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Autore: Heronrey    17/10/2017    2 recensioni
“Meriti il meglio.”
Questo è ciò che ripetono a Veronica da quando non era altro che una bambina.
Alunna modello, bella e benestante.
L’unico difetto è magari quello di essere quasi sempre in ritardo, tranne a scuola dove si salva sempre per il rotto della cuffia.
Certo, l’unico difetto se si toglie anche il suo essere leggermente lunatica e forse la sua aria da altezzosa, che infastidisce chi magari non la conosce.
A diciassette anni arriva quindi a domandarsi, può esistere “il meglio” anche in amore?
L’amore che per definizione si distanzia il più possibile da ciò che è razionale, ma ti porta al compimento di gesti dettati dalla passione e dall’istintività.
E se non incontri un ragazzo che la vita te la completa, ma te la stravolge... può essere considerato questo il meglio?
Beh, forse...Non è sbagliato se ti rende felice.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Si era voltato, e non si era limitato solo a quello.

Probabilmente, dal modo in cui mi stava guardando, si era accorto di me già in lontananza e una vocina maligna mi stava sussurrando all’orecchio che l’aveva fatto a posta ad avvicinarsi, un pretesto era solo ciò che gli serviva.

Mi stava riservando un sorriso da cui trapelava una malizia evidente, fin troppa.

Dani, dopo essersi voltata con la sua solita “discrezione”, aveva richiamato la mia attenzione su di lei tirandomi per un braccio con la bocca socchiusa dallo stupore.

-Ao!- esclamò, continuando convulsamente a tirarmi per un braccio, probabilmente sotto shock, non avendo mai visto un ragazzo bello da non sembrare vero provarci con una sua amica.

-Quello ti si vuole proprio fare di brutto!-

Terminò la frase, colma di eccitazione.

-Ma non dire ‘ste stronzate!-  

Fu la mia acida risposta.

Mai e poi mai.

Forse.

Non ero capace ad essere coerente neanche con me stessa, davvero molto limitata.

Nel frattempo Giuliani si era sporto verso il barman, riferendogli qualcosa che  non sarei mai riuscita a percepire dalla posizione in cui mi trovavo.

Il barista annuì in direzione del ragazzo, mentre quest’ultimo probabilmente dopo averlo ringraziato si era dileguato in mezzo alla folla, senza degnarmi neanche di un ultimo sguardo.

Una punta di delusio... di qualcosa mi solleticò lo stomaco, che all’improvviso sembrava essersi ristretto.

Non significava assolutamente niente.

-Ecco, guarda.-invitai con nonchalance Daniela a rendersi conto da sola di ciò che era successo, prendendo a mordicchiare nervosamente la cannuccia del mio drink che ormai consisteva solamente in ghiaccio sciolto.

Dani diede un’occhiata in giro osservando bene la zona in cui precedentemente vi era il biondo.

Quando si voltò di nuovo verso di me aveva un’espressione perplessa stampata in faccia, come se qualcosa non le stesse tornado.

Di solito lei non si sbagliava mai su queste cose, possedeva una sorta di sesto senso quando doveva intuire l’interesse degli altri per o in qualcosa.

Diceva bastasse un secondo per leggere gli occhi di una persona, l’unica parte del corpo umano in cui venivano esplicitati i pensieri più profondi di un individuo, poteva essere un secondo come minuti interi.

Si poteva cogliere anche solo da un lampo  nello sguardo o da una minima sfumatura, bisognava essere bravi a ad afferrarla nell’attimo giusto e possedere la capacità di saper “leggere fra le righe”.

Dono mistico, già.

Pensai, roteando gli occhi.

Eppure la mia amica  avrebbe giurato che nello sguardo del ragazzo misterioso ci fosse curiosità e interesse.

Poteva anche essersi sbagliata, ma lo stesso sesto senso le suggeriva che non fosse così.

D’altronde però c’era una prima volta per tutti.

-Strano...peggio per lui comunque.-

Dani si strinse nelle spalle e, probabilmente con l’intenzione di cambiare argomento, decise di proporre un’idea stuzzicante.

-Ti va di andare a ballare un po’ ?- 

Chiese speranzosa di ricevere una risposta affermativa.

Stavo per aprire bocca quando lo stesso barman che aveva servito Giuliani poco prima ci si avvicinò ,lasciandomi sul bancone un bicchiere di cristallo splendente contenente un liquido molto somigliante  a ciò che poteva essere definito prosecco.

Si trattava probabilmente di uno sbaglio, dato che sia io che Daniela non avevamo ordinato niente di simile.

-Scusa!-

Urlai, sporgendomi verso il ragazzo dietro il bancone per richiamare la sua attenzione.

Lui si girò con un’espressione corrugata stampata in volto.

-Non è nostro, mi sa che ti sei sbagliato.-

Lo informai, in tono cortese.

Il barista si schiaffò una mano sulla fronte, dandosi del cretino.

Quando si riavvicinò, sia io che Dani pensavamo che fosse venuto a riprendersi  l’ordinazione, e invece accanto al bicchiere aggiunse un bigliettino bianco e semplice.

-Ti è stato offerto, la bottiglia la puoi venire a prendere quando vuoi.-

Specificò il ragazzo.

Bottiglia? Addirittura!

La prima cosa che feci fu incrociare lo sguardo di Daniela che, a differenza del mio colmo di stupore, trapelava soddisfazione. La mi amica non si riservò neanche dal dedicarmi  un’occhiata che lasciava intendere che la sapesse lunga.

-Beh, leggi ‘sto biglietto che aspetti.- 

Emozionata, presi quel pezzettino di carta fra le mani e lessi ad alta voce ciò che vi era stato scritto.

-Ero in debito con te.- 

Daniela applaudì come una bimba impazzita, probabilmente neanche avendo concepito il perché di quella frase non essendo al corrente della storia.

Rimasi letteralmente di stucco.

Le parole erano uscite fuori dalla mia bocca, arrivando alle mie orecchie solo in un secondo momento nel quale compresi il vero senso di quest ultime.

Daniela mi diede una spinta amichevole sulla spalla.

-Lo vedi che avevo ragione! Punta sull’alcol il tipo...vuole proprio farti allora, senza alcun dubbio.-

Tintinnò la testa con fare soddisfatto.

Ero scioccata, mi aveva fatto davvero piacere e dovevo ammetterlo.

Un sorrisetto scampò al mio controllo e fu troppo tardi per nasconderlo all’occhio aquilino della mia amica.

-Beccata!- esclamò,sgranando gli occhi.

Dopo averle rifilato un’occhiattaccia(no,non mi piaceva essere colta in fallo), le intimai di smetterla di fare la bambina.

In tutta risposta iniziò a torturami canticchiando un qualcosa che ricordava molto “Veronica è innamorata” e gne gne gne.

All’improvviso Daniela bloccò la sua stupida cantilena e fissò un punto preciso dietro le mie spalle.

-Che c’è ?- 

Le chiesi, troppo presa da me per tornare con i piedi per terra.

-Ciao.-

Una voce profonda mi fece voltare e mi trovai faccia a faccia con il celeberrimo Michele Giuliani.

Leggenda per la sua bellezza che ricordava molto un modello di Calvin Klein, leggenda per la sua stronzaggine e (new entry) leggenda per il suo romanticismo (?).

-Ciao...- mi trovai quasi a sussurrare, a corto di fiato.

Ero proprio una grandissima ipocrita, non c’è che dire.

Un bigliettino e mi scioglievo, applausi per me.

Michele si pose una mano sul collo che portò su fino in mezzo ai riccioli biondi, in un gesto che sembrava trasudare studiato disagio.

Contemporaneamente aveva puntato lo sguardo in basso e intrappolato il labbro inferiore in una dolce presa fra i suoi denti.

Ah sì, e mi stavo scordando di aggiungere che contemporaneamente il mio cuore aveva perso un battito.

-Ti va di ballare un po’ ?- 

Mi chiese, riportano i suoi occhi su di me.

Fui quasi tentata di girarmi per accertare che la stesse realmente facendo alla sottoscritta quella domanda.

Nonostante ciò, dovetti frenare il mio entusiasmo altrimenti avrei iniziato a ballare pure sul bancone del bar.

Mi ricordai dell’esistenza di Daniela, non potevo lasciarla sola, ma quando mi rigirai non c’era più. Dileguata.

Perplessa, ritornai a riporre la mia attenzione su Michele.

-Ehm... ok.- 

Lui mi sorrise smagliante e io mi sciolsi in un brodo di giuggiole.

Afferrò la mia mano e mi condusse verso la pista da ballo.

Ero incerta sul dove mettere le mani, avevo timore di fare un delle mie solite figuracce.

Giuliani al  contrario di me, anche se  con disinvoltura, posò le mani sui miei fianchi in una maniera gentile e non possessiva.

Titubante, decisi di poggiare le mie mani sulle sue spalle pur di non restare con le braccia appese come una bambola di pezza.

Fui io la prima a parlare, cercando di rompere il ghiaccio.

-Come mai ti sei redento?- Mi dovetti avvicinare al suo orecchio per fare in modo che percepisse le mie parole.

La buttai giù sul ridere, ma in realtà volevo sinceramente sapere cosa gli frullasse per la testa. Gli feci quella domanda come se fosse un amico con cui avevo confidenza, ma il mio disagio era alquanto palpabile.

Mi osservò riflessivo e poi a sua volta si avvicinò al mio di orecchio, per rispondere alla domanda.

-Non so... forse sei stata tu stessa a farmi cambiare idea.- 

Le palpitazioni del mio cuore si erano decisamente velocizzate, quella vicinanza non mi faceva troppo bene.

E poi che significava quella frase?

-E come avrei fatto?-

Mi sorrise sornione e aumentò quasi impercettibilmente la vicinanza dei nostri corpi.

-Diciamo che quella era stata una brutta giornata,- fece una breve pausa, nella quale forse cercò le parole esatte da usare, nel mentre il suo respiro caldo solleticava la pelle sensibile del mio orecchio. 

Trattenni  dei piccoli brividi lungo la spina d’orsale.

-Non ti avevo mai visto a scuola prima di quel giorno.-concluse.

Aveva sviato la mia domanda, ma li per lì non ci diedi peso.

Sospirai, perché per me quello del trasferimento era un tasto ancora dolente.

-Sono venuta qui prima dell’inizio della scuola, prima abitavo in un altra parte della città.

Michele annuì comprensivo.

Man mano che parlavamo non lo avvertivo più come una presenza sgradevole ma come invece una persona tranquilla e ovviamente come uno gnocco patentato.

Sorriso da capogiro, due occhi chiari e profondi e dei cappelli... forse i capelli erano la parte che preferivo.

Avrebbero potuto far invidia ad una donna.

-E tu Grande, come mai ti sei redenta?-

Quella frecciatina mi colpì particolarmente,  non avevo scuse... magari mi piaceva e basta ma non avrei potuto dirglielo giusto dopo dieci minuti avergli parlato seriamente per la prima volta.

Mi soffermai più del dovuto a pensare che sapesse addirittura il mio cognome , si era informato quindi!

Ed ecco che partono i film mentali.

-Sono magnanima, concedo seconde possibilità a tutti ma terze a nessuno!-

Asserì io ,sorridendo come un angioletto.

Lui sembrò divertito dalla mia battuta e con disinvoltura si passò la lingua fra le labbra.

Non era un gesto malizioso, era stato del tutto spontaneo ma comunque mi portò a domandarmi se esistesse individuo sulla terra ad emanare più sesso di questo ragazzo.

-Sai non ti facevo così... così....- esitò in cerca di parole.

-così?- lo incitai a terminare la frase, ma non ci fu l’occasione perché il suo cellulare iniziò a vibrare nella tasca del suo jeans nero. 

Ci spostammo dalla pista da ballo per raggiungere un margine del locale un po’ meno affollato.

Tirò fuori il suo iphone e corrrugò la fronte leggendo il nome della persona che lo stava cercando.

Riportò i suoi occhi su di me.

-Scusa, devo rispondere.- Disse con fare quasi sbrigativo, allontanandosi  prima che potessi anche proferire un qualcosa somigliante ad una parola.

Seguì la sua figura arrivare fino all’uscita posteriore del locale  e scomparire via dal mio campo visivo.

Rimasi perplessa.

Si era comportato bene fino a quel momento e adesso mi lasciava così? Ma allora che voleva da me? 

E oltretutto mi ero pure scordata di bere ciò che mi aveva offerto, che stupida.

Sarebbe tornato? Lo avrei dovuto aspettare lì? Ma sopratutto da quando mi facevo tutte queste seghe mentali per un ragazzo?!

Decisi di darmi un contegno, se avesse voluto che lo aspettassi avrebbe almeno potuto dirmelo, come minimo.

Non ero mica uno zerbino.

Giunsi  alla conclusione che fosse giusto aspettare cinque minuti, nel caso in cui non fosse tornato in quel frangente di tempo sarei andata a cercare le mie amiche.

Magari aveva avuto un’emergenza o era successo qualcosa di grave, non dovevo giungere per forza a conclusioni sbagliate ora che si stava dimostrando come una persona piacevole.

La scia dei miei pensieri fu bruscamente interrotta da una mano che mi artigliò il polso.

-Veroooooo!-

Gridò un’ubriachissima Vera. 

Non ci potevo credere, ma perché si era ridotta in quello stato?

Ad accompagnarla vi era una Daniela infuriata che la sorreggeva tenendola sotto braccio.

-Ma quanto ha bevuto?- 

Chiesi scioccata all’amica sana che mi era rimasta.

-Eiiii, non ho mica bevuto tanto giusto... giusto un pooooochino- disse Vera ,seguendo le sue parole con  una risata totalmente insensata e frivola. 

Daniela scosse la testa e sospirò sonoramente.

-Quel cretino con cui era scomparsa l’ha fatta bere un botto.- 

-Tho....thomas non è un cretinooo Daniiii, cattivaa-

Le parole uscivano dalla bocca di Daniela stridule e intonate.

-Hai ragione, è proprio un coglione. 

Li ho trovati nel bagno e a momenti lui, sobrissimo fra l’altro, non le strappava i vestiti di dosso.- 

Avevo assistito a quella scena in silenzio, seriamente preoccupata per le condizioni della mia migliore amica.

Era stata proprio un’incosciente.

Daniela faceva bene ad essere incazzata nera.

Se fosse stata in sé Vera non si sarebbe mai concessa a nessuno in uno squallidissimo bagno publico. 

-Andiamo via, chiamo un taxi.-

Così tutte e tre ci dirigemmo verso l’uscita del “Jazz”, non appena Vera si sarebbe ripresa e si fosse sentita meglio le avremo fatto una bella grattata di testa.

 

 

 

 

 

Una pesante sensazione gravava sul mio stomaco, pian piano il risveglio mi stava strappando dalle braccia di morfeo e, con la crescente consapevolezza di starmi per svegliare ne cresceva anche un’altra, di consapevolezza.

Quella non era una sensazione, ma un peso vero e proprio.

Era la fottuta gamba di Daniela che era delicatamente poggiata sulla mia pancia e attanagliava entrambi i miei fianchi 

Grugnii in modo molto poco femminile.

Da quando eravamo piccole non si era mai tolta quella fastidiosa abitudine.

A momenti non la scaraventai dall’altro del letto, dove dormiva Vera.

Una volta in piedi, mi diressi in bagno e , dopo essermi soffermata per qualche minuto ad osservare il mio riflesso allo specchio, realizzai di aver assunto le sembianze di un morto vivente.

Gli occhi erano gonfi e contornati dal residuo di trucco della notte precedente, i capelli ridotti ad una matassa e nel complesso facevo schifo.

Sbuffai sonoramente e mi diressi in cucina, dove  trovai un post it appeso al frigo da parte dei miei genitori.

Tesoro, siamo andati a fare colazione al centro, torniamo per ora di pranzo.

Se non dovessimo tornare in tempo per salutare le tue amiche spero tu possa farlo per noi. 

Baci,

mamma.

Ci impiegavo sempre tanto a decifrare i bigliettini di mia madre, dopotutto era sempre un medico.

Sapeva però che con me doveva essere più chiara, altrimenti non avrei decodificato cosa cavolo ci fosse scritto.

Erano soliti uscire la Domenica, era un giorno che dedicavano solo a loro... quando ero una bambina anche io prendevo parte a quelle uscite ma crescendo avevo di gran lunga preferito dormire.

Probabilmente si erano recati a Piazza Navona, lì c’era un chiostro che amavano alla follia.

-Buongiorno...-

Una  Vera molto malconcia si appoggiò allo stipite della porta della cucina.

-Buongiorno Vè-

Parlai senza lasciar trapelare dal suono delle mie parole alcun tipo di emozione. 

Ero arrabbiata con lei, non per il fatto di aver bevuto, ma per aver lasciato che uno stupido ragazzo per poco non se ne approfittasse.

La Vera che conoscevo io era scaltra, non le sarebbe mai successa una cosa del genere.

Dedicai tutta la mia attenzione a ciò che il frigo conteneva, piuttosto che guardarla e farle capire in modo così crudo ciò che provavo.

D’altronde se non lo dicevo io, lo diceva la mia faccia.

-Sei arrabbiata?-

Mi chiese, sedendosi su una delle sedie del tavolo da pranzo.

Rimasi un attimo a riflettere se fosse giusto rispondere o meno.

Ovviamente, tempo due millesimi di secondo, mandai tutti i miei buoni propositi al diavolo.

-Sì Vè, sono arrabbiata con te!- le davo le spalle, quindi non poteva vedere l’espressione dura che avevo stampata in volto.

-Veronica... sono stata una fottuta stupida, e so di non avere scuse.- fece una pausa in cui prese un bel respiro.

-Potevo passare un guaio,- fece una breve pausa in cui sembrava star riflettendo bene su ciò che dire- potevo mettere anche voi nei casini, 

E Dio solo sa quanto mi dispiace.- concluse.

Ci fu un silenzio, un silenzio nel quale continuai a prepararmi la colazione indifferente. 

-Se lo fai un’altra volta...- mi girai di scatto, e le puntai contro il coltello (di plastica) ,con il quale stavo spalmando la nutella sui biscotti, tutto ciò per aggiungere pathòs alla mia minaccia.

-Se lo fai un’altra volta ti spacco il culo.-

Conclusi, tutto d’un fiato.

 

 

Vera saltò in piedi e mi buttò le braccia al collo. Per due minuti buoni non fece altro che ripetermi che mai ci avrebbe fatto preoccupare così tanto e che era contenta che l’avessi perdonata.

Sorrisi poggiando il mento sulla sua spalla.

-Sì, però dopo devi affrontare Daniela...so cazzi tuoi.-

Scoppiano entrambe a ridere e ci sciogliemmo da quell’abbraccio.

-Ah, Verò! Mi ricordo vagamente che Thomas, lo stronzo di ieri, ti abbia nominato parlando del suo amico... un certo Michele.-

Le mie orecchie si drizzarono come due antenne.

Finsi malcelato interesse, ma in realtà dentro motivo per sapere cosa la mia amica mi dovesse dire.

-Ah sì? Forse perché andiamo nella stessa scuola. -

Thomas Sforzi, uno che faceva parte del gruppo elitario che frequentava lo stesso Giuliani.

Si credevano un po’ i re della scuola.

Quel tizio mi sembrava lo stesso che il giorno prima aveva fatto un apprezzamento sul mio sedere.

Un brivido mi percosse solo al pensiero.

Nel frattempo Vera assunse l’espressione tipica di chi si sforza per ricordare qualcosa.

-Può darsi.... però ricordo che parlava di te e di un’altra ma non so il perché, mah.-

La mia amica si strinse nelle spalle, e iniziò a dedicare tutta la propria attenzione alle sue unghie.

Un’altra, ma di chi?

Addentai un biscotto sconfortata.

Dei chili in più mi avrebbero di certo fatta più bella, bella mossa Veronica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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