Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Sospiri_amore    05/11/2017    2 recensioni
TERZO LIBRO DI UNA TRILOGIA
Elena se ne è andata via da New Heaven appena finite le scuole superiori, da ragazza ha lasciato gli USA per l'Europa. Tutte le persone a cui ha voluto bene l'hanno tradita, umiliata e usata.
Dopo quattordici anni, ormai adulta, Elena incontrerà di nuovo le persone che più ha amato e odiato nella sua vita, si confronterà con loro rivivendo ricordi dolorosi.
Torneranno James, Jo, Nik, Adrian, Lucas, Kate, Stephanie, Rebecca più altri personaggi che complicheranno e ingarbuglieranno la vita di Elena.
Come mai Elena è tornata in America?
Chi è il padre di suo figlio?
Elena riuscirà a staccarsi dal passato?
Chi si sposerà?
Riusciranno i vecchi amici a trovare l'armonia di un tempo?
Elena riuscirà ad amare ancora?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

OGGI:
Perdersi tra le costellazioni




 

... controllate se avete letto il capitolo precedente...

 

Finalmente il weekend è iniziato. 

Mi sono lasciata Boston alle spalle per andare a New Heaven da papà. Domenica ci sarà una raccolta di fondi per l'associazione che segue Tess aiutandola a gestire meglio la sua dislessia. 

Ho portato dei vecchi bijoux e due borse in cuoio che non uso mai, sono praticamente nuove, serviranno a raccogliere qualche dollaro per la pesca di beneficenza in favore dei bimbi e delle loro famiglie. Anche Sebastian ha voluto contribuire, ha una piccola borsa piena di pupazzi con cui non gioca più. Kate donerà una macchina fotografica reflex perfettamente funzionante con tanto di flash e treppiedi.

 

«Oggi dobbiamo proprio andare da La Signora McArthur? Non sono dell'umore adatto». Kate ha il muso, un po' perché Jane non è potuta venire perché deve lavorare e un po' perché la sua ossessione per gli abiti da sposa sta diventando una mania.

«Ma scusa, non devi raccogliere il materiale per la mostra? Inaugura tra poco, dovrai passare dalla Signora McArthur per le cose di Demetra», dice papà mentre ci accompagna in macchina.

«Lo so è che vorrei fare altro», si lagna a Kate.

«Oggi sembri una bimba, fai più capricci di Seb», dico io.

«Hei! Io non faccio capricci, ok?». Sebastian mette il muso. Il suo broncio è adorabile, tutti scoppiamo a ridere.

«Giuro che la smetto. Non credevo che una cosa tanto semplice all'apparenza potesse crearmi tanta ansia», dice Kate mentre riempie di pizzicotti e solletico il piccolo che ride come un pazzo.

«Vedrai che troverai l'abito che più ti rappresenta, ne sono certo», dice papà mentre si immette nel viale della Signora McArthur. «Adesso andate, passo più tardi a prendervi. Mandami un messaggio con un po' di anticipo così riesco a organizzarmi con gli spostamenti».

«Va bene». Abbraccio papà dandogli un sonoro bacio sulla guancia, lo stesso fa Sebastian.

 

Geltrude ci sta aspettando sulla porta d'ingresso. Indossa un abito molto elegante color blu scuro con una gonna lunga, una spilla antica d'oro chiude il colletto ricamato. I capelli grigi raccolti sulla nuca in un elegante chignon la trasformano in una signora d'altri tempi.

 

«Ciao Seb», dice al mio piccolo che le corre incontro abbracciandola stretta.

I due iniziano a confabulare e ridere tra di loro.

 

Sembrano due bambini pronti a combinare qualche marachella.

 

«Buongiorno, grazie per averci accolti», dico alla vecchia.

«Certo che potevi portare prima questo splendore. Non ti sembra passato troppo tempo dall'ultima volta che ci siamo visti?», mi dice acida.

«Ma se ci siamo viste su Skype qualche giorno fa», le rispondo indispettita.

«Quella diavoleria non mi piace. È asettica», mi dice dura.

«E cosa dovrei fare, portare Sebastian tutti i fine settimana?».

«Non sarebbe una cattiva idea». Geltrude prende Seb per mano invitandolo ad entrare.

 

Alzo lo sguardo al cielo.

Quella vecchia è insopportabile.

 

Kate ed io li seguiamo quei due mentre saltellano sulle scale verso lo studio al piano superiore. 

 

«Ma come fa? Io mi spezzerei le ginocchia a saltellare come fa lei», mi sussurra Kate indicandomi la gonna svolazzante della Signora McArthur.

«Un bicchiere di latte tutte le mattine e attività fisica regolare. Ho ossa forti», ci urla Geltrude a un paio di metri di distanza da noi.

 

Kate mi guarda sconvolta, si tocca le orecchie con la mano aperta. È stupita del fatto che ci abbia sentito da così distante. 

Io no. 

Quella vecchia rompiscatole è indistruttibile, scommetto che in una gara a braccio di ferro mi batterebbe.

 

Lo studio pare una succursale della scuola materna di Sebastian. 

I mobili spostati hanno creato un grande spazio dove sono ben disposti libri, giochi, un piccolo tavolo con pennarelli e fogli bianchi da colore. Il mio piccolo si butta su dei cubetti colorati che si diverte a mettere uno sopra l'altro per poi farli cadere rumorosamente sul pavimento.

 

Geltrude lo guarda estasiata.

 

Kate ed io ci avviciniamo con discrezione agli oggetti di Demetra, dalla parte opposta della grande stanza, vicino alla vetrinetta con le chiavi e tutto il resto.

Estraggo dalla borsa un taccuino su cui ho appuntato le note di Kate ed inizio a leggerle ad alta voce. Kate scatta foto e mi indica gli appunti da segnare in modo tale da avere più chiaro cosa le può servire e cosa le piacerebbe fotografare.

Mettiamo un po' di ordine in tutto quel marasma di oggetti.

 

«Siete già al lavoro?», la voce di George McArthur giunge all'improvviso. Sia io che Kate trasaliamo.

«Buongiorno», gli dico sorpresa mentre gli stringo la mano, non credevo sarebbe stato presente.

«Ho voluto assistere alla scelta del materiale da esporre. Conoscevo bene mia moglie, sarebbe stata orgogliosa di partecipare ad una mostra tanto ispirata», dice l'uomo fissando con intensità gli oggetti all'interno della vetrinetta.

«Ringrazio la sua famiglia per il tempo che ci dedicate. Poter raccontare la storia di Demetra sarà sicuramente di ispirazione per le generazioni future», dice Kate.

«L'arte è un tassello fondamentale nella vita, come la serenità e la salute. Non si può vivere cercando di raggiungere solo una di queste cose, ci vuole equilibrio e Demetra era riuscita a trovare il suo, anche se l'arte che più amava non poteva viverla quanto avrebbe voluto», dice l'uomo.

 

Un fiume carico di tristezza mi investe.

Pensare alla passione di Demetra e all'amore per il canto, mi incupisce.

 

«Vi serve altro? Le cose qui presenti vi bastano?», ci chiede cortese.

«Avrei un'idea. Non so se possib...».

 

Una voce interrompe Kate.

 

«Ciao papà». James sbuca dalla porta che conduce al piccolo studio, lo stesso in cui mi aveva accusata di avergli mentito, dopo la morte di sua madre. «Ciao Kate. Ciao Elena», dice neutro.

«Ciao figliolo. Stavo giusto parlando con le tue amiche per capire cosa potesse servire loro. La mostra si avvicina, dobbiamo prendere delle decisioni», dice con voce ferma, ma cortese.

«Sì, è ora di mettere in chiaro le cose». James guarda tutti i presenti negli occhi fermandosi un po' troppo sui miei.

 

Arrossisco.

 

«Avevo in mente, se possibile, di aggiungere qualche accessorio moda. Le foto che ho di Demetra la mostrano sempre con abiti stupendi e lussuosi, gioielli e accessori vintage di alto pregio. Non li metteremo in mostra, però mi piacerebbe fotografarli», dice Kate mentre controlla sul suo taccuino gli appunti.

«Certo. Ottima idea. Non so se hai già un'idea precisa o se posso suggerirne una io», dice George.

«Pensavo al vestito che ha indossato all'ultima festa degli ex studenti del Trinity. Le stava così bene e l'abito era favoloso. Mi ricordo che avete ballato e tutta la sala vi ammirava», dice Kate con impeto.

George sorride malinconico: «Quello va benissimo, ti farò avere anche i gioielli che indossava. Li porterò personalmente a Boston sul set fotografico. Avevo in mente un'altra cosa. Posso proporla?», chiede garbato.

«Come no. Ovviamente», risponde Kate.

«Vado a prendere una cosa, con permesso». L'uomo si inchina leggermente prima di uscire dalla stanza.

 

Imbarazzo.

C'è molto imbarazzo vista la situazione.

James ed io siamo a faccia a faccia.

Kate, per allontanarsi, si mette a scattare foto alla vetrinetta anche se non ne ha bisogno.

James è di fronte a me.

Mi fissa.

 

«Mamma. Mamma». Sebastian mi corre incontro come una furia.

Lo prendo in braccio al volo estremamente sollevata per aver interrotto quel momento imbarazzante tra me e James. «Che c'è campione?».

«Guarda che belli questi robot. Saltano e camminano», mi dice eccitato. In mano stringe due robottini di latta a molla, di quelli che facevano una volta. Hanno l'aria consumata, ma non per questo non hanno fascino, anzi, sembrano avere vita propria.

«Lo sai che ci giocavo quando ero bimbo. Ho chiesto a mia nonna di darteli, così adesso ci puoi giocare tu», dice James con pacatezza e gentilezza.

 

Trattengo il fiato.

 

Sebastian guarda James come se lo vedesse per la prima volta in vita sua. Non tarda ad arrivare un sorriso smagliante e grato per lo splendido regalo fattogli. «Lo sai che se lo metti a pancia in giù gira su se stesso?».

«Davvero?», dice James con l'aria stupita cercando di non smontare l'entusiasmo di mio figlio.

«Guarda, si fa così». Sebastian si slaccia dal mio abbraccio per poi sedersi per terra con le gambe incrociate. Con le dita piccole e un po' goffe carica la molla del robot, tenendo bloccate le gambe di latta, poi appoggia il giocattolo a terra a pancia in giù. Le gambe robotiche iniziano a muoversi freneticamente facendo girare il giocattolo su se stesso.

Sebastian batte le mani felice mentre James carica l'altro robot facendolo cadere apposta. «Credo di aver perso la mano. Mi aiuti tu?», chiede al mio piccolo.

Sebastian, gonfiando il letto, mostra a James come fare senza tralasciare una spiegazione dettagliata e minuziosa su ogni singolo passaggio.

 

È incredibile come il candore e la purezza di Sebastian riescano ad incantare tutti quanti.

Osservo James, ormai uomo, muoversi con calma e accortezza per non turbare mio figlio, lo osservo sorridergli con sincerità, mostrando il lato più umano di se, quello che avevo imparato ad amare molti anni prima. Lo scintillio nei suoi occhi pare quello di un bimbo, la genuinità dei suoi modi mi ipnotizzano.

Mi ritrovo ad essere assorta e stregata dai loro movimenti come fossi una spettatrice, una curiosa, una spugna avida di sensazioni. I loro rumori pacati, lo scricchiolio gentile dei meccanismi nel giocattolo, le parole sussurrate da James e Sebastian, mi portano lontana, su una nuvola, mi rilassano. È come se un dolce massaggio partisse dalla nuca per espandersi nella schiena e nella testa.

 

Potrei stare così per sempre.

Rilassata.

Tranquilla.

Serena.

 

«Eccomi qui». George irrompe e squarcia la pace sensoriale creata. Porta in mano una grande busta di tela bianca con una gruccia che sporge dalla parte superiore.

 

Cerco di ricompormi e togliermi quellaria imbambolata avuta fino a pochi secondi prima. Prendo Sebastian facendolo accomodare su una poltrona vicino a me.

 

«Che cos'è papà?», chiede James aiutando suo padre con l'ingombrante involucro.

«Ho pensato che questo potesse rappresentare a pieno tua madre. Tienilo tu, aprilo. Io devo spiegare a Kate la storia che c'è dietro a questo abito», dice a George al figlio mentre si avvicina a Kate che inizia prendere appunti appena l'uomo inizia a parlare.

 

James mi guarda, non sa cosa fare con in mano quella grande busta.

 

«Ti aiuto io», gli dico prendendo la gruccia che pende storta alzandola più in alto possibile sopra la mia testa. «Tu apri la cerniera e togli il vestito. Così non lo sgualciamo».

 

Zip.

Una lunga corsa accompagna le dita di James che con attenzione fa scivolare la lampo lungo tutto l'involucro.

Sporgendomi di lato cerco di sbirciare l'abito, avendo le braccia in alto e la custodia in faccia non riesco a vedere molto.

 

«Oh, mio Dio», dice con un sussulto James.

 

La mia testa fa capolino da un lato.

Mi sporgo più che posso.

 

Trattengo il fiato.

 

D'istinto guardo James. I suoi occhi paiono più umidi e rossi di quanto lo fossero pochi minuti fa. Con la bocca semiaperta osserva l'abito che ha davanti, lo squadra come se cercasse di capire se quello che vede è reale o meno.

 

È l'abito da sposa di Demetra.

Bianco, elegante, pizzo e cristalli lo impreziosiscono. Un dolce scollo a cuore accompagna la linea del vestito che morbido e leggermente ampio si allarga verso il basso.

Quello è l'abito con cui ha sposato George.

Lo so perché Geltrude tiene una foto del figlio e della nuora, novelli sposi, sul tavolino vicino al camino.

 

«Vuoi una mano a toglierlo da qui dentro?», gli chiedo a voce bassa.

James annuisce.

 

Insieme lo sfiliamo prestando attenzione a non rovinarlo.

 

«Adesso Elena abbassa le braccia, ti faranno male se le tieni così in alto e con quel peso», mi dice James riferendosi alla gruccia che spingo sopra la mia testa.

 

James mi prende i gomiti spingendo verso il basso.

Seguo le sue direttive senza dire nulla.

James porta la gruccia all'altezza delle mie clavicole.

Sento il legno premere sul mio maglione.

James muove l'abito facendo scivolare la stoffa sul mio corpo.

Immobile tengo la gruccia ferma.

James segue la linea del vestito con le mani sfiorando involontariamente anche la mia vita.

Trattengo il fiato.

James si inginocchia davanti a me smuovendo con movimenti delicati la base del vestito  facendo scintillare le decine di pietruzze attaccate.

Osservo e non fiato.

 

«Lo tengo io, adesso», mi dice con voce ferma e sussurrata. 

 

James prende la gruccia dalle mie mani tenendolo sempre all'altezza delle mie clavicole, con l'altra mano smuove la lunga manica di pizzo facendola aderire al mio braccio. Con piccoli tocchi precisi la muove come se la volesse attaccare al mio maglione.

 

Il cuore batte.

Batte così forte che ho paura si veda attraverso i vestiti.

Ho paura che possa far ondeggiare l'abito di Demetra che sfiora il mio corpo.

 

«Stupendo. Bellissimo. Non l'avevo mai visto dal vivo, mamma non voleva lo toccassi. Era molto affezionata», dice James.

«Hai ragione, è magnifico», dico con la salivazione azzerata e completamente in balia dei movimenti misurati del mio interlocutore. 

 

James sorride, quel suo solito sorriso sghembo, quello che mi ha fatto perdere la testa quattordici anni fa. Con la testa inclinata mi osserva, si sofferma sui miei occhi. Con la mano libera sposta una ciocca dei miei capelli incastrandola dietro l'orecchio, proprio come facevo io con lui quando eravamo ragazzi. Con l'indice sfiora la piega del collo per poi risalire verso il mento. Con un piccolo salto porta il dito sulla punta del mio naso muovendosi con una lentezza disarmante sulla costellazione di lentiggini che cospargono il mio volto.

 

Tremo. 

Soffoco. 

Annego.

 

Non mi sono sentita più viva di così.

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Sospiri_amore