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Autore: lady lina 77    10/11/2017    1 recensioni
E se nella scorsa fanfiction mi riagganciavo al finale della S2, ora mi aggancio a quello della S3. Tutto comincia in quella spiaggia dove Demelza, col cuore a pezzi, si concede a Hugh Armitage. E dopo? Se non fosse tornata a casa, cosa sarebbe successo?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era stata un'estate molto calda a Londra, afosa e torrida. Ross aveva faticato parecchio ad abituarsi a quella nuova dimensione e si sentiva per la maggior parte del tempo un animale in gabbia a cui era stata tolta la libertà.

Vestirsi come un damerino, rispettare l'etichetta, raffrontarsi con nobili spocchiosi che pretendevano di fare leggi per il popolo senza conoscere il popolo... Era stata una sua scelta quella di accettare l'incarico politico di Lord Falmouth, dettata dalla necessità impellente di allontanarsi dalla Cornovaglia, però era tutto difficile lo stesso. Non era la sua vita quella, non era il suo mondo e di certo non era il suo modo ideale di vivere. Ma doveva farlo per se stesso, per i suoi figli e per tutta la povera gente lasciata in Cornovaglia che aveva sempre cercato di aiutare.

Aveva trovato un appartamento in centro, in una via trafficata giorno e notte da carrozze che sfrecciavano sotto le sue finestre a gran velocità e sempre piena di bambini e venditori ambulanti che strillavano a ogni ora.

Anche quella casa gli sembrava una prigione, abituato com'era alla libertà di Nampara, all'immensità dei campi e alla maestosità delle sue scogliere solitarie e infinite.

Aveva assunto un'anziana governante per i bambini, Miss Etta Dowson, una zitella di settant'anni dai modi gentili ma ferma di carattere se i piccoli facevano i capricci. Brava bambinaia, precisa e attenta nella pulizia della casa e ottima cuoca. E una piacevole compagnia a volte, la sera, con cui scambiare quattro chiacchiere quando i bambini dormivano.

Jeremy frignava spesso, Ross sapeva che era per la lontananza da sua madre. Clowance era prepotente e strillava se contrariata e pure lei ogni tanto era da mettere in riga.

Li vedeva solo di sera, al ritorno dal Parlamento, eccetto la domenica, giorno che dedicava interamente a loro. Ma era difficile, tanto, stare ad accudirli senza Etta e senza Demelza. Sua moglie sapeva cosa fare, come gestirli, come far fronte a ogni loro necessità, tutte cose che lui non aveva mai fatto e a cui non aveva del resto mai pensato.

Beh, ora lo sapeva, gestire due bambini era più impegnativo di una giornata in miniera!

Il momento preferito era la sera, quando li metteva a letto. Lì tornavano ad essere dolci, sonnacchiosi, giocavano con lui a letto e poi si addormentavano e li riportava nella loro stanza. Jeremy spesso chiedeva della mamma e lui glissava e cambiava argomento, sperando che la dimenticasse presto. Ma sapeva che non sarebbe successo perché lui stesso non avrebbe mai potuto dimenticarla.

Si chiedeva cosa facesse, se... se lo vedesse... Armitage... E Demelza... Demelza che una volta lo aveva amato più della sua vita e che ora era di un altro.

Eppure era difficile non chiedersi se ci fosse qualcosa da fare, da tentare, se davvero fosse tutto perduto. E se quella separazione fosse una cosa buona oppure no per i suoi bambini. Se lo chiedeva sempre, soprattutto la domenica mentre era con loro.

"Papà, che cos'è?" - chiese Jeremy, osservando il bicchiere davanti a lui, seduto composto alla sedia di un bar del centro.

Ross, con in braccio Clowance che giocava con un cucchiaio, lo imboccò. "Gelato al cioccolato. Ti piace?".

Il bimbo annuì. "Sì. Ma è freddo".

Ross si guardò attorno, era una splendida giornata di fine estate, soleggiata e calda. E si trovavano a pochi passi dalla reggia dei sovrani, in una via elegante e raffinata, diversissima dalla Cornovaglia. "Beh, oggi dubito che congelerai".

Jeremy gli prese il cucchiaio di mano per mangiare da solo. "Anche a mamma piacerebbe il gelato mi sa".

Ross si morse il labbro, odiava quando Jeremy andava su quel discorso perché non sapeva cosa dirgli. Fu Clowance a tirarlo fuori d'impaccio, mettendosi a gridare come una forsennata. Aveva solo un anno e mezzo e una voce che spaccava i timpani... "Che c'è?".

La bimba indicò la reggia dei sovrani. "Mio".

Jeremy rise e anche Ross dovette fare altrettanto. "Ah bimba mia, non è tuo".

"Mio, mio!" - ripeté Clowance, saltandogli sulle ginocchia.

Ross le accarezzò i capelli biondi. Era bellissima, una bambolina che avrebbe fatto impallidire qualsiasi principessa al suo cospetto. "Sai, credo che dovrò lavorare molto per comprarti un posto come quello".

Clowance ci pensò su, poi decise di tuffare la manina nel bicchiere col gelato. Infine ne prese una manciata e si portò le dita alla bocca, prendendo a leccarle e sporcandosi tutto il viso.

Jeremy rise ancora. "Mi sa papà che le principesse del castello non mangiano così".

"Credo di no" – rispose Ross, prendendo un fazzoletto per pulirla.

Clowance strillò ancora, contrariata, cercando di liberarsi da quella tortura. Ecco, erano quelli i momenti che Ross temeva di più e a cui faticava ancora a far fronte. "Clowance, si mangia col cucchiaio, non con le mani".

La bimba lo guardò con gli occhi lucidi, singhiozzando. "Papà?".

"Dimmi...".

"Pipì".

Ross spalancò gli occhi. E adesso? E ADESSO??? Guardò Jeremy in cerca di aiuto, ma il figlio sembrava più interessato al gelato che a lui. "Tesoro? Che fa Miss Etta quando Clowance deve fare pipì?".

"Gliela fa fare" – rispose il bimbo.

"Come?".

Jeremy alzò le spalle. "Dipende! Se siamo al parchetto la porta dietro a una pianta, se siamo a casa gliela fa fare nel catino e poi la lava e la riveste".

Ross sudò freddo, guardandosi in giro. Ok, niente panico! Non erano a casa, quindi... "Jeremy, c'è un parco nelle vicinanze?".

"E il gelato?".

"Ne prendiamo un altro, se mi indichi dov'è".

Il bambino sorrise. "E' vicino ma non tanto. E' un po' lontano".

Deglutì. Capire il linguaggio dei bambini era così difficile... Come faceva Demelza? Persino Prudie era più brava di lui, dannazione! "E' un po' lontano nel senso che non arriviamo in tempo?".

Jeremy alzò le spalle. "Boh, chiedi a Clowance, non a me! A me non mi scappa la pipì, scappa a lei".

Davanti a quell'osservazione in fondo geniale e più che ovvia anche per uno di quattro anni, Ross si sentì ancora più idiota. Poi si sentì i pantaloni bagnati, guardò Clowance e capì che in fondo non era più necessario andare al parco.

"Papà, cos'hai?".

"Pipì, pipì" – urlò contenta Clowance, con la gonnellina tutta bagnata.

Jeremy scoppiò a ridere divertito e alla fine dovette cedere e unirsi a lui. Era un bel momento, nonostante tutto e nonostante la pipì di sua figlia che gli colava sui pantaloni. Per un attimo pensò a Demelza e a come avrebbe riso se fossero stati insieme. E si rese conto che erano sempre stati pochi i momenti in cui avevano fatto qualcosa di rilassante insieme, c'era sempre dell'altro di più importante e urgente da fare.

Era questo che era mancato a Demelza? Era questo che l'aveva fatta allontanare? Era davvero stato tanto distratto da non accorgersi di quanto avesse bisogno di averlo vicino?

Era stato sicuramente ingenuo, questo sì, sottovalutando il pericolo che Armitage rappresentava per il suo matrimonio. O forse aveva sopravvalutato Demelza, la sua forza, la sua incrollabilità, il suo amore...?

Demelza era cresciuta, era cambiata e non era più la ragazzina che lo ammirava incondizionatamente come all'inizio del loro matrimonio. L'aveva ferita e umiliata e poi aveva sempre avuto paura di affrontare con lei le conseguenze del suo tradimento, illudendosi che tutto col tempo sarebbe tornato come prima per magia.

Invece...

Invece la ferita non si era rimarginata e se solo fosse stato più attento o avesse voluto vedere, forse sarebbe riuscito a correre ai ripari, anche se significava aprire con Demelza discorsi dolorosi, affrontare la vergogna, parlare del tradimento e delle sue conseguenze.

Sentirla parlare di Valentine come di suo figlio, l'aveva distrutto. Non aveva mai lontanamente sospettato che lei lo ritenesse possibile e lui stesso non ci aveva mai voluto pensare. I suoi figli erano Julia, Jeremy e Clowance e forse Valentine aveva il suo stesso sangue ma non era un figlio. Se anche lo aveva generato, non lo avrebbe mai cresciuto! E i figli – e ne era sempre stato convinto – erano di chi li cresceva, non di chi li generava.

"Papà" – si lamentò Clowance, riportandolo alla realtà.

Ross le sorrise, baciandola sulla fronte. "Ti da fastidio essere bagnata?".

"Sì".

Jeremy ingoiò l'ultimo cucchiaio di gelato, poi si alzò in piedi. "Papà?".

"Dimmi".

"La pipì puzza".

Ross sospirò, alzandosi in piedi mentre tutte le persone dei tavolini a lui vicini lo guardavano ridacchiando. Tossicchiò, prendendo Jeremy per mano. "Ehm, andiamo a casa?".

"Mia!" - ribadì Clowance, indicando la reggia reale.

Ross ridacchiò. "Sporca di pipì, non ti farebbero nemmeno avvicinare ai cancelli".

Saltellando verso di lui, Jeremy gli strinse la mano. "Papà?".

"Cos'hai ancora?".

"Lo fai tu il bagnetto a Clowance?".

"No, glielo farà Etta".

Il bambino gli fece la linguaccia. "Mi sa che se ti vede sporco di pipì, Etta il bagnetto lo fa anche a te".

Ross alzò gli occhi al cielo. "Beh...". Poi rise, sentendosi nuovamente leggero. Era domenica, avevano ancora tutto il pomeriggio davanti e dopo essersi lavati, poteva portare i bambini a fare un'altra passeggiata.

Era una bella giornata, nonostante tutto.

E con un pizzico di malinconia pensò che sarebbe stata perfetta se Demelza fosse stata con loro, che Londra le sarebbe piaciuta e che avrebbero riso insieme e giocato coi loro figli fino a sera.

Guardò al cielo, chiedendo a Dio una seconda opportunità. Non gli importava di quanto ci sarebbe voluto, di quanto sarebbe stato difficile. Voleva solo un'altra occasione e stavolta non l'avrebbe sprecata.

Non aveva mai pregato molto spesso ma quel giorno sperò che la sua richiesta arrivasse al cielo e a qualcuno lassù che poteva esaudirla.


  
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