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Autore: queenjane    13/10/2017    1 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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 “Ma un vestito da donna te lo rivedrò mai addosso?”
“Prima o poi ..Comodità, sto meglio in pantaloni”  Mi misi la cintura intorno alla vita, definirmi sottile era un eufemismo, allacciando la giacca, misi la pistola dentro la fondina, risposi leggera, scherzosa, come una mandorla salata, dolce e amara insieme.
Scrollò la testa, sconsolato “Sei un maschio mancato” Andres con R-R a compiere un giro ispettivo, per una volta sarebbe stato un piacere averlo tra i piedi, se non altro per arginare momentaneamente il bambino, sarebbe tornato solo in giornata, quando attaccava a essere così petulante aveva qualcosa. E se  Andres mi gradiva, in pantaloni o meno, buon per noi.
“Forse.. Vuoi fare colazione qui o ti riporto subito?”
“Posso rimanere con te anche oggi..”Poi” Lo fai apposta per farmi mangiare.”
“Anche, a supplicarti è estenuante e non risolvo nulla. È uno scambio, no?”
“Un ricatto..”in un dato senso, aveva ragione.
“Vedila come vuoi” Con quel sistema ero riuscita a fargli mettere su un paio di chili,  risultato non indifferente, salvo che ogni tanto aveva degli attacchi di pura golosità Poi mi rivenne in mente la volta del vaso, tanto per essere in tema con i discorsi del giorno avanti “Alessio, non ho voglia di discutere.. né di farti arrabbiare, per questo. Mangerai se e quando avrai fame.. si cambia regola, ti va bene”
“Va bene” E mi provocava fino a vedere dove poteva spingersi,  il limite oltre cui sarei esplosa e tracimata.“Dove sta l’inganno? Come per le medicine o l’olio di ricino Per il mio bene..certo” amaro. Adulto e spiazzante, il cipiglio delle sue iridi, azzurre, a volte succedeva, pareva davvero un ragazzo di 20 anni, maturo e lucido“Dite … va bene, anche se non ne ho bisogno, e mi tocca prenderle uguale, le medicine, anche se non voglio, non mi servono, succede, sai. Il trucco c’è sempre. Come con te, ora ci sei, e tanto sparirai. E al diavolo se ti voglio bene”
“Nessuno. Non con me, di trucchi, e ti voglio bene Aleksey.. Perché...” Era pallido e sudato, ebbi il secondo metaforico campanello di allarme. Anzi, suonava  uno stormo intero di campane, a martello, mi interruppi“ Che succede, Aleksey..? ”
“ Ho il braccio gonfio” gli tremavano le labbra.
Soffocai un grido di puro orrore. Era una ematoma spontaneo, evento che ogni tanto capitava e riguardava gli arti. Non aveva preso colpi, non si era stancato troppo, non lo avevo portato a cavallo, non lo avevo fatto sparare..perché? Era la malattia, la sua imprevedibilità
“Mettiti sul divano per favore, fermo, lo sai. Devo avvisare tuo padre, il medico” cercando di stare calma, di non sbattere la testa al muro.
“Devo avvisare.. Abbi pazienza qualche minuto, non sarai da solo per molto..”
“ Ma voglio te.. “ una piccola,reciproca pausa. Poi  dissi” Mi prometti di stare calmo, di non alzarti e non muoverti? Rimani sollevato, con il braccio in alto.”
“Sì..”.
“Ottimo, tesoro mio, solo pochi minuti” Già tesa, in partenza, verso lo scatto, tranne che non avevamo finito. Gli sfiorai il ginocchio, bambino mio..  “ E preferisco non spostarti per maggiore tranquillità.. Sarei capacissima di inciampare e buttarti per terra per la fretta..”
“Non mi lasciare, ti prego, per favore, non sparire.. Come sempre, Catherine. Ho bisogno di te, mi fai sentire sicuro”
Omisi di rispondere, mi limitai a una carezza, sussurrando “Aleksey.. ora ti lascio, perché devo.. quando è così servono i medici, non IO” E sentii il suo pianto sconsolato fin dalla porta chiusa, mi allontanai a lunghe e rapide falcate, le mani vuote, fosse stato utile sarei rimasta con lui e se piangeva era peggio. “Aleksey, torno presto .. prestissimo, solo che devo avvisare. Per favore, smetti .. cinque minuti, ti visitano e poi vediamo”  “CI vediamo..” “Se non ti calmi non penso proprio, che mi prenderò la colpa e non mi vedrai più, fidati” odiandomi mentre lo dicevo Scattò, indignato “Muoviti. Subito.” E mi ero staccata con violenza, dalle sue braccia
E non si mosse, rimase immobile, senza fallo, mi ero trattenuta dal tornare indietro e stringerlo, per non perdere tempo, serviva un medico e lo zar, nell’immediato, non io.
Lui prometteva, manteneva tutto, io non ascoltavo e non badavo nemmeno alle piccole cose.
“Guarda che non è colpa tua o altro, è una cosa spontanea, si riassorbirà in fretta, basta che stia a letto tre, quattro giorni” enunciò lo zar dopo che il medico di corte lo aveva visitato e mi stava togliendo una cappa di piombo dal torace.  Ed ero inciampata per la fretta, sbattendo mani, gomito e ginocchia, ero macchiata di fango ed erba, dei tagli sui palmi, ero ruzzolata come una cretina,  così di fretta che manco guardavo dove mettevo i piedi. Almeno in quello ero stata saggia a non spostarlo, tralasciando che avrebbe destato maggior attenzione una persona che correva con un bambino in braccio.. Sballottarlo non era mai un buon affare.
“ Poteva succedere in ogni momento e.. Te lo detto subito”
“Io.. capisco se..ho finito. Con lo zarevic” Ho fallito. La fiducia non la meritavo.. “Solo permettetemi di salutarlo, per lui, non per me”
“NO. Non è colpa tua, anzi.. con te Alessio sta bene, si sente al sicuro, è tranquillo, anche se ti sfianca con la sua curiosità,  e Dio sa quanto ne ha bisogno. Fidati, di lui e di te. Ora è grande, se ha una emorragia spontanea se ne accorge, non fosse altro che per il dolore, il gonfiore, e non dice una sillaba, non vuole essere trattato da malato. A te lo ha detto. Vai da lui
“Mi date una grande responsabilità.. Io non so se ci riuscirò. Non so come fare”
“Trattalo come Alessio non come un piccolo bambino emofiliaco, come fa zarina.. come spesso faccio io, tu vedi come è, non lo compatisci, non ti  maledici per avergli passato il morbo, viziandolo a prescindere“E non era nemmeno colpa sua, io sarei impazzita nel corso di quegli anni, avevo avuto due aborti, un dolore infinito, un figlio così malato era un purgatorio in terra, “ E ormai è andata. Per le coperture non ti preoccupare, ci penso io, i marinai uno e due sono in licenza, Botkin non dirà una parola.. Riuscire riuscirai, ricordati di quando si è sentito male per il raffreddore, di come sei stata lì.  Hai combattuto in più di una decina di ingaggi e non sei mai arretrata.”
“Allora era per me stessa, non era coinvolto nessuno che amavo.. Vado, se mi accordate il permesso”
“Vola”
“…”
Era nella mia stanza, triste e rassegnato, pensava di ritornar al punto di partenza, al palazzo di Alessandro, ove era curato, vezzeggiato, prigioniero, pur con tutte le migliori intenzioni. E credeva che mi avrebbero dato la colpa, grazie alle parole pronunciate in fretta per calmarlo, invece.. sollevò la testa, confuso, poteva essere una proiezione di fantasia che fossi lì, tese il braccio destro, quello sano per stringermi.”Cat..sei qui. Sei venuta a salutarmi, vero e poi vai via? Grazie per essere passata, ti hanno messo in punizione.. Spero di no”malinconico, ineludibile. Decideva l’emofilia, non lui, piangeva per quello, credo.
“Non ti lascio, resto, finchè lo vuoi TU, zarevic”Un sussurro affettuoso, gli posai le falangi sulla nuca, possessiva, sa Dio che quello che avevo sofferto, ma valeva la pena, se serviva a rassicurarlo, tanto che trasse   un sospiro di sollievo. “E non mi lasci, ti voglio, puoi per favore “  e non era un capriccio, ma la disperazione.
Lo strinsi, muta, tranne che un poderoso no non articolavo, insieme eravamo due grandi chiacchieroni. E gli dovevo una spiegazione “ Certo, non sparisco, zarevic, anche io ho bisogno di stare con te” niente illusioni o prese in giro.  E solo il diavolo sapeva perché mi amasse, volesse e preferisse in quel modo. Quando era piccolo lo avevo stretto, cullato e amato, inventato mille distrazioni per i limiti dell’emofilia, e tanto non mi tornava. Ho bisogno di te.. quale era il motivo.. “Perché?”
“Perché mi rendi migliore.. “
“Bell’affare, ci fai. Proprio. Sono viziato, petulante e ansioso..”almeno sapeva riconoscere di avere qualche difetto.
“E una meraviglia, la mia. E ora basta, vediamo che organizzare..” una pausa “Aleksej.. tesoro, quanto ti metti, sei .. improponibile, ecco, ma le tue qualità superano i difetti, quindi..  E mi ci sono messa pure io nell’impresa di dartele vinte, sempre“rise e mi tirò un colpo sul costato “Eccoci..” “Già..” “Catherine..  mi mettono il pannolino, in questi casi, mi spiace” “Farò io.. permetti, il diploma di infermiera lo ho, quindi..quando eri piccolo qualche volta ti ho pure cambiato,  figurati” Si mise a ridere, era inutile mortificarlo, era malato, non era colpa sua “Accomodati, tutto tuo, citando Olga” “Tutto mio sì..”strofinai il viso contro il suo collo, affettuosa, come lui, poi presi il pannolone e glielo misi, cercando di essere rapida e delicata, non era certo il primo o l’ultimo che gli avrei messo. E lo strinsi, attimo per attimo, le mie braccia come un  baluardo.
 Aveva un  ematoma spontaneo al braccio sinistro,  del ghiaccio per far defluire il gonfiore, dietro la schiena una barca di cuscini, sarebbe passata presto se non subentrava qualche complicazione.
Ogni quarto circa d’ora si agitava, spasmi intermittenti, il sangue defluiva rapido e cercava di non lamentarsi.
Fu una giornata campale, rimasi con lui quasi tutto il tempo, cercando di inventare qualcosa per distrarlo.
A fargli compagnia, asciugandogli la fronte sudata, stringendolo dal lato destro quando gli spasmi lo facevano drizzare, in fondo se gli veniva un accidente gli avevo promesso che sarei stata con lui .
Avevo fatto il corso da infermiera, in teoria, nella pratica cercai un minimo di distacco, per entrambi.
“Sei sudata intinta..”
“E’ giugno, fa caldo. Vuoi bere un poca d’acqua?”Mi ero tolta la giacca, rovesciato le maniche ed ero accaldata. E mi fidavo, le mie cicatrici sulle braccia le avrebbe viste solo Olga, prima Andres e basta.
“Sì. “Un momento di pausa, una pendola battè le due pomeridiane, Botkin era passato a visitarlo un altro paio di volte, enunciando che il decorso sarebbe stato abbastanza rapido.
Lo zar si era affacciato, trattenendosi qualche minuto con suo figlio, mentre io avevo mangiato qualcosa in piedi .
Bevve qualche sorso dal bicchiere con la cannuccia, la testa contro il mio gomito, gli tamponai il sudore, io volevo essere amata, e l’amore, amare qualcuno  era quello ? Certo che sì. Gli cambiai la casacca sudata, sorridendo, ne abbiamo passate tante insieme, Alessio, passiamo pure questa, va bene, sorrise annuendo, mi strinse la mano destra, non mi lasciare, una muta frase.. congiunsi i palmi, lo serrai contro la spalla.  Ho una paura folle, e so che percepisci i fatti, non le parole, che ti voglio bene. Te ne ho sempre voluto, chiariamo, solo ora mi permetto di amarti in pieno. Con limiti e gesti, perdonami il risultato troppo vago.
“Non sei sparita”
“Basta. E scusami, era il solo sistema che mi venisse in mente per calmarti.  E voglio stare con te,  ora finiamola. Sai cosa.. vorrei vederti giocare a pallone, magari con Andres, mi ha detto che sei velocissimo, agile, a nuotare so già, quando vuole ha una grande pazienza, vero ”
“Sì.. mi ha anche insegnato a tirare di boxe, pensa te..”una pausa “Catherine..del trucco.. So che mi vuoi bene..e..”
“E tu ne vuoi a me..lo so, in questo nessun trucco, Zarevic”
“Scusami..”
“No, stai tranquillo..forse ho capito.. Non ti lascerò più volontariamente, senza un saluto, cercherò di perdere il vizio di sparire”gli posai il mento sui capelli, lo strinsi mentre si inarcava per gli spasimi di dolore.
“Che hai fatto a gomito e ginocchia?”indicando i graffi e le macchie d’erba.
“ E alle mani.. ero così di fretta che sono inciampata e caduta” fortuna fu che si mise a ridere della mia volata, immaginandomi stile sacco di patate. Lo baciai sulla fronte, le guance e le spalle scavate,il mio Aleksey. Mio e basta.
 (  “Questa è da comiche..”
“Cosa Andres.” Mi aveva passato le mani sulla schiena contratta, ci eravamo stretti stanchi, un momento di conforto.
“Ha sentito la zarina e ha omesso di dire della crisi..” Ci arrivai al volo.
“Ah.. capisco la comica. Il suo Rasputin dice che può fiutare le crisi a distanza, invece nulla. Un ben strana coincidenza.. Speriamo che se lo tolga dai piedi” In spagnolo, pianissimo. Respirando il profumo  della sua pelle“Che si decida. “ che Alix e il siberiano fossero amanti, la favola più nota, era ben falsa, ma il suo ascendente, gli intrighi con la Vyribova e una corte di corrotti e corruttori, erano tristemente famosi, disonorava il trono e ledeva la fiducia della gente nello Zar. E, insieme, dato che nessuna medicina umana poteva guarire Alessio, si appellava a mistici e santoni.. Che confusione. “Pare che  poi Rasputin ci abbia marciato, che si sia messo a studiare ipnosi e che i cialtroni appiopino porzioni..”
“Non ci sono prove, Fuentes. Prove reali, intendo. Ora, oltre che aiutante informale di R-R, lo sei anche dello Zar?” uno stanco cenno, si era ritrovato coinvolto anche in quello, cercando di mantenersi defilato, cauto, per evitare chiacchiere e maldicenze.  “A dopo. Rimango io con lo zarevic, inutile agitarlo..”
“ E poi ti chiedi perché ti vuole sempre..”)
Tornai all’acqua, bevve. “Cat. Mi racconti della Spagna..”
La crisi gli era venuta nello spartano alloggio che dividevamo io  e Andres, non lo spostammo, ma lo spazio era ridotto. “Qui abbiamo un problema”mi disse lo zar.”Vuole stare con te, ma se non ti sdrai stramazzi. E ti vuole nella stessa stanza.” Vedi quali livelli hai raggiunto?, pareva sottintendere, che inventare.  
“Abbiamo una brandina, la apro e la metto nella stanza, con un paravento” Aprii i palmi per prevenire proteste. “Per dare il cambio e avere un minimo di privacy”
“ Brava”
Mi stesi  verso mezzanotte,lo avevo cambiato un paio d’ore prima, dopo che il medico era passato, tutto tranquillo, considerato il tutto, sprofondando volontariamente in  un dormiveglia di piombo, vestita, un leggero lenzuolo di lino, c’era lo zar, verso le due gli diede il cambio Andres, si voleva evitare che la notizia venisse fuori, pochi e fidati intimi, lui mi svegliò verso le cinque, per andare a stramazzare di là.
“Ciao, ti è riuscito a dormire un poco?”Un filo di voce.
“Dormiveglia, ma ero lì. “ Gli presi la mano destra, l’accostai al viso. Lui aveva un aspetto orribile, con le occhiaie, pure il gonfiore era scemato, a occhio e croce, si era riassorbito velocemente.
“ Va bene. La maggior parte della fatica la fai tu..”
“Volentieri e non piangere, se non voglio una cosa non la faccio, intesi.. quando starò poco bene, mi curerai tu, e non sbuffare, Alessio, se prendo una storta e che, mi puoi leggere qualcosa o portarmi dell’acqua.. e farmi scappare la pazienza, non piangere, per me, il dolore va bene, ma non devi piangere per me, che invece di vegliare ho dormito, se avevi bisogno di me ero a poca distanza..Aleksej, tesoro, cerco di fare meglio che posso, devi avere pazienza con me..  ” e poi mille scemenze affettuose per distrarlo, intanto con una bacinella e una spugna lo aiutavo a lavarsi,  adagiandolo sulla branda, parlando a getto continuo, almeno per quello lo  sapevo gestire,   e poi..”Ho fame..”
“Sentiamo che dice Botkin”
“Come, mi vuoi fare mangiare anche se non voglio e ora che ho fame mi tieni digiuno, la risconti, credimi” Ironizzò.
Giornate campali, osservo ora, ma lo adoravo e viceversa. Aveva fiducia in me, mi voleva, tranne che non ero medico, più dell’acqua non mi sarei azzardata a dare, e  mi presi un rimprovero senza fine. Come, vuole mangiare e lo tenete digiuno..Anche. che ne so che può mangiare senza affanni..  Se gli viene un attacco di tosse e il boccone gli resta in trachea non voglio responsabilità (come se già non ne avessi). Lui è il vostro bambino, fine, dissero,
Alla fine dei salmi  si fece imboccare, giusto per sfottermi, farmela riscontare, ecco, latte e biscotti sciolti, uguale per merenda e spuntino, a pranzo una passata di verdure, che la mano destra non era lesa e tanto era.
Viziato, impossibile, amato e amatissimo.
“Quel soggetto nulla ha previsto” Rasputin indovinai.  Nessuna comunicazione.
“Sst, Andres” Lo ammonii, bassa la voce “Si è addormentato ora”  mi chinai verso il suo viso addormentato, come una madre, realizzo, ora. “ E’ stanco, ha passato giornatacce. “Mi incuneai sul fianco, cingendolo senza sfiorare il braccio sinistro, sussurrando che era tutto a posto, stai tranquillo, Alessio,  non ti lascio. Lo avevo nutrito, cambiato, stretto, consolato, era il mio bambino ora ed allora.
“Certo, e potrei avergli dato un sonnifero o che per calmarlo” E mi sarei fatta frustrare .. Come no. Lo tenevo calmo standogli vicina, un’ora in fila all’altra, cercando di non essere cattiva, non illuderlo o prenderlo in giro.
“Non dire scemenze, lo adori” Tacqui, senza replica, me lo accostai sul seno, baciandolo sulla fronte, le guance, abbracciandolo senza premere .
“Puoi barare su tutto, mai sui tuoi fratelli”come una constatazione, un’ovvietà. In spagnolo, per non farci intendere.
“Hai capito?” Un soffio.
“Ho capito” Madri diverse, figli di uno stesso padre.  Nonostante titoli o rango. “Sei come la rocca di Ahumada, una fortezza, tutti proteggi ma te..”
“Mi proteggi te, Andres”  Mi tirai in piedi, gli diedi un bacio sulle labbra. “E lui, a modo suo. Fisicamente è fragile , dentro è già un vero imperatore” Il mio aggiunsi dentro di me, che mi aveva salvato dal buio mille volte.
“Ti proteggi da sola, ed è un segreto che non dirò, non diremo” Poi “ Una sera potrei avere l’onore di cenare con te, da solo?” Annuii, che sorpresa mi andava preparando, come se non immaginassi. Forse.
Ebbi l’impressione che Aleksej avesse scorto il nostro bacio, in genere badavo a non scambiare tenerezze con lui presente. Per prudenza e pudore.. tranne che dormiva, giusto, glissando che me lo aveva pur detto che sapeva fingere molto bene. “Io vado di là stacci tu un pochino” 
   
 
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