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Autore: Echocide    22/10/2017    4 recensioni
Tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, un giovane principe viveva in un castello splendente, benché avesse tutto quello che poteva desiderare, il principe era viziato, egoista e cattivo. Accadde però che una notte di inverno una vecchia mendicante arrivò al castello e offrì al principe una rosa in cambio del riparo dal freddo pungente.
Lui, che provava repulsione per quella vecchia dal misero aspetto, rise del dono e la cacciò, ma lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova nel cuore.
Il principe la respinse di nuovo e in quel momento la bruttezza della mendicante si dissolse ed apparve una bellissima fata.
Il principe si scusò, ma era troppo tardi, perché lei ormai aveva visto che non c'era amore nel suo cuore e per punirlo lo tramutò in una orrenda bestia e gettò un incantesimo sul castello e su tutti i suoi abitanti.
Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare a sua volta prima che fosse caduto l'ultimo petalo, l'incantesimo si sarebbe spezzato.
Con il passare degli anni il principe cadde in preda allo sconforto...
Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: La bella e la bestia
Personaggi: Marinette Dupain-Cheng, Adrien Agreste, Altri
Genere: romantico, fantasy
Rating: G
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 2.010 (Fidipù)
Note: Bene, questo capitolo io non so proprio da dove l'ho tirato fuori, ma è uscito: in vero, nel progetto originale era leggermente diverso ma, vuoi che mentre scrivevo ascoltavo fissa la colonna sonora del film, vuoi che...oh, insomma! Andava fatto! E quindi ecco a voi il nuovo capitolo de La bella e la bestia!
Detto ciò...beh, che altro dire se non che, come sempre, vi ricordo la pagina facebook, dove potrete restare sempre aggiornati, avere piccole anteprime e leggere i miei deliri. E il gruppo Two Miraculous Writers gestito con kiaretta_ scrittrice92.
Per quanto riguarda gli aggiornamenti alle varie storie, come bene sapete, cesseranno per le prossime due settimane e riprenderanno il 6 novembre con un calendario bello ricco! In ogni caso, vi lascerò tutte le informazioni debite a tempo debito (e per questo ricordo la pagina facebook).
Detto questo, come sempre, ci tengo tantissimo a ringraziare tutti voi che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste.
Grazie di tutto cuore!

 

 

Marinette sorrise, osservando il riflesso nello specchio del grande armadio il cui nome era Mikko: «Sto bene?» domandò la ragazza, posando le mani all’altezza dello stomaco e lisciando la stoffa cremisi del corpetto, impreziosito di pietre nere come l’onice; la gonna si allargava dal punto vita ed era arricchita da un tulle rosso che rifletteva la luce delle candele, anche quello tempestato di pietre nere che davano all’intero abito l’aspetto di una…
«Coccinella» mormorò Mikko, aprendo e chiudendo alcuni cassetti, mentre un nastro volava nell’aria, subito agguantato da un bastone per appendere gli abiti: «Le coccinelle portano fortuna, sa?»
«Ne avrò bisogno stasera…»
«Madamoiselle, si ha sempre bisogno di fortuna» dichiarò Mikko, mentre Marinette si voltava e lasciava che la sarta del castello le acconciasse i capelli in un morbido chignon, da cui alcune ciocche sfuggirono adagiandosi sul collo nudo: «E voi siete assolutamente bellissima. Sono certo che il padrone non vi toglierà gli occhi di dosso» riprese, tirando fuori una collana con una pietra rossa come ciondolo e la posò attorno al collo della ragazza, chiudendola: «Sì, assolutamente bellissima.»
«Sono…» mormorò Marinette, osservando nuovamente il suo aspetto e sorridendo a quella se stessa così differente rispetto a ciò che lo specchio le rimandava sempre: «…diversa.»
«Essere diversi non è un male» commentò Mikko, sospingendola con le ante verso la porta: «E adesso andate. Il vostro principe vi attende.»


«Mi raccomando, Nooroo» dichiarò Plagg, marciando sopra il pianoforte a corde che aveva visto giorni migliori: il legno candido era, in alcuni punti, scheggiato e i decori sembravano sbiaditi; le uniche cose che erano ancora tirate a lucide erano i tasti bianchi e neri, che si muovevano di tanto in tanto: «Voglio qualcosa d’effetto, che crei l’atmosfera giusta. Dobbiamo fare sì che sia il massimo del romanticismo.»
«Con il piano che hai in mente ne dubito» commentò il pianoforte, suonando alcune note: «Ma vedrò quel che posso fare. Romantico, eh?»
«Romantico e d’effetto?»
«Hai altro? Magari vuoi anche un minuetto o una tarantella? Poi? Un po’ di valzer?»
«Per l’amor del cielo, no! Sai bene che il padrone non può ballare nelle sue condizioni.»


Adrien sorrise, mentre osservava la giovane che scendeva la rampa di scale antistante la sua, il lungo e vaporoso abito cremisi che ondeggiava a ogni passo, lo sguardo celeste che brillava e il sorriso radioso completamente rivolto a lui: «Sei…» mormorò, quando fu davanti a lei e si fermò, osservandola alzare la mano e sfiorargli appena lo zigomo con le nocche: «Sei…»
«Sei vestito decentemente» constatò Marinette, studiando la giacca di broccato scuro e i calzoni neri, riportando poi lo sguardo sul suo volto e sorridendogli dolcemente: «Per una volta non sembri un barbone.»
«E tu non sembri uno straccio per pulire i motori» commentò Adrien di rimando, sentendo il cuore che batteva furioso nel suo petto: «Sei splendida.»
«Tutto merito di Mikko, è lei l’artefice di questo meraviglioso abito» dichiarò Marinette, prendendosi le gonne con le punta delle dita e allargandole appena; Adrien rimase in silenzio, senza dire che la bellezza della ragazza centrava poco o nulla con l’abito che indossava: certo, la valorizzava ma lui sapeva che Marinette era bella anche con i suoi soliti abiti e sporca di olio da motori.
«Vogliamo andare?» le domandò, offrendole il braccio metallico e rimanendo in attesa, quasi trattenendo il respiro finché lei non posò la mano nell’incavo del suo gomito, stringendolo appena e lasciandosi guidare nell’ultima parte della scalinata, diretti verso la sala ove li attendeva qualsiasi cosa avesse preparato la servitù di quello strano posto.


«Ma chére madamoiselle et mon cher maître, è con profondo orgoglio e con grande piacere, che vi diamo il benvenuto stasera» Plagg s’inchinò ai due ospiti per quanto il suo corpo metallico glielo permettesse e poi si rialzò, muovendo uno dei bracci con un movimento lento: «E ora, vi invitiamo a rilassarvi. Avviciniamo una sedia» dichiarò, osservando una delle poltroncine muoversi e fermarsi dietro a Marinette: «Avviciniamone un’altra» continuò Plagg, muovendo l’altro braccio e osservando una seconda poltroncina muoversi in direzione di Adrien: «La sala da pranzo è fiera di presentare…» si fermò, lasciando che Nooroo eseguisse un piccolo assolo, facendo muovere i tasti bianchi e neri: «…la vostra cena!»
Adrien sospirò, passandosi la mano metallica sul volto e osservando il candelabro saltellare davanti a loro e sfoderare un sorriso, un presagio di qualcosa di catastrofico che stava per abbattersi; il giovane artigliò la sedia con l’altra mano, mentre la servitù abbassava le luci della sala e alcuni piatti si misero a rifrangere la luce delle poche candele, creando dei giochi di luci per tutta la sala: «Stia con noi. Qui con noi» mormorò Plagg, quasi canticchiando le parole mentre i tovaglioli planavano dolcemente attorno a lui, piegati in quel modo complicato che Adrien tanto ammirava: «Si rilassi d’ora in poi Il portabiti si avvicinò a entrambi, posando un tovagliolo sulle gambe di Marinette e poi, con una piroetta, raggiunse la parte opposta, lasciandone uno sulla gamba metallica di Adrien: «Leghi al collo il tovagliolo, dopo ci pensiamo noi.»
«Sarà così per tutta la cena?» domandò Marinette, chinandosi appena verso Adrien e vedendolo mentre negava con la testa, scoccandole una fugace occhiata di pura disperazione: «Vediamo dove andrà a parare» decretò alla fine la giovane, sorridendo alle scodelle che planarono con delicatezza avanti a loro, accompagnate da due piatti pieni di crostini.
«Soupe du journe, antipasti, li serviamo entusiasti» continuò Plagg, afferrando un vassoio di metallo e mostrandolo ai due, allontanandolo poi quando Adrien allungò la zampa: «Il caviale non lo batti. Ha dei dubbi? Chieda ai piatti.»
«Non importa chiederlo ai piatti» sospirò il ragazzo, provando ad acciuffare alcune tartine: «Basta assaggiarlo!»
Marinette ridacchiò, notando come Plagg balzò lontano dal campo di azione del giovane e cercò a sua volta di recuperare qualcosa dai vassoi ma i piatti e il portabiti erano più veloci di lei a muoversi: «Non mangeremo di questo» mormorò, storcendo la bocca quando si accorse di essere quasi riuscita ad afferrare un piccolo voulevant.
«Penso sia il loro piano: stia con noi. Certo, ma da cadavere.»
«Vive l’amour» continuò Plagg, completamente immerso nel suo soliloquio, balzando fra i due e piegando le labbra in un sorriso malizioso: «Vive la dance. Dopotutto, Madamoiselle, c’est la France.»
«Mi chiedo cosa sarebbe successo se fossimo stati in Italia» bofonchiò Adrien, guardando male un piatto pieno di tartine: «Volavano pizze?»
«E una cena qui da noi c’est fantastique» continuò Plagg, infischiandosene di ciò che aveva detto Adrien e alzando un braccio, facendo volare i menu fino a loro: «Prenda il menù in mano. Un pasto luculliano.»
«M’interessa poco che sia luculliano, se non posso mangiarlo» bofonchiò Adrien, abbassando lo sguardo e sospirando, leggendo velocemente le righe vergate in una grafia elegante.
«Dovremmo mangiare tutta questa roba?»
«Se continuano a fare così, ci alzeremo da tavola con la pancia vuota.»
«E allora perché hanno cucinato?»
«Non li hai ancora imparati a conoscere?»
«Stia con noi» dichiarò Plagg, abbassando la carta di entrambi e sorridendo, muovendo le sopracciglia verso l’alto mentre un sorriso sfavillante gli piegò le labbra: «Qui con noi. Sì con noi.»
«Plagg, siamo qui. Dacci da mangiare ora.»
«Che ragout, che soufflé, torte e caramel flambé» Plagg saltò al centro della tavola, mentre alcuni portavivande comparvero e vennero illuminati dai piatti che, continuando a riflettere la luce, facevano sembrare la tavola il palco sul quale Plagg si stava esibendo: «Preparati e serviti come un grande cabaret.»
«Forse stavolta mangiamo…» mormorò la ragazza, poggiando una mano in quella metallica di Adrien e stringendola appena, sorridendo di fronte all’espressione di pura esasperazione dell’altro: «Voglio sperarci almeno.»
«Lei è sola, impaurita…»
«Plagg, non è né sola e né impaurita» sospirò Adrien, osservando i portavivande girare attorno al tavolo e poi spostò lo sguardo su Tikki che, da una parte, osservava tutto con un sorriso sulle labbra: «Tikki! Puoi fare qualcosa?»
La teiera trasalì, osservando il proprio padrone e poi muovendosi da una parte del proprio portavivande: «Dalla gioia urlerei» dichiarò Tikki, facendo muovere il proprio carrello e avvicinandosi al tavolo: «Ora il vino è già versato e il tovagliolo è accanto a lei; col dessert vorrà il tè…»
«Non vogliamo il dessert, Tikki! Vogliamo mangiare.»
«Ma la tavola è imbandita» s’intromise Plagg e un ringhio provenne dalle labbra di Adrien, mentre Marinette al suo fianco sorrideva piena di divertimento, continuando a tenere la mano in quella di Adrien: «Via la noia e la tristezza, viva la spensieratezza.»
«Mangeremo mai?»
«Se vuoi dopo provo a fare qualcosa io» mormorò Marinette, allungando la mano e punzecchiandogli la guancia con l’indice: «Qualcosa di semplice sono capace di farlo.»
«Almeno non andremo a letto a stomaco vuoto» bofonchiò Adrien, ignorando Plagg che continuava con il suo soliloquio: «A quanto pare preferiscono recitare questa pantomima piuttosto che darci da mangiare.»
«In alto i calici, facciamo un brindisi» dichiarò Plagg, facendo muovere i bicchieri di vino: «Poi resti qua e vedrà, soddisfatta se ne andrà…»
«A stomaco pieno, però non assicuro» commentò Adrien, sussurrando le parole all’orecchio di Marinette e la risata di lei si riverberò in lui: «Stia con noi» bisbigliò, ripetendo la frase di Plagg e sorrise, vedendo lo sguardo celeste di lei posarsi su di lui: «Qui con noi.»
«Qui con voi.»
«Sì, con noi.»


Plagg si lasciò andare sul tavolo, certo che se avesse avuto ancora un corpo umano sarebbe stato madido di sudore: «Secondo voi com’è andata? Io ho notato un certo feeling…»
«C’era, c’era» mormorò Tikki, squittendo allegra: «Avete visto come il padrone la guardava? E come lei ricambiava? Oh, c’era amore vero nell’aria.»
«Allora, presto la maledizione si spezzerà?» trillò allegro Flaffy, volando per la stanza e fermandosi poi sopra Plagg, scuotendo la coda fatta di piume: «Torneremo tutti normali.»
«E’ quello che speriamo, mio polveroso amico» bofonchiò Plagg, spostandosi e fissando male il piumino: «E’ quello che speriamo…»


Marinette sorrise, osservando l’immenso salone da ballo: le pareti avevano visto giorni migliori ed era certa che non sempre erano state decorate con ragnatele, così come il pavimento non doveva aver avuto sempre quella patina polverosa; chiuse gli occhi, cercando di immaginarsi quel luogo al suo massimo splendore e sorrise al pensiero.
S’immagina le mura tinteggiate di bianco o, al massimo crema, i decori nei caldi colori dell’oro, il pavimento di marmo scuro e poi…
«Mi dispiace» la voce di Adrien la riscosse, facendolo voltare verso di lui e Marinette sorrise, di fronte all’espressione piena di imbarazzo che lui aveva in volto: «Di solito, in serate come queste, dopo la cena si balla ma…» il giovane abbassò lo sguardo sulle sue gambe di natura e dimensione diverse: «…sono un po’ impossibilitato.»
«Conoscendomi, sarei capace di inciampare e distruggere ciò che ancora rimane di questo posto.»
Adrien annuì, facendo un passo verso di lei e sorridendo: «Quando sono stato colpito dalla maledizione, io…» si fermò, socchiudendo gli occhi e negando con la testa, trasalendo appena quando sentì le dita di Marinette sfiorargli la guancia e risalire lungo la cicatrice che solcava lo zigomo, raggiungendo il setto nasale: «Io ero arrabbiato e ho iniziato a distruggere tutto ciò che non era…beh, animato.»
«E’ normale…»
«No. Io…»
«Penso sia certo che, chiunque, al tuo posto avrebbe agito come te» dichiarò Marinette annuì e piegando le labbra in un sorriso divertito, allontanandosi e piroettando su se stessa, alzando il viso verso il soffitto grigio e pieno di sporcizia: «Com’era?»
«Cosa?»
«Questo posto?»
«Lussuoso» commentò Adrien, avvicinandosi con lentezza a lei e prendendole una mano, portando lo sguardo di Marinette nuovamente su di sé: «Elegante. Bellissimo» mormorò, piegando le labbra in un sorriso appena accennato e trattenendo il fiato, quando lei fece un passo verso di lui, allungando entrambe le mani al suo volto e sfiorandogli i lineamenti del volto.
Il tocco di Marinette era delicato e dolce, esattamente come lei.
Un qualcosa che sarebbe diventato un problema dimenticare, quando la giovane sarebbe andata via da lui: «Come si spezza la maledizione?» domandò Marinette, sfiorandogli il labbro inferiore con il dito indice e poi, con un sorriso divertito, scostò appena quello superiore per vedere le zanne candide come la neve e acuminate.
Adrien socchiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quella dolce indagine e lasciò andare un respiro mentre faceva un passo e si avvicinava di più a lei: poteva sentire il respiro contro la pelle della gola, libera dalla cravatta annodata e il calore del corpo di lei.
Avrebbe voluto rimanere così per sempre, con gli occhi chiusi e con l’illusione di essere ancora il giovane di un tempo: l’avrebbe corteggiata, certo del suo fascino e lei sarebbe stata immediatamente sua. O forse no.
Forse Marinette avrebbe odiato la persona che era.
«Adrien?»
La voce di lei lo portò via dai suoi pensieri e fu costretto a riaprire le palpebre, ritornando alla realtà dove aveva mani e piedi di natura diverse, la faccia invasa da cicatrici e tralicci di inchiostro nero, e un paio di orecchie feline sul capo: «Cosa?» mormorò, aprendo appena le labbra quando lei gli sfiorò nuovamente lo zigomo con le nocche.
«Come si spezza la maledizione?» gli domandò la ragazza, seguendo il contorno della guancia con le dita e scendendo fino alla mascella: «C’è un modo?»
«Solo uno.»
«E quale?»
Adrien strinse le labbra, scuotendo appena il capo e sorridendole con dolcezza: «Solo l’amore può farlo, Marinette.»


Il riflesso nello specchio vibrò e Fu tornò a rispecchiare ciò che c’era nella camera padronale: essere uno specchio magico aveva i suoi vantaggi, poiché la magia aveva fatto in modo che lui potesse vedere ciò che stava riflettendo; sapeva tutto ciò che succedeva al castello, nonostante non uscisse mai dalla stanza: «Il ragazzo la ama» commentò ad alta voce, mentre una figura femminile usciva dalle ombre e si palesava davanti a lui: «E lei lo ricambia.»
«Lo so…»
«E allora perché la maledizione non cessa?» domandò Fu, facendo vibrare appena la superficie riflettente: «Perché continua a essere una bestia? Solo l’amore può rompere questa maledizione che tu hai lanciato.»
«Ci sono ancora troppe incertezze nel loro amore.»
«Incertezze?» domandò Fu, sentendo la rabbia montare e non sapeva cosa avrebbe dato per avere un corpo di qualche tipo e lasciare che quel sentimento sbollisse in un modo molto simile a quello che usava Adrien: «Cosa vuoi ancora? Cosa vuoi di più da lui? Ha sofferto tutti questi anni e adesso…» si fermò, aspettando un attimo e calmandosi: «Adesso lui non crede di meritare quell’amore che sta ricevendo.»
«Io…»
«Cosa vuoi ancora? Non pensi che abbia imparato dai suoi sbagli? Non pensi che sia cambiato, Sophie?»
«Se è amato» La donna alzò lo sguardo dello stesso colore dell’erba primaverile e si tirò su la cappa di una fredda tonalità celeste, coprendo i capelli d’oro: «Allora la maledizione si spezzerà, ma al momento debito.»

 

 

   
 
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