Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Lady Lara    22/10/2017    3 recensioni
Tratto dall'incipit.
“Mi dispiace … mi dispiace veramente … ma il mio cuore deve restare di ghiaccio!”
La sua mente se ne stava facendo una convinzione e stava alzando dei muri spessi intorno a quel cuore. Ne aveva bisogno perché … perché quegli occhi verdi e quelle labbra di ciliegia, erano riusciti a scalfire quel ghiaccio irrimediabilmente!
Una giovanissima Emma Swan, studentessa universitaria, incontra "casualmente" un giovane che sconvolgerà la sua vita e la condizionerà nelle sue scelte professionali e sentimentali. Il destino è spesso crudele e la vita lascia traumi difficili da superare. L'amore a volte può essere un trauma, specialmente quando ti viene strappato agli albori, quando le speranze sono tante e i sentimenti sono potenti ma, una nuova possibilità fa risorgere la fenice dalle sue ceneri. Emma si chiederà come si è potuta ingannare e innamorare in breve così profondamente. Dovrà lavorare duramente su se stessa per erigere i muri che la proteggeranno, ma se la fenice risorgerà dalle sue ceneri? Sboccerà ancora l'amore? Sarà Emma la fenice? O sarà il bellissimo uomo misterioso che, da un quadro visto in un museo, tormenta i suoi sogni con i suoi magnetici occhi azzurri?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 12
 
Lost Boy …
 
 
Boston. Sabato 26 maggio 2008.

Il Sergente Rogers, con il suo paffuto faccione color cioccolato, mise l’ultima firma sul permesso richiesto da Brennan Jones. L’uomo tossì, portandosi un fazzoletto alla bocca e il Sergente lo guardò nel suo caratteriale modo paterno ed apprensivo.
 
– Brutta tosse Signor Jones!
 
Brennan riprese fiato a fatica, gli occhi arrossati per lo sforzo, e aggomitolò il fazzoletto velocemente nascondendo le macchie.
 
– Da qualche giorno non mi molla, sarà stata la differenza di temperatura tra la Florida e l’Irlanda!
- È stato in Irlanda questi ultimi giorni?
– Si, sono andato a trovare i miei figli … il tempo è stato troppo umido. Anche se siamo a Maggio non è caldo come qua!
– Capisco …  Ecco a lei Signor Jones! I sigilli li può togliere tranquillamente e potrà rientrare nel suo appartamento.
– Non si è capito cosa sia successo di preciso?
– Semplicemente un balordo ha approfittato della sua casa vuota … non troverà danni comunque!
– Strano! Ci sono balordi ordinati?
 
Il Sergente Rogers sorrise.
 
– Diciamo che lei è stato fortunato! Solitamente chi si intrufola in un appartamento lo lascia vandalizzato e porta via le cose di valore … nel suo caso non è stato così!
 
Si salutarono e Rogers raccomandò a Brennan di avere cura di sé. Mentre l’uomo usciva dal suo ufficio con il documento in mano,  il Sergente scosse il capo pensando tra sé:
“Brutta tosse … bruttissima tosse!”
 
***
 
Da quanto non metteva piede in quell’appartamento?
Brennan fece due conti mentre saliva i sei piani in ascensore. Aveva acquistato quell’appartamento circa quindici anni prima. Si trovava in un quartiere vicino all’Università. Il prezzo era stato accessibile, era un quartiere fatiscente, popolato per la maggior parte da studenti in affitto; nel quartiere di Cambridge il prezzo sarebbe stato più alto, ma là andava bene lo stesso... Poteva essere un buon investimento per il futuro dei suoi tre figli, magari un giorno lo avrebbero usato per risiedervi se fossero andati lì all’università. La Harvard University di Boston era prestigiosa, i suoi figli erano molto intelligenti e promettevano un brillante futuro universitario. Il pensiero principale andava a Killian, dei tre figli avuti era a dir poco geniale!
 
Con uno scossone il vecchio ascensore  a gabbia si fermò al sesto piano. I nastri della Polizia ancora sbarravano la porta e Brennan si premunì di strapparli via. Introdusse la sua copia di chiavi nella serratura e, quasi con timore, spinse la porta per aprirla. La luce filtrava dalle finestre dando una buona illuminazione all’appartamento. La luminosità era stata una delle variabili per la scelta di quell’acquisto. Era un ottimo posto per dipingere e lui, pittore di professione, se ne intendeva bene. Quando aveva visto per la prima volta l’appartamento aveva pensato che sarebbe stato perfetto per Killian, era molto abile nella pittura, una dote che aveva ripreso da lui, anzi in suo figlio era amplificata. Il ragazzo era in grado di realizzare, fin da piccolo, immagini e colori di un tale realismo che avrebbero fatto invidia a qualsiasi grande pittore!
 
Brennan sospirò pensando a lui. Killian non aveva voluto incontrarlo, non aveva voluto parlargli. Lo aveva perso purtroppo e sapeva che la colpa era soltanto sua, del suo agire sbagliato. Killian non aveva più voluto saperne di lui da quando aveva scoperto la verità e non aveva “mai” usato quell’appartamento. Non era stato comunque un investimento sprecato, poiché William vi aveva soggiornato per tutto il corso Universitario svolto alla Facoltà di Ingegneria Meccanica di Harvard.
 
Si guardò intorno. Tutto era in ordine. Se la Polizia non avesse avuto una segnalazione non avrebbe mai avuto occasione di intervenire e chi si sarebbe accorto che nel suo appartamento c’era un inquilino abusivo? Certo non lui! Erano anni che non metteva piede in quel luogo! Comunque sia il Sergente Rogers aveva avuto ragione … l’inquilino abusivo era un tipo ordinato e pulito. Chissà chi era? Non si era capito da quello che gli era stato raccontato, il tizio si era come volatilizzato.
 
Gironzolò per le stanze. Si, decisamente la luce era ottima! Decise che sarebbe rimasto. Aveva il Campus Medico a poca distanza, doveva fare delle visite e aveva in mente un progetto che in quella casa avrebbe potuto realizzare con successo. Avrebbe approfittato e preso due piccioni con una fava.  Si accarezzò il mento ornato da un pizzetto ingrigito, mentre i suoi occhi azzurri vagavano nella stanza, già immaginando ciò che avrebbe creato.
 
“Mi servono tele nuove e un po’ di tempo … nessuno mi aspetta più in Florida!”
 
Nessuno lo aspettava più ormai …
Stancamente si avvicinò alla finestra assolata e guardò fuori. Da dietro il vetro vide le auto che sfrecciavano lungo la strada e gruppetti di studenti sui marciapiedi. La vita di quei giovani scorreva serena, nello studio, nella salute, nei loro piccoli e grandi problemi quotidiani. Il suo ultimogenito avrebbe potuto essere uno di loro, essere là in mezzo a ridere e scherzare con gli altri, a lamentarsi di un esame andato male o a gioire per uno andato bene …
 
La nostalgia gli strinse il cuore e la tristezza gli salì imperiosamente verso la gola, fino a raggiungere gli occhi, dove si appostò in una lacrima trattenuta a stento dalla barriera fornita della palpebra inferiore. Si chiese perché la sua vita fosse stata tutta sbagliata. Perché finiva sempre con il perdere le persone che amava? Gli restavano solo i ricordi ormai? Si sentiva vecchio e stanco. Si, forse i ricordi erano ancora qualcosa di prezioso su cui soffermarsi …
--- 0 ---
 
Dublino. 16 anni prima.

Erano le undici di un mercoledì mattina. Nora non ce l’aveva fatta ed era spirata da tre settimane. I ragazzi erano a scuola, nel loro costoso College privato. Solo il meglio per quei due ragazzi! Lo aveva voluto Nora e lo aveva voluto anche lui, poco importava aver dovuto tirare la cinghia per le difficoltà economiche! Da quando anche Nora aveva potuto contribuire brillantemente all’economia della casa, non c’era stato nemmeno più il bisogno degli interventi pecuniari di suo cognato Henry. Ora sarebbe stato diverso …
 
Brennan era nel suo studio, situato al piano terra della palazzina dove abitavano. Aveva davanti a sé una tela, inserita nel cavalletto. La sua mente era vuota, non aveva idee se non pensieri e quelli non potevano essere proiettati su quel panno bianco, perché non avevano colore, erano grigi e tristi, rispecchiavano il suo stato d’animo. La pittura per lui era un lavoro, ma era anche gioia. Aveva un blocco ormai che, dalla disgrazia di Nora, gli impediva di essere creativo come suo solito. Nulla lo ispirava e questo era dannatamente drammatico.
Lo squillo del telefono lo risvegliò da quel torpore mentale e come un automa prese la cornetta e rispose.
 
– Ciao Brennan …
 
Era un mese che non sentiva quella voce e non ne aveva avuto nessuna  mancanza. Pensava che non l’avrebbe più sentita. Non voleva sentirla in effetti e non l’avrebbe cercata.
 
– Dorin?!
 
Aveva astio nei confronti di quella donna, non meno di quanto ne avesse nei suoi stessi confronti. L’ultima volta che si erano visti era stata quella dell’incidente di sua moglie. Se Nora era fuggita sotto la pioggia battente, correndo con l’auto, era per colpa loro. Voleva correrle dietro subito, afferrarla per un braccio, trattenerla e dirle che quello che aveva visto non significava nulla per lui, amava lei, come la amava da sempre. Non l’aveva potuto fare, non solo perché era evidente cosa stesse facendo con Dorin quando lei li aveva sorpresi, ma anche perché Dorin lo aveva bloccato, trattenendolo per l’avambraccio.
Ancora nudi si erano fronteggiati e lei gli aveva detto che visto che Nora ora sapeva, lui avrebbe potuto lasciarla per stare con lei. Brennan si era rivestito in fretta e aveva litigato furiosamente con la modella. Non aveva nessuna intenzione di lasciare sua moglie, avevano una famiglia bellissima e Dorin non valeva tanto. Offesa lei lo aveva schiaffeggiato, si era rivestita a sua volta velocemente e se ne era andata sbattendo la porta. La corsa di Brennan dietro Nora era stata purtroppo inutile.
 
– Cosa vuoi Dorin?
– Sentirti …
- Non ho nulla da dirti … ti ho detto già quello che sai …
- Tua moglie è morta ormai …
- Già … e io e te ne abbiamo la colpa!
– Un incidente ha le sue colpe …
- Io sono il primo colpevole. Non dovevo cederti, dovevo restare professionale. Avremmo finito il lavoro e non sarebbe successo nulla di quanto è successo!
– Non credo … c’era troppa attrazione tra noi …
- Solo quello per me … lo sai bene.
– Mi hai illuso Bren …
 - No! Avevamo detto la prima volta che sarebbe stata anche l’ultima. Perché sei tornata da me quel giorno maledetto?
– Per lo stesso motivo per cui ti sto chiamando …
- Che motivo?
– Ti amavo e ti amo ancora!
– Dorin … mentirei se negassi quanto sono stato attratto da te, l’evidenza ha portato le sue conseguenze purtroppo … Ho due figli da tirare avanti senza la madre … Per te non nutro gli stessi sentimenti che nutrivo per Nora … mi dispiace! Con quello che è successo mi sentirei ancora più in colpa a riallacciare i rapporti con te … dimenticami Dorin, vivi la tua vita e lasciami vivere la mia!
– Dimenticarti? Non mi sarà possibile Bren, ci sarà qualcosa che mi ricorderà di te ogni giorno!
– Non vedo cosa Dorin! Non fare la melodrammatica ti prego!
– Aspetto un figlio Brennan … tuo figlio!
 
La cornetta telefonica era scivolata dalla mano di Brennan, dall’orecchio lungo il collo, mentre le sue labbra schiuse non erano riuscite a proferir parola. Era possibile? Si, era possibile, lo sapeva bene! Difficilmente Dorin stava mentendo.
 
 
– Sei sicura?
– Certo … ho fatto le analisi. Sono di cinque settimane e non ho frequentato nessun altro oltre te …
- Cosa vuoi fare Dorin?
– Non pensare che io butti via nostro figlio Brennan! Ho intenzione di tenerlo e voglio che tu gli faccia da padre!
– Riconoscerò il bambino e ti darò un sussidio mensile per il suo mantenimento, non sono il tipo che si tira indietro!
– Non hai capito Brennan? Io voglio anche te! Voglio che tu sia al mio fianco a crescerlo!
– Dorin io non ho intenzione di sposarti! Non posso fare anche questo a Nora e non posso farlo ai miei figli!
 
Dorin rise all’altro capo del telefono.
 
– Lei non c’è più e ti preoccupi di cosa potrebbe dire? Non mi pare che tu ti sia preoccupato allo stesso modo quando l’hai tradita con me ed era viva e vegeta!
 
A sentire Dorin ricordargli sprezzante quella verità, sentì odio nei suoi confronti. Era stato un idiota, accecato dall’istinto scatenato dal suo corpo nudo nell’occasione dell’ultimo quadro che aveva realizzato con lei come modella. Ormai non poteva porre rimedio ai suoi errori.
 
– I miei ragazzi non dovranno sapere che a causa della nostra relazione la madre è morta! Si capirebbe subito se io ti sposassi a così poca distanza dalla morte di mia moglie! William e Killian mi odierebbero!
– Questi sono problemi tuoi Brennan! Trova una soluzione o sarò io ad informare i tuoi figli che presto avranno un fratello o una sorella!
– Dammi qualche giorno per pensare Dorin!
– Una settimana ti dovrebbe bastare Bren!
 
Avevano ambedue riattaccato il telefono e Brennan si era ritrovato nel suo studio boccheggiando come se gli mancasse l’aria. Stava subendo un ricatto morale da Dorin. Non voleva far sapere nulla ai suoi figli per il momento, ma contemporaneamente voleva mantener fede alla parola data riguardo al suo futuro figlio o figlia.
 
Quando i ragazzi erano tornati da scuola aveva cercato di comportarsi come al solito, evitando di far trasparire la sua preoccupazione, ma nonostante i suoi sorrisi il più piccolo si era accorto che qualcosa lo stava turbando. Killian aveva creduto che suo padre stesse pensando nostalgicamente a sua madre e sensibile e affettuoso come al solito, lo aveva abbracciato, cercando di confortarlo. Brennan si era commosso per il modo di essere di quello stupendo ragazzino e aveva ricambiato l’abbraccio con calore. Doveva trovare una soluzione alla situazione con Dorin e lo doveva fare presto. Nei giorni seguenti arrivò ad escogitare una sorta di piano. Sarebbe partito con Dorin. Il suo lavoro gli avrebbe dato la scusa per andar via dall’Irlanda, doveva far credere a tutti che si trasferiva in America per un incarico della durata di minimo un anno. Avrebbe avuto il tempo di veder nascere il bambino di Dorin, di sistemarla in qualche modo e far la spola periodicamente tra Stati Uniti e Irlanda. Avrebbe condotto una doppia vita per un po’, finché William e Killian fossero stati in grado di accettare l’esistenza di un fratello o una sorella. Riguardo a Dorin … non voleva sposarla, su questo era sicuro, ma forse alla lunga poteva avere del positivo dare una nuova madre ai suoi ragazzi.
Doveva parlare con suo cognato Henry, lui e sua moglie Janette avrebbero dovuto accudire i suoi figli durante la sua assenza, si erano sempre preso cura di quei due nipoti come se fossero loro figli, non ne avevano di propri, e sicuramente lo avrebbero fatto ancora volentieri.
 
Due sere dopo la telefonata di Dorin, Brennan e i ragazzi si ritrovarono a cena dai suoi cognati. Janette aveva preparato i cibi preferiti dei nipoti e i due adolescenti ripulirono i piatti con gusto, ritrovando momentaneamente la gioia di una cena in famiglia. Mentre i due figli gustavano il dolce al cucchiaio preparato dalla zia, Brennan chiese ad Henry se avessero potuto ritirarsi nello studio di quest’ultimo per bere un brandy e fare due chiacchiere.
 
Con non poca fatica Brennan riuscì a comunicare al cognato la sua necessità di trasferirsi negli Stati Uniti per almeno un anno a causa di un grosso lavoro che gli era stato commissionato da un miliardario. Henry lo ascoltava silenziosamente, centellinando il suo Brandy con calma. Seduto dietro la sua scrivania il cognato aveva uno sguardo enigmatico. Brennan non riusciva a guardarlo in viso, si vergognava di quelle bugie, Henry avrebbe meritato la verità, ma ormai lui era entrato in un tale tunnel per cui non gli restava che andare avanti nella menzogna.
 
– Quando intendi partire? Immagino presto!
– Purtroppo si … credo entro un paio di settimane … il tempo di preparare l’occorrente e trovare un posto dove stare …
- Se la tua meta è Boston ho degli amici e colleghi che lavorano all’Università … posso fare qualche telefonata per trovarti un appartamento da quelle parti …
- Henry … non so come ringraziarti! Sarebbe perfetto!
– Va bene allora, domani mi metterò al lavoro!
– Grazie! Grazie veramente!
 
Brennan aveva sorriso al cognato con un’espressione meno tirata della precedente. Quasi stava tirando un respiro di sollievo. Henry non aveva avuto remore all’idea di ospitare i nipoti per tutto quel tempo, lui sarebbe tornato almeno una volta al mese per stare con i suoi figlioli, non voleva perdere certo i contatti con loro! Con il tempo le cose si sarebbero sistemate. Si, era solo questione di tempo! Tutto avrebbe preso la piega giusta!
Henry intanto si era alzato e dandogli le spalle si stava versando un altro mezzo calice di Brandy.
 
– Dimmi Brennan … “lei” partirà con te?
– L - lei?!
– Si … la tua amante … partirete insieme?
 
Henry si era voltato verso di lui e lo guardava dritto negli occhi, il suo bel volto  aveva un’espressione freddamente seria. Brennan sentì le ginocchia cedergli. Come sapeva Henry?
 
– Sei sorpreso che io sappia Bren?!
– Non so cosa tu sappia Henry ma posso spiegarti …
- Cosa hai da spiegarmi? Che mia sorella ti ha trovato  con la tua amante in atteggiamenti inequivocabili e sconvolta è fuggita  finendo in un burrone?
 
Brennan non aveva parole per rispondere, ma quella in fin dei conti era la verità dei fatti. Abbassò mestamente il viso, con uno sguardo rammaricato e triste. Sapeva di essere ingiustificabile …
 
- Come …
- Come lo so? Me lo ha detto Nora!
– Lei pensava che io la tradissi?!
– No, affatto! Mia sorella ti amava e si fidava ciecamente di te! Pensava l’amassi anche tu!
– Ed è vero Henry! Io l’ho sempre amata e ancora la amo!
– Non credo che sia l’impressione che lei abbia avuto quel maledetto pomeriggio! Ci aveva lasciato Liam e Killian per correre da te a festeggiare d’essere riuscita ad organizzarti la mostra che tu desideravi! Era euforica quel giorno e voleva passarlo con te. Quando ha iniziato a piovere in quel modo tremendo ho ricevuto una sua telefonata. Era in macchina e piangeva al cellulare. Era disperata, ha farfugliato di aver trovato suo marito con la sua ultima modella che facevano sesso, una certa Dorin … diceva di non poterlo credere, che non si sarebbe mai aspettato questo da te! Le ho scongiurato di calmarsi, di far piano con la macchina, il tempo era sempre peggio. Le ho detto di fermarsi in un albergo, di non tornare con quel temporale. I ragazzi erano al sicuro, doveva pensare a loro e mandarti al diavolo! Ha riattaccato che ancora singhiozzava, dicendomi di dare un bacio ai figli da parte sua e che sarebbe tornata presto … è stata l’ultima cosa che le ho sentito dire!
 
Lo sguardo di Henry era particolarmente duro in quel momento e i suoi occhi erano lucidi.
 
– Se Nora è morta … tu ne sei stato la causa con il tuo comportamento, il resto lo ha fatto il cattivo tempo, la strada sdrucciolevole e forse la sfortuna …
- Anche Janette lo sa?
– No! Non le ho voluto dire nulla e non dirò nulla ai ragazzi, ma tu, se parti con quella donna … forse è meglio che rinunci a loro!
– Non posso non partire con lei … è incinta e volevo nascondere la gravidanza fino a che i ragazzi non avessero superato il lutto della madre e non fossero in grado di accettare la nuova situazione!
– Anche incinta … sei veramente indegno Brennan! Ti ripeto … sparisci dalla vita di William e Killian, non fargli vivere anche la beffa sul danno e il dolore della perdita della madre!
– Io … io non ce la faccio a rinunciare a loro è l’unica cosa che mi resta di Nora … William potrei riuscire a lasciarlo … è più grande … ma Killian no … lui è quello che mi somiglia maggiormente, è troppo sensibile … è come se fosse una parte di me vitale che non posso amputare … non mi chiedere questo sacrificio Henry!
– Vero, Killian è quello che ti somiglia maggiormente e questo mi preoccupa Bren! Pensi di educarlo per il meglio portandolo con te in una situazione che per lui potrebbe rivelarsi infelice? Tu hai un lato oscuro che potrebbe rivelarsi anche in Killian! Non voglio che corra il rischio di soffrire ancora a causa tua!
--- 0 ---
 
Come poteva Brennan cancellare i ricordi? Quella sera dovette dire ai figli che sarebbe partito presto per lavoro e che si sarebbero rivisti mensilmente. Killian gli aveva chiesto di andare con lui in America. Aveva dovuto rispondergli che non era possibile, che in Irlanda la zia si sarebbe occupata di lui e Liam come avrebbe fatto la mamma. Gli chiese di fare il bravo, di darsi da fare a scuola,  di studiare …
 
La promessa ai suoi figli non era stata mantenuta. Dopo un primo anno ne erano passati anche altri. Si erano rivisti sempre più sporadicamente, Killian si impegnava talmente a scuola con genio e buona volontà, tanto che aveva addirittura fatto esami per passare a livelli superiori, maggiori rispetto alla sua età cronologica. Il ragazzo era convinto che completati gli studi sarebbe riuscito a stare con il padre a Boston e si impegnava al massimo grazie a quella motivazione.
 
Dorin aveva partorito un maschietto moro, con gli occhi azzurri come il padre e il fratello. Brennan si era affezionato all’ultimo nato che gli ricordava Killiam per la somiglianza a livello di goccia d’acqua, ma non era riuscito a dire ai figli maggiori che avessero un fratellino che viveva in America insieme a lui e alla sua compagna. Aveva intenzione di aspettare ancora. Lo avrebbe detto prima a William, lui si sarebbe trasferito a Boston per frequentare la prestigiosa Università, avrebbe occupato l’appartamento che, alla fine, grazie ad un amico di Henry, aveva acquistato nei pressi dell’Ateneo. Dopo cinque anni di permanenza a Boston, Dorin aveva insistito per trasferirsi in Florida e Brennan l’aveva accontentata, amando anche lui il clima del posto. Non avrebbe interferito con la privacy di Liam e con Killian avrebbe parlato con calma, portandolo a vivere con lui e la nuova famiglia in Florida. Neppure quell’idea era andata in porto. Quando aveva detto le sue intenzioni a Dorin, questa aveva rifiutato di ospitare Killian in casa loro.
 
– O lui o io Brennan!
 
Perdere Dorin significava perdere anche il loro bambino di ormai cinque anni e alla fine Brennan aveva preferito tenere distante Killian. I nodi però hanno la caratteristica di giungere al pettine e Killian era troppo in gamba per non arrivare a conoscere la verità celata fino a quel momento. Quel momento della scoperta era stato anche quello della vera fine del rapporto tra Brennan ed il suo secondogenito.
 
Guardando ancora dalla finestra dell’appartamento per studenti, il pittore rimpiangeva tutte le occasioni che aveva avuto. Con Dorin le cose avevano iniziato ad andare ogni giorno peggio. Era una donna molto presuntuosa. Voleva farsi mantenere. Amava il lusso, i gioielli, i begli abiti. Era molto diversa da Nora, non aveva la modestia di sua moglie, né la sua attenzione né tantomeno la sua classe e la sua cultura. Nora aveva passato una fase della loro vita matrimoniale in crisi depressiva, ma quando si era ripresa, aveva ricominciato a studiare ed era riuscita ad ottenere un ottimo lavoro. Era ridiventata la moglie meravigliosa che aveva sposato. Dorin era solo un’egoista e Brennan si era pentito ogni giorno di più del suo grande errore. Aveva preso l’abitudine di bere in modo sempre più smodato, tanto per affogare le sue colpe nella nebbia anestetica dell’alcool. Dorin lo aveva lasciato per un altro uomo alla fine, abbandonando anche il loro bambino.
 
Restando da solo con il piccolo da crescere aveva dovuto smettere di recarsi mensilmente in Irlanda dai suoi figli maggiori, sentendoli solo a telefono
Da che i rapporti con Killian si erano interrotti del tutto erano passati circa undici anni. Con Liam le cose erano andate diversamente, aveva accettato l’esistenza di un fratello illegittimo e, grazie al suo buon carattere, aveva voluto conoscerlo, instaurando con lui un sereno e auspicabile rapporto fraterno.
Disgraziatamente negli ultimi tre anni il suo terzogenito si era ammalato di una grave forma di leucemia. Lo aveva accudito di persona, avevano fatto insieme il duro percorso di quel calvario e da poche settimane il ragazzo era passato a miglior vita, mettendo fine alle sue sofferenze. Brennan sentiva tantissimo la mancanza del ragazzo, giunto all’età di sedici anni. Somigliava tanto al suo Killian e aveva sentito il bisogno di rivederlo. Per quel motivo era tornato in Irlanda, ma Killian era stato glaciale con lui. Sembrava che ormai il bambino dolce e sensibile che era stato avesse lasciato il posto ad un oscuro uomo con il “cuore di ghiaccio”.
 
La lacrima, trattenuta fino a quel momento, sgorgò dal ciglio inferiore e rotolò lungo la guancia ispida di Brennan Jones. Il dolore della consapevolezza non era facile da digerire. Sapeva che anche il “cuore di ghiaccio” di Killian pesava sulla sua coscienza e forse gli restava un unico modo per rimediare, un unico modo per fargli sapere che non aveva mai smesso di amarlo e pensarlo …
 
 
Dublin Marzo 1997. Trinity College   11 anni prima.
 

L’erba smeraldina tagliata di fresco di Parliament Square era ancora umida per la pioggia caduta quella mattina. Non erano infrequenti le piogge di quel periodo. Poi un pallido sole, ancora non del tutto primaverile, avrebbe riscaldato e asciugato tutto.
C’erano pochi studenti in quel momento, nel prato antistante l’entrata del famoso e antico Ateneo di Dublino. Era quasi ora di pranzo e la maggior parte dei giovani si erano già diretti verso Dining Hall, il refettorio che si trovava in posizione più arretrata, oltre the Chapel. 
Il Trinity College era stato istituito nel 1592 da Elisabetta I su terre confiscate agli Agostiniani, tanto per scoraggiare i viaggi d’istruzione all’estero dei giovani nobili irlandesi e sottrarli alle influenze cattoliche. Nonostante le forzature del dominio inglese, il Cattolicesimo aveva continuato a resistere in Irlanda e quell’Università era diventata qualcosa di veramente prestigioso, arricchendosi nei secoli seguenti di splendidi edifici.
 
Mentre gli ultimi studenti si avviavano verso il Dining Hall, un giovane di circa diciassette anni era rimasto seduto sotto uno degli alberi che ornavano il piazzale erboso. Con sguardo pensieroso guardava verso il Campanile di Sir Charles Lanyon, l’elegante struttura campanaria poggiata su un arco che, in posizione centrale rispetto a Parliament Square, rappresentava il simbolo del Trinity College.
Seduto a terra si circondava le ginocchia con le braccia, meditando su quanto era capitato meno di un’ora prima.
Una studentessa più grande di lui sorridendogli alzò la mano nella sua direzione per salutarlo. Il ragazzo rispose al saluto alzando a sua volta la mano, poi, con  la stessa mano, si portò in dietro il ciuffo bruno che gli ricadeva ribelle sulla fronte. Non ricambiò il sorriso, non ne era in vena. Forse la ragazza c’era rimasta male, era una di quelle che avevano un debole per lui. Era un ragazzo piuttosto popolare al Trinity College e lo era per più motivi.
Era conosciuto da tutti come un genio.
 
Il brillante nipote dello stimato Professor Henry O’Danag aveva saltato diversi anni di scuola, grazie alla sua intelligenza e alla sua preparazione e a soli diciassette anni stava per laurearsi con eccellenti voti in Ingegneria Elettronica ed Informatica. Oltre al genio che lo contraddistingueva aveva anche un carattere ed un cipiglio simpatico, corredato di una bella presenza che gli dava un particolare successo con le ragazze, solitamente tutte più grandi di lui. Il giovane Killian Jones era tanto apprezzato dai professori e dalle compagne dell’Università, quanto invidiato dagli altri studenti, con i quali riusciva ad essere accattivante ed amichevole, rendendosi sempre disponibile, sia per aiutarli nello studio sia per partecipare a tornei di calcio o altri sport, nei quali, grazie al fisico snello e atletico, riusciva sempre con successo. Era indubbiamente un ragazzo talentuoso, assetato di sapere e conoscenza.
Da quando sua madre era morta e suo padre era poi partito per gli Stati Uniti, si era gettato nello studio. Aveva successo in ogni materia e aveva imparato a suonare il piano e la chitarra. La sua mente vivace e frenetica imparava con una tale facilità che i suoi insegnati delle scuole medie avevano proposto al suo tutore, suo zio Henry O’Danag, di sottoporlo ad esame per passare al maggior grado di istruzione.
Era stato sconvolgente per Killian ritrovarsi a frequentare l’università, saltando le scuole superiori e frequentando ragazzi e ragazze fisicamente e mentalmente più maturi.
Nell’ambiente universitario aveva avuto stimoli culturali sicuramente più adatti alla sua fervida mente, ma anche le esperienze emotive ed affettive erano state per lui piuttosto precoci, grazie all’attrazione che esercitava sulle studentesse con la sua avvenenza. La sua prima ragazza aveva avuto sei anni più di lui e una certa esperienza in campo sessuale. Con lei aveva scoperto i “piaceri del sesso”, ma alla fine dei conti si era trattato solo di quello. Elise si era laureata prima di lui, in letteratura, e aveva intrapreso una nuova relazione con un collega più adulto di lui, ma erano rimasti buoni amici. Non aveva sentito molto la sua mancanza, le ragazze gli giravano intorno come mosche sul miele, ma nonostante il suo successo non gli piaceva approfittare del proprio fascino, credeva che ci fosse qualcosa in più da cercare in una ragazza, ma ancora non aveva trovato quel qualcosa in nessuna.
 
Dalla morte di sua madre Nora la vita di Killian era diventata una specie di corsa. Aveva creduto che accelerando il suo iter scolastico sarebbe riuscito a convincere lo zio Henry a permettergli di trasferirsi a Boston con suo padre Brennan. Gli mancava moltissimo suo padre, non aveva preso bene la sua partenza per gli Stati Uniti. Brennan durante il primo anno era tornato mensilmente in Irlanda, poi la sua presenza era diventata sempre più rara. Suo fratello William era stato più fortunato di lui, era già da un po’ che viveva a Boston, si stava per laureare in Ingegneria Meccanica. Lo aveva sentito recentemente ed era euforico, stava lavorando su una tesi che verteva sulla meccanica dei sottomarini, una sua grande passione!
Liam non abitava con Brennan, viveva da solo in un appartamento vicino all’Università di Harvard. Per Killian era inconcepibile, suo fratello poteva essere vicino a suo padre, vivere con lui e invece abitava in un appartamento per conto suo! Suo fratello era sempre stato meno legato a Brennan rispetto a quanto lo fosse lui, ma la cosa gli sembrava comunque insolita. Liam gli aveva detto di preferire così, scherzando in un’occasione gli aveva risposto che era meglio avere l’appartamento tutto per sé, poteva portarci una bella ragazza ogni tanto senza dover litigare con coinquilini né con il papà. Il diciassettenne aveva accettato quella motivazione, Liam gli era maggiore di quattro anni, sicuramente sentiva più fortemente di lui il bisogno di avere quel tipo di privacy.
 
Negli ultimi quattro anni Killian si era ritrovato come un figlio unico per zia Janette e zio Henry. Gli volevano un gran bene e li ricambiava, anche se alcune volte gli sembravano eccessivamente protettivi e soffocanti. Lo zio Henry era un uomo straordinario, docente di Storia e Filosofia alla Trinity, era sempre stato per lui di grande stimolo culturale. Non c’era domanda alla quale suo zio non sapesse rispondere, a parte argomenti specifici di ingegneria e informatica, sui quali il sapiente era Killian e sui quali riusciva a sua volta ad impartire lezioni allo zio. Spesso rideva di suo zio quando davanti ad un computer gli sembrava come un bambino con uno strano giocattolo misterioso. Per Killian l’informatica e i macchinari elettronici avevano un fascino immenso e li conosceva talmente bene che riusciva a far magie con le sue conoscenze.
 
Da qualche giorno stava meditando di andare a trovare suo padre e suo fratello in America. Non c’era mai stato, sempre preso dallo studio e dalla scuola. Aveva chiesto il permesso a suo zio. Era ancora minorenne e come suo tutore era necessario avere la sua autorizzazione. Henry aveva tergiversato con la scusa della preparazione della sua Tesi di Laurea e della discussione per la sessione estiva.
Un’ora prima il ragazzo era andato nel suo ufficio universitario con l’intento di ottenere ad ogni costo l’autorizzazione, ma suo zio era stato irremovibile. A suo parere non c’era motivo per partire in quel periodo, gli sembrava solo un capriccio da ragazzino.
A sentirsi definire “ragazzino capriccioso” Killian era andato su tutte le furie. Non l’aveva mai considerato “ragazzino” suo zio! Perché cominciava ora che stava per diventare un Ingegnere e voleva un po’ di autonomia? In fin dei conti voleva solo andare a trovare suo padre e suo fratello! Non sarebbe rimasto mesi, bensì due o tre giorni! Per la Tesi da preparare non aveva nessun problema e non avrebbe saltato la sessione estiva per quella brevissima vacanza! Non aveva detto a suo zio che quel periodo era importante per lui poiché il 17 di Marzo anche a Boston sarebbe stato festeggiato San Patrizio, così come in Irlanda. La comunità irlandese a Boston festeggiava alla grande, con la parata, come nel suo paese d’origine. Avrebbe fatto una sorpresa a suo fratello e a suo padre. Si sarebbe reso inizialmente irriconoscibile, truccato di verde e dipinto a  trifogli sul viso. Durante la parata tutti si conciavano in quegli strani modi per ricordare i simboli tipici dell’Irlanda e del suo Santo Patrono, poi quando meno se lo fossero aspettato si sarebbe fatto riconoscere, sorprendendoli e rendendoli felici di averlo lì con loro.
 
Era andato via dall’ufficio dello zio Henry sbattendo la porta, mentre lui gli intimava di tornare indietro e scusarsi. Non aveva nessuna voglia di scusarsi con lui, era convinto di essere nella ragione e di non essere stato rispettato nel suo desiderio.
 
 
Seduto sotto quell’albero stava rimuginando un piano per riuscire nel suo intento. Sarebbe stato a Boston per la parata del 17 Marzo a qualsiasi costo! Come però? Iniziò a pensare in modo inverso. Il suo scaltro cervello stava utilizzando il lato oscuro della sua personalità. Avrebbe usato tutte le sue capacità, ogni mezzo sarebbe stato lecito. Come avrebbe detto il suo Filosofo zio, in una lezione sul Machiavelli,
 
“Il fine avrebbe giustificato il mezzo.”
 
Si alzò da dove era seduto con un ghigno beffardo sul giovane e bel volto. Una lucina diabolica guizzò nell’azzurro incantevole dei suoi occhi. Non era riuscito con suo zio usando le buone? Poco male! Lo avrebbe ingannato! Lo aveva voluto lui no?
 
Risoluto era tornato dallo zio e si era scusato per prima, gli disse che aveva ragione lui, non era il momento di andare in America, doveva impegnarsi per la compilazione della tesi. Henry, con il suo affetto e il suo solito fare bonario, anche se severo, gli aveva sorriso compiaciuto e lo aveva perdonato con una pacca sulla spalla. Killian si era vergognato di sé in quel momento, suo zio si fidava di lui e non si aspettava di certo lo scherzetto che aveva in mente.
Uscito dall’ufficio con suo zio per andare in mensa, aveva continuato a rimuginare per trovare una scusa e nel momento in cui incontrò il suo compagno di studi Jamie Heughan, capitano della squadra di calcio, l’idea gli saltò agli occhi in un baleno.
 
– Ciao Jamie! Hai già pranzato?
– Ciao Killian! Si ho finito ora!
– Peccato potevamo fare due chiacchiere per l’organizzazione dell’amichevole!
– L’amichevole?!
 
Killian aveva fatto l’occhiolino a Jamie, indicando con lo sguardo suo zio poco distante.
 
– Si, si … certo l’amichevole … che pensavi?
– Sarebbe una buona idea organizzarla per i tre giorni di San Patrizio non trovi? Il ricavato in beneficienza …
- Si! Ottima idea!
– Sarà necessario il ritiro …
- Ovviamente Killian … facciamo una riunione più tardi con gli altri …
- Si, ti chiamo dopo pranzo!
– D’accordo Killian!
 
Jamie era andato via lanciandogli uno sguardo strano, aveva capito che il suo amico e compagno di squadra stava combinando qualcosa che il caro zio Prof non doveva sapere! Killian era consapevole che doveva dire in parte il suo intento al suo amico e dopo pranzo lo avrebbe chiamato per spiegargli la situazione.
 
Aveva pochi giorni per preparare tutto l’occorrente per il viaggio. Doveva prenotare i biglietti aerei, ma prima procurarsi altro. Non l’aveva mai fatto ma per lui sarebbe stato un gioco da ragazzi. In quel momento si sentiva come un pirata e ridendo tra sé volle dare un nomignolo a quell’avventura.
 
“Questa sarà l’operazione Captain Hook! Caro papà … presto sarò da te!”
***
 
Alla fine il 15 Marzo si era ritrovato sull’aereo per Boston. Con sé aveva una sola borsa con pochi indumenti. Per un ritiro di due giorni, con la sua squadra e la partita di beneficienza del 17 Marzo, era quanto bastava! Anche suo zio ne aveva convenuto. Un paio di cambi e il resto divisa da calcio.
 
Henry lo aveva accompagnato al solito luogo del ritiro in auto e quando era andato via Killian aveva preso l’autobus per l’Aeroporto Internazionale di Dublino. Avrebbe telefonato tutte le sere agli zii e loro non si sarebbero accorti di nulla fino al suo ritorno.
 
Sull’aereo si sentiva felice, “una piccola carogna felice” in realtà! Al ritorno avrebbe confessato tutto agli zii, gli voleva dimostrare che era stato in grado di fare quel viaggio senza troppo interferire con gli studi. Sorridendo intanto pensava a come avrebbe fatto al suo arrivo. Conosceva l’indirizzo di Liam, era lo stesso che per anni era stato di suo padre Brennan. Non conosceva l’indirizzo attuale di suo padre, ma non sarebbe stato difficile trovarlo.
 
Arrivato a Boston prese una stanza in Hotel e telefonò a suo fratello. Parlarono del più e del meno e tanto per far due “apparenti” chiacchiere gli chiese quali fossero i suoi programmi per il 17, era sicuro che Liam lo avrebbe passato con Brennan.
 
– La mattina sarò a casa, sto ultimando la tesi lo sai! Per le quattordici andrò da papà, ci vediamo in un Pub a South Boston e da lì andremo alla parata.
– Ti metti in verde?
– Giusto una maglietta con la scritta “I am an Irish boy” … sono troppo vecchio per truccarmi!
 
Liam aveva riso e Killian con lui, da piccolo non gli era mai piaciuto truccarsi per la festa del Santo, figuriamoci  ora!
 
Riattaccando il telefono Killian sapeva come si sarebbe comportato. Irriconoscibile si sarebbe appostato sotto l’appartamento di suo fratello e lo avrebbe seguito fino al Pub dove avrebbero incontrato suo padre e lì …
 
“Sorpresa!!”
 
Il ragazzo gongolava all’idea!
Il 17 mattina Killian si era procurato un cappellaccio a tuba e una parrucca arancione. Aveva trovato anche una giacca e un paio di pantaloni perfetti, in tipico stile St. Patrick’s day. Puntuale aveva atteso che suo fratello William uscisse per prendere l’autobus e non destandogli nessun sospetto era salito sul mezzo dietro di lui.
Arrivati a South Boston già parecchia gente iniziava a radunarsi, tra quelle persone Killian si confuse ancor meglio e continuò a seguire Liam fino ad un Pub non troppo affollato.
Non vide subito suo padre. Si guardò intorno e vide improvvisamente un bambino intorno ai cinque anni correre verso Liam. Il bambino aveva un’aria estremamente familiare. Killian rimase stupito. Chi era quel piccoletto? Il bambino si gettò tra le braccia di Liam e questi lo alzò in alto stringendolo affettuosamente a sé. Quel gesto di Liam verso il piccolo e la sua reazione gli ricordarono qualcosa della sua infanzia. Guardò meglio il bambino e gli sembrò di rivedere una sua vecchia fotografia a quell’età. Il piccoletto era bruno di capelli e aveva un bel visetto con due vivaci occhi azzurri. Killian conosceva bene quegli occhi, li vedeva ogni volta che si guardava in uno specchio e tutte le volte che aveva guardato in viso suo padre Brennan.
 
- Willy fai respirare tuo fratello maggiore tesoro!
– Ma no Dorin! Il mio fratellino Liam Junior non mi dà nessun fastidio!
 
Una bella donna mora, alta, dai lunghi capelli  ed un corpo snello e sinuoso era arriva dietro il bambino.
 
“Fratellino?”
 
A Killian sembrò che tutto si fermasse improvvisamente intorno a sé. La gente colorata che passava festosa gli sembrava improvvisamente congelata e scolorita in bianco e nero. Si muoveva solo la scena che aveva davanti agli occhi. Liam, il bambino, la donna e … suo padre! Brennan Jones avanzava dietro la donna dai capelli lunghi. Lo vide prendere in braccio il piccolo Willy e sentì il bambino chiamarlo “Papà”
 
Come era possibile?!
La donna, che suo fratello aveva chiamato Dorin, si accostò a Brennan infilando una mano sotto il suo braccio, mentre egli baciava su una guancia il bambino.
Era un incubo? Stava sognando ad occhi aperti? Killian battè le palpebre incredulo. Suo padre aveva una nuova famiglia e lui non ne sapeva nulla? Il bambino aveva almeno cinque anni! Dove era saltato fuori quel frugolo? Il ragazzo cercò di schiarirsi la vista che si stava riempiendo di lacrime. Guardò meglio la donna. Aveva una faccia conosciuta … dove l’aveva già vista? La sua memoria visiva era eccellente e in un attimo rivide davanti a sé i quadri che suo padre aveva dipinto cinque anni prima per una catena di Beauty Centers. Quella donna era la modella che appariva in tutte le fogge in quei quadri dedicati alla bellezza delle dee, da Diana la cacciatrice a Venere nata dalle acque …
 
Non era necessario essere un “genio” per capire la situazione. Chiunque ci sarebbe arrivato, ma Killian capì molto di più. In una frazione di secondo passarono davanti ai suoi occhi una serie di eventi e il suo frenetico cervello capì tutto ciò che era accaduto. Quella donna c’era già prima della morte di sua madre! L’incidente era capitato sulla strada del ritorno! Sua madre non doveva tornare così presto! Era andata per passare il fine settimana con suo padre, gli aveva fatto una sorpresa, ma evidentemente le sorprese non portavano bene nella sua famiglia! Aveva trovato quella donna con suo padre? Così come l’aveva trovata ora lui? Forse a sua madre era andata anche peggio! Se aveva avuto quell’incidente era possibile che fosse sconvolta! Suo padre Brennan era la causa di tutto?! Liam sapeva! Liam sapeva che suo padre era andato via dall’Irlanda per avere una nuova famiglia! E i suoi zii? Anche loro sapevano! Ecco perché lo zio Henry non voleva farlo partire!
 
Killian sentì qualcosa frantumarsi nel petto. Tutti lo avevano tradito! Tutte le persone che amava di più al mondo gli avevano nascosto la verità! Perché?! Perché?! Suo padre aveva chiamato il suo terzogenito William, teneva così tanto a suo fratello da voler chiamare con lo stesso nome anche il piccolo?! Suo padre lo aveva dimenticato, lo aveva rimpiazzato con un fratellino che gli somigliava incredibilmente! Suo padre non lo amava … questa era l’amara verità che si celava dietro a quella pantomima!
Gli aveva sempre detto che lui era il suo “figlio speciale” …
 
“Bugiardo! Bugiardo!”
 
La rabbia stava montando furente nel petto del giovane Killian Jones. Avrebbe voluto colpire suo padre con un pugnale nel cuore! Se avesse avuto in mano un oggetto di quel genere lo avrebbe usato! Correndo tra la folla lo urtò violentemente ad una spalla, quasi facendolo cadere, e continuò a correre, mentre suo padre, suo fratello e la donna che era con lui, protestavano per il “pazzo scellerato” che non guardava dove stava correndo.
 
Non lo avevano riconosciuto. Non avevano capito chi fosse! Un altro segno che non era minimamente nei loro pensieri!
 
Aveva corso a perdifiato, infilandosi per le strade collaterali a quelle dove la parata si stava facendo sentire con canti e musiche allegre, tipiche della sua “verde isola”. Le lacrime gli rigavano il viso, sciogliendo il verde che vi aveva spalmato con tanta attenzione. Scacciò le lacrime con il dorso delle due mani e si sbaffò ulteriormente il colore sulle guance. Si strappò dal capo il cappello e la parrucca rossa, buttandoli lontano da sé. Voleva fare una sorpresa ai suoi cari, ma la sorpresa l’aveva avuta lui, ed era stata molto amara. Tirò su con il naso. Si sentiva a pezzi. Vide un gruppo di irlandesi entrare in un Pub di quella via secondaria, li seguì …
 
Non era un Pub di gran classe quello! Non c‘erano solo irlandesi, era frequentato da gente che si vedeva a colpo d’occhio che fossero di malaffare. Killian non si era reso conto dove fosse finito di preciso, ma di sicuro si era allontanato parecchio da suo padre e dalla sua nuova famiglia. Ordinò da bere Rum,  Whiskey e tutto ciò che di alcoolico il Pub offrisse. A San Patrizio l’alcool scorreva a fiumi, non avrebbero fatto caso a lui, a chi importava se stavano servendo super alcoolici ad un minorenne? A lui non importava più niente in quel momento. Continuò a ingerire alcool finché non vide tutto girare intorno a sé e non perse i sensi.
 
Non seppe dire quanto tempo era passato dallo svenimento. Si rese conto di avere un dolore di testa tremendo, come se qualcuno l’avesse colpito con una bastonata. Gli facevano male gli occhi e aveva la nausea. C’era un gran puzzo intorno a lui. Scosse la testa e si guardò intorno. Giaceva su un cumulo d’immondizia, in un vicolo cieco. Non sapeva come fosse arrivato lì. Cercò di rimettersi in piedi. Doveva tornare al suo albergo. Doveva ripartire. Voleva andar via da Boston e non tornarci mai più. Barcollò e ricadde sul mucchio di sporcizia puzzolente. Si rialzò ancora poggiandosi alla parete muffida. La nausea lo assalì e vomitò un disgustoso miscuglio acido di alcoolici. Gli occhi gli bruciavano più di prima. Si pulì la bocca con la manica destra e poi cercò di pulirsi le mani sulle tasche della giacca da parata e, in quel movimento, si accorse di non aver più con se il suo portafogli. Si guardò intorno disperato. L’avevano derubato o il portafogli gli era semplicemente caduto? Poi lo vide. Era buttato sul mucchio di immondizia. Tirò un sospiro di sollievo. Lo raccolse, ma scoprì che in effetti era stato rapinato. Non c’era un soldo bucato nel portafogli … c’erano soltanto i suoi documenti. Doveva procurarsi altri soldi … non avrebbe potuto pagare l’albergo e non voleva certo far scoprire che avesse mentito, non poteva chiamare suo zio, né suo padre o suo fratello.    
Gli avevano rubato anche l’orologio e il cellulare. L’unica risorsa gli veniva dal suo genio. Doveva trovare un Bancomat, sapeva come far uscire soldi anche senza la carta di credito. “L’ operazione Captain Hook” doveva continuare anche in quel modo!
 
Girovagò per ore, non sapeva che ore fossero e sospettava che non fosse più il 17 Marzo. Si era svegliato in quel vicolo che era sera e aveva perso completamente l’orientamento. Normalmente avrebbe chiesto aiuto alla Polizia, ma non era quello il caso. Trovò il bancomat che cercava e si mise subito all’opera. Non si rese conto che qualcuno nell’ombra lo stava osservando.
 
Dublin sera di San Patrizio, contemporaneamente …
 

L’ora di cena era passata da diverse ore. Henry O’Danag iniziava ad essere preoccupato, ma non voleva far trasparire i suoi pensieri a sua moglie. Sicuramente la partita era andata bene per la squadra di suo nipote e si erano attardati a festeggiare. Killian gli aveva detto che lo avrebbe riaccompagnato a casa il Dottor Heughan, il padre pediatra di Jamie. La partita di beneficienza avrebbe contribuito proprio alla realizzazione di un progetto pediatrico del suo ospedale e lo stesso Henry, pur non amando il calcio e non partecipando alla partita, aveva acquistato un biglietto con un generoso contributo.
Janette si affacciò dalla porta dello studio. Aveva indossato la sua camicia da notte in seta glicine, ma non era ancora riuscita ad addormentarsi.
 
– Tesoro … sei riuscito a sentire Killian?
 
Janette aveva un’espressione molto materna. Era un peccato che una donna così amorevole non avesse potuto avere figli! Henry l’amava teneramente e non gliene aveva mai fatto una colpa. Si alzò dalla sedia e si avvicinò affettuosamente a sua moglie. Le accarezzò la guancia guardandola negli occhi preoccupati. Le sollevò il mento e le diede un tenero bacio sulle labbra.
 
– Cara lo sai come succede con i ragazzi! Fanno il diavolo a quattro per avere l’ultimo modello ipertecnologico di cellulare e poi non sono mai raggiungibili!
 
Killian aveva ottenuto, per il suo diciassettesimo compleanno, festeggiato il precedente 26 Gennaio, un costoso nuovo modello di telefonino. Era stato un regalo di Henry e Janette, era più che meritato, inoltre il ragazzo andava matto per quegli aggeggi!
 
– Henry … non riesco a stare tranquilla! Perché non chiami a casa Heughan?
– Amore mio è piuttosto tardi! Sean sarà con i ragazzi, magari sua moglie Celine sta dormendo!
– Ti prego Henry! Se non lo fai tu lo farò io!
 
Alla fine aveva acconsentito e rimase meravigliato di sentire all’altro capo del telefono la voce di Sean Heughan.
 
– Henry! Tutto bene? Killian ha avuto un peggioramento?
– Un peggioramento?!
– Jamie mi ha detto che non è potuto venire per un febbrone, ma pure senza il nostro “bomber” la squadra ha vinto per quattro a due, anzi, a proposito, grazie per il tuo generoso contributo!
– Come Sean? Killian non ha giocato?!
 
 
Sean aveva buttato giù dal letto Jamie e questi aveva confessato che era stata tutta una macchinazione di Killian per avere quei tre giorni liberi. Non sapeva di preciso cosa stesse combinando il suo migliore amico, ma gli aveva retto il gioco e la partita si era fatta veramente, apportando un ottimo risultato.
 
Henry non sapeva più cosa pensare. Ricordava perfettamente le rimostranze di suo nipote riguardo a qualche giorno da passare con suo padre e suo fratello. Possibile che fosse partito senza la sua autorizzazione? Aveva preso il passaporto dal cassetto dove lui lo custodiva? E i soldi per il biglietto aereo?
Henry si era precipitato nella stanza di suo nipote e lì aveva trovato il bandolo della matassa.
Il passaporto di Killian era nascosto nel cassetto della sua scrivania e con esso vi erano inchiostri di vario colore, turaccioli di sughero finemente intagliati, riproducenti i timbri statali irlandesi. Diversi fogli di carta e cartoncino erano depositati nello stesso cassetto. Killian aveva usato la sua arte di riprodurre fedelmente immagini e colori e aveva falsificato un passaporto? Possibile che quell’adorabile ragazzo avesse alla fine tirato fuori il lato oscuro che apparteneva a suo padre Brennan?
 
Henry ricadde seduto sulla sedia davanti alla scrivania di suo nipote. Era spiazzato! Aveva sottovalutato la caparbietà di Killian, la sua forza di volontà e il suo genio! Per i soldi come aveva fatto? Aveva un suo gruzzoletto, ma era anche un abile informatico! In che guaio si era cacciato? Arrivando a Boston avrebbe inoltre scoperto una verità che non aveva mai sospettato! Come l’avrebbe presa?
Henry era veramente preoccupato e chiamò Brennan. La preoccupazione superò i limiti quando il cognato gli rivelò che non aveva né  visto né sentito il ragazzo. Liam gli confermò la stessa cosa. Dove diavolo era finito Killian?
 
Ad Henry e Janette non rimase che correre alla polizia. Il loro amato ragazzo mancava da casa da tre giorni!
 
 
La Polizia dublinese fu molto efficiente. Nel giro di pochi minuti raccolsero tutti gli elenchi dei passeggeri in partenza per Boston e non solo. Il nome di Killian Jones non era presente in nessun volo.
 
– Il ragazzo si è allontanato spontaneamente, potrebbe essere ovunque Professore! Magari non è partito ed è ancora qui! È un tipo vendicativo?
– Oddio Commissario! Impulsivo lo è, ma motivi di vendetta non ne ha mai avuti! Non credo che sia quello il motivo della sua scomparsa, io credo che sia partito per Boston, era quello che voleva! Forse nel falsificare il passaporto ha messo un altro nome e non il suo!
– Un ragazzo di 17 anni con tutta questa abilità Professore O’Danag?!
– Mio nipote è un genio Commissario! Ha 17 anni è vero, ma si sta per laureare in Ingegneria elettronica, è un abile informatico e ha un talento eccezionale nel riprodurre colori ed immagini!
– Notevole veramente!
 
Janette intanto non faceva che piangere, preoccupata per il peggio.
 
– Suo nipote può intrufolarsi nei circuiti informatici come un hacker esperto quindi!
–Temo di si Commissario!
– Facciamo un controllo sul suo conto corrente Professore!
 
Il Commissario Adam O’Leary chiamò il suo agente più esperto in informatica e, presto, un’altra brutta sorpresa si palesò agli occhi di Henry O’Danag.
 
– Mi dispiace Professore! Risulta un ammanco sul suo conto il giorno 10 di Marzo e poche ore fa si sono verificati diversi prelievi! Un hacker è entrato sul suo conto, ha usato un pin particolare …
- Che pin?
– Ha usato un nome … “Captain Hook”, un nome da pirata ovviamente! Possiamo sapere anche dove si è verificato il prelievo …
 
L’agente intanto continuava a digitare velocemente sulla tastiera del suo computer e in pochi secondi comparve una schermata degli Stati Uniti.
 
– Boston! Il ragazzo è veramente a Boston! Sicuramente ha usato un nome falso sul passaporto e si è data una diversa età! Controlliamo ancora la lista dei passeggeri, magari a voi parenti viene in mente qualcosa …
 
Henry e Janette scorsero freneticamente i fogli con i nomi dei passeggeri che erano partiti per Boston dal 15 di Marzo. Fu Janette ad avere un’intuizione. Puntò improvvisamente il dito su un nome.
 
– Eccolo Henry! È lui! Sono sicura che si tratti di Killian!
L’agente informatico rientrò nell’ufficio del Commissario O’ Leary.
 
– Mi scusi Commissario! Non so cosa stia succedendo, ma continuano a verificarsi prelievi a nome di Captain Hook anche su altri conti!
– Mi dispiace Professor O’Danag, ma questo è un caso da segnalazione all’Interpol, suo nipote si sta comportando da fine criminale, deve essere fermato prima che sia troppo tardi!
 
“In che guaio ti sei cacciato Killian? Possibile che non sono riuscito a vegliare su di te?”
 
Henry non avrebbe mai immaginato che Killian era nei guai più di quanto avesse potuto pensare ….
 
***
Contemporaneamente a Boston. Notte del 18 Marzo.
 

– Guarda, guarda che oca dalle uova d’oro abbiamo trovato Mouse!
– Si Tom! Veramente una bella ochetta in verde irlandese!
 
Killian aveva appena ottenuto una cospicua cifra di dollari dal Bancomat e sentì gelarglisi il sangue nelle vene al suono di quelle due voci. Si voltò terrorizzato e si trovò davanti due loschi figuri. La sua agilità non riuscì ad aiutarlo, era troppo debole per l’alcool ingerito e per i due delinquenti fu un gioco da ragazzi afferrarlo e portarselo dietro .
 
– Portiamolo da Scarmaker! Ci potrà essere parecchio utile!
Il ragazzo cercava di divincolarsi, scalciando. Ma quello che era stato chiamato Mouse gli diede un colpo tra capo e collo facendolo stramazzare.
***
 
Non sapeva dove si trovasse, non sapeva chi avesse difronte. Sapeva soltanto di essere in grave pericolo. Il terrore gli stringeva il cuore, mentre la testa dolorante gli ciondolava in avanti. Qualcuno lo afferrò per il ciuffo e gli fece alzare il viso.
 
– Pulitelo da quella vernice che si è impiastrata in faccia, voglio guardarlo bene!
 
Mentre il tizio lo teneva per i capelli, un altro aveva preso uno straccio puzzolente bagnato e glielo stava passando in faccia.
 
– Bene! Adesso vediamo che faccia hai “gallinella dalle uova d’oro”!
– Mi venga un colpo! Quanti “cazzo” di anni hai ragazzino?!
 
L’uomo che aveva parlato fino a quel momento, gli stava alitando sul viso con il suo fiato da fogna. Killian, schifato, ebbe un conato di vomito e rigettò l’ultimo alcool rancido che aveva nello stomaco.
 
– Ti sei bevuto tutto il Mistyc ragazzo? Si e no che avrai sedici o diciassette anni! Ci sai fare con i Bancomat, nessuno di noi ha questa capacità! Sarà un gioco da ragazzi con te svuotare tutte le casse della città questa notte!
– Io non svuoto proprio niente bastardo!
 
L’uomo dall’alito di fogna rise sguaiatamente.
 
 – Tu farai quello che cazzo ti ordino io bamboccio o quel bel visino non sarà più tale!
 
Killian, ormai senza più una goccia di alcool in corpo, si stava riprendendo un minimo e, battagliero ed impulsivo come era, non aveva nessuna intenzione di stare agli ordini di quella feccia.
Velocemente puntò sui piedi e si alzò con la sedia attaccata al sedere. Vi era legato con le braccia dietro lo schienale. Come un ariete inferocito diede una testata nel grosso ventre dell’uomo e lo fece cadere a terra. Tom e Mouse lo riafferrarono e lo risbatterono sulla sedia.
 
– Piccolo pezzo di merda! Tenetelo! Ora ti faccio vedere io chi comanda qui!
 
 Killian sentì uno scatto meccanico e vide un luccichio nella mano dell’uomo chiamato Scarmaker. Vide l’appuntito coltello avvicinarsi alla sua guancia destra, sotto l’occhio. Sgranò gli occhi azzurri terrorizzato, mentre i due tizi che lo tenevano ridevano divertiti.
 
– Non esagerare Scar, è tanto bellino lui!
– Solo un ricamino per ricordargli chi comanda Mouse, male che vada acquisterà meglio il fascino del pirata!
***
 
Boston. Lunedì 18 Luglio 2008
Il Maggiore Lorna Stone ancora teneva la mano al bavero dell’Agente Speciale Killian Jones. I suoi indagatori occhi castani fissi in quelli azzurri di lui.
 
Killian era rimasto spiazzato dalla notizia. Emma era incinta! Era rimasto con le labbra schiuse, incapace di dire qualsiasi cosa. Lorna viaggiò con lo sguardo sul suo viso e vide il guizzo nervoso sulla sua guancia destra, la stessa dove si stendeva orizzontale, sotto l’occhio, una leggera cicatrice che non ne deturpava minimamente l’avvenenza dei tratti somatici. Lorna sapeva benissimo la storia di quella cicatrice, come conosceva tutta la storia del miglior Agente in incognito della D.E.A.
 
Gli tolse la mano dal collo nel momento in cui vide la gioia nei suoi occhi di lapislazzulo.
 
– Lei aspetta mio figlio?!
 
Incredulo lo aveva chiesto in un sospiro, mentre l’emozione si rifletteva anche sulle sue sensuali labbra, stese in un sorriso.
 
Lorna Stone, il freddo e distaccato Maggiore, Profiler della F.B.I. esperta psicologa della famosa squadra di “Mindhunters”, provò tenerezza per lui.
Non era la prima volta che Killian Jones le scatenava quel sentimento. Era un sentimento materno che lei aveva provato una sola volta in vita sua. Quando aveva incontrato per la prima volta un giovanetto strafottente di diciassette anni. Sul suo passaporto il nome sotto la fototessera era indicato come Kim Steward …
 
 
Angolo dell’autrice
Ciao a tutti miei cari lettori! Vi ringrazio di essere arrivati fin qui. Continuano le spiegazioni sul misterioso Agente Speciale della D.E.A. Vi è piaciuta la sua storia? Vi ha tenuto in suspence come speravo? Sono cattiva lo so, lo so!
Avete visto la 3 x 7? Io ancora no. Internet oggi è ballerino da queste parti, spero di riuscire a postare e poi a guardare OUAT. Vorrei essere un Hacker esperto come il nostro bel pirata dagli occhi azzurri, ma sono quella che definisco una “imbranata informatica”.
Sperando che riusciate a trovarmi sul sito … vi saluto e ringrazio tutti coloro che seguono e che desiderano lasciare un commentino.

Vi informo, per chi ha iniziato a leggere da pochi giorni, che i capitoli 2,3 e 4 li ho trovati invertiti. Non so come sia successo! Misteri di internet! L’ho detto io che sarebbe meglio avessi le capacità di un Hacker! Comunque li ho risistemati! Vittoria! Ho capito come funzionano le freccette! Pensate come sto messa ;))
Buona settimana a tutti.
Dalla vostra Lara
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Lady Lara