Anime & Manga > Rocky Joe
Segui la storia  |       
Autore: Redferne    11/10/2017    4 recensioni
A cosa pensa un uomo durante gli ultimi istanti della sua vita?
A che pensa, mentre si trova sul punto di morire?
Genere: Drammatico, Sportivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danpei Tange, Joe Yabuki, José Mendoza, Sorpresa, Yoko Shiraki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non gli aveva dato nemmeno il tempo di allontanarsi dal proprio angolo.

Non appena era suonato il gong si era scagliato addosso a Mendoza come un’autentica furia, ignorando completamente sia i consigli che il vecchio gli aveva impartito qualche istante prima, sia la strategia che avevano accuratamente pianificato nei giorni precedenti.

Si era gettato sul campione mulinando pugni come un ossesso, e cercando di metterli a segno in ogni modo. IN QUALUNQUE MODO GLI FOSSE POSSIBILE, senza badare né curarsi in alcun modo della tecnica o dell’esecuzione.

Persino il messicano era rimasto sconcertato da tanto impeto. Glielo aveva letto negli occhi non appena si era voltato per raggiungere il centro del quadrato, con la solita calma e la compostezza di sempre. Ed invece se lo era ritrovato subito davanti, mentre si era messo in testa di volerlo buttare giù al primo secondo del primo minuto del primo round. Come se non ce ne fossero altri, dopo di esso.

In quel momento, un silenzio irreale aveva ammantato gli spalti del Budokan, come un pesante drappo funerario. Nessuno che osava fiatare, e non si udiva volare nemmeno una mosca.

Bella forza. Probabilmente, tra loro non c’era nessuno che credeva a quel che stava vedendo. Sembrava di assistere ad un pugile che, giunto ormai all’ultima ripresa, tentava un disperato RUSH appellandosi alle ultime e residue energie che gli erano rimaste, per ribaltare le sorti di un match dall’esito ormai segnato. Peccato solo che il match era appena iniziato.

Eppure, a dispetto del volto tirato e dell’espressione rabbiosa, lui rideva.

Rideva di gusto, dentro di sé.

Rideva perché cercava di immaginare cosa stava pensando il pubblico. E la stampa. Tutti quei bei commenti recenti alla televisione, in radio e sui giornali su quanto Joe Yabuki fosse migliorato dal punto di vista stilistico e su come avesse affinato la sua tecnica pugilistica mandati bellamente al macero da un esordio simile. E per di più in un combattimento valido per il titolo! Roba da matti.

Pareva davvero uno di quegli scaricatori che si potevano incontrare in qualche taverna situata nelle zone più infime delle aree portuali, sempre bevuti e rissosi, in procinto di aggredire il primo malcapitato di passaggio o qualcuno con cui aveva qualche conto in sospeso.

L’approccio di Mendoza ad un’offensiva così impetuosa, seppur talmente disordinata da potersi spiegare solo come frutto di una spontanea improvvisazione, era stato fin troppo cauto e timido, almeno all’inizio. Ma ci voleva ben altro, per un combattente del suo calibro. Poteva darsi che lo avesse sorpreso con quella sua inaspettata partenza a razzo, ma la reazione da parte sua non aveva tardato ad arrivare. Il messicano non si era certo lasciato intimorire ed aveva evitato uno dopo l’altro tutti quanti i suoi attacchi rispondendo con una serie di diretti potenti, veloci e ben precisi.

La sua era solo roba buona per una rissa, per l’appunto.

Era terminato quindi il primo round ed aveva notato che José, mentre tornava dal suo team, si era girato e lo stava osservando, scuotendo ripetutamente la testa. E lui, per tutta risposta, gli aveva sorriso come se niente fosse.

Lo aveva confuso? Bene, benissimo. Tanto meglio così. Doveva capire fin da subito che quello non era un match come tutti gli altri.

E CHE NON SAREBBE AFFATTO STATO COME TUTTI GLI ALTRI.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Lo sapevo! LO SAPEVO, DANNAZIONE A TE!! TUTTO QUEL CHE TI HO DETTO TI E’ ENTRATO DA UN ORECCHIO E TI E’ USCITO DALL’ALTRO, COME AL SOLITO!! MA SI PUO’ SAPERE PERCHE’ NON MI ASCOLTI MAI, EH?! MA MI VUOI DIRE CHE COSA TI SEI MESSO IN TESTA DI FARE, RAZZA DI SOMARO CHE NON SEI ALTRO?! ME LO SPIEGHI?!”

 

Ottimo. Ci voleva proprio. Lo zietto Danpei aveva già iniziato a montare in bestia e a dare i numeri, a quanto pare. Una lavata di capo dal suo vocione era proprio quello di cui aveva bisogno, in un momento simile. Già, davvero utilissima. Come un mal di denti che ti esplode nella bocca di Domenica o in pieno Ferragosto, quando non trovi uno specialista neanche a pagarlo oro.

 

“MA NON CAPISCI CHE INIZIARE COSI’, CONTRO UN SIMILE AVVERSARIO, E’ UN AUTENTICO SUICIDIO?! MA HAI CAPITO CHI HAI DI FRONTE, ALMENO?! NE HAI UN’IDEA?! DOVEVI PARTIRE PIANO, COME AVEVAMO STABILITO! STUDIARLO E DOSARE LE FORZE! OPPURE CREDI DI POTER ANDARE AVANTI COSI’ DALL’INIZIO ALLA FINE?! PENSI DI POTER REGGERE QUESTO RITMO PER QUINDICI RIPRESE FILATE?! RISPONDI, CHE IL DIAVOLO TI PORTI!!”

 

Si era limitato a sorbire tutta quanta la paternale senza battere ciglio e senza aggiungere nulla se non al termine del break, quando lo aveva liquidato con un lapidario “Parli troppo, vecchio. Stà zitto e lasciami fare. E piantala di rompere, una buona volta.”

Nel round successivo il copione si era ripetuto identico e le cose non avevano potuto fare altro che peggiorare. Durante l’ennesimo assalto andato a vuoto aveva persino perso l’equilibrio, rischiando di incespicare e finire a gambe all’aria. Mendoza aveva colto al volo l’occasione propizia e lo aveva spedito al tappeto con un micidiale uno – due. Sinistro - destro. Rapidi come fulmini. E primo knock – down della serata. E aveva paura che non sarebbe stato l’unico.

Il pubblico, nel frattempo, aveva iniziato a fischiarlo, insultarlo e schernirlo. Come era prevedibile, del resto. Per il pessimo spettacolo che gli stava offrendo, e per avergli fatto spendere i loro sudati risparmi per assistere ad una roba così squallida e indegna.

 

“YABUKI, FAI SCHIFO!!”

 

“BUUUUHHHH!!”

 

“DOVE PENSI DI STARE, ALL’OSTERIA?!”

 

“RIDACCI INDIETRO I SOLDI DEL BIGLIETTO, STRONZO!!”

 

Squallida e indegna. Tsk, che manipolo di imbecilli, che erano.

Non avevano capito ancora niente. Tanto per cambiare.

NESSUNO DI LORO AVEVA CAPITO ANCORA NIENTE.

Quando ti ritrovi davanti ad uno più forte di te, TROPPO PIU’ FORTE DI TE, parti già con le spalle al muro. Allora, tanto vale dare il massimo sin da subito, senza risparmiarsi.

Adottare una atteggiamento cauto equivaleva a fare la stessa fine che aveva fatto il suo amico e rivale Carlos Rivera quando aveva incrociato i guantoni con José.

Carlos era un autentico fuoriclasse. Era dotato di una tecnica sopraffina e, nonostante i modi gentili, cortesi e garbati dimostrava una ferocia ed una sete di sangue non certo inferiori alle sue, ogni volta che calcava il ring. Era una vera belva, che danzava sul quadrato leggiadra ed aggraziata ma che, all’occorrenza, sapeva anche mordere. Al momento giusto balzava sull’avversario e lo sbranava in pochi istanti. Ma, sopratutto, era in grado di valutare ed analizzare all’istante le capacità di chiunque gli capitasse davanti. E quando finalmente aveva affrontato Mendoza per il titolo, dopo qualche scambio doveva aver già intuito l’amara verità. Si era reso immediatamente conto dell’enorme divario che li separava. Il campione lo aveva semplicemente annichilito con la sua sola presenza, impedendogli qualunque cosa.

Il terrore doveva essersi impadronito subito di lui. Ed il predatore si era tramutato di colpo in preda. La pantera si era trasformata in un docile gattino. In quell’incontro non era riuscito a mettere in pratica nulla di ciò che aveva in mente di fare.

Non poteva assolutamente permettersi di compiere lo stesso, madornale errore. Non doveva lasciare che la paura si facesse strada dentro di sé. Se si fermava anche un solo istante, era perduto.

Ma c’era dell’altro, purtroppo. Cose ben peggiori, in vista.

Era una sorta di strana sensazione. Una sensazione sgradevole che lo accompagnava e tormentava da alcuni mesi, come una sorta di fantasma o di ombra maligna.

No. Non era così. Mentiva a sé stesso. Era da molto più tempo. Da quando aveva avuto quell’inspiegabile malore che gli aveva fatto perdere improvvisamente i sensi durante una sezione di sparring, qualche settimana dopo aver vinto il titolo asiatico.

La sensazione che dentro di lui, in quel preciso momento, si era ROTTO QUALCOSA. E che da lì in poi, per quanto si era sforzato, non gli era più riuscito di rimettere insieme i pezzi, come aveva fatto tutte le altre volte.

Una sensazione confermata da tutta una serie di precisi segnali. SEGNALI FISICI, che avevano iniziato a fare capolino in seguito.

Aveva iniziato ad accorgersene in particolar modo quando se ne stava a riposo tra una seduta di allenamento e l’altra. L’adrenalina aiutava a tenere coperte le magagne ma, quando il suo carico scemava, rispuntavano peggio dei funghi.

Se n’era accorto quando gli erano venuti dei violenti capogiri o attacchi di vertigine. Come le volte in cui, camminando a zonzo per il quartiere o lungo il corso del torrente, aveva incespicato senza volerlo e aveva rischiato di cadere e di finire con la faccia o il sedere per terra. Così, di punto in bianco. E meno male che aveva sempre trovato qualcosa a cui aggrapparsi.

Oppure quando gli continuavano a sfuggire piatti, posate, bicchieri e altri oggetti dalle mani. Per tacere del lieve ma costante tremolio che attraversava queste ultime, come una scarica elettrica a bassissima tensione.

E se n’era accorto anche da quando aveva iniziato a notare che, ogni volta che pensava ad un’azione o a un movimento da compiere, la risposta motoria arrivava sempre con qualche secondo di ritardo. Ci metteva sempre un fatale, maledetto, fottuto istante di troppo. Come un vecchio programma televisivo trasmesso in differita. Così come aveva potuto constatare che il tempo che intercorreva tra il gesto pensato ed il gesto realmente effettuato aumentava sempre di più. Con il trascorrere del tempo e ad ogni nuovo tentativo.

La Boxe é uno sport solitario, con il proprio corpo come unico compagno. E a furia di passarci tutto quel tempo assieme, avvolti nel più religioso silenzio intervallato unicamente dagli sbuffi affannosi del respiro, dal tamburellare delle punte dei piedi o delle corde e dal sibilo dei pugni sferrati a vuoto che fendono l’aria. Si impara ad ascoltarlo, a guardarci dentro. E a capirlo e a comprenderlo meglio di qualunque medico.

Il suo organismo gli stava parlando, attraverso quei sintomi che si manifestavano senza dargli tregua, sempre più insistenti.

E gli stava dicendo delle parole terribili, nella loro semplicità.

 

Fine dei giochi, ragazzo mio.

E’ stato bello, finché é durato.

Ma adesso mettiti il cuore in pace, e fattene una ragione. Una volta per tutte.

E inizia a pensare a qualcosa d’altro.

Qualcosa d’altro che non sia la BOXE.

A come impiegare tutto il sacco di tempo libero che ti resterà, ad esempio.

Perché tu vuoi VIVERE, vero?

Andiamo. Pensa un po' anche a me, per favore. Che ti aiuto e ti sostengo da sempre.

Ti sembra il caso di lasciarci le penne per una simile inezia?

Per un incontro di pugilato, fosse anche valido per il titolo?

Non puoi davvero desiderare una cosa simile.

NE VALE DAVVERO LA PENA, JOE?

 

Certo che no, avrebbe tanto voluto rispondere. Però a me la Boxe PIACE. MI PIACE DA IMPAZZIRE.

MI PIACE DA IMPAZZIRE…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Sei sicuro di questa tua decisione, Joe?”

“Che vuoi dire?”

“Mi riferisco alla vita che hai scelto. Vuoi davvero vivere così? Ne sei davvero sicuro?”

“Non ti seguo.”

“Intendo dire...quelli come me e come te...QUELLI DELLA NOSTRA ETA’, insomma...dovrebbero avere una vita spensierata, e pensare unicamente a divertirsi...e a trovarsi un ragazzo o una ragazza con cui stare insieme...”

“E dai, Nori! Non mi verrai a raccontare che tu ti diverti! Quando non sei alle prese con lo studio, sei in negozio a spaccarti la schiena in due insieme a Nishi per dare una mano ai tuoi genitori! Oppure vi date il cambio avanti e indietro con quella bicicletta mezza scassata per le consegne a domicilio! E quello sarebbe DIVERTIRSI, secondo te? Al confronto vostro io me la spasso, giù in palestra!!”

“E’ proprio quello, ciò a cui mi riferivo.”

“Vale a dire?”

“Non ti pesa mai tutto quello che stai facendo? Passi gran parte delle tue giornate al chiuso, in uno spazio angusto, a saltare sulla corda o a picchiare un sacco malandato, in mezzo alla polvere, al sudore e all’odore di resina...e quando esci, lo fai per andare a correre per chilometri e chilometri fino a crollare a terra esausto...impedisci al tuo corpo di crescere come dovrebbe fare naturalmente, con il fatto di dover rimanere nei limiti di peso per la categoria...non ti puoi concedere mai nulla, sei costretto a sopportare ogni genere di sacrifici e di privazioni...e PER CHE COSA, POI? Per finire su di un ring a combattere e a rischiare di farti riempire di botte da un altro tizio, in mezzo alla ressa e al caos, tra la puzza di fumo e le urla della gente esaltata e ubriaca che un minuto prima ti acclama e l’attimo dopo ti insulta...perché a quelli NON IMPORTA NULLA DI TE, Joe! Vogliono solo che tu e il tuo contendente VI AMMAZZIATE L’UN L’ALTRO PER IL LORO DIVERTIMENTO!!”

"Io...io ti giuro che non capisco. La vita é già abbastanza dura e complicata...più si cresce, più tutto diventa pesante e difficile. Avere una famiglia, un lavoro...E ALLORA PERCHE’ DEVI RINUNCIARE A TUTTO ADESSO CHE NE HAI ANCORA LA POSSIBILITA’? DIMMELO, TI PREGO!!”

“E’ un discorso complicato, Noriko. E non credo che mi comprenderesti, proprio come hai detto tu.”

“Puoi provarci lo stesso. Sappi che non ho impegni, stasera.”

“Ok. Vuoi la verità nuda e cruda? La verità é che io AMO LA BOXE. La amo perché mi ha dato uno scopo. Dovunque andassi venivo sempre scacciato ed evitato da tutti. Avevo maledetto questo paese, questo intero mondo, quest’epoca. A volte maledicevo persino me stesso. Ma grazie al pugilato ho conosciuto questo posto, la gente che vi abita, ho conosciuto il vecchio, Nishi, i ragazzi...e ho conosciuto TE. E i tuoi genitori. Ho conosciuto delle persone per cui valevo qualcosa, e che hanno imparato ad accettarmi per quello che sono. E che ripongono in me tutte le loro speranze ogni volta che metto piede sul quadrato. E, ogni volta che vi salgo sopra, so che devo farlo anche per TUTTI QUANTI LORO. PER TUTTI VOI. E per chi non ce la fa o non ce l’ha fatta. Per chi ha inseguito un sogno per tutta la sua vita e non é mai riuscito a raggiungerlo. Per i miei avversari che ho sconfitto. E devo farlo SOPRATTUTTO PER ME. Quando mi muovo tra le corde, quando sferro i pugni...NON PENSO PIU’ A NIENTE. E’ COME SE TUTTO QUELLO DI CUI TI HO DETTO PRIMA, TUTTI I MIEI PROBLEMI SI DISSOLVESSERO, ED IO CON LORO. ED E’ BELLISSIMO...”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Proprio così. La Boxe era una cosa davvero bellissima. E lui la amava.

La amava più di qualunque altra cosa al mondo, ecco tutto.

Ed é difficile, difficilissimo dire ADDIO PER SEMPRE a qualcosa che ti piace così tanto, dannazione.

Fortunatamente, nessuno sembrava essersene ancora accorto, a parte lui.

Solamente il vecchio, una volta, era stato quasi sul punto di mangiare la foglia. E lo aveva sottoposto ad un cavolo di test per verificare la sua coordinazione, o qualcosa di simile. Per farla breve, lo aveva obbligato a salire su di una delle ringhiere di legno del ponte delle lacrime, per poi percorrerla un passo dopo l’altro per decine e decine di volte, in tutte le varianti possibili: avanti e indietro, ad andatura lenta e veloce, sui talloni e sulle punte…

Ma lui era stato ben concentrato ed attento a non commettere sbagli e la cosa era morta lì dov’era nata. Meno male.

Era il solo ad esserne al corrente. O almeno così credeva. Perché, come in tutte le cose, c’era anche lì una piccola ma fondamentale eccezione a confermare la regola.

Un imprevisto gradevole d’aspetto ma inopportuno nella scelta dei tempi che aveva il volto ed il nome di YOKO.

 

YOKO SHIRAKI.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!

So che non si dovrebbe mai misurare ciò che si scrive in quantità o in metri, come la pizza...ma ho trovato questo capitolo un po' breve. In realtà, é lungo più o meno quanto il precedente, e a dirla tutta avrei voluto metterci un altro pezzo, ma…

La prossima parte la considero FONDAMENTALE. E merita un capitolo a sé.

E poi, ritengo che le cose vadano centellinate, poco alla volta.

Lo so, il tempo narrativo che ho scelto é alquanto singolare. E sappiate che mi ha complicato non poco la vita. Ma c’é una ragione ben precisa.

Intanto, ringrazio di cuore innominetuo e Devilangel476 per le loro bellissime recensioni.

Rivedere Joe muoversi, parlare, pensare...VIVERE, attraverso le parole, è davvero meraviglioso.

Ringrazio inoltre la prima per il bellissimo banner, per l’aiuto, per la disponibilità, per la pazienza che ha avuto con un ignorantone in fatto di pc come il sottoscritto...per tutto, insomma.

E ringrazio la seconda per la bella chiacchierata. E farò un giro a leggere anche i tuoi racconti, alla prima occasione!

E ringrazio di nuovo entrambe per la fiducia: ho visto che l’avete già messa tra le preferite! E se poi, sul più bello, venisse fuori una schifezza?!

E ringrazio infine chiunque leggerà la storia e vorrà dare un parere.

Me ne ritorno nel mio consueto fandom e...a presto per il prossimo capitolo!

 

See ya!!

 

 

 

Roberto

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Rocky Joe / Vai alla pagina dell'autore: Redferne