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Autore: Jazebel89    22/06/2009    1 recensioni
Chi sono io? vi starete chiedendo a questo punto. Ebbene, ho avuto molte identità. (...) Un tempo, (...) , ero conosciuta come Blàthnaid dal Seno di Perla, nata la notte di Samhain del 412 d.C. (vent’anni prima che San Patrizio cominciasse la sua Evangelizzazione) in una radura nei pressi di Kilkenny. Mia madre, Niamh la Splendente, era una sidhe Seelie, ovvero apparteneva all’alta nobiltà del mondo fatato, mentre mio padre, Oisin MacCool, era il figlio in parte fey del più noto Finn MacCool, celeberrimo eroe delle leggende irlandesi.
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Prologo

Stirpe di Fata

 
 
 
Prologo
 
 
UN LONTANO PASSATO
 
Blàthnaid dal Seno di Perla, un tempo arcidruida d’Irlanda e adesso regina dei Goblin, comparve improvvisamente nel gran salone della sua Corte, in una sinistra nebbiolina bluastra.
Il suo ingresso fu preceduto da una sussulto sismico portentoso, che scosse talmente la caverna in cui si trovava la reggia da far levare timorosamente lo sguardo agli astanti per controllare che la grotta non stesse loro crollando addosso.
Quando la nebbiolina si dissipò, la regina comparve in tutta la sua bellezza di umana per metà sidhe. Il suo abito brillava dell’iridescenza misteriosa della madreperla. La folta chioma di riccioli castani, che arrivava a sfiorarle le ginocchia, era stata raccolta in sette trecce, in ognuna delle quali erano state inserite perle e gemme di tutti i colori, che luccicavano al lieve moto del suo capo mentre passava lo sguardo dalla triplice iride (verde smeraldo intorno alla pupilla, verde mare nel mezzo e azzurro cielo nella parte più esterna) su tutti i presenti. La sua pelle, candida e luminosa, brillava come il marmo lavorato alla luce fioca delle torce nel salone avvolto dalla semioscurità.
Lo sguardo della regina s’indurì all’istante non appena incontrò quello di Branwyn dalle Lunghe Braccia, seduta sfacciatamente accanto a Kerak di Sangue e Fiamma, suo sposo e re dei Goblin. Non c’era la minima traccia di vergogna nell’atteggiamento di Branwyn, che occupava quel posto come se le fosse veramente appartenuto e dardeggiava coi suoi cinque occhi arancioni la regina dei Goblin per farle capire quanto non fosse gradita. Kerak pareva invece semplicemente il re ferito e pieno d’onta che ormai era diventato.
-Mio sposo…- la voce di Blàthnaid suonò calma, eppure fendette l’aria come una frusta. Nel suo tono c’era una fredda rabbia lucida e desiderosa di vendetta.
Kerak si sollevò dal suo scranno di pietra, e si limitò a fissarla, immobile, i pugni serrati lungo il corpo, le grandi ali nere ripiegate dietro la schiena, la lunga coda da demone che si agitava nervosa ai suoi piedi. I suoi unici due occhi (attributo poco apprezzabile in un Goblin, ma Kerak era come Blàthnaid per metà sidhe) dalla triplice iride (giallo zolfo attorno alla pupilla, arancione nella parte centrale e rosso sangue sul contorno) la fissavano apparentemente seri e impassibili, ma dietro di essi si celava una pena profonda e qualcosa, forse, di molto vicino al timore.
-Come vedi, ho superato degnamente questi tredici anni di castigo, a dimostrazione che posso avere una tempra pari a quella del tuo popolo. Tuttavia non intendo restare qui un momento di più-.
La maschera sul volto di Kerak s’infranse all’istante, lasciando trasparire tutto lo stupore e il dispiacere che egli provava. Dopo poco, però, quand’ebbe realizzato appieno quello che Blàthnaid stava effettivamente dicendo, una collera cieca (come quella che tredici anni prima aveva costretto Blàthnaid a una terribile condanna) divampò in lui, facendo brillare tutto il suo corpo di luce ardente, ben diversa dalla luce pallida che illuminava la sua sposa.
-Cosa vorresti dire?- tuonò, rivolgendole un’occhiata sprezzante. -Intendi andartene? Sai che non puoi farlo, vero?-.
-Questo sei tu a crederlo-. Blàthnaid gli rivolse un sorriso di sfida, pieno d’odio, e l’aria attorno a lei prese a farsi improvvisamente densa, pesante. -L’unico motivo per cui ho sopportato tutte le umiliazioni che mi hai inflitto in questi tredici anni era che speravo che ti saresti ravveduto, che avresti compreso la mia innocenza. Invece hai preferito credere alle malignità di quella schifosa sgualdrina repellente, che fin’oggi ti ha scaldato il letto al posto mio. Ebbene, così sia; rinuncio ufficialmente al titolo di regina, cedo la mia corona a lei, che però non la porterà a lungo: presto tu cadrai in disgrazia, Kerak, e lei con te-. Sollevò dinanzi a sé il braccio destro e puntò l’indice verso di lui. Un mormorio d’orrore percorse l’intera schiera degli astanti. -Io ti maledico, Kerak di Sangue e Fiamma, re dei Goblin, e ti condanno a perdere tutto ciò che ti rende forte e fiero, e a trascorrere il resto dei tuoi giorni nella vergogna e nel disonore. Nessuna donna, sia essa Goblin, umana o sidhe, ti amerà mai davvero, né ti darà un erede. Morirai solo, lontano dalla tua patria, in una terra fredda e desolata come il tuo cuore, ma prima dovrai trascorrere mille anni di tristezza, pentimento e disprezzo per te stesso. Che la Dea mi sia testimone- concluse, incrociando i palmi aperti sul cuore e chiudendo gli occhi. Un profumo inebriante si sparse tutto attorno, come una folata di vento dolcissimo, e tutti capirono che era il sospiro della Dea che rispondeva all’invocazione di Blàthnaid.
Era un giudizio assai severo, e mentre il suo significato penetrava appieno nella coscienza di Kerak e gli faceva sgranare orripilato gli occhi di fuoco, egli sapeva in cuor suo di meritare quel castigo.
Poi, davanti allo sguardo stupefatto della Corte, la sala cominciò a riempirsi di un fumo argenteo. Si udì un tuono di proporzioni mostruose che spazzò via la nebbia, rivelando a tutti che la regina Blàthnaid era scomparsa, lasciando a terra, come promesso, la sua corona.
Branwyn dalle Lunghe Braccia, terrorizzata, scoppiò in lacrime strillando, aggrappandosi al braccio di Kerak, ma lui l’allontanò con una spinta, furioso, facendola caracollare per terra.
-Blàthnaid! Blàthnaid! Blàthnaid, torna indietro!-.
Non giunse risposta e, mentre la voce del re echeggiava e moriva nel gran salone scavato nella roccia, un silenzio triste e profondo calò sui presenti.
 
 
  
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