“Non
ti stai applicando, Inojin.”
“Non
è vero, papà. Sono i tuoi disegni ad essere antiquati rispetto ai miei.”
Sai
guardò in modo scettico il figlio per poi spostare lo sguardo sul suo disegno
animato. Per terra, accanto al ragazzo, c’era la versione più piccola e
bizzarra di un leoncino. Non avrebbe fatto paura nemmeno al più codardo nei
nemici.
“Quella
cosa non spaventerebbe nessuno, ma anzi riderebbero di te.”
“Tu
non stai ridendo.”
“Ma
non mi fa nemmeno paura.”
Inojin
assottigliò lo sguardo, guardando male suo padre.
Lo stesso identico
modo con il quale Ino lo guardava male.
Sai
si sorprese nel constatare che, di sua moglie, Inojin aveva preso parecchio,
oltre il colore degli occhi e dei capelli. Poteva anche essere la sua copia sia
caratterialmente che fisicamente, ma certe espressioni e certi comportamenti
erano di Ino.
“I
tuoi disegni non mi piacciono. Riderebbero di me e sono in bianco e nero. I
miei, invece, sono tutti colorati.”
Sai
non capiva proprio come suo figlio potesse preferire il colore al bianco e
nero, come non riuscisse a capire che i suoi disegni erano infantili oltre che
brutti.
“In
battaglia non ti aiuterebbero per niente. Hai studiato dai manuali che ti ho
dato?”
“No,
non ne ho avuto il tempo.”
Disse
la pura e semplice verità, visto che sua madre si era messa in testa di fargli
perfezionare il Capovolgimento Spirituale e, insieme a Choji e Shikamaru, lo
aveva messo all’opera insieme a Chocho e Shikadai.
“Per
colpa della mamma?”
“Sì.
Mamma si è messa in testa che dobbiamo perfezionare le tecniche del trio
Ino-Shika-Cho e non mi lascia un attimo di respiro. Specie adesso che si
avvicinano gli esami chuunin.”
Inojin
chiuse il rotolo di pergamena, imitato dal padre, e si sedette sul pavimento di
casa, esausto.
“Riposati.
Riprenderemo fra qualche minuto.”
“Va
bene.”
Chiuse
gli occhi per poi addormentarsi qualche istante dopo. Suo padre lo guardò
scivolare nel mondo dei sogni, l’ombra di un sorriso gli increspò le labbra.
“È
proprio come sua madre.”
Lo
prese in braccio e lo portò nella sua stanza, adagiandolo sul letto e chiudendo
la porta alle sue spalle una volta uscito. Guardò l’orologio appeso alla parete
e a passo svelto camminò verso l’ultima stanza in fondo al corridoio. Quando vi
entrò, non poté fare a meno di respirare a pieni polmoni. Quella era la sua
stanza preferita – oltre la camera da letto, s’intende –. Lì dentro custodiva
gelosamente i suoi disegni, i suoi libri e i suoi colori.
In
tutti quegli anni Sai non aveva fatto altro che leggere libri su come
approcciarsi agli altri e perfezionare il suo disegno. Dipingeva, disegnava e colorava
qualsiasi cosa e da qualche tempo a questa parte si dedicava a ritrarre
persone. I suoi soggetti preferiti erano sua moglie e suo figlio, disegnandoli
in diversi momenti della giornata, disegnando di notte per paura di venir
scoperto o quando aveva un momento libero dal lavoro con Naruto e Shikamaru.
Devo finire quel
disegno.
Prese
il blocco da disegno adagiandolo sul cavalletto e sedendosi sullo sgabello.
Davanti a lui c’era il ritratto di Ino in tutto il suo splendore se non fosse
per un piccolo particolare: il disegno di sua moglie era sprovvisto di bocca.
Sai si era intestardito nel voler ritrarre quello splendido sorriso che sua
moglie rivolgeva solo a lui, ma chissà come non riusciva a disegnarlo. C’era
sempre qualcosa che non andava, o una linea un po’ storta o troppo lunga. Quel
disegno era diventato la sua ossessione.
Perché non ci riesco?
Paradossalmente
aveva pensato che la parte più complicata sarebbero stati gli occhi, e invece
quegli occhi – così espressivi e pieni di vita – li aveva disegnati
velocemente.
“Perché
deve avere un sorriso così bello e così complicato?”
Stava
davanti quel disegno per ore, cercando un modo per poter disegnare l’ultima
parte mancante del disegno. Chiudeva gli occhi e immaginava di avere Ino
davanti a lui che gli sorrideva.
Proviamoci un’altra
volta.
Prese
la matita e cominciò a tratteggiare dei brevi segni sul foglio, formando
l’ombra di un sorriso. Pensava solo a quello, a come quelle labbra si
schiudevano, a come le brillavano gli occhi quando parlava con lui o di lui e
poi si fermò. Davanti a lui c’era finalmente il disegno di sua moglie concluso.
Ce l’ho fatta.
“Perché
hai disegnato la mamma?”
Sai
si voltò di scatto. Non si era minimamente reso conto della presenza di suo
figlio nella stanza, accanto a lui.
“Da
quanto tempo sei qui?”
“Da
poco.”
“Che
ne pensi del disegno?”
Inojin
guardò il ritratto di sua madre, soffermandosi su ogni tratteggio e ogni
particolare, non trovando nessun errore. Suo padre aveva fatto un ottimo lavoro.
“Molto
bello. È lei, senza alcun dubbio. Lo colorerai?”
“No.
Lo lascerò in bianco e nero.”
“Perché?”
“Perché
non ha bisogno di essere colorato. È perfetto così com’è.”
Vide
il padre alzarsi e chiudere il blocco da disegno. Quella era la sua occasione
per fargli qualche domanda per quanto riguardava la scommessa. Ma cosa gli
poteva chiedere?
“Tu
ami la mamma, papà?”
Sai
venne colto di sorpresa a quella domanda e si prese un bel po’ di tempo prima
di rispondere a quella domanda intima.
“Tua
madre è la mia pace e la mia redenzione.”
“Eh?”
Inojin
rimase spiazzato da quella risposta, non capendone il significato. Che cosa
voleva dire? Perché era la sua pace e la sua redenzione?
“Tua
madre mi ha salvato. Non da un nemico che voleva uccidermi, ma da me stesso.
Lei è il mio colore nei miei disegni in bianco e nero. Ecco perché non li
coloro mai, perché ci pensa lei. Mi ha donato una vita bellissima e mi ha
donato te.”
L’erede
Yamanaka sentì le guance farsi calde e umide, ritrovandosi qualche lacrima che
rigava le sue guance. Quella dichiarazione d’amore lo aveva spiazzato.
“Forza,
dobbiamo allenarci col disegno.”
Gli
scombinò leggermente i capelli e gli sorrise. Ino gli aveva insegnato tante
cose nel corso di quegli anni: dall’esternare i suoi sentimenti all’amore, ma
in una cosa aveva eccelso: aveva insegnato a Sai a sorridere. Lo stesso
identico sorriso pieno d’amore e quella volta Sai lo rivolse a suo figlio.
“Devi
eccellere nel disegno, intesi Inojin?”
“Sì,
papà.”
Uscirono
dalla stanza e si diressero di nuovo in giardino, riprendendo gli allenamenti
da dove li avevano interrotti.
Come ha fatto mamma a
salvare papà da se stesso?