Capitolo 37
(LIFE LESS ORDINARY)
Danny
osò rilassarsi un po’ di più contro il lato della finestra aperta
dell’appartamento. Iniziava a sentirsi meglio. Forse era solo il scivolare via
degli eventi delle ultime ore, o il fatto che aveva fatto una lunga doccia e
mangiato, o quel po’ di birra che aveva accettato di bere, dopo che Uther aveva
tirato fuori le lattine da non sapeva bene dove. Sospettava che, se mai si
fosse dato la pena di chinarsi nella camera da letto, ne avrebbe trovato una
generosa scorta sotto al letto.
«I
nostri angeli custodi sembrano più irritati del solito.» udì Uther notare.
Lo
guardò per un momento. Sedeva come lui, a cavalcioni del bordo del davanzale,
la schiena appoggiata all’opposta cornice della finestra, in una mano una
lattina di birra semivuota che stava muovendo in distratti movimenti circolari,
facendo ballare ritmicamente il liquido all’interno.
Danny
abbassò lo sguardo sulla strada, illuminata dalla calda luce del sole al
tramonto. Più giù, c’era ancora un certo via vai di gente. Nessuno si dava la
pena, fortunatamente, di alzare lo sguardo per vederli sedere a quel modo a
cavalcioni del davanzale; sospettava che con quello stile avrebbero potuto
rompere un po’ troppo la quotidianità ripetitiva di Tairans,
e attirare fin troppa attenzione. Cosa che, sospettava ancora più fortemente,
avrebbe piuttosto divertito Uther.
Il
suo sguardo si concentrò sui due mezzi lupi in sembianze umane che li tenevano
sott’occhio da dietro il solito angolo di una delle strade perpendicolari alla
via su cui si affacciava la finestra. E sorrise appena, tra sé e sé. Oh sì,
avevano decisamente un aspetto particolarmente innervosito, e li stavano
fissando come se non potessero scacciare del tutto da loro il recondito timore
che lui e Uther potessero da un momento all’altro metterli in difficoltà,
magari eludendo la loro sorveglianza come avevano fatto nel corso della
giornata con i loro predecessori.
Danny
si riproiettò per un momento in testa l’immagine di quando avevano visto questi
due loro nuovi sorveglianti di turno riconoscerli, quando lui e Uther erano tornati
nei pressi dell’appartamento. Mentre i due mezzi lupi li guardavano con un
misto di sospetto, nervosismo e notevole irritazione, Danny aveva scoccato loro
un’occhiata superiore, alzando un po’ più il mento, e rallentando un poco
l’andatura. Raramente si sentiva nella modalità in cui darsi delle arie lo
faceva sentire meglio, ma quella volta era stato esattamente così. Per ore i
tirapiedi di Mara non avevano avuto alcuna idea di dove lui e Uther si fossero
andati a cacciare, e lui poteva ben immaginare che diversi di loro fossero
stati costretti ad aggirarsi per tutta Tairans alla
loro febbrile ricerca. E se da un lato non erano state delle ore esattamente
piacevoli, tra il finire narcotizzati e incatenati in una cantina dove erano
stati costretti a venire a patti con la contemplazione di una lenta morte per
stenti, Danny sapeva che i loro sorveglianti non potevano sapevano, e dunque,
tutto ciò che potevano sapere era che lui e Uther si erano abilmente liberati
della loro sorveglianza, facendoli fessi per un bel po’. Vittoria loro. Come se
fosse della stessa identica opinione, subito prima di infilarsi dentro la porta
della casa dove si trovava l’appartamento Uther si era voltato improvvisamente verso
di loro, e aveva loro rivolto un cenno con una mano, a mo’ di saluto chiaramente
sbeffeggiante, salutandoli con un «Heylà, ragazzi.»
decisamente ironico, che aveva peraltro fatto girare qualche passante nella
loro direzione, facendoli ulteriormente innervosire e rendendo i loro sguardi
ancora più rancorosi. E con sua stessa sorpresa Danny si era sentito sfuggire
una breve risata sinceramente divertita. Per buona misura, prima di seguire
Uther attraverso la porta aveva lanciato alle loro due sentinelle uno sguardo
breve ma deciso, tutt’altro che divertito e anzi di avvertimento estremamente
serio; giusto per ricordare ai due che se fosse saltato loro in mente anche per
un solo momento di infrangere gli ordini di Mara e provare ad attaccare lui o
Uther, Danny si sarebbe personalmente assicurato con tutte le sue forze e
intenzioni che aver infranto un ordine di lei e doverne subire la punizione
sarebbe stato l’ultimo dei loro problemi.
«Oh
sì, lo sembrano decisamente.» concluse, soddisfatto, prendendo la sigaretta che
si era sistemato dietro l’orecchio un po’ prima, e accendendosela.
Uther
emise un conciso sornacchio approvante, e bevve un sorso dalla lattina di
birra, prima di afferrare il sacchetto di pezzi di pizza al taglio dalla tavola
che avevano avvicinato alla finestra, e porgerlo verso di lui, offrendogli
implicitamente ciò che avanzava del contenuto d’esso. Danny declinò l’offerta
scuotendo appena la testa, e l’altro lo riappoggiò con un corto lancio sulla
tavola.
Danny
ripensò all’aiuto che aveva loro promesso Mordecai. L’indomani poteva rivelarsi
un’altra lunga giornata. Le ore scorrevano, e lui sapeva che non mancava che
una settimana alla notte in cui Mara e complici si sarebbero scatenati per
tutta la tranquilla e ignara Tairans. Non aveva bisogno
di indovinare quale fosse esattamente la notte; lui non poteva sbagliare, in
quanto mezzo lupo, così come non poteva sbagliare chiunque conoscesse la natura
dei mezzi lupi. Se Kumals non fosse arrivato nemmeno
il giorno seguente, avrebbe dovuto farsi venire in mente qualcosa. Sperava che
Mordecai avrebbe avuto abbastanza buone opinioni da aiutarli almeno a formarsi
una panoramica diversa, qualcosa che non fosse un’unica strada senza uscita in
cui un nutrito branco di mezzi lupi stesse per scatenarsi per quella
sonnacchiosa cittadina incolume. D’altro canto, non poteva ingannarsi troppo al
riguardo: Mordecai poteva essere un necromante e un
amico fidato di Kumals, ma dopotutto era un essere
umano, e quando si doveva affrontare un mezzo lupo l’unica cosa veramente
valida da scegliersi, se si poteva farlo, era un altro mezzo lupo. Il che
riduceva il conteggio a lui solo.
Spiò
un momento verso Uther, e poi verso il fucile appoggiato sul tavolo. Si chiese
come potessero apparire dall’esterno: un tizio dalla buona mira quando si
trattava di usare il fucile, e con diversi trucchetti intelligenti che
all’occorrenza poteva tirar fuori dal metaforico cilindro, e lui con il suo
essere un mezzo lupo che aveva finito per scegliere la socialità invece che una
vita solitaria, e con esseri umani piuttosto che con altri mezzi lupi. Sorrise
appena tra sé e sé, in una smorfia di divertita e relativamente stanca
consapevolezza. Non sapeva se, se avesse dovuto scommettere, avrebbe puntato un
gran ché su una squadra così, anche includendovi Mordecai. Non quando si
trattava di affrontare un branco di mezzi lupi impazziti guidati da Mara in
persona. Anche se quello che sedeva sull’altro capo del davanzale con aria
tranquilla era stato capace, tanto tempo addietro, di colpire di striscio al
fianco con un colpo di fucile e un quanto mai adatto proiettile d’argento un
mezzo lupo nel bel mezzo di uno scatto fulmineo; anche se lui era forse una
delle poche persone viventi che Mara, in qualche suo recondito modo, forse persino
temeva, giusto un poco. Non esattamente perché si sentisse minacciata da lui, almeno
non fisicamente parlando; ma non poteva fare a meno di tenerlo in conto, e lui
sapeva che era così dopotutto, anche se lei non l’avrebbe mai e poi mai
ammesso.
«Che
c’è?» udì Uther domandargli. Doveva aver osservato la sua espressione, che a
pensare a Mara e compagnia doveva essersi piuttosto incupita di preoccupazione.
Lo
guardò e scosse appena la testa, tornando a fissare la strada distrattamente. «Nah, niente.»
Dopo
un breve silenzio, Uther gli si rivolse di nuovo in tono ugualmente calmo e
colloquiante, ma con una punta di scherzo. «Stai pensando che forse dopotutto
una vita più normale non sarebbe stata male?»
Danny
tornò a fissarlo, anche se Uther stava tenendo sott’occhio le due sentinelle
giù in strada.
Prese
fiato con calma. «Se proprio dovesse pensarci seriamente, credo che giungerei
alla conclusione che non vorrei mai aver avuto una vita diversa.»
Uther
lo spiò appena di sbieco, alzando un poco un sopracciglio. «Sul serio?» domandò,
poco convinto, come invitandolo implicitamente ad essere più sincero.
Danny
sorrise un poco tra sé e sé, e scosse la testa. «Sul serio. Sai… ho questo
strano ricordo, così singolare che potrebbe sembrare una specie di strano sogno
o una storia particolarmente improbabile inventata da qualcuno e che non è in
realtà mai accaduta. Di un tizio che mi ha sparato, tempo addietro, e poi si è
dato la pena di seguirmi nel bosco, sapendo bene che un mezzo lupo ferito può
essere particolarmente deciso a staccare la testa a chi lo ha colpito con un
dannato proiettile d’argento…»
Lo
sguardo di Uther era tornato su di lui, attento e sorpreso.
«Ma
lui niente.» continuò Danny, guardando la sua sigaretta accesa, un sorriso
tenue ancora aleggiante sulle labbra «Anzi, si è pure messo alla mia mercé,
privandosi dell’unica cosa che poteva difenderlo, il fucile. E si è persino
offerto di darmi una mano a sopravvivere mentre la ferita guariva. Ho
sinceramente pensato che dovesse essere completamente pazzo. Ne ero convinto, anzi.
Non poteva essere altrimenti. In seguito, mi ha persino presentato i suoi
amici. E a dirla tutta anche loro non sembravano meno fuori di testa. Sembrava
anche che volessero proprio fare amicizia con un mezzo lupo che aveva attaccato
un paio di loro solo un paio di settimane prima o giù di lì. Ma la parte più
assurda di tutto questo, è che quel tizio ha fatto tutto ciò come se fosse la
cosa più spontanea e naturale del mondo. Così come i suoi amici. E… sai cosa?»
Danny
rialzò lo sguardo su di Uther, e dopo un momento lo vide fargli un cenno con la
mano che impugnava la lattina, per dirgli di continuare. Nonostante i suoi modi
apparentemente tranquilli, il suo sguardo era profondamente concentrato su
quello che stava dicendo, e la sua espressione intenta, mentre cercava di
immaginare evidentemente dove sarebbe andato a parare con tutto quello.
«Col
tempo mi sono fatto l’idea che questo tizio potesse addirittura avere ragione.»
disse Danny, abbassando lo sguardo sul posacenere appoggiato sul davanzale
davanti a lui, mentre vi spegneva il mozzicone della sigaretta. «Che sia
davvero la cosa più spontanea e naturale del mondo.» terminò, tornando a
guardarlo.
Uther
rimase in silenzio per qualche lungo momento. Infine si schiarì appena la voce,
e gli lanciò uno sguardo significativamente e complicemente
ironico. «Vuoi la mia opinione?» chiese retoricamente. «Non credo che dovresti
dare tanto credito a gente così assurda.»
Danny
emise una breve risata cristallina. «Sì, probabilmente è un buon consiglio.»
«Inoltre,
continuo a pensare che persino un mezzo lupo potrebbe desiderare avere una vita
più ordinaria.» disse ancora Uther, tornando a guardare fuori dalla finestra.
«Come
no.» ribatté Danny, ironico. «Qualcosa con una casa e una famiglia, un lavoro,
una religione, e uno stipendio?» elencò.
«D’accordo.
Magari non stavo esattamente suggerendo il quadro perfetto per morire di noia.»
concesse Uther.
«Lo
spero bene.» interloquì Danny. «Ero pur sempre un punk.»
«Tu
sei tutt’ora piuttosto punk.» notò Uther con un breve schiocco di lingua,
lanciando uno sguardo significativo al suo abbigliamento costituito da una
vecchia maglietta dei ‘The Clash’, i jeans scuri con
qualche strappo e gli anfibi slacciati ai piedi penzolanti dal davanzale, per
finire sull’orecchio bordato dalla serie di piercing a forma di piccoli anelli
in successione.
«Oh…
beh… » sospirò Danny, scuotendo la testa con un leggero sorrisetto «Una volta
ero un rappresentante un po’ più degno dello stile… un po’ più comunemente
punk. Per quanto sia chiaramente un ossimoro, chiaro.»
«Suvvia…
nemmeno l’avessi inventato tu il punk.» commentò Uther, sogghignando un poco.
«Il
punk non l’ha inventato nessuno di preciso.» corresse automaticamente Danny.
«Guarda
lì… non si può nemmeno scherzare sull’argomento, eh?» lo punzecchiò Uther.
Danny
piegò un angolo delle labbra, divertito. «Perché, questo ti fermerebbe dal
farlo?»
Uther
finse di rifletterci sopra per qualche istante. «Nah.
Non credo.» rispose, con una piccola scrollata di spalle.
«Ad
ogni modo, non ho mai incontrato un altro mezzo lupo punk. Il che è un po’
demoralizzante.» fece Danny, fissando di nuovo in strada, mantenendo il tono
leggero della conversazione.
«Non
credo che… anche volendo sorvolare sui tuoi consimili locali…» osservò
distrattamente Uther «Esista un altro mezzo lupo come te, Danny.»
Danny
tornò a guardarlo. Dopo qualche momento, sorrise lentamente, divertito, e disse
«…E… questa è una considerazione obbiettiva o più un’opinione strettamente
personale?»
Uther
girò le pupille di scatto su di lui spiandolo lateralmente, sorpreso da
quell’aperta provocazione. E infine accettò la sconfitta, scuotendo un poco la
testa e sogghignando appena, gentilmente. «Okay. Touché.» concesse, alzando il
braccio e porgendogli la mano col palmo aperto verso l’alto, sul quale l’altro
gli batté un sommario cinque con la propria.
Danny
sorrise, riconoscendo il gesto e ricordando che, quando i ‘4 di picche’ erano effettivamente operativi, quello era un gesto
usuale tra lui e Ramo quando riuscivano ad improvvisare un tandem di battute
complice particolarmente ben riuscito, o alla fine di qualche tentativo più o
meno azzardato e rocambolesco e non meno improvvisato che era fortunosamente
riuscito a tirarli fuori da qualche inghippo particolarmente pericoloso durante
i loro interventi di “lavoro”. Tanto più quanto lo scambio di battute o
l’azione di concerto che li aveva tolti dai pasticci era davvero risultata
improbabile, tanto più Kumals roteava gli occhi o li
alzava al cielo vedendoli scambiarsi quel gesto, anche se aldilà della sua
supposta esasperazione gli sfuggiva spesso un sorrisetto. Una volta che avevano
discretamente rischiato di combinare un disastro, ma che era comunque andato
alla fine tutto bene, vedendoli fare così Kumals era
sembrato sul punto di esplodere contro di loro con un’irata sequela di
rimproveri e improperi, e allora Uther gli si era affiancato e gli aveva porto
la mano all’insù, con un fare così perfettamente sospeso tra il fintamente
innocente e il provocatorio che Kumals si era
limitato ad emettere un lungo sospiro rassegnato, seppure propendendo piuttosto
per prendergli il gomito e spingerglielo via nel gesto di mandarlo a quel
paese. Cosa che Uther aveva comunque preso come una vittoria, a giudicare dal
modo in cui aveva rivolto a Danny e Ramo un occhiolino, mentre Kumals voltava loro le spalle e si allontanava come se
avesse deciso che non vederli per qualche ora fosse per lui il minimo
necessario per sbollire la rabbia. Yuta e Zoal avevano il loro personale modo di cercare comunque di
far desistere Kumals dall’iniziare quella che si
preannunciava come una colossale ramanzina collettiva; Yuta
era solita riuscire a chinarsi e a tirare un cinque sul palmo della sua mano
prima che lui se ne accorgesse, mentre Zoal preferiva
rifilargli leggeri colpetti con la punta del bastone sul lato di una scarpa,
richiamando la sua attenzione il tempo sufficiente per rivolgergli uno sguardo
che gli richiedeva significativamente di far appello al suo lato più paziente e
lasciar correre un poco. Anche se molte volte Kumals
tendeva a riprendere Yuta con un’occhiataccia
fulminante o a scostarsi di lato per allontanarsi dal punzecchiare del bastone
di Zoal e rivolgerle un’implicita preghiera che
suonava più o meno di solito come un «Per favore… Zoal?
Almeno tu?»
Il
sole finì di scomparire dietro l’orizzonte, e la calda notte estiva iniziò a
calare placidamente su Tairans, mentre Danny e Uther
assistevano allo spettacolo dalla loro posizione esclusivamente privilegiata,
senza aggiungere altro.
***
Danny
si rigirò per l’ennesima volta su un fianco, nella sua metà del letto
matrimoniale, e spiò la sagoma di Uther che occupava l’altra metà, dandogli le
spalle. Non era ancora persuaso che fosse una buona idea dormire entrambi,
abbandonando il turno di tenere sott’occhio i mezzi lupi che facevano loro “la
guardia” fuori. Anche se entrambi erano notevolmente stanchi, e forse gli
ultimi effetti del narcotico con cui erano stati buttati giù come sacchi di
patate quel giorno, solo l’ultimo di una serie di giornate affatto tranquille,
stavano ancora avendo il loro corso su di loro. E anche se era molto
ragionevole ritenere che Mara non avrebbe ancora osato attaccarli direttamente,
facendo incursione con una squadra di mezzi lupi in piena notte nel bel mezzo
di una città, svegliando sicuramente tutti e rendendo definitivamente palese
che stava accadendo qualcosa di troppo strano perché Tairans
non dovesse decidere immediatamente di mettersi in allarme; il che sarebbe
stato potenzialmente controproducente per i grandiosi progetti di conquista del
mondo a partire da quella cittadina.
Ad
ogni modo, non era solo quell’incertezza a tenerlo sveglio, in quel momento.
Ascoltò
il respiro di Uther, rilevando che probabilmente anche l’altro non stava
esattamente dormendo. Optò comunque per chiamarlo piano, per dargli la
possibilità di fingersi addormentato.
«Uther?»
«Sì?»
giunse dopo qualche momento la risposta.
Danny
esitò, ma si costrinse poi a continuare. Doveva risolvere quella cosa, prima o
poi. E sebbene teoricamente potevano esserci momenti migliori di quello,
d’altro canto era stato proprio quel giorno che si era aperto uno spiraglio,
mentre pensavano di stare avendo a che fare con le loro ultime ore di vita da
centellinare mentre aspettavano di morire di stenti incatenati in una cantina.
Dopotutto, era in sospeso da ormai chissà quanto tempo. Non che Danny fosse
così ingenuo da pensare che sarebbe bastato quello che stava per dire per
risolvere realmente quella questione, ma doveva comunque dirlo.
Prese
fiato con calma. «Lo sai che ti voglio bene, vero? Voglio dire… aldilà di
tutto…»
Seguì
un lungo e compatto silenzio completo. Danny iniziò a risolversi ad accettare
che probabilmente non gli avrebbe mai risposto, ma che almeno lui aveva detto
quel che doveva, quando il tono dell’altro risuonò con grande calma.
«Sì.
Lo so.»
E
Danny realizzò che forse si era inconsciamente aspettato, per qualche strano
motivo, che Uther potesse essere capace almeno in alcuni frangenti di non
essere così estremamente telegrafico e scontato.
«Okay.
Bene, allora…» disse, non avendo idea di che altro dire, e ponderando che forse
poteva cavarsela con un semplice ‘buonanotte’. Uscita magra, ma non trovava
altro di sensato da dire, a tutti gli effetti. Anche volendo tralasciare quanto
non vedeva l’ora che quel momento passasse; e limitarsi a dormire sembrava una
buona soluzione.
«Questo
significa che sono perdonato per averti tirato addosso oggetti per buona parte
della notte, un paio di notti fa?» udì di nuovo Uther dire.
Stupito,
tornò a guardarlo, anche se tutto ciò che poteva fissare era in effetti la
schiena che ancora gli rivolgeva. Non era un grande indizio su quale potesse
essere la sua espressione al momento, ma il tono suonava come quel suo tipico
miscuglio tra l’ironico, il seriamente sincero e l’incredibilmente privo di
scrupoli che gli era alquanto familiare.
«Avevo
già detto che eravamo pari… » disse, concentrandosi sulla nota di serietà,
l’unica potenzialmente preoccupante a tutti gli effetti.
Uther
emise un breve e sommesso verso ironico. «Sì, okay. Ma ora intendo sul serio.»
Danny
sorrise appena. «Avresti almeno potuto lanciarmene qualcuna piena di quelle
bottiglie di vodka.»
Di
nuovo lo udì emettere un suono divertito. «Sarebbe stato vergognoso rischiare
di romperla. La vodka è vodka.»
«Nessun
rischio. L’avrei afferrata al volo con la bocca.» ribatté Danny, mantenendo
l’ironia.
«Questo
è puro sfoggio dei tuoi riflessi maggiorati.» fece Uther, scherzosamente
accusatorio.
«
‘Maggiorati’…?» ripeté Danny, con una smorfia.
«In
ogni caso, io te l’avevo offerta fin dall’inizio, se ricordi.» puntualizzò
Uther «E, se ben ricordi, l’hai rifiutata.»
Danny
rimase in silenziosa considerazione per qualche istante. «Quello che mi
stupisce veramente è che tu ricordi così bene dopo tutta quella vodka.»
commentò infine.
«Ma
se mi conosci veramente, non dovrebbe stupirti così tanto dopotutto, no?»
giunse la tranquilla replica.
«Vero.
Era per dire.» ammise Danny.
«Giusto…»
concesse Uther, con un che di sorridente nel tono.
«Magari…»
aggiunse Danny dopo un poco «Se me la rioffrirai in un giorno in cui non ci
siano troppi mezzi lupi in giro che potrebbero attaccarci approfittando della
vodka che abbiamo in corpo… la condividerò volentieri.»
Uther
emise un breve sornacchio significativo. «Vorrei ben vedere. La vodka è vodka.»
ripeté.
«Onestamente…
Quella vodka in particolare aveva tutta l’aria di poter testimoniare che era
stato fatto un serio torto a quel grano*.» commentò Danny, sogghignando.
«Erano
più probabilmente patate.*» osservò Uther.
«Molto
probabile. Che sarebbero state molto meglio se usate per una zuppa, piuttosto.»
«Meglio
una zuppa corretta.**»
«Cosa
ti piace che non sia corretto?» chiese Danny, divertito.
«Poche
cose, in effetti…» ammise Uther.
Danny
sorrise. «Buonanotte, Uther.» aggiunse dopo un poco, voltandosi sull’altro
fianco, e chiudendo gli occhi, rilassandosi.
«Danny?»
si udì tuttavia chiamare dopo qualche momento.
«Sì?»
«Anch’io
ti voglio bene, aldilà di tutto.»
Danny
riaprì gli occhi, incredulo per un momento di sentire tanta placida sincerità
pronunciata con quel tono. Poi sorrise, divertito. «A dirti la verità, lo
sospettavo.» rispose, in tono lievemente ironico.
«Okay…
» fece Uther, dopo un silenzio che era sembrato avere un che di spiazzato e
sorpreso «Questo è eccessivo.»
Danny
si sentì piuttosto in colpa, anche se nel tono dell’altro c’era un semplice
ammonimento tranquillo, a segno che non se la doveva essere presa sul serio.
«Sì… mi sa di sì. Scusa.»
Lo
sentì emettere uno di quei suoi versi ironicamente divertiti, prima che dicesse
semplicemente e tranquillamente «‘Notte, Danny.»
Danny
si decise a rilassarsi del tutto, lasciandosi scivolare nel sonno.
Soundtrack:
Life
less ordinary (Carbon Leaf) – da cui anche
il titolo del capitolo
Once in a lifetime (Talking Heads)
Note per la comprensione:
* GRANO O PATATE? – ora, prendete queste
delucidazioni con le pinze perché derivano da qualcuno che così mi ha spiegato
in un punto imprecisato della mia vita in una chiacchierata… (e non avevo
nessuna voglia di andare a cercarne conferma in giro per il web), ma a quanto
pare la vodka può essere ricavata dal grano (versione russa - ed è di migliore
qualità) o dalle patate (versione polacca - qualità più bassa, peggiore mal di
testa tra i postumi). Ma come ho detto, forse è solo una leggenda
metropolitana… o saggezza di strada tra intenditori/trici
di sbronze con la vodka? Mah!
** ‘CORRETTO’ – immagino lo sappiate già…
comunque in italiano si usa anche nel senso di aggiungere qualcosa di alcolico
ad una bevanda (es. il famoso caffè corretto appunto). E d’accordo col caffè
ma… la ‘zuppa corretta’?? Ebbene sì, esiste. Almeno secondo certi nonni che
(mentre la nonna era voltata in modo che non se ne accorgesse…) aggiungevano un
po’ di vino rosso al brodo della zuppa. A parte certi nonni, diverse ricette
“della nonna” o “svuota-dispensa” suggeriscono comunque una piccola correzione
con vino alla zuppa, quindi io la do per assodata come antica tradizione
culinaria ;)
Note dello scribacchiatore: Questo era un vero e proprio capitolo di pausa
distensiva (e contemplativa?), in un certo senso una prosecuzione della prima
parte del capitolo precedente. Ma dal prossimo si ricomincia a fare sul serio
più che mai! Brace yourself! ;)