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Autore: Luxanne A Blackheart    22/10/2017    2 recensioni
"Noi due siamo uguali, anche se diversi, Zafiraa. Siamo uguali perché siamo stati rinnegati. Siamo diversi perché distruttivi in modo differente: tu come la neve, io come il fuoco."
Zafiraa ha diciotto anni e due problemi. È albina e una piratessa, una delle più temute ed odiate dei sette mari. Fattori questi che rendono il sopravvivere,  in una società fortemente maschilista e  superstiziosa, molto difficile.
Zafiraa ha un rivale che cerca di catturarla, direttamente imparentato con il sultano, che la vuole morta dopo il torto subito.
Ma non appena le loro spade affilate si incontreranno, capiranno di essere due animi affini i cui destini e passati sono fortemente collegati fra di loro.
Sono neve e fuoco.
Sono rinnegati dalla stessa terra.
Sono un uomo e una donna che non hanno un posto nel mondo e che cercheranno di crearselo. Insieme, separatamente, chi può dirlo?
L'importante è che due occhi verdi da cerbiatta e capelli rossi come il fuoco non muovano le carte in tavola, girandole a proprio favore. Perché il tempo passa per tutti, ma le abitudini restano.
Segreti mai rivelati, bugie, odi repressi e amori proibiti e immorali... siete pronti a rientrare a Palazzo Topkapi e vivere una nuova avventura?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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L'ho baciata. Non so neanche come sia successo. Non riuscivo a dormire, era notte fonda e stavo pensando a lei, che è diventata il mio pensiero costante, la mia unica ossessione. Ho lasciato Freya da sola nella nostra camera e sono uscito, sperando di trovare un po' d'aria.
L'ho sentita arrivare, ma pensavo si trattasse di un sogno; tutti i miei sogni ultimamente riguardano lei. Tutta quella scena aveva del surreale, lei bellissima e nascosta in un mantello, l'odore di sangue e neve e io che sembravo un pazzo senza pena. L'ho baciata, l'ho stretta tra le mie braccia e mi sono sentito al sicuro, me stesso, semplicemente Ibrahim e non un Gran Visir freddo e senza cuore.
Ancora non riesco a capacitarmi dei sentimenti che provo per questa ragazzina impertinente che gioca a fare la sovrana, ma so, che per amor suo, ho tradito il mio migliore amico, mio fratello e il mio orgoglio e onore. Non so cosa succederà adesso, non sono sicuro di come tutto questo andrà a finire. Sento solo una brutta sensazione che mi opprime il cuore, ma cercherò di ignorarla. Mi sento una ragazzina in preda al primo amore. Che cosa mi ha fatto?”




C'era stata una cena, un mese dopo, nella quale Fatma e Mustafà furono presentati come futuri sposi e avevano ufficializzato il fidanzamento. Sull'anulare della bella ragazza bruna brillava un anello grande e costoso, ma nonostante ciò non sembrava essere felice. Il matrimonio sarebbe avvenuto di lì a due settimane.
Sul suo viso, Mehmed lo poteva notare, c'era un sorriso malinconico di circostanza. Se qualcuno le domandava cosa avesse, rispondeva con un semplice sorriso e scrollata di spalle, giustificando il tutto con l'ansia del matrimonio e dei vari preparativi. Diventare sultana non era cosa da tutti, sopratutto se si era così giovane.
Aveva visto spesso, mentre servivano le varie bevande durante la cena agli invitati, il modo in cui guardava Ibrahim. Era lo stesso modo in cui Zafiraa, dall'altro lato della stanza, veniva guardata da Mustafà o il modo in cui lui guardava Alexandros. C'era qualcosa nel suo sguardo, un mix di malinconia, tristezza e amore, che non aveva un nome preciso, ma che solo uno sguardo poteva far intendere.
Probabilmente era il modo in cui sua madre e Ibrahim si guardavano, quando nessuno poteva osservarli, molto diverso dal modo in cui i suoi genitori si guardavano. Il loro era il tipo di amore puro, consolidato durante gli anni, sincero; quel tipo di amore che gli uomini cercano durante tutta la vita e che in pochi trovano, quello duraturo e forte.
Con Ibrahim era diverso. Da ciò che aveva letto e dal modo in cui gli occhi di sua madre si intristivano quando per caso si parlava di lui, il loro era stato quel tipo di amore passionale, che ti consuma, che brucia, distruttivo, quel tipo di amore per il quale moriresti, ma per il quale non vivresti a lungo. Il legame che c'era tra sua madre ed Ibrahim era dotato di vita propria, un assassino, che inevitabilmente, avrebbe ucciso uno dei due.
Alexandros gli passò davanti, reggendo un vassoio sul quale c'erano dei piatti vuoti e sporchi, e gli fece l'occhiolino, sorridendogli. Mehmed abbassò lo sguardo, nascondendo un sorriso, mentre si guardava le mani.
Si chiedeva quanto tempo aveva ancora da vivere e se per lui e il suo amato ci sarebbe stato un futuro. Lo amava, come non aveva mai amato nessuno ed era grazie a lui, ma anche a Zafiraa, se aveva avuto la forza di abbandonare i suoi libri e la sua camera, per vedere altre facce. Era grazie a lui, se si era sentito normale per la prima volta in diciotto anni. Era tutto merito suo e non voleva abbandonare la ragione di tutto. Per la prima volta nella vita, Mehmed non desiderava di morire.






Mustafà entrò nella sua stanza, dopo quella cena che sembrò durare in eterno, con Zafiraa dietro di lui. La ragazza avrebbe dovuto intrattenersi per ridare una sistemata, ma aveva chiesto la sua presenza, una volta che i sultani e i loro ospiti erano andati a dormire, così la ragazza ha dovuto seguirlo.
Il principe si tolse la spada e la cintura con la quale era legata al corpo, buttandola sul letto, mentre Zafiraa spinse la porta, che non si chiuse e rimase socchiusa. Non ci badò, poiché sapeva che tutti i servi erano impegnati in qualcosa e i padroni erano già nei loro letti. Erano le due del mattino.
-Donna, oggi sei mia prigioniera e dirai e farai tutto ciò che ti chiedo io. -
-Come, scusa? Come mi hai chiamata? - Zafiraa incrociò le braccia al petto, alzando un sopracciglio. Aveva intrecciato i capelli in due trecce particolari e complicate, aiutata dalle sapienti mani di suo fratello. Quei maledetti erano cresciuti talmente tanto che avrebbe potuto farci una coperta. - Chiamami un'altra volta così e donna ti ci faccio diventare io. -
Mustafà rise, andando verso la ragazza e abbracciandola. La stranezza, man mano che ci si abituava, stava passando e l'abbracciarsi, il prendersi in giro, lo scambiarsi tenerezze, era diventato sempre più normale, tant'è che ormai non ci pensavano quasi più. Zafiraa gli sorrise, sospirando.
-Dovresti cercare di essere più gentile con Fatma. Non sarà facile sposare un uomo che non l'ama e conviverci per il resto della vita, Mustafà. -
-Credi che lei provi qualcosa per me? -
-No, non credo. Ma tu a stento le parli. Dovrebbe trovare una persona fidata in te, sarai pur sempre suo marito e... -
-Smettila di ripeterlo. -
-Perché? E' una cosa che accadrà, ci siamo già passati sopra quest'argomento. Lo devi fare per il regno; io lo farei. - Zafiraa lo guardò, seria. I suoi grandi occhi chiari lo guardavano con sincerità, ma poteva scorgerci anche della leggera tristezza. Non è mai facile vedere l'uomo che ami e che ti ama, sposarsi con un'altra, soprattutto se questa è più bella ed elegante di te.
-Smetti di ripetere una cosa che non accadrà. - Ripeté Mustafà con più convinzione. Un sorrisetto furbo si nascondeva dietro le sue labbra.
-Ma che cosa stai dicendo! Ti avrà fatto male il cibo? Non dirmi che è stato avvelenato! -
-No, niente di tutto ciò, mia adorata! Ti devo chiedere una cosa molto importante. Posso? - Mustafà la guardò con i suoi profondi occhi scuri, accanto ai quali si formavano delle rughette quando rideva.
-Parla, maledizione! Mi farai morire di crepacuore e mi stai spaventi quando fai così. Ti ho già detto che non riesco a gestirti quando sei euforico! -
Mustafà rise, frugandosi nelle tasche e trovando ciò che stava cercando. Prese la mano della donna e vi posò sopra un oggetto di piccole dimensioni. Zafiraa sgranò gli occhi, non sapendo come interpretare quel gesto. Si trattava di un anello, ma niente di scintillante o costoso come quello di Fatma. Era un semplice anello, fatto con gusci di conchiglie e che odorava di mare. L'odore più buono del mondo.
-L'altra volta sono andato al mare, senza dirti niente, volevo prendere un po' d'aria fresca e vedendo sulla spiaggia, c'erano miliardi di conchiglie di vari colori e una sola completamente bianca. Guardandola, ho pensato subito a te e l'ho raccolta. Volevo regalarti qualcosa di speciale ed unico; una sorta di simbolo. -
-E' bellissima, grazie Mustafà, non me lo sarei mai aspettata. - Zafiraa si era sinceramente commossa, era stato un gesto veramente dolce. Nessuno lo aveva mai fatto per lei.
-So che le cose pretenziose e costose non ti piacciono, perché sei molto semplice. - Mustafà le sorrise, baciandola sulle labbra. La guardò per qualche secondo, prendendo tempo. - Tutto questo giro di parole per dirti che... -
-Sposami. -
-Come? - Mustafà sgranò gli occhi; era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato da lei.
-Sposami e mandiamo tutti i loro piani a puttane. Una volta sposati nessuno potrà mai dirti nulla. Potremmo anche inventarci di star aspettando un bambino. - Zafiraa scrollò le spalle, infilandosi l'anello sull'anulare sinistro. Prese un coltellino che nascondeva sotto al vestito e tagliò uno dei lacci del suo vestito bianco. Lo prese e lo legò attorno all'anulare del ragazzo, che la guardava divertito. -Io amo te e tu ami me, cosa c'è di meglio? Sposami. Perché l'ultima cosa che voglio vederti fare è sposare una donna che non ami, vederti infelice, quando so, che assieme, avremmo potuto, possiamo, avere una vita meravigliosa. Ci siamo trovati e in tutta la tua vita non hai mai detto nulla di più giusto e sensato. Sei tu, sei sempre stato tu a rendere tutto più semplice, a rendere tutto più bello, anche in tutto questo. Con te, ho dimenticato la vendetta. Con te, ho perdonato il mio peggior nemico. Con te, sento di essere una persona migliore. -
-Sì, tutto molto bello ciò che hai detto, ma sai che dovresti comprarmi un anello come quello di Fatma? - Mustafà le accarezzò la guancia, sorridendole teneramente. Non voleva darlo a vedere, perché recitare quella parte da ragazza era già imbarazzante per lui, ma poteva scoppiare a piangere, come quando era un bambino, da un momento all'altro. Non aveva mai provato un sentimento del genere, non pensava di esserne capace. Le riempiva il cuore di gioia.
-Quando avrò un lavoro decente, uomo, adesso dammi una risposta. - Zafiraa lo guardò e Mustafà fece lo stesso. Un momento di serietà che sembrò durare anni con il cuore nelle orecchie e il sangue che circolava velocemente.
-La mia risposte è un sì, ma ci ho dovuto pensare perché è la proposta di matrimonio più bella che qualcuno mi abbia fatto; persino più bella di quella che volevo fare a te, prima che mi interrompessi. Ci tengo al mio ego, come ben sai. -
Zafiraa sollevò gli occhi, facendo finta di sembrare annoiata da tutta quella vanità. Mustafà tornò serio all'improvviso e la abbracciò, unendo le loro fronti.




La serva correva, ansiosa, verso le stanze della sua padrona, scontrandosi con gli altri servi e rallentando, quando passava nelle vicinanze degli ospiti. Poteva finalmente, con quella verità, avere la fiducia della potente sultana, che con i suoi errori aveva finito per perdere.
Nelle vicinanze delle stanze della padrona, cominciò a camminare, cercando di riacquistare più fiato e sistemandosi i capelli, fuggiti dalla semplice acconciatura.
Le guardie, presenti davanti alla sua porta, la fecero passare, avendola riconosciuta. La serva trovò solamente la sultana, ancora con la veste da notte, seduta sulla toeletta a pettinarsi i lunghissimi capelli rossi. Si inchinò, evitando di guardarla nei glaciali occhi chiari.
Il sultano non c'era, era andato a caccia con Mustafà, il padre e il fratello della sua futura nuora.
-Che cosa c'è? - La sua voce sembrava annoiata. Aveva un colorito non proprio salutare, era particolarmente pallida e aveva un rivolo di sangue lungo il mento; da come muoveva le spalle, velocemente e in piccoli scatti, la sultana faticava a respirare. Stava morendo, tutti sapevano, nonostante lei cercasse di nasconderlo anche meravigliosamente. Era iniziato tutto quando era riuscita ad abolire la schiavitù definitivamente nell'impero e quando aveva perso un figlio, un anno prima, dopo la nascita della principessa Mihrimah. Non si era più ripresa. Aveva iniziato con il perdere le forze, poco alla volta, e c'erano persino giorni nei quali non poteva alzarsi dal letto; poi erano iniziate le crisi di tosse e poi il sangue. Stava affogando nel suo stesso sangue ed era una scena bruttissima.
-Ho notizie su vostro figlio e la serva. -
-Non è mio figlio, stupida di una serva. - Hurrem posò il pettine sul tavolino della toeletta e le fece cenno di continuare, guardandola attraverso lo specchio. Prese un pezzo di stoffa bianco e si ripulì per bene di tutto il sangue.
-Scusatemi... - La serva si sentiva mortificata, non ne combinava una giusta con lei.
-Va' avanti, prima che perda completamente la pazienza con te. -
-Sì, Mia Magnifica. Ieri notte, mentre stavo tornando dalle vostre stanze, sono passata davanti a quella di Mustafà Sultan, che aveva lasciato la porta socchiusa. Ho sentito delle voci e mi sono accostata per origliare, dopo aver riconosciuto quella di Zafiraa. Li ho visti in atteggiamenti molto intimi e da quello che ho capito, si sposeranno. Si sono addirittura scambiati gli anelli, mia signora. -
-Ne sei completamente sicura? Questa cosa è gravissima. -
-Certo, mia sultana, che possa Allah strapparmi le orecchie se ho detto il falso. -
-Non mettiamo in mezzo Allah in argomenti che non Gli competono. - Hurrem le sorrise e sembrò acquisire un po' di colore, come se quella notizia le avesse fatto bene. - Mi sei stata molto utile, mia cara. Ma hanno detto quando? -
-No, questo non sono riuscita a capirlo, perché loro hanno cominciato ad avere... - La ragazza arrossì, non riuscendo a continuare. La sultana annuì, distratta. Stava pensando a qualcosa sicuramente.
-Tienigli d'occhio, cara ragazza e quando avrai capito il giorno del loro matrimonio, vieni subito da me. Da me, direttamente e non farne parola con nessuno. Alla fine di tutto riceverai una adeguata ricompensa per la tua lealtà. -
-Vi ringrazio, mia signora, non so come esservi grata... -
-Adesso va' e fa' venire mio figlio Bayezid e Mehmed. -
La serva si inchinò, annuendo, prima di correre dall'altra parte del castello ed eseguire gli ordini.






Fatma entrò in camera di Ibrahim, senza bussare. Si poggiò alla porta, chiudendo gli occhi e inspirando profondamente, aveva corso talmente veloce per arrivare in camera di Ibrahim e soprattutto con l'ansia di essere vista o scoperta da qualcuno, che pensava di poter perdere i polmoni.
Era da un mese che lei faceva così. Era stato un mese di ansie, paure che qualcuno potesse solo sospettare il legame che si era creato trai due. Non passavano giorni che si vedessero nella camera di Ibrahim, che era diventato un rifugio sicuro, a parlare o semplicemente ad immaginarsi un futuro assieme. Un futuro nel quale lei era una ragazza normale e lui anche. Sogni, erano solo sogni inutili, che sarebbero rimasti nel loro immaginario. La vita era quella e di certo non era una passeggiata.
Si erano innamorati dal primo momento nel quale avevano parlato, lo sapeva lui, lo sapeva lei, lo sapeva il mondo, ma non potevano stare assieme perché lei era stata promessa a suo cugino.
Ibrahim si era appena svegliato e stava facendo colazione con sua madre Hatice, la sorella del sultano. Era l'unico momento della giornata che l'uno poteva riservare all'altra senza venire interrotti.
-Oh, Fatma, che piacere avervi qui per colazione. - La principessa sorrise, dolcemente. Hatice era una bella donna, la più bella che avesse mai visto, persino della sultana. Aveva lunghi capelli neri e occhi scuri dello stesso colore, ma una dolcezza e grazia tale nei lineamenti da risultare fin da subito simpatica a chi non la conosceva. Era probabilmente la persona più buona della terra. L'aveva incontrata quando era ancora una giovane donna e adesso i suoi lineamenti erano maturati e avevano delle piccole ma graziose rughe intorno agli occhi, tipica dell'età matura.
-Buongiorno, Hatice Sultan e Ibrahim Sultan, non volevo piombare così all'improvviso e darvi fastidio, ma stavo scappando dalle sarte. Non mi danno pace! - La ragazza rise, cercando di essere il più convivente possibile. Ibrahim sembrava essere impallidito all'improvviso, Fatma temeva che si sarebbe accoltellato da un momento all'altro.
-Oh, non preoccupatevi, mia cara. - Hatice si alzò, accarezzando il volto del figlio e baciandoli entrambe le guance. Lo guardava con amore, puro amore materno. Guardandola bene, Hatice aveva gli occhi tristi. Aveva sofferto molto. - Vi lascio soli, mi sono appena ricordata di aver tantissime cose da fare! Con l'avanzare dell'età le cose vengono dimenticate. Fatma, buona fortuna per i preparativi. -
-Vi ringrazio, Hatice Sultan. - Fatma si inchinò, notando il leggero sorriso che incorniciava i tratti della principessa. Che sospettasse qualcosa?
Quando Hatice si fu richiusa la porta alle spalle, tirò un sospiro di sollievo, andandosi a buttare sul letto del ragazzo. Ibrahim sospirò a suo volta, non riuscendo a nascondere un sorriso che gli incorniciava il volto.
La guardava sempre così, pensò Fatma osservandolo a sua volta, come si guardavano le stelle cadenti: con ammirazione, speranza, dubbi e paura.
-Non possiamo continuare così, Fatma. -
-E che cosa vorresti fare, Ibrahim? - La ragazza lo guardò, poggiando il capo sul palmo della mano, una ciocca di capelli le cadde davanti il viso. Ibrahim si alzò, andandole a sedersi accanto. - Io non voglio rinunciare a te. -
-Ma in questo modo ci facciamo soltanto del male, Fatma. -
-Non mi importa. Non stare con te, non è fra le mie priorità di vita. -
Ibrahim sospirò, chinandosi sulla ragazza e baciandole la fronte. Non si erano spinti oltre semplici carezze e casti baci. Lui non la voleva rovinare.
-Ti amo, Ibrahim. -
-Anche io, ma vorrei che bastasse. -








Selim tornò dalla caccia due ore dopo, sorridente e felice. Non c'era niente di meglio che andare a uccidere qualche cinghiale nel bosco con suo figlio e i parenti della sposa. Fare cose da uomini, parlare liberamente, essere anche rozzi, insomma. Gli era mancato tutto quello e gli era mancato stare con suo figlio. E si era reso conto di aver avuto bisogno di un amico, poiché passava la maggior parte del tempo con sua moglie o con i visir. I figli non aveva mai tempo di vederli, tranne la più piccola di loro, di quattro anni circa.
Quando entrò nelle sue stanze, tutto sudato e sporco di sangue, trovò Hurrem ad aspettarlo. Come mai era ancora lì e svestita? A quell'ora doveva essere con Fatma per preparare tutte le varie liste degli invitati, il menu che i cuochi avrebbero dovuto preparare e scegliere il vestito.
-Mio amore, che cosa ci fai ancora qui? Ti senti male? - Selim si precipitò dall'amore della sua vita, da sua moglie per abbracciarla, tutto preoccupato. Spesso si scordava quanto l'amata fosse malata, poiché sapeva recitare benissimo la parte della sana.
-N0, sto bene, marito mio. - Hurrem forzò un sorriso, ricambiando l'abbraccio per pochi secondi e poi staccarsi. Lo guardò, alzando il sopracciglio e guardandolo arrabbiata. - Io ti avevo avvertito, ma tu non mi hai dato ascolto. -
-Avvertito di cosa? -
-Riguardo Mustafà. Sono venuta a sapere, da fonti certe, che tuo figlio, quel primogenito testardo che non ascolta mai e che pretende di diventare il prossimo sultano di questo grande e sublime impero, ha chiaramente disubbidito ai tuoi ordini. Ha intenzione di sposare quella serva, questa notte. -
-Che cosa? Ma che stai dicendo, Hurrem, non dire sciocchezze! Mio figlio non farebbe mai una cosa del genere. Ha già fatto la proposta a Fatma, non verrebbe mai meno alla parola data perché è un uomo di parola. - Selim scosse la testa, afferrando un pezzo di stoffa che trovò sulla toeletta di Hurrem, per pulirsi del sangue che gli sporcava il viso.
-Eppure lo ha fatto... E' inutile che tu li ferma, amore mio. Mustafà se ne sarà già andato e Zafiraa non si trova già da un po'. Quando torneranno, potrai affrontare tuo figlio. Di lei non devi preoccuparti, me ne occuperò io. - Hurrem lo baciò sulla guancia, accarezzandogli la nuca.
-Perché ha fatto così? Perché mi fa questo? E' solo una serva... -
-Si è innamorato, mio caro marito, non gliene puoi fare una colpa per questo. Ma non doveva farsi prendere dalle emozioni e sposare una qualsiasi, ma troncare la loro relazione, proprio come avevi detto tu, e sposare Fatma. -
-Che cosa devo fare adesso? Mio figlio sembrava così allegro e in pace oggi. Ha scherzato con tutti e parlava tranquillamente. Non lo vedevo così in pace da parecchi anni! E ora so il perché... -
Era fortemente deluso. Suo figlio, il suo primo figlio! Che cosa gli aveva mai fatto per meritarsi un trattamento del genere?
-Ma non finisce qui, amore mio, so che questa notizia ti farà male, ma è necessario che io te la dia per il bene di tutto l'impero. Tuo figlio e i tuoi visir ti hanno tradito, per nostra fortuna c'è ancora chi è realmente fedele. Alle tue spalle hanno organizzato delle riunioni segrete nelle quali cercavano di spodestarti perché ormai troppo vecchio e debole per regnare e anche per mandarvi mia, condannarmi a morte. Al suo fianco ovviamente c'era l'inseparabile Zafiraa. Hanno trovato un diario, di Ibrahim, quello dei suoi ultimi anni di vita. - Hurrem fece una pausa, cercando di riprendere fiato, come accadeva ogni volta che si parlava di Ibrahim. Selim, invece, sospirò. - E come ben sai, su quel diario c'è una verità che solo noi due conosciamo... Stanno cercando di rievocare vecchi fantasmi e brutti ricordi. -
-Ma perché dovrebbero mai farlo! Io sono in grado di regnare, non sono mica vecchio! - Selim alzò la voce, tirando un pugno al muro; il dolore e la rabbia lo aiutarono a ragionare. Tradito dal suo primo figlio, dalla sua prima gioia! Era questo il suo destino? Venire tradito dalle persone che più amava nella vita? Prima Ibrahim e adesso Mustafà!
-Mi odiano, Selim, ancora non l'hai capito? Tuo figlio e i tuoi visir mi odiano perché credono che io eserciti del potere su di te. Come se una donna sapesse cosa significhi regnare, capire di politica o sappia solo ragionare come un uomo! Che sciocchezze! - Hurrem ridacchiò, andando ad abbracciarlo e baciarlo gentilmente. Così gli stava dando tutto il suo conforto. - Dico bene? -
-Sì, amore mio. Non ho bisogno di una donna per prendere le mie decisioni, sono capace di prenderle da solo, senza l'aiuto di nessuno. - Sospirò, pronunciando le parole che avrebbero cambiato tutto. -Mio figlio è un traditore. Verrà cancellato dalla linea di successione al trono e incarcerato per il resto della sua vita. -
-Oh, Allah, sei sicuro? E' pur sempre tuo figlio! -
-Non voglio ucciderlo, amore mio, cosa c'è di meglio della morte per Mustafà? -
   
 
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