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Autore: MackenziePhoenix94    11/11/2017    1 recensioni
SECONDO LIBRO.
Sono trascorsi due anni dall'ormai ribattezzata Civil War.
Bucky Barnes, Steven Rogers, Sam Wilson, Clint Barton, Sharon Carter, Scott Lang e Wanda Maximoff sono scomparsi senza lasciare alcuna traccia.
Charlotte Bennetts si è trasferita nell'attico di Tony dopo che il suo appartamento è stato distrutto.
Nick Fury è semplicemente furioso perché, usando parole sue, il progetto Avengers è andato a farsi fottere.
L'Hydra sembra essere, ancora una volta, solo apparentemente sconfitta.
E poi c'è James, che di normale ha solo l'aspetto fisico.
Sarà proprio una decisione impulsiva del ragazzo a scatenare una serie di eventi catastrofici...
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brock Rumlow, James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers, Tony Stark, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’ennesimo pugno si abbatté sul volto del ragazzo che era legato saldamente ad una sedia, erano state usate diverse corde robuste perché era dotato di una forza non comune per uno della sua età; James sentì il rumore sinistro ed inconfondibile di ossa che si spezzavano e capì che per un po’ di tempo non sarebbe riuscito ad usare la mandibola inferiore come prima, sputò un grumo di sangue nelle piastrelle del pavimento ma non emise un solo lamento.

Non era assolutamente intenzionato a dimostrarsi un debole davanti agli occhi del suo aguzzino.

Rumlow si massaggiò le nocche della mano destra, era da quasi un’ora che picchiava James, senza risparmiarsi in fatto di pugni o calci, non si aspettava una tale resistenza ed iniziava a stancarsi; a lui piaceva sentire le proprie vittime urlare ed implorare pietà e quando una di loro si opponeva così tanto s’irritava.

E quando s’irritava non faceva altro che sperimentare un altro metodo di tortura.

“Sei resistente, questo te lo concedo” disse l’uomo avvicinandosi ad un tavolo su cui era posta una fila di coltelli; ne prese uno dalla lama spessa, da caccia, ritornando poi dal suo ostaggio che lo guardava con odio, senza la minima traccia di paura negli occhi chiari.

“Che cosa hai intenzione di farmi?”

“In verità, non lo so ancora. Ci sono tante cose che potrei fare con questo semplice coltello. Quella più banale sarebbe di tagliarti la gola come si fa con i maiali, ma ciò significherebbe porre fine alla tua sofferenza ed io non voglio questo perché mi servi vivo. Vediamo… Potrei divertirmi a tagliarti piccole parti del corpo, tipo le dita dei piedi. Dopotutto se ti hanno creato due protesi in vibranio, altre due saranno un gioco da ragazzi” rispose Rumlow, afferrò il volto del giovane e lo costrinse a sollevarlo, affinché i loro sguardi s’incrociassero, poi gli appoggiò la parte tagliente del pugnale nella guancia destra ed iniziò ad incidere un profondo taglio a forma di ‘X’.

Ripeté la stessa operazione anche nell’altra guancia e nella fronte.

Gli altri uomini presenti nella stanza continuavano a rimanere in silenzio e molti di loro avevano iniziato a fissare un punto lontano di una parete; non riuscivano a guardare tutta quella violenza nei confronti di un ragazzo di appena diciotto anni, ma allo stesso tempo nessuno era così stupido da dire al Capo di fermarsi.

“Non dirò una sola parola. Puoi farmi tutto quello che vuoi ma non ti dirò mai nulla, nemmeno se mi fai il lavaggio del cervello”

“Che cosa hai detto?”

“Non dirò una sola parola nemmeno se mi fai il lavaggio del cervello” ringhiò il più piccolo con le ultime forze che gli rimanevano nel corpo, nonostante gli fosse stato iniettato il Siero del Super Soldato non era abituato a sopportare tutta quella violenza; Crossbones sorrise esattamente come se non aspettasse altro, ordinò a due uomini di slegare il ragazzo e di portarlo in un’altra stanza, dove c’era uno strano macchinario composto da una poltrona e da una struttura in metallo che terminava con due morse dello stesso materiale.

I due uomini costrinsero Jamie a sedersi nella poltrona e gli bloccarono i polsi, gli avambracci e le caviglie grazie a delle cinghie di cuoio; quest’ultimo provò a liberarsi ma non ci riuscì, allora si voltò a guardare uno schermo acceso, che monitorava il suo battito cardiaco.

“Scommetto che vuoi sapere che cosa è questo affare, vero? Non ti preoccupare, lo scoprirai molto presto, ma voglio darti un piccolo indizio: tra poco avrai molto altro in comune con tuo padre” disse il più grande con un ghigno; si avvicinò allo schermo e James chiuse gli occhi, perché non era sicuro di voler vedere ciò che stava per accadere.

Sentì un ronzio sempre più forte seguito da qualcosa di freddo appoggiato alle tempie, socchiuse le palpebre e si rese conto che erano le due morse di metallo; non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi a che cosa sarebbero servite che percepì una scossa elettrica arrivargli fino al cervello.

Inarcò la schiena involontariamente e si morse il labbro inferiore così a fondo che un rivolo di sangue iniziò a scendergli lungo il mente.

La tortura terminò solo quando il ragazzo si lasciò scappare un lungo grido di dolore; Crossbones spense il macchinario, tornò dalla sua vittima e l’afferrò saldamente per i capelli castani.

“Adesso tu mi dirai ogni cosa. Ogni, singola, cosa”.



 
Steve lanciò un’occhiata alla cella criogenica che alcuni uomini stavano terminando di preparare, poi andò dal suo migliore amico, seduto in una brandina e con una flebo collegata alla mano destra.

“Sei sicuro di volerlo fare?” gli domandò, con uno sguardo supplichevole, sperando che cambiasse idea “qui sarai al sicuro anche senza farti congelare ancora una volta”

“Non posso fidarmi della mia mente” rispose Bucky, con una smorfia stampata sulle labbra, come se stesse bevendo una medicina amara “fino a quando non troveranno una cura è la cosa migliore da fare. Per tutti noi. Che cosa ne è stato dei tuoi amici? Che farai ora, Steve?”

“Andrò a liberarli e poi non lo so. Ci devo ancora pensare”

“Mi dispiace per tutto quello che è accaduto. Non valevo tutto questo”

“Tu sei il mio migliore amico, Buck. Non sei stato tu a fare quelle cose, eri sotto il controllo dell’Hydra e non avevi modo per ribellarti. Non ti devi addossare la colpa di nulla, nemmeno dell’omicidio di Howard e Maria Stark”

“Ma le ho fatte” sussurrò il Soldato D’Inverno abbassando lo sguardo al pavimento, perché niente sarebbe riuscito a ripulirlo da tutto il sangue innocente di cui si era sporcato, ed anche se Steve continuava a ripetergli che non aveva compiuto quelle cose volontariamente non si sentiva affatto meglio, soprattutto non dopo quello che era accaduto in Siberia.

Il Capitano gli appoggiò la mano destra nella spalla e gli sorrise, per infondergli coraggio e forza.

“Ascolta, per quello che è accaduto…”

“Per favore. Non dire una parola” tagliò corto Bucky, passandosi l’unica mano che ancora aveva nella fronte e negli occhi, sapendo perfettamente che il suo migliore amico non si stava riferendo a Stark ma ad un’altra persona, richiamò l’attenzione di uno dei dottori e disse che era finalmente pronto per entrare nella cella.

Degli uomini gli passarono delle cinghie attorno al petto ed alle ginocchia, era solo una precauzione per la sua incolumità, ma non riuscì a reprimere un brivido ricordando quelle che lo bloccavano quando gli veniva fatto il lavaggio del cervello; guardò un’ultima volta il Primo Vendicatore e riuscì a sorridergli.

“Buck…” la voce di Rogers gli arrivò ovattata a causa dello spesso vetro “io sarò con te fino alla fine, non dimenticarlo. La nostra promessa è ancora valida”

“Lo so, vale anche per me” mormorò il più grande muovendo appena le labbra; chiuse gli occhi e si abbandonò alla sensazione di torpore provocata da un gas rilasciato nella cella.

Vide due volti prima di cadere in un sonno privo di sogni ed incubi.

Il primo ad apparire fu quello di Steve, l’unica presenza costante di tutta la sua vita, il fratello di sangue che non aveva mai avuto; poi il volto cambiò all’improvviso, mantenendo solo gli occhi della stessa sfumatura di azzurro.

Divenne quello di una ragazza dai lunghi capelli castani, la stessa che gli aveva catturato il cuore e poi lo aveva calpestato senza la minima pietà.

La stessa che aveva confessato di amare e che poi aveva tentato di uccidere.



 
Bucky socchiuse lentamente le palpebre e venne accolto dall’immagine delle pale di una ventola che continuavano a girare ed a girare, portando al suo viso una lieve aria fresca; deglutì a vuoto e la saliva gli graffiò la gola secca, si portò in modo distratto la mano destra alla parte lesa, massaggiandola nella speranza di trovare un po’ di sollievo.

Sentiva un piacevole torpore attorno a sé, così invitante che per un momento pensò di lasciarsi cullare dal sonno di nuovo, ma qualcosa scattò nella sua testa, sussurrandogli che c’era qualcosa che non quadrava.

Capì che cosa fosse solo dopo qualche secondo.

Quando si era addormentato era in Wakanda, in una cella criogenica, ora si trovava sdraiato in una brandina, a fissare il soffitto di una stanza che non aveva mai visto prima; spostò lo sguardo verso sinistra e spalancò gli occhi chiari quando si rese conto di avere nuovamente tutto il braccio.

Si tirò su, avvolgendo il braccio destro attorno alle ginocchia, posando l’altro nella fronte che aveva iniziato a pulsare senza pietà.

“Buongiorno, sono contenta di vederti sveglio”.

Il giovane uomo sentì un tuffo al cuore nell’udire quella voce, si voltò di scatto e vide Charlotte seduta nel bordo di un tavolino, con le braccia appoggiate alla superficie in legno, sorrideva ma allo stesso tempo si percepiva il nervosismo che provava; lo sguardo di lui divenne freddo e duro come la lama di un coltello.

“Che cosa vuoi da me?” sibilò come se stesse sputando del veleno.

“Non ti agitare, non hai assolutamente nulla di cui preoccuparti. Ti trovi al sicuro”

“No, non mi trovo al sicuro dal momento che non sono in Wakanda. E non voglio avere nulla a che fare con te, lasciami andare”

“Non te ne puoi andare. Prima devi ascoltare quello che ho da dirti”

“Oh, non sono intenzionato a farlo” rispose il più grande, provò ad alzarsi dalla brandina ma era ancora debole a causa del lungo sonno forzato, così si lasciò cadere di nuovo nel materasso; Charlie prese in mano il vassoio che aveva portato con sé e lo appoggiò vicino a Bucky, lui fissò il cibo ignorando la morsa che sentiva allo stomaco “c’è del veleno?”

“No. Non c’è veleno. Dovresti sapere che ti puoi fidare di me”.

Il giovane uomo gettò indietro la testa e si lasciò scappare una risata vuota, amara, che riempì il silenzio della camera.

“Come posso fidarmi della persona che mi ha preso in giro per tre mesi? Ritieniti fortunata che sono ancora debole, altrimenti avrei già concluso il lavoro che ho lasciato a metà in Siberia”

“Quello che è accaduto è stato solo un malinteso” rispose la ragazza, ignorando il dolore al petto e le lacrime che minacciavano di scendere lungo le guance “ma non c’è tempo di parlare di questo. È meglio se mangi mentre ti racconto quello che è accaduto. Sei rimasto dentro quella cella per quasi tre anni ed io ti ho trovato solo per una coincidenza. Ero andata in Wakanda per chiedere l’aiuto di T’Challa. Ecco… è una lunga storia, non so nemmeno da dove iniziare”

“Inizia dicendomi dove mi trovo”

“Sei nella Base dello S.H.I.E.L.D”

“E dovrei essere al sicuro?”

“Credimi, non c’è un posto che sia più sicuro di questo. Sono successe tante cose in questi due anni… Davvero tante. Non mi sembra vero di vederti e sentirti parlare” disse Charlie, allungò la mano destra per accarezzare il volto dell’uomo che amava ma si bloccò a mezz’aria, perché quello non era il momento giusto “uno dei nostri Agenti è stato catturato e lo dobbiamo salvare il prima possibile. Abbiamo i giorni contati”

“Ed io che c’entro in tutto questo?”.

Ecco, era arrivato il momento.

“La persona che è stata catturata è nostro figlio”.

Bucky rimase in silenzio, con lo sguardo fisso nel volto della giovane; il volto impallidì vistosamente e le pupille si dilatarono arrivando quasi a riempire tutta l’iride.

“Che cosa hai detto?”

“Quando Tony mi ha salvata ho scoperto di essere incinta e ho voluto tenere il bambino. È un maschio e si chiama James”
“Un momento… Un momento… E perché avrebbero dovuto rapire un bambino?”

“Perché anche se ha due anni ne dimostra diciotto”

“Tu mi stai dicendo una marea di cazzate

“Sapevo che avresti detto queste parole” mormorò la più piccola con l’angolo destro della bocca leggermente incurvato all’insù, prese dalla tasca dei pantaloni una fotografia e la passò al Soldato D’Inverno; quest’ultimo la prese in mano e la osservò con cura, c’erano ritratte due persone: la prima era Charlotte mentre la seconda era un ragazzo con un sorriso che accentuava la fossetta che aveva nel mento.

La osservò per lunghi minuti, cercando un indizio che gli facesse capire che si trattava di un falso ma non lo era.

Quell’immagine era vera.

E quel ragazzo era suo figlio.

Era suo figlio.

La fotografia cadde dalle mani del giovane uomo che si coprì il volto.

“Chi lo ha catturato?”

“Bucky…”

“Dimmi chi lo ha catturato” urlò quasi lui, ritrovandosi ad un passo da un esaurimento nervoso, nella sua mente conosceva già la risposta ma sperava con tutto se stesso che così non fosse.

“L’Hydra” disse in un soffio Charlotte, rendendo reale la paura del giovane uomo.
   
 
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