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Autore: rocchi68    17/11/2017    3 recensioni
“La giovinezza è sia una bugia, che un male. Quelli che elogiano la giovinezza stanno solo ingannando se stessi e chi gli sta vicino. Credono che quelli che gli stanno attorno approvino sempre gli atti che compiono.
Usando la parola giovinezza, loro alterano e stravolgono il buonsenso e qualsiasi cosa ci sia di logico.
Per loro bugie, segreti, peccati e insuccessi non fanno altro che aggiungere pepe alla loro giovinezza.
Se il fallimento è il simbolo dell’essere giovani come dicono, allora qualcuno che non è riuscito a farsi degli amici dovrebbe essere all’apice della sua giovinezza, giusto?
Ma di certo, nessuno di loro lo ammetterebbe mai perché tutto deve andare come più gli torna comodo.
Per concludere: gli idioti che si godono la loro gioventù dovrebbero suicidarsi”.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Il prossimo a varcare la porta del club, così come aveva fantasticato Scott, non era altri che lo sfortunato Harold.
Era tornato alla carica con una delle sue solite storie senza capo né coda.
Il suo unico merito era quello di concedergli dei momenti di pausa dallo studio disperato che svolgevano durante le sessioni pomeridiane.
Con tutte le ore spese, le lacune iniziavano a colmarsi, ma qualche attimo di stacco era sempre ben accetto, anche se le storie di Harold erano spazzatura che il peggior critico avrebbe sempre cestinato senza colpo ferire.
I suoi miglioramenti, se così potevano essere definiti, erano più che lampanti, anche se lontani dalla purezza e dalla semplicità comunicativa dei vari best-seller.
I titoli altisonanti lasciavano un segno, ma per Harold sarebbe stato sufficiente che qualcuno ricordasse almeno una parte dei suoi discorsi.
Profondi o meno che fossero, il suo impegno non sarebbe mai scemato.
Almeno aveva imparato a dare una struttura più flessibile alle sue opere e di certo non spaziava più su molti campi.
Cercava di scrivere qualcosa che conosceva bene, anche se non era molto facile.
Fu una sorpresa per Scott e Dawn, quando in uno dei primi giorni tiepidi di aprile, lei comparve davanti ai loro occhi.
Si aspettavano qualche ragazzo della loro età.
Anche Chris poteva essere uno dei tanti che bussava alla loro porta, dati i dubbi sulla sua tormentata storia con Blaineley.
Perfino Harold poteva disturbare il loro studio, anche se quella settimana era impegnato ad aiutare i nonni fuori città.
Di certo non credevano che qualcuno estraneo alla scuola s’interessasse a loro, anche se quello era un interesse mirato all’ottenere qualcosa di sostanzioso.
 
Erano passati alcuni mesi da quando Scott e Dawn avevano aiutato il professore con la sua questione sentimentale.
Entrambi sentivano che c’era qualcosa di strano in quei pomeriggi di ripasso, anche se non osavano chiedersi cosa.
Nonostante il rosso si fosse ripromesso di non perdere tempo, alla fine aveva fatto scendere molti mesi tra loro.
Voleva solamente essere certo che tutto andasse bene.
Era troppo preso dalle attività del club e dalla ragazza che amava per accorgersi che qualcuno era cambiato.
“Avanti.” Borbottò Scott, dopo aver sentito bussare, mentre Dawn raccoglieva quaderni e libri e li sistemava nella borsa.
La figura, senza aspettare oltre, aprì la porta e fece scendere il silenzio nell’aula.
“Tu…”
“Ciao fratellino.” Soffiò Alberta, avvicinandosi con incertezza e sedendosi vicino all’altra ragazza presente.
“Sei venuta per vedere come procede lo studio?” Chiese Dawn.
“Mi fido di Scott e so che si sta impegnando molto.”
“Allora perché sei qui?” Domandò il rosso.
“Quando studiavo qui, ero a capo del vostro club e spesso ho aiutato persone che mai avevo visto in vita mia.”
“Credi che sia cambiato qualcosa?” Tentò Dawn.
“Affatto.”
“A quest’ora dovresti essere a casa.” Sospirò Scott, incrociando le braccia e fissandola con sguardo severo.
“Anche per te vale la regola del coprifuoco.”
“La mamma mi ha dato il permesso, se poi riaccompagno a casa Dawn.”
“Capisco.” Sbuffò la giovane, posando i suoi occhi stanchi sulla ragazza che il fratello cercava di proteggere.
“Ti vedo strana, Alberta.” S’intromise Dawn, mentre Scott cercava di capire cosa ci fosse di tanto anomalo nella sorella.
Era sempre uguale.
Chiacchierona, rompiscatole e con una voce stridula in grado di crepare i muri e di graffiare le finestre.
Anche il suo aspetto era sempre lo stesso.
Certo il viso era leggermente più scavato rispetto al solito e anche il sorriso abituale spesso svaniva senza motivo.
Eccettuato ciò, Alberta era sempre la stessa.
“Prima di cominciare perché sei qui?” Riprovò Scott, rialzandosi in piedi, mentre lei abbassava lo sguardo.
“Io…”
“Prometto di non giudicarti.”
“Non so se ci riesco.” Ammise, mentre Dawn fissava la scena con attenzione.
Quella, almeno per lei, era la prima volta che vedeva Alberta giù di morale.
In quelle poche volte che si erano incrociate, la ricordava più allegra e vivace, rispetto all’aria abbattuta che aveva assunto.
“Tempo fa mi hai detto che tu e la mamma sareste sempre state dalla mia parte. Ora sono io a pregarti di non restare in silenzio.”
“Scott…”
“Cos’è che ti tormenta?” Chiese il rosso.
“Ho paura.” Rispose sinceramente, stringendosi nelle spalle.
“Di cosa?”
“Io sono qui per chiedervi aiuto.” Sussurrò, toccandosi gli occhi carichi di lacrime.
“C’è qualche problema tra te e Lucas?” S’intromise Dawn, facendo spostare lo sguardo dei due verso di sé.
“Sì…cioè no…non lo so.”
“Alberta sai che se Lucas ti tratta male sono sempre pronto a dargli una ripassata.” Sbottò Scott, facendo annuire la sorella.
“Non ce la faccio.”
“Ti conviene dircelo subito, se non vuoi che vada da Lucas e che lo picchi a sangue.” La minacciò il rosso, facendola sussultare.
“Non toccare il mio ragazzo.” Scattò la giovane, facendo sorridere il fratello.
“Ora sappiamo che non riguarda lui.” Ribatté Scott.
“Maledetto.”
“Alberta…noi siamo fratello e sorella e ci vogliamo bene. Qualsiasi cosa ti preoccupi, io starò sempre dalla tua parte.”
“Sempre?”
“Basta che tu non abbia ucciso qualcuno.” Rispose il rosso, facendola sorridere appena.
“Io vorrei uccidere qualcuno.”
“Spero di non essere in cima alla tua lista.” Sospirò Scott, mentre Dawn seguiva quel dialogo con attenzione.
Nel suo silenzio e nella sua tranquillità, Dawn sperava di trovare qualche dettaglio che Scott avrebbe potuto ignorare o che gli potesse sfuggire e, pertanto,  sperava di tornare utile alla risoluzione del problema.
“Ti ricordi di George?” Chiese Alberta, mentre il rosso faceva mente locale e collegava quel nome a una brutta faccia di cui aveva memoria.
“Non era il tuo ex?”
“Hai detto bene.”
“Se non sbaglio ti ha mollato al terzo anno delle superiori per quella ballerina bionda con poco cervello.”
“L’ho descritta così?” Domandò l’ospite, facendo ridacchiare Dawn.
“La tua visita riguarda loro?” Chiese Scott, andando dritto al sodo.
“Riguarda George.”
“Spero che tu sia qui solo per informarmi che è morto.” Riprese il giovane.
“Purtroppo è tornato.”
“Non gli è bastato rovinarti quei mesi estivi? Cosa vuole ancora?”
“Mi prometti di non arrabbiarti, fratellino?” Tentò Alberta.
“Cercherò di trattenermi.”
“È da qualche settimana che penso d’essere seguita.”
“Seguita? E da chi?” Domandò Dawn, anticipando di qualche istante l’amico che stava schiumando di rabbia.
Chiunque volesse rovinare la felicità di Alberta doveva sapere che si sarebbe fatto un nemico per tutta la vita.
Perché Scott avrebbe serbato rancore e avrebbe distrutto chiunque osasse intaccare la gioia della sua famiglia.
“Credo sia lo stesso che continua a tartassarmi di messaggi.”
“Perché non me l’hai detto subito?” Chiese Scott, fissando con rabbia la sorella.
“Temevo la tua reazione.”
“Fammi indovinare: George sta ostacolando la tua vita privata perché vuole una seconda possibilità.”
“La ballerina deve averlo piantato e chissà cosa si è messo in testa quell’idiota.” Sbottò Alberta, facendo annuire il fratello.
“Io gli farei ingoiare ben volentieri qualche dente.” Alzò la voce, scontrandosi tuttavia con l’opposizione di Dawn che si era messa proprio davanti a lui.
Nel vedere quegli occhi chiari intenti a leggergli fin nelle viscere, si calmò poco alla volta, anche se manteneva sempre un pizzico di furia verso quel disgraziato.
Perché per lui George era un bastardo.
Un lurido maiale che aveva distrutto la sua famiglia per alcune settimane, prima che la stessa Alberta tornasse a vivere.
Prima che uscisse con il compagno di banco, nonché miglior amico e prima che lui diventasse ufficialmente il suo ragazzo.
Poi il resto era storia, in quanto quello stesso ragazzo sarebbe diventato, a distanza di pochi mesi, suo marito.
“Ora che sapete la storia, vi ho messo in una brutta situazione.” Borbottò dispiaciuta Alberta, facendo riflettere i ragazzi.
“Che cosa ti aspetti da noi?” Domandò serafico il fratello.
“Io sono passata solo per confidarvi il mio segreto.”
“Hai intenzione d’ignorarlo o vuoi che io e Dawn proviamo a porvi rimedio?” Chiese Scott.
“Cosa mi consigliate?”
“Io lo affronterei.” Rispose la Presidentessa, trovando il consenso anche del vice.
“Ma lui…”
“Dovrai invitarlo qui per domani e io risolverò la faccenda.”
“Sei sicuro, fratellino, di ciò che fai?”
“Sono l’uomo di casa ed è mio dovere proteggerti in ogni caso.”
“Non era questa la mia domanda.” Continuò, scontrandosi con lo sguardo fisso e indemoniato del minore.
“Non sono mai stato più sicuro in vita mia.” Sbuffò il rosso.
“Per oggi, però, credo sia più saggio tornare a casa.” S’inserì Dawn.
“Io…”
“Lo sappiamo Alberta e per questo usciremo tutti insieme.”
“Non vuoi lasciarmi sola?” Chiese la sorella.
“Non mi fido di quello stalker e poi il mondo è pieno di malintenzionati che possono rovinarti la vita senza motivo.”
“Voi mi state aiutando più di quanto m’aspettassi e, se posso, vorrei darvi un consiglio.”
“Ti ascoltiamo.” Avanzò Dawn, mentre Alberta si rimetteva in piedi.
“Se amate qualcuno, evitate alle altre persone di frapporsi tra voi, anche se ciò significa renderle infelici.”
“Come sempre parli per esperienza personale.” La punzecchiò Scott.
 
Giusto il tempo di raccogliere le borse e di sistemare un po’ l’aula e i 3 ragazzi erano per strada e stavano tornando a casa.
Dopo aver accompagnato Dawn al suo appartamento e averla salutata con la promessa di farle sapere le novità del caso, Alberta e Scott si avviarono verso la baracca.
Fu quando giunsero all’altezza dell’unico semaforo che avrebbe incrociato la loro strada che Alberta volse al rosso uno sguardo insolito.
“Non gliel’hai ancora detto.”
“Cosa?”
“In certe cose, Scott, sei un vero idiota.” Sbottò Alberta.
“Prima cerchi il mio aiuto e poi mi offendi?”
“Quel consiglio era riferito a te.”
“Me ne ero accorto.” Si lamentò il giovane, fissando la sfera in alto ancora fissa sul rosso.
“Se non ti giochi le tue possibilità ora che puoi farlo, non lamentarti quando qualcuno ti porterà via la tua bella.”
“Non so come fare.”
“Sei sempre stato pieno d’inventiva e ora ti smarrisci con così poco?” Chiese lei, deridendolo e mettendo a nudo tutte le sue debolezze.
“Più mi sforzo e meno sembra il momento opportuno.”
“Non esiste un momento più o meno opportuno: sei solo tu a decidere quale sarà il giorno adatto per confidarglielo.”
“Non parliamo di questo…non ora almeno.” Borbottò imbarazzato, mentre il semaforo era ormai scattato sul verde.
“E di cosa dovremo parlare?”
“Hai scritto a George?” Chiese il rosso.
“Ha accettato il mio appuntamento per domani alle 17, se è questo quello che vuoi sapere.” Rispose subito la ragazza.
“Ottimo.” Ghignò, scrivendo un messaggio a Dawn e informandola della novità.
“E ora cosa devo fare?”
“Credo sia giusto parlarti del mio piano.”
“Avanti allora.” Lo esortò la sorella.
“Domani tu e Dawn andrete in un’altra aula e mi lascerete solo con George.”
“Perché?”
“È una questione delicata e non voglio correre rischi.”
“Dawn non ne sarà felice.” Gli fece notare Alberta, senza riuscire a scalfire la presa di posizione più che ferrea del fratello.
“Con Dawn me la vedo io.”
“Ti chiedo soltanto di non fare pazzie.” L’esortò, facendolo sorridere.
“Ho troppo da perdere per picchiare un idiota del genere.”
Sollevata nell’apprendere che suo fratello non voleva mettersi eccessivamente nei guai, lei non fece più parola di quel discorso.
Passarono gli ultimi minuti a raccontarsi le rispettive giornate con Alberta che si era fissata nel descrivere il vestito rosa confetto di una sua compagna d’Università.
Un qualcosa di assolutamente indescrivibile che fece alzare un sopracciglio a Scott.
Se c’era una cosa che lui aveva imparato in fatto di moda è che le ragazze erano alquanto bizzarre.
Mentre la maggior parte del genere maschile s’accontentava di jeans e maglietta, quelle non avevano mai qualcosa di decente da mettersi.
E tutti quei dettagli verso il colore del vestito avevano fatto venire un piccolo dubbio al rosso.
O il vestito era veramente ridicolo oppure tutta quella sfilza di parole messe in fila da Alberta avevano un altro significato.
Un qualcosa che suonava come una sorta di campanello d’allarme per le povere e tristi finanze di Lucas.
Perché di una cosa Scott si sentiva abbastanza sicuro: non ci sarebbe stato nulla di cui sorprendersi se, l’indomani, lei avesse deciso di cambiare colore all’abito da sposa per renderlo un tutt’uno con i confetti delle bomboniere.
 
Il tanto atteso pomeriggio era finalmente giunto, anche se con parecchie noie che Scott avrebbe preferito evitare.
Fortunatamente il disgusto per il vestito rosa confetto era reale e sua sorella non aveva avuto l’insana idea di cambiare piani a pochi mesi dalle nozze.
Inoltre una seconda noia aggiuntiva era sbocciata con un nuovo colloquio nell’ufficio di Chris.
Un colloquio utile per conoscere le ambizioni lavorative del giovane che, convinto dalla famiglia, aveva deciso di gettarsi nell’Università.
La stessa dove avrebbero studiato buona parte dei suoi compagni, compresa Dawn che quel pomeriggio rappresentava fedelmente la terza e ultima noia della sua giornata.
“Io non me ne vado!” Replicò, puntando i piedi.
“Dovrai farlo.” Ribatté freddo.
“Non ti lascio solo con quello.”
“Hai paura che mi possa far male?” Chiese, facendola arrossire.
“Alberta ha parlato ad entrambi ed io sono la Presidentessa del club.”
“Questo non riguarda il club.”
“Se è venuta qui vuol dire che spera anche nel mio aiuto ed io non voglio stare in disparte, mentre tu fai tutto il lavoro.” Continuò, fronteggiando il suo sguardo.
“Lei è venuta qui perché sono raramente a casa e poi non voleva dare un dispiacere a mia madre che è impegnata con il lavoro.”
“Fa lo stesso.”
“Lei è mia sorella.” Ribadì il concetto, sforzandosi di trovare le parole più adatte per non offenderla.
“E questo che significa?”
“Lei fa parte della mia famiglia.”
“Continuo a dirti che è naturale per me aiutarla.” Ripeté la giovane.
“La smetti d’essere così cocciuta?” Domandò, alzandosi in piedi, mentre lei lo imitava anche in quella mossa.
Dawn era convinta che se l’avesse voluta mettere sul piano fisico non ci sarebbero state storie, ma ciò non le vietava di tenere salde le sue posizioni.
Non si sarebbe piegata.
Non questa volta.
Perché Alberta era una sua cara amica e si sentiva in dovere di tenere d’occhio quella testa calda con cui condivideva il club.
“Io non me ne vado.”
“Devi andartene!” Ordinò imperioso, indicandole la porta.
“Perché non mi vuoi qui?”
“Questa è una questione che riguarda la mia vita.”
“E allora?” Domandò, scontrandosi di nuovo con il suo sguardo impassibile.
“Tu non ne fai parte.” Si lasciò sfuggire, maledicendosi subito dopo per quelle parole così ciniche e orribili.
Nel vederla spegnersi sotto i suoi occhi, come una candela ormai consumata dal fuoco, si diede del coglione.
Non voleva farla piangere o rattristarla in quel modo.
Non pensava veramente quella cattiveria che si era fatto scappare, ma era stata frutto solo della rabbia improvvisa.
Lei, sconfitta e umiliata da quell’ultimo confronto, si risedette al suo posto come se il mondo le fosse appena crollato addosso.
Fu nel sentirla singhiozzare che Scott capì quale grande cavolata aveva fatto.
“Dawn…”
Lei non rispose al suo richiamo.
Nel notarla così triste, lui sentì qualcosa in fondo al petto spezzarsi.
Aveva fatto piangere una ragazza, l’unica che non meritava di versare lacrime tanto amare per colpa sua.
Per i primi secondi aveva pensato che quella situazione potesse tornare a suo vantaggio.
Lei poteva andare via, lasciandogli tutto il lavoro.
Scott era convinto, però, che se lei avesse varcato quella porta, allora non avrebbe più avuto modo di scusarsi.
Lei si sarebbe sempre sottratta e questo non gli andava bene.
Nonostante fosse contro il suo piano e mosso a profondo dispiacere nei suoi confronti, avvicinò la sedia a quella della giovane, notando come piangesse disperatamente sopra il banco.
“Ti chiedo scusa, Dawn.” Borbottò, accarezzandole la schiena.
“Io non volevo ferirti, ma prova a metterti nei miei panni. Alberta è mia sorella e sono arrabbiato nel sapere che la sua vita va a rotoli solo per colpa di uno scemo.”
“Tu…” Si lasciò sfuggire lei in un bisbiglio sommesso.
“Anch’io sono uno scemo perché ti faccio soffrire e non lo meriti.”
“Io…”
“Ti do il permesso di restare, ma non metterti nei guai.” Soffiò il giovane, alzandole il viso dal banco e notando i suoi occhi arrossati.
Erano delle perle cariche di lacrime che lui si affrettò d’asciugare con le sue dita.
Poco dopo si ritrovò a concedere qualche carezza sulle candide guance che lei apprezzò volentieri e che fu costretto ad interrompere a causa dell’incessante bussare.
Staccarsi da quel contatto per Scott fu peggio di una pugnalata, anche se ringraziava il destino che tutto non fosse andato in malora.






Angolo autore:
Ryuk: Tutto è cominciato con Alberta e tutto deve finire con Alberta.
Abbiamo chiuso il cerchio.
Ryuk: Avremmo potuto scrivere ancora qualcosa su Zoey o Mike, ma pensiamo d'aver esaurito tutte le possibilità della lista.
Ringraziamo quelli che stanno continuando a seguire la storia e speriamo che l'arco finale sia di vostro gradimento.
Alla prossima!
 
   
 
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