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Autore: Nemamiah    13/11/2017    2 recensioni
Dal testo:
Verity sorrise e rispose: ‹‹Io invece credo che ci sia sempre un motivo per il modo in cui si sceglie di agire, indipendentemente dall’essere buoni o cattivi.››
‹‹È un altro modo di vedere la vita, ma penso porti alla sofferenza. Chiunque può tradirti, fingere di essere in un modo e rivelarsi l’opposto. È necessario classificare le persone e scegliere chi non far avvicinare per essere felici.››
‹‹Anche la sofferenza può condurre alla felicità, non è sempre negativa.››
[...]
‹‹Forse è solo questione di scegliere quale rischio correre quando si conosce qualcuno, se tenerlo lontano dal tuo cuore o donarglielo anche se potrebbe distruggerlo, sapendo che significa concedergli la tua fiducia, saltare nel vuoto e sperare che ti prenda prima che tocchi il suolo.››
‹‹Un po’ come l’amore.››
‹‹No. L’amore è saltare nel vuoto e sapere che non toccherai il suolo perché qualcuno ti prenderà prima.››
[...]
‹‹Il problema è questo: fare la cosa giusta non è sinonimo di rendere tutti felici.››
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nero come il bianco - Raccolta'
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Capitolo 4

Angolo dell’autrice

Buongiorno a tutti! Oggi aggiorno di lunedì siccome ho un po’ di tempo libero. In università è il momento della pausa per gli esami, quindi mi rilasso e studio nel frattempo. Ringrazio le due persone che mi hanno lasciato un recensione, siete state gentilissime e mi ha fatto molto piacere leggerle.

Vi lascio alcune note per rispondere alla domande/critiche delle recensioni, ma che sono molto utili per tutti a mio parere. Mi piace descrivere i personaggi man mano che si procede nella storia, quindi non ci saranno mai descrizioni molto precise delle loro fisicità o dei caratteri, stessa cosa vale per la loro età. Sarà così per ogni personaggio. Per quanto riguarda la trama invece, è abbastanza complicata. Ci saranno spesso parti poco chiare o che non si riusciranno a collocare fin da subito in un punto preciso. Non preoccupatevi, ogni questione lasciata in sospeso verrà risolta e spiegata, e tutto, alla fine, avrà un senso sia nel momento, sia nel progetto globale.

Detto ciò, un saluto e un abbraccio a tutti voi che leggete soltanto! Lasciatemi un parere se avete voglia.

Buona lettura,

Nemamiah

 

 

Il pomeriggio successivo Verity tornò a casa sorridente e leggera come se potesse spiccare il volo con un piccolo salto. Entrò nella sua camera passando per la scaletta d’edera sul retro e rimase per un po’ sulla terrazza. Si distese come se dovesse fare un angelo sulla neve: il sole però era alto nel cielo e il tepore lieve dei suoi raggi riusciva ancora a scaldarle il viso.

Pensò di essersi addormentata perché quando aprì gli occhi la temperatura si era abbassata, il sole stava ormai tramontando e il cielo si faceva sempre più viola e blu. Nella cucina c’era un post-it di Eleonore, dove giustificava la sua assenza con la scusa di una cena di famiglia, e sulla segreteria telefonica c’era un messaggio di Victor che avvisava che sarebbe rimasto tutta la notte nel laboratorio, di nuovo.

Si rifugiò nella biblioteca di famiglia con la cena per cercare libri o saggi sugli angeli, sulla loro tipologia di magia, sull’apparizione e su quant’altro fosse collegabile o potesse illuminarla su quello che aveva visto, ma trovò un solo volume che sembrasse realmente promettente. Si accomodò sulla poltrona che usava da bambina, grande e morbida, e si immerse nella lettura. Sperava di trovare almeno un indizio, un appiglio per capire che genere di mago fosse Scar, perché, con tutte le probabilità, non era nemmeno quello.  Poteva essere uno di quegli stregoni potentissimi, che creano il futuro solo immaginandolo e nascono una volta ogni mille anni e più; forse era un essere ultraterreno, magari un messaggero degli angeli o qualcosa di simile. La seconda possibilità l’interessava di più e, soprattutto, la convinceva di più.

Quell’unico libro aveva il profumo della carta antica, tenuta chiusa per molti anni, e le pagine erano fragili, così sottili al tatto che Verity si impose di prestare estrema attenzione per non rovinarlo. Parlava delle apparizioni degli angeli nel corso dei secoli in modo molto accurato, ma trovando pochissimo di quello che già aveva letto sull’argomento, dubitò di molte delle informazioni in esso contenute. A metà lettura però non riusciva a tenere più gli occhi aperti e tanto era il sonno che finì per addormentarsi profondamente.

 

Un secondo prima era accoccolata sulla poltrona della biblioteca, un secondo dopo si trovava su una pianura rossa di sangue e arsa dal fuoco. Le fiamme avevano bruciato ogni sprazzo di vegetazione e ogni tanto si vedevano gli scheletri contorti degli alberi neri, che emanavano morte, e si tendevano verso il cielo quanto potevano in un atto di disperata richiesta di aiuto. Verity camminava lentamente e tutto quello che vedeva le faceva accapponare la pelle, la scarica della paura che si diffondeva per il midollo come il sangue tra le vene. Avanzò attenta a non inciampare tra i detriti e si fermò solo di fronte a quella che sembrava essere una fossa non troppo profonda. La vista era terrificante e orribile: cadaveri carbonizzati, appena riconoscibili, ammucchiati l’uno sull’altro come spazzatura, alcuni distrutti, altri dilaniati. Riusciva però a distinguere il volto di Dakota e quello di suo padre.

Arretrò di qualche passo, con una mano di fronte alla bocca contratta in una smorfia di puro orrore e gli occhi velati dalle lacrime. Perché vedeva il viso deturpato di coloro che conosceva?

‹‹Tu cosa ci fai qui?››

Si voltò appena sentì quella voce profonda, senza perdere la luce triste e amara dei suoi occhi, nella bocca ancora la voglia di gridare e piangere contemporaneamente. C’era un uomo dietro di lei… No, forse un uomo era troppo. Sembrava più un giovane adulto, retto nella postura e con un brillio sorpreso negli occhi. I capelli erano neri come il petrolio, lunghissimi e intrecciati con perle cremisi lucenti; gli occhi erano scuri con una vena viola, come quelli di Scar ma con i colori invertiti, eppure erano lucidi e rossi, e le guance erano ancora rigate dal segno delle lacrime. Ciò che era più impressionante però, al di là dell’aspetto, erano le due ali nere che si stagliavano eteree e bellissime.

‹‹Me lo sto chiedendo anche io… Tu lo sai?››

Il giovane la guardò con interesse, studiandola come se non credesse alla sua vista.

‹‹Siamo in una visione del futuro o meglio, uno dei possibili futuri della Terra. Sempre che Caliel non riesca a cambiarlo.››

‹‹Caliel? Chi è Caliel?››

‹‹Caliel è la giustizia e l’amore. È l’equilibrio tra i mondi angelici, tra i beati e i tristi dannati dell’Inferno; è il balsamo per la sofferenza e le tenebre che cura il mio cuore, l’unica che riesca ancora a dargli la forza di andare avanti dopo tutti le morti e tutta la solitudine che ha vissuto.››

‹‹Chi sei tu?››

‹‹Lucifero, prima e ultima luce del Paradiso.››

‹‹Il re dei traditori…›› sussurrò Verity, senza nemmeno accorgersene.

‹‹Traditori? Ho chiesto di poter amare, ho cercato l’amore e sono millenni che attendo. È forse peccato, è forse tradimento amare quando siamo stati creati per farlo?››

Si sentì in colpa, terribilmente.

Gli occhi di Lucifero erano lucidi, come se le sue parole lo avessero trafitto peggio di una spada: la sua espressione era sconsolata, triste, in cerca di comprensione, e lei non se ne era accorta. Lei che pensava di saper riconoscere il dolore e invece aveva parlato senza pensare.

‹‹No, non lo è. Perdonami… Io non volevo addolorarti.››

‹‹Non hai nulla da farti perdonare: so cosa dicono di me sulla Terra. Non lo considero nemmeno più, so che lei saprà guardare oltre tutto ciò.››

‹‹Spero sia così… Ma adesso perché io sono qui, sul campo di questo massacro?››

‹‹Lo scoprirai presto… Mia dolce Caliel.››

Verity sgranò gli occhi e cercò di avvicinarsi a Lucifero, urlando per attirare la sua attenzione, per ottenere risposte, ma l’angelo alzò lo sguardo verso i nuvoloni del cielo cremisi, dove i fulmini si rincorrevano tra loro, ignorandola e scomparendo. Si sentiva però ancora la sua voce rimbombare.

 

Guarda oltre tutto quello che ti diranno. Tutti gli angeli hanno un segreto, un sentimento a cui hanno paura di lasciarsi andare. Soffocano le loro emozioni. Svelale, falli comprendere.

 

I contorni dell’ambiente cominciarono a svanire, sfarfallando e sbrilluccicando nell’aria ancora pregna dell’odore del sangue, e poi tutto rimase bianco. Si respirava un’aria pura, incontaminata, e non si distinguevano gli spazi, come in quelle stanze create per testare la resistenza psicologica dei maghi e delle streghe. Una volta aveva provato ad entrarvi: aveva superato il tempo massimo di resistenza senza problemi ed era andata avanti ancora un po’. Non che avesse dimostrato chissà quali particolari capacità, ma il silenzio non le era dispiaciuto e aveva trovato modo di pensare e rimuginare senza che nessuno venisse a disturbarla. Le era addirittura piaciuto, all’inizio, poter sentire tanto chiaramente il battito del suo cuore, ma dopo averlo contato e ricontato per curiosità infinite volte, anche lei aveva iniziato a odiarlo. Il rimbombo nelle orecchie era perpetuo e inarrestabile: aveva visto dei ragazzi cercare di farlo smettere dopo solo pochi minuti in quella stanza. Quando chiese di uscire perché non riusciva più a sopportarlo, pensò che l’avrebbero presa in giro e che sicuramente avesse fatto un tempo molto inferiore rispetto a quello dei maghi esperti. Invece tutti le avevano fatto i complimenti e le avevano chiesto suggerimenti su come migliorare.

Allo stesso modo era a suo agio nel luogo in cui si trovava: non sentiva il battito del suo cuore ma solo le parole di Lucifero, anche se erano ormai lontane e poco più che sussurri. Il problema era la luce bianca abbagliante che la costringeva a stringere gli occhi per poter vedere almeno un poco e non essere completamente cieca. Nell’infinito scorse la sagoma di una donna in avvicinamento. Dapprima ne distinse i contorni, ma in pochi minuti fu abbastanza vicina da portela osservare in tutti i suoi particolari e di nuovo Verity quasi si spaventò. Era una donna anziana, con la fronte e gli angoli degli occhi segnati da molte rughe; aveva i capelli rossi come i suoi, ma molto più lunghi, e portava una treccia intorno al capo come una corona. Le sembrava di somigliarle e non solo per il colore dei capelli. Gli occhi avevano la stessa sfumatura di verde smeraldo, anche se quelli della donna trasmettevano saggezza e conoscenza. Ma la postura, il modo elegante in cui muoveva le mani, la piega amara del sorriso, la testa leggermente piegata di lato, erano tutte caratteristiche che Verity ritrovava in se stessa, che sapeva di avere perché le aveva viste riflesse negli specchi e negli occhi degli amici. E soprattutto vedeva la maschera: la donna fingeva di essere serena e tranquilla, come se andasse tutto per il meglio, ma occhi e bocca stonavano in quel quadretto, palesando l’animo sofferente. Come avrebbe potuto non accorgersi di quello che faceva lei ogni volta che si sentiva triste o sola?

La donna mosse le labbra ma Verity non udì un solo suono provenire da lei. Era certa però che stesse dicendo qualcosa e si concentrò di più sul movimento: ripeteva sempre la stessa frase, senza fermarsi, ma captò solo una parola in ciò, il suo nome. Provo a chiederle perché dicesse il suo nome con tale insistenza, ma quando si avvicinò e la sfiorò, la donna scomparve in un vortice di luce.

 

Verity si svegliò di soprassalto nella sua stanza, trovando Kai e il suo peso distesi sulla sua pancia, pronto a leccarle il viso come tutte le mattine. Lo spinse giù con un colpetto sulla schiena e si sedette, massaggiandosi le tempie e passandosi le mani sugli occhi per svegliarsi: le pareva di essere ancora dentro un sogno. E che sogno: Lucifero, una donna uguale a lei e una distesa di sangue e cadaveri bruciati, e morte, sopra ogni cosa. Ma se senza la magia non era possibile avere sogni premonitori, cos’era successo allora?

Probabilmente mi sono autosuggestionata leggendo quel libro, pensò vedendolo appoggiato sulla scrivania. Non c’erano notizie di guerre in corso anzi, erano secoli che di guerre e battaglie non se ne vedevano: la magia aveva portato un grande senso di pace e unità e aveva calmato la maggior parte degli animi più irosi e inclini al conflitto. Doveva essere stato solo uno spaventoso e terrificante incubo causato dal suo troppo pensare a storie macabre e violente. Ma se per caso fosse davvero una visione di un possibile futuro, come aveva detto Lucifero? Cos’avrebbe potuto fare lei a quel punto? Per iniziare una guerra però, e pensare di poterla vincere, era necessaria un’enorme quantità di energia e solo gli Ingranaggi potevano darla. Forse valeva la pena di chiedere a suo padre qualche informazione, solo per stare più tranquilla. Si vestì e scese al piano terra, dove sua nonna stava lavorando ai fornelli e il nonno era seduto a tavolo, ascoltando le notizie dal giornale. Lo aveva sempre trovato meraviglioso: la magia riproduceva le pagine di un giornale vero, ma anziché doverle leggere erano gli autori stessi che uscivano dalle pagine ed esponevano ad alta voce i propri articoli. Quando si finiva bastava un gesto della mano per farli dissolvere in una nuvola di fumo grigio e allo stesso modo si poteva far scomparire il giornale: così non si inquinava l’ambiente e tutti potevano sentire le notizie mentre erano occupati in altre attività.

‹‹Buongiorno, tesoro! Ti sei stancata molto in questi giorni… Dante ti ha dovuta portare su di peso dalla biblioteca, non c’è stato verso di svegliarti.››

‹‹Solo un po’, nonna, ma grazie mille. Cosa stai preparando?››

‹‹Niente di che, solo uova e bacon per la mia nipotina.››

Le servì un piatto abbondante e si sedette al suo posto sorseggiando un thè allo zenzero proveniente da chissà dove. Sembrava un duchessa, o una gran dama del passato, con i capelli grigi raccolti sulla nuca in una crocchia e il vestito di velluto verde scuro. Teneva gli occhi chiusi e annusava il profumo ancora non troppo forte.

Quale ricordo le porterà alla mente?

I viaggi erano sempre stati la passione della nonna e si poteva affermare con sicurezza che avesse visitato quasi tutti i paesi della Terra. Per questo motivo l’aveva sempre vista poco, ma ogni volta rimaneva affascinata dalle storie che raccontava. Portava dai viaggi abiti, oggetti tradizionali, cibi e tante ricette da ricreare a casa: un anno aveva mimato, per Capodanno, una danza aborigena; l’anno successivo aveva potato dal Giappone un kimono azzurro con un ricamo floreale fatto di fili d’oro e d’argento; per Natale preparava sempre una cena dove ogni piatto veniva da una tradizione culinaria diversa e la notte, quando Verity era ancora piccola, scivolava nel suo letto e le raccontava tutte le sue avventure e di come ogni volta uscisse da grandi pericoli per un colpo di fortuna. Conservava quei ricordi con grande gelosia e non li aveva mai condivisi con nessuno, scegliendoli con cura quando voleva rivederli e riponendoli con attenzione. Guardando i nonni provò un senso di indecisione: avrebbe potuto lasciare la questione degli Ingranaggi e andare a scuola per cercare Scar, oppure avrebbe potuto rivedere suo padre e scoprire qualcosa di interessante e potenzialmente utile per le sue ricerche. Si vergognava un po’ di dover andare dal padre dopo anni di silenzi e disattenzioni verso di lui… Non che lui si fosse molto curato di lei, ma era l’unico, insieme ai nonni, che le rivolgesse una parola, per quanto imbarazzato, quando tornava a casa per le feste, chiedendole come stesse e lasciandole un regalino sul letto prima di scomparire nel laboratorio.

Guarda oltre…

Proprio in quel momento doveva pensare alle parole di Lucifero? Forse non erano una sciocchezza; aveva sempre desiderato un padre presente nella sua vita, ma non aveva mai lottato per ottenerlo. Una volta accettata la sconfitta avuta con Eleonore, non aveva nemmeno avuto il coraggio di provare a creare qualcosa con lui, troppo spaventata di ricevere un secondo rifiuto.

Sarebbe andata da lui e se l’avesse mandata via, sarebbe entrata dalla porta sul retro; se l’avesse cacciata di nuovo, avrebbe corrotto qualche ricercatore per farla rimanere. In ogni caso c’era molto tempo, il messaggio nella segreteria del giorno prima diceva che sarebbe rimasto là per almeno tutta la settimana. Nel frattempo…

‹‹Nonna, tu sai che legame c’è tra la magia e gli Ingranaggi.››

La nonna non lo sapeva con precisione: le leggende erano tantissime ed estrapolare da esse la verità era complicato, soprattutto perché molte di queste erano in contraddizione l’una con l’altra. Si raccontava che due arcangeli tra i più potenti li avessero portati sulla Terra per salvarli dalla ribellione di Lucifero; altre dicevano che fossero i figli di Dio, creati dalla sua stessa materia divina, e che rappresentassero le sue due facce, quella di tenebra e di luce; altre ancora, appartenenti alle tribù e alle vecchie credenze, li vedevano come i creatori del mondo.

‹‹Interessante… Conoscevo solo la prima versione. Un’altra cosa, dov’è di preciso il laboratorio di papà?››

Per poco il nonno non si strozzò con il caffè e tossicchiò per un po’ prima di risponderle. Da padre aveva sperato che figlio e nipote riuscissero ad avere quello stesso rapporto che aveva avuto lui, ma si era reso conto che sarebbe stato necessario un miracolo per crearlo e adesso Verity chiedeva addirittura dove lavorasse Victor. Anche la nonna rimase molto sorpresa, ma aveva sempre creduto che Verity sarebbe riuscita, prima o poi, a sciogliere uno dei suoi genitori e se la scelta era ricaduta Victor, non avrebbe potuto essere più felice: conosceva bene sua figlia e sapeva che Eleonore non era adatta per essere il tipo di madre di cui la nipote avrebbe avuto bisogno mentre il padre poteva essere adatto.

‹‹Fuori città,›› disse il nonno, deglutendo rumorosamente ‹‹vicino al bosco. Ti basta uscire dalla città seguendo la strada per il mare e svoltare quando vedi l’indicazione.››

Ringraziò i nonni con una grande sorriso e finì in silenzio la propria colazione. Prese poi la bicicletta che aveva comprato con i suoi risparmi e pedalò fino a scuola, facendo un saluto di sfuggita a Dakota e fermandosi in biblioteca, decisa a leggere quanto poteva sugli Ingranaggi. Sapeva che, per quanto estesa, la libreria di casa non avrebbe potuto aiutarla perché tutti i libri sull’argomento li aveva presi Victor, portandoli nel suo ufficio. Per la maggior parte trovò leggende, molte delle quali a lei sconosciute, e rimase stupita dalla quantità di storie che l’uomo aveva ideato per creare una continuità tra magia e religione. La più interessante era stata sicuramente quella sui volti di Dio e su come esistessero una parte cattiva e una buona. Dio, diceva la leggenda, era un concentrato di tutti i sentimenti che l’uomo conosceva e ognuno di essi aveva, e ha, un valore positivo; gli Ingranaggi erano invece l’emanazione di alcuni dei sentimenti, ma mentre uno era in grado di resistere alle influenze esterne, l’altro era facilmente corruttibile, estremizzandosi e trasformandosi in un essere malefico. Verity aveva amato il fatto che la parte malvagia non fosse così per sua natura, ma solo perché spinta da forze esterne. La pensava esattamente a quel modo: nessuna persona nasceva, per natura, crudele o senza cuore, erano le circostanze della vita a trasformarla, a corrompere lentamente il bene insito in lei fino a cambiarla, anche completamente. Lesse anche le altre storie, ma nessuna l’entusiasmò come quella, e alla fine uscì dalla biblioteca con una grande confusione di nomi in testa e allo stesso tempo molta soddisfazione. In una sola giornata aveva imparato più di quanto si aspettasse, ma i giorni successivi furono fondamentali per riordinare accuratamente ogni cassetto della sua mente.

Fu Dakota ad accompagnarla fino al laboratorio, con la moto che suo padre le aveva regalato mesi prima, ma che solo in quel periodo aveva capito come guidare. Era una vecchia moto, con le ruote nere e due borse ai lati del sedile di pelle lucida. Faceva un rombo spaventoso ogni volta che Dakota accelerava e Verity le stringeva la pancia in una morsa. Le aveva chiesto perché non l’avesse stregata per farla volare e la risposta era stata: “ti sembro la ragazza che vola su una moto?”. Non le aveva più domandato nulla su quel mezzo infernale.

‹‹Verity, sei sicura di voler entrare da sola? Ti accompagno volentieri: sai anche tu che voci girano a scuola…››

La ragazza rise: ‹‹Non pensavo ti interessassero le dicerie!››

‹‹Infatti se dovesse entrare Michelle, non potrebbe importarmene di meno, ma tu sei tu ed è un'altra storia.››

‹‹Vai a casa, Dakota. C’è mio padre qui dentro, sono più al sicuro qui che in altri luoghi. Non mi farebbe mai del male.››

Dakota sospirò, riconoscendo come Verity avesse ragione, e ripartì velocemente per scomparire dietro una scia di polvere alla prima curva. Non c’era davvero modo di far cambiare idea all’amica quando si metteva in testa qualcosa.

Quando le aveva suonato alla porta quella stessa mattina con quel sorriso strano, troppo soddisfatto, l’aveva accolta a braccia aperte, sperando che qualsiasi cosa volesse fare non fosse pericolosa o azzardata, anche se il brillio negli occhi le rivelava idee bizzarre e problematiche. Dopo aver ascoltato tutto il suo “piano”, era corsa fino alla sua camera e si era chiusa dentro, ridacchiando appoggiata alla porta. Si era anche vestita fingendo di sbuffare per polemica, ma l’aveva accompagnata. Certo, era preoccupata perché le voci sugli strani esperimenti esistevano realmente, ma forse conoscere Victor nel suo ambiente naturale avrebbe prodotto un piacevole cambiamento nella vita dell’amica.

 

 


   
 
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