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Autore: Tsuki5    06/10/2017    4 recensioni
Dal testo:
“Quindi tu e Luffy non siete fratelli di sangue?”
“No. Nessuno dei due ha mai conosciuto i rispettivi genitori. Per questo mi aveva colpito molto il modo in cui Luffy parlava di te; deve averti visto un po’ come un padre, del resto avevamo solo Garp e i banditi di montagna con cui siamo cresciuti. E poi c’era Makino ovviamente, dovresti averla conosciuta!”
Quel nome, pronunciato dopo tanto tempo da una voce che non fosse la sua, lo aveva colpito come una freccia.
“L’ho conosciuta, sì.”
Salve a tutti! Torno a scrivere di una delle mie coppie preferite, Shanks e Makino!
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Makino, Shanks il rosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sh-Shanks…” Non avrebbe riconosciuto la sua voce neanche volendo; rotta e flebile, scossa dalla sorpresa di vederlo lì, all’improvviso, dopo anni e anni di attesa.
Il sorriso di lui si fece ampio, più bello di come lo ricordava. Era vasto e infantile, in qualche modo rassicurante.
 
“Questo posto mi piace!”, aveva affermato guardandola, la prima volata che aveva messo piede al Party’s Bar. “Sì, mi piace”, ed era comparso quel sorriso sul suo viso abbronzato.
Ora il pirata sfoggiava ancora quel ghigno gioviale e quanto aveva sognato di rivederlo? Aveva pensato a quale fosse il modo migliore di accoglierlo almeno un milione di volte. Una cordiale stretta di mano o tutt’al più un abbraccio, d’altro canto non era più la ragazzina che Shanks ricordava…
 
“Mi dispiace, sono un po’ in ritardo.”
Ebbe a mala pena il tempo di finire la frase che Makino gli si gettò tra le braccia.
“Sei tremendamente in ritardo, Capitano”, disse lei piangendo.
Dieci anni per il calore di quell’abbraccio, dieci anni e ogni giorno, ogni singolo giorno era valso l’attesa.
 
_._._
 
Camminava veloce Makino, per la via di Foosha che costeggiava il porto; camminava veloce con le mani che torturavano la stoffa della lunga gonna all’altezza del grembo. Era combattuta tra i sentimenti più disparati e più diversi. Di Shanks non aveva notizie dal giorno in cui era partito, tre mesi prima.
Tornerò presto”, le aveva detto quella mattina.
“Tornerà presto…tornerà presto”, si ripeteva continuamente Makino e l’angoscia di non poter parlare direttamente con lui la logorava.
 
C’era un’altra persona con cui le pareva logico confidarsi, nonostante fosse spaventata a morte dalla reazione che le sue parole avrebbero potuto provocare: ricordava vividamente i pugni scagliati sulla testa di quei due ragazzini troppo vivaci e l’ira che quel famoso cappello di paglia era in grado di causare…
 
“Buongiorno Garp”, disse lei, entrando nel piccolo ufficio della marina affacciato sul porto.
La stanza era ingombra di carte e fascicoli vari e sulla scrivania una fotografia ritraente due bambini dai capelli neri e i le ginocchia sbucciate, arpionati in un abbraccio impossibile da sciogliere e intenti a difendersi dai baci che l’uomo nel centro cercava di propinare loro.
“Makino!” Il vecchio Marine si voltò verso di lei. “Sono appena arrivato”, disse l’uomo posando delle grosse borse. “Sarei passato alla locanda. Cosa ci fai qui?”
Makino non riusciva a togliere gli occhi da quella fotografia.
 
Ma-chan! Ace è diventato tutto rosso!
Zitto, scemo!
Ma-chan!
 
“Makino? Ti senti bene?”
“Sì”, rispose lei di colpo, “sto bene, sì”. Le capitava spesso, da quando Ace era morto, di pensare a lui, a Luffy e a come quest’ultimo stesse vivendo quel momento difficile.
“Sei strana, ragazza.”
“Dici?”
“Sputa il rospo”, disse il Marine indicandole la poltroncina davanti alla scrivania.
La ragazza si sedette con un sospiro, le mani che ricominciarono a torturare la stoffa della sua gonna. Sentiva gli occhi dell’uomo puntati su di sé e si ritrovò incapace, per la prima volta con lui, di sopportare il suo sguardo.
Per un attimo che parve interminabile Makino cercò le parole adatte, rendendosi poi conto che non esistevano parole giuste da usare.
“Garp, io ho un messaggio da riferirti”, disse tutto d’un fiato.
“Un messaggio?”, chiese l’uomo sorpreso. “E da chi?”
Makino raccolse tutto il coraggio che aveva. “Shanks, il Rosso.”
Una piccola vena pulsante comparve sulla fronte di Garp. Il nome aveva provocato in lui un’evidente fastidio.
“E come avresti fatto a metterti in contatto con lui?” Quella domanda era carica di significato.
 
“Quel maledetto bastardo! Ha messo in testa delle idea assurde a mio nipote!”
“Andiamo Garp, Luffy è solo un bambino, potrebbe cambiare idea.”
“Non fare tanto la santarellina, tu! Ho vissuto abbastanza per sapere che c’è solo un motivo per cui un pirata come il Rosso mette base in un villaggio come questo per tutto quel dannato tempo!”
 
Makino sentì le proprie guance avvampare e strinse forte i pugni sulle cosce.
L’atmosfera si fece pesante, tremendamente pesante.
“Non sei mai stata brava a mentire, quindi ti conviene raccontarmi tutto.”
La ragazza continuava a stare in silenzio. Garp era, per lei, la figura più simile al padre e non era facile, pur convinta delle proprie scelte, dargli un dispiacere; quasi insopportabile l’idea di deluderlo.
“E’ stato qui, un paio di mesi fa.”
Un pesante sospiro e poi nulla. Si sarebbe aspettata di vedere la scrivania andare in frantumi o volare fuori dalla finestra ma nulla.
“Va avanti.”
La ragazza alzò gli occhi, grandi e lucidi, per incontrare quelli dell’uomo. “Voleva che sapessi che Ace ha avuto una sepoltura degna accanto a Barbabianca e che Luffy sta bene ed è al sicuro.”
Garp continuava a fissarla in silenzio; poi afferrò la cornice e portò la fotografia dei nipoti davanti a sé.
“Sono doppiamente in debito con quel pirata”, disse, passando il grosso pollice sul vetro. “Prima per aver salvato Luffy, poi per questo.”
Mai nella sua vita aveva visto Garp tanto vecchio e tanto stanco.
“C’è altro?” Incredibile come riuscisse sempre a leggerle dentro.
C’era altro, eccome se c’era, ed era molto più difficile da dire.
“Promettimi che non ti arrabbierai.”
Garp rise, portandosi un grosso pugno agli occhi, per asciugare un paio di lacrime uscite certamente al ricordo di quei due nipoti, uno andato per sempre, e l’altro finalmente saputo al sicuro.
“Andiamo Makino, non può essere così grave, no?”
“Aspetto un bambino.”
Gelo, gelo e ancora gelo. Imperscrutabile il volto di Garp, come congelato dalla notizia; ma la piccola vena sulla sua tempia pulsava più minacciosa che mai.
Passarono i secondi e i minuti poi, in un attimo, i fogli e la cancelleria volarono giù dal tavolo ribaltato da un lato.
L’ha presa bene, pensò la ragazza mentre il Marine si ricomponeva e posava la scrivania a terra.
Garp si sedette e passò le mani sul viso.
“Dimmi che non è del Rosso, ti prego.”
“E di chi dovrebbe essere?”, chiese lei, improvvisamente indispettita.
Garp non la guardava ma continuava a passare le mani sulla fronte aggrottata e sulle tempie.
“Tu non ti rendi minimamente conto del guaio in cui ti sei cacciata.”
Makino incrociò le braccia sotto il seno; si sentiva trattata come una bambina.
“I pirati come il Rosso”, disse il marine dopo una lunga pausa, “i pirati come Roger, non hanno famiglia. Troppo pericoloso, Makino.”
 
Tornerò presto, te lo prometto.
Ma prima di allora non provare a metterti in contatto con me, troppo pericoloso.
 
Shanks aveva accennato qualcosa quella notte, su Barbanera e sul fatto che la guerra fosse passata da poco. Era preoccupato che qualcuno potesse studiare le sue rotte, era preoccupato per lei, per quello era rimasto solo una notte.
 
Non è saggio rimanere per troppo tempo nello stesso luogo.
 
“Ho visto morire la madre di Ace con questi occhi ed era giovane, più giovane di te ora.” Con lo sguardo Garp vagava lontano, ad un tempo che avrebbe voluto non ricordare.
“Gli uomini potenti hanno nemici, ragazza mia, nemici che non guardano in faccia nessuno per raggiungere il proprio scopo. Pensi che si sarebbero fermati davanti a quella ragazza incinta se avessero saputo che in grembo portava il figlio di Roger? Credi che si sarebbero fermati davanti al bambino?”
Le era venuta la pelle d’oca. “Garp io-“
“Il Rosso è un uomo importante”, disse il marine alzando una mano per fermarla, “e questo è un momento difficile.”
L’uomo si alzò per dirigersi verso la finestra. Posò pesantemente la schiena al muro e incrociò le braccia.
“Lui lo sa?”
“Non ho avuto modo di dirglielo. Ha detto di non contattarlo.”
“E’ giusto. Non vuole rischiare che qualcuno arrivi a te…la storia della compagna di Roger deve averlo colpito parecchio. Bhè, avrà una bella sorpresa quando tornerà qui.”
“Tu cosa intendi fare?”
“Ho detto prima di avere un debito nei suoi confronti e comunque devo ripartire tra qualche settimana. Cerca di far trapelare il nome del padre il meno possibile anche se qui a Foosha puoi fidarti di tutti.”
Non poteva dire di sentirsi in colpa; non rimpiangeva neanche un minuto, non avrebbe potuto farlo. In quel momento però, si sentiva molto stupida per non aver capito la gravità della situazione in cui si trovava.
Makino si alzò per raggiungere la porta, la mano posata sul piccolo rigonfiamento del ventre. “Non avrei mai voluto darti un dispiacere.”
“Per te avrei voluto altro, lo sai. Ho sempre disapprovato quella tua scelta cocciuta e insensata; ma ora non importa più; quello che conta adesso è tenere al sicuro te e il tuo bambino.”
“Garp…”
“Potrete sempre contare su di me”, disse l’uomo allargando le braccia e andandole incontro.
“Diventerò nonno.”
Stretta in quell’abbraccio da padre, Makino sentì la voce dell’uomo tremare un po’ per l’emozione. Si sentiva protetta, come quando, da bambina, Garp la faceva sedere sulle sue ginocchia per raccontarle qualche storia dai suoi viaggi in mare e nella sua immaginazione, ad un bimbo coi capelli rossi era concessa la stessa fortuna.
 
  
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