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Autore: LyaStark    12/10/2017    3 recensioni
C'è qualcosa di oscuro all'opera nel villaggio di Briar, una bestia che sembra uscito dai peggiori incubi della popolazione. L'unica possibilità di salvezza è chiamare un Cacciatore, un membro di un'antica razza detestata e ormai quasi scomparsa, il cui compito è sempre stato uno solo: uccidere ciò che di mostruoso c'è al mondo.
Ma a volte i veri mostri non sono quelli che ci si aspetta.
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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WHAT KIND OF MAN

UN GIORNO AL PLENILUNIO
 
“I wanna hide the truth
I wanna shelter you
But with the beast inside
There’s nowhere we can hide”
Demons, Imagine Dragons
 
Quando Cenere incontrò Arn, il mattino dopo, era stanca e confusa. Aveva pensato e ripensato per tutta la notte, rigirandosi nel letto. Quello che le aveva raccontato Amos, il vicino di casa di Jean, l’aveva da un lato turbata e dall’altro resa euforica.
Amos, uno dei numerosi tagliaboschi ormai troppo anziano per poter tagliare alberi, era per fortuna della Cacciatrice anche un solenne impiccione, grazie agli Dei meno crudele della vedova Stone. Intervallato da innumerevoli episodi del tutto inutili, le aveva raccontato che la notte della morte di Kit e Mark aveva visto Will, il figlio di Lucius, litigare con Jean, il padre dei due ragazzi. Erano volate parole grosse e a un certo punto Will aveva spintonato l’amico, facendolo arretrare sconvolto. Sembrava che si sarebbero potuti picchiare da tanto erano arrabbiati.
Amos non era riuscito a capire su cosa stessero litigando, ma sicuramente era qualcosa di grave. Jean continuava a scuotere la testa e a guardare l’ex-amico come se fosse impazzito tutto d’un tratto. Will urlava e sbraitava, insultando l’altro e rivolgendogli epiteti che “non potrei ripetere senza vergognarmi”.
I due erano sempre andati d’amore e d’accordo, le aveva detto Amos, ma all’improvviso i rapporti sembravano essersi deteriorati. Avevano smesso di vedersi e Will, da frequentatore assiduo della locanda di Jean, aveva smesso di farsi vedere. Amos non sapeva spiegarsi le ragioni di quel comportamento, ma sembrava che Will avesse perso il controllo. Aveva persino litigato con Lucius, il padre, e non si parlavano più da tempo quando l’uomo era stato trovato morto nella foresta, ucciso dal Lupo.
Arn era rimasto sconvolto dalle notizie. Will era sempre stato un uomo tranquillo e posato, facile al riso e affabile. Il figlio del podestà non immaginava che fosse in grado di litigare con chicchessia. Quando se ne erano andati dalla casa di Amos Arn le aveva raccontato che Will e Jean erano praticamente cresciuti insieme, come fratelli. Non sapeva che ci fossero screzi tra i due, non tanto gravi almeno da spiegare una lite come quella descritta di Amos.
Cenere aveva passato la notte a pensare e a ripensare. Per quanto ne sapeva, la morte di Lucius e dei figli di Jean dopo le liti con Will poteva essere un caso. Una coincidenza. Semplicemente, Will si era trovato nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Il Lupo si era trasformato e aveva ucciso quelle persone per pura casualità, facendo cadere i sospetti sull’uomo.
Oppure… la seconda opzione era molto più mostruosa. E se Will si fosse accorto, dopo il primo plenilunio, di essere il Lycan? Una cosa del genere non era infrequente. Se l’incantesimo era debole o effettuato in maniera non corretta, poteva succedere che il mattino il Licantropo mantenesse una memoria di quello che gli era successo. Quando capitava, spesso l’uomo sceglieva di uccidersi. Se però avesse deciso di vendicarsi, di riparare i torti subiti? Se quest’ultima, terrificante eventualità fosse stata vera, allora voleva dire che Will si era appostato vicino alle sue vittime, per essere certo di ucciderle quando si fosse trasformato. Cenere aveva i brividi solo all’idea.
Negli anni la Cacciatrice aveva imparato a pensare il peggio delle persone. Il buonismo non le era utile e, nella sua opinione, aveva ucciso più persone della spada. Però pensare che qualcuno potesse volontariamente scegliere di trasformarsi in Licantropo per ammazzare i suoi nemici… Se avesse scoperto che le cose stavano davvero così, avrebbe ucciso Will nella sua forma umana. Non avrebbe rischiato di morire per combattere un essere così spregevole dopo la trasformazione, quando la sua forza e potenza erano infinitamente maggiori.
Quando sorse il sole Cenere aveva dormito a malapena qualche ora, si sentiva la testa frastornata. Appena si addormentava vedeva il Lupo, con i suoi occhi rossi di bragia, avventarsi sul villaggio mentre lei lo fissava impotente. Decise che aveva aspettato abbastanza e scattò in piedi. Mancava un giorno al plenilunio e ancora non sapeva chi fosse il Lycan. Come prima cosa, quella mattina, avrebbe parlato con Will.
E nemmeno gli Dei lo avrebbero protetto se avesse scoperto che era lui il Lupo.  
 
▪▪▪
 
Non pensavo fosse possibile, ma oggi sto ancora peggio di ieri. Vedo lampi di luce dietro le palpebre chiuse e la testa mi fa così male che credo che mi si spezzerà in due. Per cercare di stare meglio, bevo. Non so come sia possibile, ma funziona.
Quando May arriva, ore dopo, sono ubriaco ma non ho più male. Il suo profumo mi colpisce con la forza di un maglio. Sa di rosa, di bucato e, dietro a tutto come una nota di fondo, c’è un lieve odore di sudore che ha un odore tutto suo. Non riesco a trattenermi e la annuso, a lungo, sperando che non se ne accorga.
I suoi colori sono così luminosi da farmi quasi male. Il rosso dei suoi capelli risplende di una luce particolare al calore del fuoco. Per un attimo penso che forse potrei stare con lei. Stare con lei, andarmene da Briar e dimenticare tutto quello che è successo, che sta succedendo. Poi penso ai loro corpi sepolti in una fossa al limitare del bosco e capisco che non sarà mai possibile. Non me ne andrò mai da qui.
I pensieri di ieri sono spariti. Non è pensabile che il Lupo sia io. Non potrei averli uccisi io. Sono sicuro che anche da trasformato manterrei un poco di coscienza di me. Nessun uomo uccide la propria famiglia.
May legge i miei pensieri nei miei occhi e mi dice di stare calmo. La Cacciatrice sta indagando e alcune voci dicono che abbia trovato il colpevole che, guarda caso, non sono io. Ucciderà il Lupo domani e allora questo incubo finirà.
Allora i miei malesseri torneranno a essere quello che sono: la croce di un uomo che in fondo non vuole più andare avanti.
 
▪▪▪
 
Quella mattina il sole splendeva sui tetti innevati e sulle strade bianche di Briar. Cenere e Arn camminavano verso la casa di Will. La Cacciatrice non riusciva a togliersi l’aria corrucciata dal viso e il figlio del podestà la guardava come se potesse esplodere da un momento all’altro. Continuava a pensare e a ripensare alle parole di Amos, che le rombavano in testa come i tuoni in un temporale.
– Nessuno ti parlerà se non ti togli quell’aria omicida dalla faccia – sbottò poi Arn. – Fai paura. –
– Giusto così – ringhiò Cenere, continuando a camminare. Pestava la neve come se le avesse fatto un affronto personale.
– Cosa c’è che ti turba? –
Cenere si fermò. – Cosa mi turba? – esplose, sconvolta. – Cosa mi turba?! Mi turba il fatto che un uomo potrebbe avere deliberatamente aspettato di trasformarsi in Mannaro per uccidere i suoi nemici o peggio, i loro figli. Mi turba che, nonostante sapesse di essere il Lycan, potrebbe essere restato in silenzio per continuare a fare il suo lavoro sporco. Mi turba che sia un comportamento da vigliacchi e assassini. –
Arn si ritrasse leggermente a quella sfuriata. – Va bene, ho capito il concetto. –
Cenere riprese a camminare. – Bene. –
I due stavano camminando spediti verso la casa di Will quando Arn la prese per un braccio e le indicò una donna che stava passando rapida per la strada.
Senza spiegare niente alla Cacciatrice Arn aumentò il passo. – May! May aspetta! –
La donna che si chiamava May si fermò, sorridendo mentre il figlio del podestà le si avvicinava.
– Si può sapere cosa stai facendo? – ringhiò Cenere, fermando Arn tenendolo stretto per la spalla.
Arn si divincolò e continuò a camminare. – May è un erborista. Se il Lupo sta male, può essere andato da lei – bisbigliò.
Cenere fece un lungo respiro per calmarsi e si appiccicò un sorriso falso sulla faccia. Già i suoi occhi erano abbastanza inquietanti, presentarsi anche con una faccia omicida non avrebbe giovato alle sue relazioni sociali.
May era una bella donna. Capelli rossi, viso rotondo e dolce, occhi scuri molto espressivi. Qualche lentiggine le decorava il naso. In una mano portava un cestino che, a giudicare dall’odore, era ricolmo di erbe medicinali.
– Arn, Cacciatrice. Ditemi. –
– Ultimamente è venuto da te in bottega qualcuno che stava male? – esordì Arn.
May rise. – Siamo in inverno, Arn. I raffreddori sono all’ordine del giorno. Dovrai essere un po’ più specifico se vuoi che ti aiuti. –           
– È venuto Will da te? –
L’erborista si fece sospettosa. – Sì, perché? –
Cenere si intromise. – Cosa ha preso? –
– Erbe per il mal di testa. Dice di soffrire di tremendi attacchi di emicrania, con allucinazioni visive e olfattive. E di insonnia. –
La faccia di Cenere divenne ancora più scura e May lo notò. – Perché? Ho fatto qualcosa di male? –
Arn le mise una mano sul braccio, per rassicurarla. – Tu non hai fatto niente, May. Grazie per il tuo aiuto. –
May accennò un inchino. – Sapete dove trovarmi. –
Arn e Cenere si allontanarono in fretta, lasciandosi l’erborista alle spalle. Il figlio del podestà scuoteva la testa, mentre la Cacciatrice cercava di respirare per trattenere la furia. L’erborista le aveva dato l’ultima conferma di cui aveva bisogno: Will era il Lupo. Aveva ucciso quindici persone a sangue freddo, consapevole di quello che stava facendo. Cenere sguainò un palmo di acciaio, pronta a uccidere quell’uomo spregevole.
Arn intuì le sue intenzioni e la fermò prima che potesse entrare nella casa di Will, togliendole la mano dall’elsa della spada.
– Cenere, non ucciderlo. –
Cenere lo guardò, stupita. – Credo proprio che lo farò, invece. –
– No, non è giusto. Tu non sei come lui. –
La Cacciatrice sollevò le sopracciglia, perplessa. – Uccido a pagamento, certo che sono come lui. Sono un mostro anche io. –
– Questo non è vero, e tu lo sai. –
Cenere rise. – Quello che so io non conta niente – tentò di fargli capire le sue ragioni. – Arn, ha ucciso deliberatamente quindici persone. Lo sai meglio di me che merita di morire. –
Arn annuì. – Sì, hai ragione. Ma non così. Non come un animale. Noi siamo diversi da lui. Tu sei diversa. Cenere, ti prego. Non ucciderlo. –
La Cacciatrice ricominciò a camminare, scuotendo la testa. – Ho preso la mia decisione. –
Arn non la seguì, rimanendo fermo sulla strada. – Mio padre non ti pagherà se lo farai. –
Cenere si bloccò e rise amaramente. – Oh, certo che lo farà. Mi ha chiamato per uccidere il Lupo, ricordi? Ed è quello che sto andando a fare. –
Arn la guardò serio. – Non lo farà perché io gli dirò di non farlo. E mi ascolterebbe, lo sai. –
Cenere restrinse gli occhi. – Mi stai minacciando? –
– Sì, e a quanto ho capito non puoi permettertelo. Hai bisogno di questi soldi. –
La Cacciatrice gli si avvicinò, minacciosa. Dentro aveva una tempesta e l’unica cosa che le risuonava in testa era la consapevolezza di essersi fidata per l’ennesima volta della persona sbagliata. – Non oseresti. –
Arn la fronteggiò. – Non sfidarmi. –
Cenere lo fissò negli occhi, leggendo solo una determinazione granitica. Se avesse ucciso Will a sangue freddo, non sarebbe stata pagata. E Arn l’avrebbe fatta morire di fame.
– Va bene – sibilò gelida, ferita. – Hai vinto. Ma da quando usciremo dalla casa di Will non voglio più vederti. Stammi alla larga, o nel villaggio ci sarà qualcun altro da piangere. –
Arn trattenne un brivido a quelle parole, ma sapeva che non si sarebbe potuto aspettare altro da lei. – Come preferisci – mormorò, incamminandosi per la strada innevata.
Non parlarono più fino a quando non arrivarono davanti alla porta di Will.
– Fammi un favore – ringhiò Cenere poco prima di bussare. – Vedi di tacere. Se Will si accorgerà che sappiamo di lui taglierà la corda e io non ho voglia di inseguirlo per tutta la foresta. –
Arn annuì in silenzio, sentendosi addosso gli occhi asimmetrici della Cacciatrice. Poi Cenere bussò. Colpì la porta con un po’ troppa veemenza, sentendosi infuriata e insieme tradita dal comportamento del figlio del podestà. Non credeva che fossero diventati amici ma le era sembrato che ci fosse una sorta di sintonia tra loro. Evidentemente si era sbagliata. Mai una consapevolezza le era pesata così tanto.
 
▪▪▪
 
Parlare con Will le aveva lasciato una strana sensazione. Si era dovuta trattenere mentre gli faceva le domande di rito, cercando di sembrare il più affabile possibile. Le prudevano le mani e quando pensava a quello che le aveva detto Arn la voglia che aveva di distruggere qualcosa aumentava vertiginosamente.
L’uomo le aveva aperto la porta con la camicia sbottonata, una bottiglia in mano e ondeggiando lievemente. Aveva gli occhi annebbiati tipici di chi ha bevuto troppo, ma anche così aveva mantenuto abbastanza autocontrollo da non farla entrare. Forse non voleva una sporca Haris all’interno della sua casa da Lupo Mannaro. Se avesse potuto, Cenere gli avrebbe spaccato la bottiglia in testa.
L’uomo aveva risposto alle sue domande in maniera confusa e la Cacciatrice non era riuscito a capire se fosse dovuto all’alcol o alla sua scarsa capacità di mentire. Dai suoi discorsi sconclusionati aveva capito che non era mai uscito di casa nelle notti di plenilunio, che non era andato dall’erborista per malesseri improvvisi, che aveva litigato con Jean per una questione di denaro. L’amico gli aveva già prestato dei soldi per ripagare un debito, ma a Will ne servivano degli altri.
Dalle voci che giravano in città era lo stesso motivo per cui aveva litigato con il padre: Will aveva preso il vizio di giocare d’azzardo e continuava a perdere, indebitandosi sempre di più. Le case di gioco di Lud non erano solite andare incontro alle necessità dei loro debitori. Le opzioni erano due: i soldi o la morte. Da quanto Cenere aveva capito, Will era più vicino alla tomba che al ripagare il suo debito.
Non che la cosa la turbasse più di tanto.
Dopo essersi liberata di Arn, osservando la sua figura un po’ ingobbita allontanarsi sulla strada, aveva deciso che, più per amor di completezza che perché le servivano altre prove, avrebbe parlato con Luke Anderson. Il Lupo gli aveva portato via moglie e figlio e, a quanto si diceva, si era lasciato sprofondare nella depressione. Non lavorava più, non usciva più di casa. Aspettava solo di morire.
Cenere arrivò fino alla casa degli Anderson, trovandola buia e come spenta. Davanti alla porta di casa c’era un cavallino a dondolo intagliato nel legno. Suo malgrado la Cacciatrice sorrise, sentendo dissiparsi la rabbia e la tristezza che aveva provato fino a quel momento.
Bussò delicatamente alla porta, aspettando sotto il piccolo portico che Luke Anderson andasse ad aprirle.
– Cacciatrice? –
Luke era alto e aveva lunghi capelli biondi, sporchi e legati in un codino storto. Si stava stropicciando un occhio con un pugno come se si fosse appena svegliato. Le spalle erano ampie ma ingobbite, come se portassero tutto il peso del mondo.
– Vorrei parlarti di alcune cose. –
L’uomo si fece da parte, facendole segno di entrare. Cenere gli passò vicino, stupita da quella tranquillità nei suoi confronti. Puzzava di sudore, di alcol scadente e di disperazione.
Le fece strada e la portò in un salotto che in un altro momento doveva essere stato caldo e accogliente. Ora sembrava solo desolato, triste come se avesse perso l’anima. Sul pavimento c’era ancora qualche gioco da bambino.
– Perdona il disordine, non ho molta voglia di mettere a posto – disse Luke buttandosi su una sedia.
Cenere lo imitò. – Nessun problema. Volevo sapere dov’eri quando… – non sapeva come dirlo senza urtare la sua sensibilità.
– Quando sono morti? – Luke si appoggiò pesantemente al tavolo. – Ero qui, a casa. –
Cenere corrugò le sopracciglia. – E li hai fatti uscire? Sapendo che c’era un Lupo Mannaro? – Sapeva di essere dura ma aveva bisogno di sapere cosa fosse successo.
Il boscaiolo fece una smorfia e il suo viso sembrò tremolare. – Capitava spesso che Jake piangesse e Mary andasse a prenderlo in braccio, per farlo addormentare e calmarlo. Io lavoravo tutto il giorno, molto spesso non mi accorgevo di nulla. A volte usciva sul portico per non svegliarmi. Deve averlo fatto anche quella notte. –
Cenere annuì. – Mi dispiace. –
– Anche a me. Se mi fossi svegliato, se mi fossi accorto di qualcosa, sarebbero ancora vivi. Che razza di uomo è quello che non difende la propria famiglia? –
Cenere tacque, osservando la disperazione e il dolore di quell’uomo. Poi Luke si prese la testa tra le mani.
– Promettimi una cosa, Cacciatrice. Promettimi che lo ucciderai. Un abominio del genere non deve rimanere a lungo nel mondo. –
Cenere annuì. – Te lo prometto. Fosse l’ultima cosa che farò. –
Luke aveva gli occhi lucidi quando rialzò la testa. – Grazie. Ora, se non ti dispiace, vorrei rimanere solo. –
Cenere annuì e si alzò, dirigendosi vero la porta. Lasciò Luke dietro di sé, seduto sulla sedia con la testa sul tavolo, il busto scosso da singhiozzi.
 
▪▪▪
 
Quella sera Cenere aveva cenato con tutta la famiglia del podestà e parlare con Galata aveva allontanato la sensazione di malessere che le era rimasta da quando aveva lasciato Luke Anderson nel suo dolore. Quello e il tradimento di Arn l’avevano affranta più di quanto potesse essere considerato normale. Almeno il figlio del podestà aveva avuto la decenza di assentarsi, lasciandola cenare serenamente.
Sia Blackfriar che Bandicus avevano delle facce tirate. Si vedeva che erano preoccupati per il plenilunio imminente. E, anche se non voleva darlo troppo a vedere, anche Cenere lo era.
Dopo la cena Galata si ritirò, lasciandola parlare con il podestà e suo fratello in privato. Avevano delle cose da discutere prima della luna piena.
– Abbiamo parlato di quello che ci hai detto il primo giorno – esordì Bandicus. Tra le mani aveva un boccale pieno di un denso liquore scuro. – Abbiamo preso una decisione. –
I due fratelli guardavano Cenere seri.
– Devi ucciderlo domani. Non possiamo permetterci di aspettare altro tempo. Ha ucciso troppe persone, il villaggio vuole la sua testa. –
Cenere si avvicinò al fuoco per scaldarsi. – Non potreste trovarmi più d’accordo ma… siete sicuri? È uno del vostro villaggio. –
– Hai qualche sospetto? – chiese Blackfriar.
– Qualcuno, sì. Ma preferirei non dirvi nulla. Mi piacerebbe evitare un linciaggio se la notizia dovesse trapelare in qualche modo. –
Bandicus si mise più comodo sulla sedia. – Capisco – guardò il fratello. – Noi cosa dobbiamo fare? –
Cenere guardò le fiamme lambire i ciocchi di legno. L’odore secco e pulito del fuoco riempiva la stanza.
– Dovete chiudervi in casa e non uscire, per nessun motivo. Non voglio dovermi preoccupare anche di salvare qualche idiota che ha deciso di suicidarsi. –
– E se capitasse come con i Lancer? –
Cenere scosse la testa. – Non succederà. So che ci sono delle miniere di zolfo nelle vicinanze. Andate a prenderlo e cospargetelo lungo il perimetro delle vostre case, terrà lontano il Lupo. Fate in modo di tenere sempre il camino acceso e dormiteci vicino, con le armi pronte. I Mannari hanno paura del fuoco. –
Blackfriar guardò il fratello. – Lo zolfo posso prenderlo io. In giornata ce la dovrei fare. –
Bandicus annuì. – Io avviserò il villaggio. Non uscirà nessuno, te lo garantisco. Ma tu cosa farai? – chiese guardando la Cacciatrice.
Cenere deglutì, improvvisamente consapevole delle due paia di occhi che la guardavano. Stavano riponendo in lei tutta la loro fiducia, le loro vite. Dentro di lei sentiva agitarsi un tentacolo di paura che a ogni istante minacciava di afferrarla. Si costrinse a ignorarlo.
– Io aspetterò il sorgere della luna. Poi cercherò di trascinare il Lupo verso la foresta e lo ucciderò. –
Blackfriar spalancò gli occhi. – Farai da esca. –
Cenere annuì. – È l’unico modo che ho. Non posso rischiare che distrugga qualche casa qui nel villaggio. –
Il podestà e il fratello tacquero, nel tentativo di metabolizzare quelle notizie. In due giorni, nel bene e nel male, tutta quella questione sarebbe finita.   
– Ancora una cosa – aggiunse ancora Cenere, fissando Bandicus. –  Se non dovessi più tornare... –
– Ma tu tornerai – si intromise Blackfriar.
Cenere lo ignorò. – Se non dovessi più tornare, dì questo alla tua gente: cercate chi al mattino sarà ferito di fresco. Trovatelo e avrete trovato il vostro Lupo. Se succederà non dategli la possibilità di ritrasformarsi. Vi ucciderebbe tutti. –
I due fratelli annuirono seri e Cenere tornò a guardare le fiamme, godendosi il calore del fuoco sul viso. Non sapeva se l’avrebbe mai sentito di nuovo.
 
▪▪▪
 
È stata una giornata infernale. Provo un dolore che non mi sembra di aver mai provato prima, come se qualcosa volesse spaccarmi il cranio dall’interno. Anche il minimo tocco mi causa sofferenza. Mi sono alzato dal letto solo per brevi momenti e sono rimasto in uno stato di dormiveglia quasi costante. Non ho mai dormito, non ce l’ho fatta. Ora si è aggiunta una strana sensazione di fastidio per la luce del sole. Spero che sia collegata con il mal di testo e spero che domani svanirà.
May è di nuovo venuta da me e mi ha portato degli infusi che mi hanno fatto stare meglio, anche se per poco. Lei dice che sono erbe che si usano per alleviare i sintomi delle normali influenze e solo gli Dei sanno quanto voglio crederle. Il fatto che io mi senta meglio quando li prendo non fa altro che farmi pensare che ha ragione lei.
Ho sempre più paura. Non so perché non ho detto nulla alla Simblantë, ma tanto non cambierà nulla. Domani tutto questo finirà, in un modo o nell’altro. In un certo senso sono sollevato: questa mia ignoranza finirà e capirò cosa mi sta succedendo.
Capirò che tipo di uomo sono diventato.

 

ANGOLO DELL'AUTRICE
Siamo quasi alla fine della storia, questo è infatti il penultimo capitolo. Grazie a chi è arrivato fin qui e, soprattutto, un grazie particolare a chi ha recensito questa storia o l'ha messa tra le seguite. Fa sempre super piacere ^^
Spero di aver trattato bene i vari POV e, soprattutto, di aver reso bene il litigio tra Arn e Cenere. Non è stato molto facile, considerato che quei due insieme mi piacciono molto e vorrei che andassero sempre d'amore e d'accordo. Mi è spiaciuto infinitamente ma sono persone troppo diverse, con due vissuti talmente differenti da avere due visioni del mondo totalmente differenti. Però... non so, magari ci sarà qualche sorpresa in futuro.
Ci vediamo per il prossimo capitolo e per la conclusione della storia!
Lunghi giorni e piacevoli notti,

Lya

 
   
 
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