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Autore: hey_youngblood    19/10/2017    0 recensioni
• Seconda classificata e vincitrice del PremioAria, del Premio Author in disguise, per il miglior IC, e il Premio Tipografo provetto, per la miglior impaginazione nel contest Memorie impresse su specchi rotti indetto da AriaBlack & Marina Swift sul forum di EFP.
Come si (soprav)vive dopo la morte di Alaska Young?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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III
Alaska


“Alaska s.f. [der. di alyeska]
Ciò contro cui si infrange il mare.”
 

Erano passati alcuni giorni da quando Miles aveva tirato fuori l’intuizione della non-morte di Alaska. Quando aveva esposto l’idea al Colonnello, questo era andato su tutte le furie –non lo aveva mai visto comportarsi in quel modo – e si era rifiutato di ascoltare ciò che aveva da dire. Se n’era andato di tutta fretta dalla stanza, lasciando il suo studio a metà, ed era ritornato solamente qualche ora dopo, verso cena, per rimettere in ordine le sue cose e andare a dormire. 
Nei giorni seguenti Miles aveva evitato di tirare fuori l’argomento con l’amico, limitandosi a cercare prove che supportassero la propria tesi: qualche frase di cui non aveva appreso il reale senso oppure qualche dettaglio che gli era sfuggito durante le loro precedenti ricerche. Niente, l’unica cosa a cui poteva aggrapparsi era il proprio istinto, la convinzione che l’universo non potesse permettere un’ingiustizia come quella che era accaduta ad Alaska.
“Possiamo parlarne?” tentò, nel bel mezzo di un altro pomeriggio afoso, mentre erano intenti a studiare. Il Colonnello lo ignorò mentre finiva di leggere una pagina del libro di storia, prima di chiudere il libro infilando tra le pagine un foglietto di carta, in modo da ricominciare da dove aveva lasciato.
“Parliamone.” Rispose, lasciando cadere il libro chiuso sul posto vuoto del divano. Si tirò su a sedere e poggiò la schiena, poi osservò Miles, con un’espressione di attesa. “Che c’è?”
“Secondo me Alaska è ancora viva.” Disse l’altro, pronunciando le parole con lentezza, per evitare di ricevere la stessa reazione della volta precedente. L’atmosfera nell’aria era tesa e Miles tratteneva il fiato a causa del nervosismo.
“E quali prove hai?” Il Colonnello chiuse gli occhi mentre distendeva il collo sul poggiatesta del divano. Mentalmente si ripeteva che l’unico modo per farla finita con tutta quella storia era discuterne con calma con l’amico.
“Beh, tutta questa segretezza sul corpo di Alaska è un po’ sospetta, non credi?” Ciccio incrocio le gambette ossute sul materasso del letto dove sedeva, scostando le lenzuola ancora in disordine dalla notte prima – quella mattina non aveva rifatto il letto.
Il Colonnello sospirò mentre si massaggiava il collo. Ultimamente non dormiva bene e quell’insinuazione che Ciccio aveva fatto pochi giorni prima non aveva migliorato la situazione. Era un miracolo se riusciva a dormire un’intera notte senza avere incubi.
“Non è sospetto se ciò che l’ha uccisa le ha distrutto la testa!” esclamò seccato. “Vederla in quel modo avrebbe fatto soltanto soffrire di più le persone che le volevano bene.”
“Ma-” cercò di obbiettare l’altro, senza successo.
“Senti,” Lo interruppe il Colonnello “la decisione che ha preso il padre, quando ha deciso di fare un funerale a bara chiusa, è stata l’alternativa migliore. Non credo che abbia esultato nel vietare pure a se stesso la possibilità di dirle addio, ma sapeva che sarebbe stato meglio per tutti se non vedevamo il corpo di sua figlia. Avresti riconosciuto Alaska, senza magari un occhio, metà cranio e mezzo volto blu? Ti avrebbe fatto ribrezzo, ecco perché la bara era chiusa: tutti quelli che le volevano bene avevano avuto l’opportunità di ricordarla nei suoi momenti migliori –con gli occhi vivaci, i capelli brillanti e il sorriso triste – e, soprattutto, di poter perdurare quel ricordo come l’essenza stessa dell’Alaska che avevano conosciuto.” Disse tutto d’un fiato. “In più, glielo chiese la stessa Alaska di avere un funerale a bara chiusa, te lo ricordi?”
Ciccio immagazzinò quell’idea lentamente, come se la sua mente cercasse a tutti i costi di rinnegare la verità contenuta in tali parole. Quella consapevolezza lo avrebbe distrutto, come lo stesso avrebbe fatto con l’ipotesi che Alaska fosse ancora viva.
Ci fu un lungo silenzio tra i due ragazzi, ma nessuno dei due si azzardò a rimettersi a studiare, come per far intendere che la conversazione era finita lì.  “Dimmi Ciccio,” parlò Chip, l’altro alzò lo sguardo verso di lui “come ti avrebbe fatto sentire se l’ultimo ricordo della ragazza che amavi fosse stato il suo volto livido, cadaverico, senza più vita? Saresti riuscito a ricordare la parte bella di lei o quell’immagine avrebbe finito per diventare il mostro che non ti fa dormire la notte?”
“Ma io ti dico che Alaska è ancora viva!” sbottò l’altro. Ci fu un attimo di silenzio, nel quale Miles riprese il suo contegno, calmandosi un po’. “Alaska è ancora viva,” Ripeté, stavolta quasi in un sussurro. “perché era troppo complicata per morire in un modo così semplice.”
Il Colonnello scoppiò a ridere. “Alaska? Complicata?” Rise ancora. “No, Alaska era una delle persone più semplici che sia mai esistito e la sua morte ha solamente verificato ciò che già l’universo constatava.”
Miles lo guardò con espressione confusa, perché non riusciva a comprendere Chip potesse considerare quel ciclone che era la loro amica qualcosa di semplice, e anche un po’ contrariata, perché, per quanto si sforzasse, Alaska sarebbe sempre rimasto il più grande mistero che avesse mai incontrato.
“Sai, Ciccio, avremmo potuto perfettamente prevedere il casino che è successo quell’ultima notte, solo che nessuno di noi ha prestato particolarmente attenzione a ciò che Alaska ci diceva, al significato intrinseco in quelle parole e ai comportamenti scaturiti da ciò che cercava di sopportare ormai da tanto tempo.” Il Colonnello sospirò, come se gli provocasse un dolore atroce pronunciare quelle parole. “Alaska Young non era complicata, siamo noi che non siamo stati in grado di capirla. E’ per colpa della nostra negligenza, della nostra disattenzione, che è morta.”
E così anche l’ultimo appiglio di Miles cadde, facendolo crollare definitivamente. Tutto ciò aveva sperato, in quegli ultimi giorni, era svanito nel nulla. Tutti i sogni che continuava a fare, tutti momenti non vissuti nei quali Alaska era viva e vegeta e, soprattutto, era con lui, si infransero davanti ai suoi occhi. La speranza morì abbandonandolo da solo in un modo che sembrava buio e vuoto, adesso che la luce di quegli occhi verdi aveva smesso di brillare per sempre. Miles cominciò a piangere, all’improvviso, davanti a Chip, che, in silenzio, preferì lasciarlo fare, perché anche lui aveva avuto bisogno di sfogarsi, qualche giorno prima, e non era servito che a farlo stare un po’ meglio.
“Mi manca così tanto! Non posso vivere senza di lei!”
Il Colonnello ascoltava i lamenti dell’amico e dovette chiudere gli occhi per non farsi trasportare, di nuovo, in quella miriade di emozioni. Non poteva permetterselo perché, in quel momento, doveva essere la colonna a cui potersi appoggiare, se si fosse messo a piangere, sarebbe stata la fine. Chiuse gli occhi e immaginò davanti a sé la ragazza dai folti capelli ricci e i birichini occhi verdi che lo osservava con comprensione. Dovevo farlo, non potevo permettere che continuasse a cercarti. Se fosse andato avanti con le ricerche, ritrovandosi poi con il niente tra le mani, ne sarebbe uscito mille volte più distrutto di quanto lo può essere adesso. Perdonami, ti prego. Alaska annuì silenziosamente, sollevandogli un po’ d’angoscia dal cuore, poi si avvicinò a Miles e gli carezzò dolcemente la testa, mentre questo era scosso da tremiti e singhiozzi, in un ultimo addio. Quando se ne andò, Chip si decise a riaprire gli occhi. I respiri smorzati dell’amico riecheggiavano in quelle quattro mura, tormentandolo in un ritmo incostante.
Passò un tempo indefinito prima che Miles smettesse di piangere e Chip aspettò con calma che l’amico sfogasse tutto il dolore che lo aveva consumato durante gli ultimi mesi, esattamente come aveva consumato lui stesso.  Quando parlò, decise di farlo nel modo che gli sembrava più opportuno.
“Sai, Ciccio, perché noi non siamo morti con Alaska? Sai perché l’universo ha voluto che noi non salissimo nell’auto con lei, quella sera?” Chip guardò l’amico, il quale era intento nell’asciugarsi le lacrime con la manica della maglietta. Quando si sentì pronto, Miles scosse la testa. “Noi siamo ancora vivi perché dopo un ciclone c’è sempre qualcuno che, nonostante abbia perso tutto, nonostante il dolore insormontabile, alla fine ce la fa e sopravvive. Noi siamo ancora vivi perché siamo quello che rimane del ciclone Alaska. Siamo le macerie che si è lasciata dietro.”

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Ehilà!
Questo è l'ultimo capitolo della ff su Cercando Alaska, so che ho scritto nel mio profilo che sono in pausa, e perciò ci tenevo a informarvi che questa minilong l'ho scritta quest'estate, la sto solo pubblicando ora per motivi vari.
So che il fandom non ha molto seguito, ma spero comunque che la ff vi sia piaciuta e che vogliate lasciarmi i vostri pareri riguardo questo piccolo progetto of mine.
Un bacio,
Carlotta.
  
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