persone svenute non si spostano – il boscaiolo la guardava perplesso.
– Giusta osservazione – Cenere fece un sorriso rigido. – Ma vale sempre la pena chiedere. –
A quel punto la Cacciatrice dubitava fortemente che Liam Denson potesse essere il Licantropo. Il taglialegna aveva avuto la fortuna di sopravvivere e forse, se fosse stato abbastanza intelligente, non avrebbe più tentato la sorte in quel modo. Tuttavia le conveniva sfruttare il momento e fargli tutte le domande che le venivano in mente, visto che non aveva voglia di ritornare in quella casa e affrontare di nuovo la sua stupidità.
 – C’è qualcuno che vorrebbe farti del male? –
 La perplessità di Liam gli si leggeva in viso. – No… non direi. –
– Nemmeno qualche ragazza? –
Il boscaiolo aprì e chiuse la bocca, pensieroso. – Beh, forse una c’è. –
Cenere tacque, guardando Arn in cerca di aiuto. – Chi? –
– Anne. –
– Anne la figlia del macellaio? – questa volta era il turno di Arn di essere perplesso. – Ma se n’è andata. –
Liam fece una smorfia colpevole. – Appunto. In un momento delicato deve essermi scappato che volevo sposarla e… beh... –
– Non avevi nessuna intenzione di farlo – Cenere si stupì di quanto uscì dura la sua voce.
– Ecco, no… e quando lei l’ha capito se n’è andata. Non vi dico le scenate che mi ha fatto – Liam fece una risata stentata.
– Certo – rispose Cenere sarcastica. – Quale donna reagirebbe mai al fatto di essere stata fregata arrabbiandosi? –
– Ma infatti! – il boscaiolo non diede segno di aver colto l’ironia. – Immagino che tu, al posto suo, non l’avresti fatto – disse rivolgendole un’occhiata difficile da fraintendere.
– No, infatti – Cenere sorrise calorosa. – Io ti avrei accoltellato. –
 
▪▪▪
 
Sono andato da May in piena notte, non so nemmeno bene come. Devo avere un attacco di insonnia, perché quando sono tornato cosciente mi sono ritrovato davanti alla sua porta. Mi sembra che ci sia come una forza che mi tira verso di lei e non capisco se è un residuo dell’amore che provavo per lei o se è solo bisogno di conforto. Quando ho bussato alla sua porta avevo bisogno di sentire una voce amica parlarmi, rassicurarmi. Invece ho fatto solo l’ennesimo errore. Non sarei dovuto arrivare a tanto, ma è successo. Le sue labbra erano dolci e il suo corpo mi ha dato il conforto che cercavo, almeno per un momento.
Adesso mi sento solo un verme per quello che sto facendo a lei, per quello che sto facendo alla mia famiglia. So che non ci sono più ma mi sento lo stesso un traditore, indegno della loro fiducia e di quella di May. Non dovrà succedere mai più ma sa solo il cielo quanto la mia mente sia debole in questi giorni. 
Ho visto la Simblantë mentre camminava con Arn e mi è sembrato di sentire i suoi occhi asimmetrici che mi seguivano. Forse sa qualcosa che io ignoro, che noi del villaggio ignoriamo. Non so nemmeno se credere a questa storia del Lupo Mannaro, anche se dopo aver visto com’erano ridotti quando li hanno trovati… niente di normale potrebbe fare uno scempio simile. Adesso ho paura di quello che sta succedendo a Briar. E ho paura di quello che sta succedendo a me.
Cosa posso fare? 
   
 
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