Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |       
Autore: mari05    06/11/2017    1 recensioni
Vi propongo una sfida.
Come avrete notato, non sto pubblicando molte ff, soprattutto perché:
1)non ho molta ispirazione,
2)un terribile pensiero mi attanaglia: che cosa pubblicare qui?
E qui arriviamo al bello.
Questa ff è nata come un libro, tanti anni fa. Dopo quasi due anni di indecisione, mi sono decisa e ho detto: "e se la pubblicassi su efp? Se qualcuno mi darebbe qualche critica costruttiva, potrei correggermi e avere il coraggio di pubblicarlo come libro!"
Quindi, questa è la vostra sfida.
Recensite, recensite a più non posso, e, quando la storia sarà finita e io avrò raggiunto il mio scopo, potrete forse vederla in cartaceo.
Buona fortuna!
DAL TESTO
"Il Righa è un potente amuleto in grado di fare tutto ciò che il proprietario di quest’ultimo desidera. Ha una forma triangolare, con la quale si dice si possa vedere il mondo. Di solito, viene tramandato da generazione in generazione al fine scopo di apprendere le arti magiche senza sforzi e pericoli. Bensì, il Righa anni orsono venne usato anche per combattere, poiché è in grado di creare qualsiasi cosa il proprietario desideri."
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Righa

 

A Mariachiara
(per essere così vicina)
 
 
 
 
Alla professoressa Paola F.

 

1



Il treno per il King’s era in ritardo, questa volta.
Sebbene Wren fosse nettamente in anticipo rispetto agli orari del treno, aveva notato che questa volta era davvero in ritardo e che probabilmente avrebbe dovuto fare ricorso al signor Patten (il rettore dell’istituto)  quando fosse arrivata.
Durante quel periodo interminabile in cui aspettava che il treno arrivasse, Wren si aggiustò la gonnellina a pieghe con i colori del King’s (il giallo e il blu) e passò una buona mezz’ora ad ripulire gli occhialoni dalle lenti spesse che portava a ridosso dei due splendenti occhi verdi.
Si sistemò più e più volte lo chignon alto che imprigionava i riccioli dorati, come le era stato consigliato, e, infine, rilesse la lettera di raccomandazione che avrebbe dovuto dare alla signora Breakwell (la vicepreside) quando sarebbe arrivata.
 
 
Egregia sig.ra Breakwell,
volevo informarla sul fatto che la signorina Stone
dovrà conseguire la sua carica di maga con lezioni private
dopo l’accaduto dell’anno scorso.
Spero capirà,

Sig.ra Bellnorris
 
Ovviamente Wren non andava fiera di aver fatto esplodere accidentalmente l’aula di pozioni mentre cercava di inviare tramite il teletrasporto un bigliettino a Jeff Kinney. E ovviamente non avrebbe voluto che la professoressa Baron ci rimettesse la pelle, ma il processo era ormai passato e la sua vergogna estinta da un pezzo.
Però, quando ripensava a come le persone le avevano parlato dopo l’accaduto, a come l’aveva guardata la Bellnorris,la sua educatrice, con quegli occhi carichi di disprezzo e anche di aspettative fallite…
Mentre ripensava a questo, Wren vide passare accanto a lei un veicolo giallo limone con su scritto con grafia disordinata con un pennarello indelebile:
 
Servizio trasporto Maghi
 
Nell’auto un giovanotto dalla pelle olivastra e dai capelli corvini sedeva al posto del guidatore con aria più assonnata che volenterosa.
Voltò la testa verso di lei, e, con un sorriso sornione sulle labbra, le disse: –A bordo, signorina Stone.
–E il treno?     Domandò lei, aggrottando la fronte con aria curiosa.
–Per lei è stato scelto un veicolo più… adeguato alla sua situazione.        Sentenziò il tipo.
Eccoci di nuovo. Al fatto di aver ucciso un professore.
–Senta, – disse, mentre avanzava verso di lui, gli occhi che mandavano bagliori rossastri, –avrò pure ammazzato uno dei vostri, ma sono pur sempre un’alunna. E perciò mi aspetto lo stesso trattamento degli altri, bello o brutto che sia. Quindi non salirò fino a quando non mi troverò davanti il solito treno, quello che mi ha accompagnato al King’s per tutti questi anni.
Il tipo al volante alzò un sopracciglio, stupito.
–Be’, se proprio vuole…
Stava quasi per lasciarla lì, sola come un cane, quando una voce proveniente dal sedile posteriore (che era stato intelligentemente oscurato) non disse: –Lasciala fare, Al. È solo un po’ arrabbiata.
Il finestrino si abbassò, e comparve la faccia della signorina Harvey, la sua prof di volo sulla scopa.
–Signorina Harvey! Che ci fa qui?
–Be’, avevo immaginato che avresti opposto resistenza al salire su quest’auto, per questo mi sono proposta di accompagnarti. Così… per renderti più facile la cosa.
Wren rifletté sulle parole della signorina Harvey, e, anche se non avrebbe voluto, salì sull’auto.
 
Quando finalmente raggiunsero il cancello di ferro laccato che racchiudeva il King’s, Wren aveva ormai saputo di ogni amore fallito di Al, e la testa pareva scoppiarle.
Aveva chiesto alla professoressa Harvey se voleva consegnare lei la lettera alla Breakwell, ma questa aveva rifiutato, dicendole che erano faccende private.
Il cancello si aprì con un cigolio malinconico, e l’auto attraversò il vialetto destinato anticamente alle carrozze.
Anche se frequentava quella scuola già da tre anni, Wren si impressionava sempre di più davanti all’imponente edificio che la sovrastava in quel momento.
Davanti a lei c’erano le Torri Angeliche, chiamate così perché erano fatte di un materiale talmente splendente che sembrava soprannaturale, che venivano abbellite da bandierine dei colori della scuola. Sul lato sinistro delle torri c’era la cappella Settima, dalla quale fuoriuscivano continuamente  pennacchi di fumi scarlatti.
Tutt’attorno c’era il Bosco del Vento, dove, anche se in lontananza di un decametro buono, si sentivano voci lamentose e malinconiche che cercavano invano di trascinare i prossimi avventori tra di loro.
Il vialetto dove ora stavano guidando sorgeva proprio in mezzo al Prato Verde, come fosse un fiume, e tutti i fiumiciattoli suoi affluenti erano i vialetti più piccoli che lo circondavano.
Salirono sul ponte Nuovo, che li separava dal fossato Incandescente, fecero un giro intorno alla collina Sperduta, dove sorgeva l’abbazia Patten, dedicata alla ricca famiglia dei Patten, che presidiava la scuola fin dal XX secolo.
Poi passarono davanti al Piangendo, l’edificio che ospitava le ragazze più nobili e ricche, e davanti al Mirabolum, dove vivevano i ragazzi.
Infine c’era il padiglione della mensa, accerchiato da colonne e addobbato da striscioni e banderuole.
Una cosa che Wren non aveva ancora notato era come i ragazzi da fuori guardassero male l’auto, come se dentro ci fosse un mostro anziché una ragazza come loro.
Quando arrivò al suo appartamento (che si trovava proprio sotto al tetto delle Torri Angeliche), disfò lentamente i bagagli e poi si sedette sul letto, intenta a guardare il suo comodino, che, al contrario di quello degli altri, era vuoto e immacolato come se lì non ci abitasse nessuno.
Si voltò a guardare il letto davanti al suo, il cui comodino era pieno zeppo di roba, come ad esempio una barretta al coccolato e burro d’arachidi che probabilmente era lì dall’anno prima.
Probabilmente Steve era con le sue amiche ad ubriacarsi, visto che la cena era finita già da un pezzo.
Wren tirò un respiro di sollievo al pensiero della sua compagna di stanza via almeno per un’ora.
Steve aveva i capelli rossi e mossi, occhi verdissimi e un viso cosparso di lentiggini, che puntualmente venivano coperte da uno strato di fondotinta e terra.
Quando non c’era, Wren assaporava la solitudine come se fosse una deliziosa torta al cioccolato che mangiava piano, fino a quando Steve non tornava e non le rovinava di nuovo la vita.
Pensare alla sua vita era come piantarsi un paletto nel cuore, invece. Ripensare a come avesse distrutto tutto, a come fosse stata chiusa per mesi in uno studio, a come tutti si fossero allontanati da lei tranne… be’, tranne Carter.
Carter era stato il suo migliore amico dal primo anno (da quando avevano 12 anni) e il suo migliore amico fino ad allora, quando ne avevano 16.
Aveva la pelle scura ma non troppo, nello stile “messicano” e aveva una miriade di ricci neri che andavano a coprire gli occhi castano scuro. Era sempre stato il primo della classe in tutto, da scienze della magia a la predizione del futuro, e riceveva sempre le cariche più illustri quando giungeva il tempo della premiazione.
Lui ovviamente si giustificava con lei dicendo che era solo perché la bisnonna di uno dei suoi parenti più lontani era la preside della scuola, e perché fu proprio lei a far cambiare il nome dell’istituto da Lions’ a King’s. Non a caso il cognome di Carter era King’s, ma Wren non sembrava farci caso. Le piaceva troppo, e poi era il suo migliore amico da sempre.
Chiuse la porta della sua camera e scese lentamente le scale, attenta a non farsi vedere da nessuno.
Lei doveva vederlo.
Stare con lui.
Era ormai sicura che tutti fossero o ad una festa o nelle loro camere, per cui oltrepassato il Prato Verde corse tranquilla fino al Mirabolum, salì le scale e si ritrovò davanti
all’appartamento di Carter.
Il cuore saltò un battito quando sentì appoggiando l’orecchio alla porta che non c’era nessuno.
Nessun pericolo.
Bussò.
Gli aprì Carter, con una rivista di magia (il Logogrifo) in mano. Quando alzò lo sguardo per vederla, spalancò gli occhi e fece un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
–Wren!
Gettò immediatamente la rivista a terra e l’abbracciò sollevandole la gonna più del dovuto.
Wren sorrise, e per poco non le caddero gli occhiali durante l’abbraccio che lui le stava dando.
Quando Carter si staccò, il sorriso gli si spense dalla faccia e tutt’a un tratto si fece severo.
–Pensavo non venissi più. Che ti avessero cacciata. Sul treno non ti ho vista da nessuna parte, ho telefonato la Bellnorris, ma niente! Che ci fai qui?
–Meglio che ne parliamo dentro.            Disse Wren, facendolo arretrare con uno spintone molto simile ad un abbraccio.

Si sedettero sul letto di Carter, e lui le avvolse un braccio attorno alle spalle. Era caldo, e quando respirava lei poteva sentire l’odore del suo denitrifico: cannella e anice stellato.
–Comunque?   La esortò lui, incitandola con un abbraccio.
–E comunque…– disse Wren, cercando le parole giuste, –non volevano che io salissi sul treno per via dell’accaduto dell’anno scorso. Sai? Quando uccisi la Baron.
Carter annuì sempre più confuso.
–E poi ho una lettera della Bellnorris dove chiedo (sotto ordine dei giudici) di avere lezioni private anziché con un gruppo classe. Tutto qui.
Carter spostò immediatamente il braccio dalle spalle di Wren, tutt’a un tratto arrabbiato.
–Tutto qui? –chiese, –tu hai un incidente (un purissimo incidente, dannazione) e vieni trattata come un mutante? Non sei pericolosa!
–Potrebbe ripetersi.
Carter sbuffò. –Certo. E chi dei giudici ti ha obbligata a chiedere l’esilio?
–Non è un esilio, stupido.
Carter si avvicinò di nuovo a lei, di nuovo caldo.
–Quelli della Congrega di destra. Vogliono che io non… non dia problemi, ecco.
–Loro sono il problema.
Wren rise.
–Domani porterò la richiesta alla Breakwell. Spero accetti  che abbia firmato la Bellnorris al posto di un genitore.
–Lo accetterà.
–E come fai a dirlo?
–Tu non ce li hai, dei genitori.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: mari05