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Autore: Blue Flash    17/11/2017    2 recensioni
«Parlami di loro Zetsu.»
L'essere, o meglio, la pianta si voltò celermente verso la ragazza, incuriosito da quella sorta di domanda.
«Di loro?» domandò sibilino lo Zetsu Nero continuando a camminare al suo fianco.
«Vuoi che te ne parli io?» chiese, invece, il bianco speranzoso.
«No, Zetsu nero.» e Reyko lanciò uno sguardo indagatore al suo compagno.
«Sei più furba di quel che sembri a differenza di qualcuno li in mezzo. Dunque, di chi vuoi che ti parli mentre andiamo?»
«Di tutti loro. Voglio sapere con chi sto avendo a che fare.»
Quell'affermazione fece scaturire una sorta di risata sommessa da parte di entrambi gli Zetsu, quasi entusiasti di poter parlare.
«Allora ti dirò quello che vuoi sapere dei membri dell'Akatsuki ad una sola condizione che dovrai rispettare condizione.»
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Eccomi qui con la mia FF. Protagonista è l'Akatsuki, in particolare dopo l'abbandono di Orochimaru si unirà a loro un nuovo elemento (Oc) per completare lo schieramento vincente. Sarà ambientata inizialmente durante Naruto e poi durante Shippuden, con variazioni nell'arco degli eventi e tratterà di quello che successe nell'Akatsuki per ottenere la sua attuale fama ed anche quello che succederà durante la guerra.
Genere: Angst, Guerra, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akatsuki, Deidara, Itachi, Kisame Hoshigaki, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Beginning

Un vecchio signore era fermo dietro il grande bancone in legno che esponeva una ridotta quantità di pietanze varie ed eventuali. Gli occhi scuri della ragazza alternarono avanti ed indietro, cercando di decidere alla svelta che cosa prendere, alla fine, quando non riuscì ad individuare niente di allettante optò per una semplice tazza di te, proprio come il suo attuale compagno di viaggio. L’ex spadaccino della nebbia aveva decisamente ragione, la locanda che aveva visto non era troppo distante dal punto in cui si erano ritrovati, ma non aveva una gran varietà di cose. 
Entrambi, con le tazze fumanti in mano, uscirono dalla piccola sala ed allora si accomodarono ad uno dei tavoli in legno all'esterno sui quali poter poggiare le tazze. A Sen venne servita una ciotola d’acqua fredda, che il lupo sembrò gradire molto tanto da finirla nel giro di qualche minuto, mentre Kisame e Reyko, come due signori d’altri tempi s’andarono a sedere l’uno di fronte all’altra. Poggiarono i cappelli sui lati opposti del tavolo, ed allora Reyko soffiò delicatamente sulla superficie della bevanda in modo tale da poterla fare rinfrescare prima di assaggiarla. Aveva scelto un aroma alla rosa ed alla cannella, che l’aveva ispirata parecchio ma che aveva suscitato una risata divertita da parte di Kisame che borbottò qualcosa del tipo “come una vera ragazzina”. In risposta gli lanciò uno sguardo colmo di scetticismo, accompagnato da una smorfia da persona molto poco matura, prima di sorridere al vecchio che li aveva appena serviti.
«Allora, finalmente possiamo parlare un poco.» sentenziò lei mentre teneva ancora lo sguardo basso puntato verso la propria tazza. 
La stringeva ancora con le dita, in modo tale da poter riscaldare le mani, e solo dopo qualche secondo sollevò le iridi scure puntandole verso quelle dello squalo seduto dinnanzi a lei. 
«Mi dispiace che non ci fossero dei dolci, ero sicuro di averne visto qualcuno esposto.»
«Non fa niente, li mangeremo un’altra volta, Kisame—… dunque, come vanno le cose?»
Alla domanda appena posta lo spadaccino si limitò a scrollare le spalle, prima di poggiare un gomito sul tavolo, limitandosi a guardarla ed a sogghignare.
«Non posso lamentarmi. Abbiamo girato un po’ ultimamente, come tutti quanti, tu piuttosto, come te la passi con Zetsu? Sai, non è il massimo della simpatia.»
«Non male.» commentò lei, stupendolo parecchio. «In verità Zetsu non è così male come sembra, almeno la sua parte bianca, quella simpatica. La nera, invece, passa tutto il tempo a complottare ed a tramare, questo invece fa abbastanza paura. Di solito cerco sempre di stare attenta, ma oggi mi è sembrato più strano del solito.»
Spiegò rivolta in direzione dello squalo, che sorseggiava tranquillamente la sua tazza con il te. 
«Lui è sempre strano, però forse hai ragione. Doveva parlare con Itachi, ma di persona, per questo il mio partner lo ha dovuto cercare.»
Adesso la scomparsa di Itachi aveva decisamente senso, anche se in verità l’eremita non riuscì proprio ad immaginare di che cosa potesse, o volesse, discutere con il caro Zetsu. 
«Oh—… è qualcosa di grave?»
«In verità non lo sappiamo, però sembrava urgente, quindi immagino che adesso quei due stiano discutendo, ma non devi preoccuparti, Itachi non farà del male al tuo compagno.» ed allora Kisame ghignò divertito, cosa che fece sorridere anche Reyko.
In verità trovava che quello che doveva fare davvero attenzione, fra i due, era il ragazzo perché da ciò che aveva avuto modo d’imparare Zetsu, specialmente il nero, sapeva essere fin troppo pericoloso. Ma evitò di dirlo a Kisame, forse perché non voleva farlo preoccupare. 
«Immagino di sì. Beh, allora speriamo che torni presto. Zetsu non penso che tornerà con lui, anche perché mi ha detto che ci saremmo rivisti alla base.»
«Quindi tu e Sen sarete i nostri ospiti.»
«Piantala.»
«Sono serissimo. Inizio a provare una strana simpatia nei confronti del tuo lupo, specialmente quando sta per attaccare Deidara. In quei momenti penso proprio che potrei fargli una statua.»
Ed allora Reyko gli lanciò un’occhiata divertita prima di abbassare lo sguardo verso il proprio amico, accucciato ai suoi piedi. 
«E dire che durante il nostro primo incontro hai anche cercato di farmi fuori il compagno.» 
Mormorò in un sussurro Reyko, che però Kisame colse al volo. 
«E’ acqua passata quella, non è vero? Insomma dovevamo farti entrare nell’organizzazione ad ogni costo, non potevo permettermi di lasciarti vincere.»
Esitò per qualche istante la ragazza, prima di annuire lentamente, scuotendo i capelli, che le ricaddero dinnanzi agli occhi. 
«E’ acqua passata, basta che prometti di non attaccarci più con quella tecnica.»
Kisame, in tutta risposta, sollevò la mano destra e la portò all’altezza del suo cuore, sul quale tracciò una semplice X. 
«Parola di spadaccino
Quanto valeva, però, la parola di colui che aveva tradito il proprio Leader?
In verità Reyko, nonostante le voci e la sua storia, era fortemente convinta che Kisame fosse un vero uomo d’onore e per questo motivo meritava tutto il rispetto possibile. 
«Grazie, questo mi solleva parecchio.»
«Tu, però, non hai ancora mostrato le tecniche da eremita.»
Un sorrisetto sghembo si fece largo sulle labbra della ragazza, che assaggio il proprio te, per poi tornare a guardarlo.
«In verità le ho usate durante le missioni, quando servivano per combattere. Zetsu le ha viste e mi ha anche fatto i complimenti.
»
«Davvero? Maledetto Zetsu. Le arti eremitiche sono sempre qualcosa di assolutamente affascinante perché si dice che voi eremiti entriate in contatto con la natura.»
«Esatto, è proprio così. Accumulo energia naturale per librare le mie tecniche e—… e tipo sul viso mi spuntano dei segni e poi, magari un giorno vorrei riuscire a controllare un immenso branco di lupi proprio come fece il primo eremita. Quello sarebbe il massimo.»
Parlò con aria sognante, tenendo il viso poggiato su una mano che lo sorreggeva, quasi come una bambina, prima di rivolgere un sorrisetto in direzione di Kisame.
«Prima o poi avrò il piacere di assistere alle tue tecniche in battaglia, ne sono sicuro, specialmente adesso che le cose si fanno più interessanti.»
Ed ovviamente Reyko sapeva bene a che cosa si stesse riferendo. Era stato abbastanza strano, per lei, scoprire che il passo successivo sarebbero i Biju da catturare, ma non aveva fatto molte domande, anzi, si era limitata a dare le uniche informazioni riguardo i Jinchūriki del proprio paese. Il gatto ed il polipo. Non si fece alcun problema nel parlare liberamente, specialmente del Gatto fantasma, forse per una questione prettamente personale. Non era ben chiaro che cosa dovessero fare con le forze portanti dei vari paesi, ma per riuscire a catturare ed ad estrarre uno di quegli esseri si sarebbero dovuti impegnare parecchio. 
E con Zetsu avevano iniziato anche a studiare alcuni di loro, cercando le giuste tracce che li avrebbero potuti condurre da uno dei Jinchūriki. Insomma il lavoro era salito di livello, anche se una cosa preoccupava l’animo della ragazza: l’estrazione. Sapeva bene che cosa voleva dire estrarre una forza portante dal suo possessore e non era del tutto certa di voler partecipare a quel genere di cose, forse perché quelle persone, eccezione fatta per una, non le avevano fatto niente. Ma non vedendo nessuno esitare o batter ciglio durante la riunione nel rifugio, si era limitata ad abbassare lo sguardo per poi annuire mesta. Si era tenuto tutto questo per sé, esprimendo magari i propri dubbi in un secondo momento.
«Zetsu mi ha detto che siete andati alla ricerca della volpe a nove code. Com’è andata?» 
Domandò con spontaneità riferendo ciò che effettivamente la pianta le aveva riferito. 
«In realtà abbiamo soltanto studiato il nostro bersaglio. E’ un tipo piuttosto vivace e poi per Itachi tornare nel suo vecchio villaggio non è stato facile. Ha anche avuto l’onore d’incontrare il suo fratellino che ha cercato di ucciderlo.»
Uno sguardo preoccupato venne lanciato dalla ragazza in direzione dello spadaccino, che in tutta tranquillità sollevò una mano, come a voler minimizzare la cosa.
«Non preoccuparti, Itachi non è per niente facile da sconfiggere e suo fratello è ancora un dilettante.
»
«Beh—… suo fratello è—…» azzardò lei, non sapendo se continuare o meno.
«L’unico che Itachi ha lasciato in vita? Ebbene sì. Scommetto che Zetsu ti ha raccontato la sua storia.»
Non riuscì a nascondere il proprio sguardo colpevole, ma Kisame non sembrò giudicarla, anzi, le rivolse uno dei suoi sorrisi. 
«Non preoccuparti. Lo capisco. Comunque sì, quel ragazzo è stato un pazzo a voler attaccare Itachi con una tecnica interessante.»
«Ed Itachi?» domandò quasi come se la domanda le fosse uscita dalle labbra in maniera incontrollata.
«Beh, Itachi lo ha letteralmente steso senza problemi ed anzi, ha usato su di lui lo sharingan ipnotico. Anche quella una tecnica niente male.»
In realtà la vera domanda di Reyko era: ed Itachi come si deve esser sentito a dover attaccare l’unico che ha lasciato in vita? Però probabilmente l’interpretazione di Kisame era più adatta, anche perché lui non le avrebbe potuto rispondere ad un quesito simile.
«Capisco—… non deve essere stato facile, immagino.»
«Come mai?» le domandò incuriosito lo spadaccino.
Reyko, in tutta risposta, scrollò le spalle, lasciando che i capelli le ricadessero dinnanzi le spalle ed allora gli lanciò un lungo sguardo.
«Sì, insomma, è pur sempre suo fratello, non deve essere stato per niente semplice rivederlo dopo tutto questo tempo. Non importa, nel bene o nel male il solo fatto di averlo rivisto non deve essere stato facile anche per lui.»
Provò anche solo per un attimo a mettersi nei suoi panni, immaginando la pressione e l’animo di Itachi in quel frangente di eventi, cosa che forse Kisame non aveva fatto. Ma in fondo non gliene faceva una colpa, lui era molto più pratico e meno introspettivo, quella invece era una sua caratteristica. 
Kisame, infatti, la fissò qualche istante prima di mostrarle i denti in un sorrisetto divertito.
«Hai ragione, sai, ma Itachi è molto stoico e qualsiasi cosa gli passasse per la testa non ha di certo voluto condividerla con me. Mi ha semplicemente detto che era uno stupido e da come ci ha attaccati non ho potuto fare a meno di concordare—… »
In risposta alle parole dello spadaccino un sorrisetto si fece largo sulle labbra della ragazza, che tamburellò con delicatezza le dita sul tavolo, per poi annuire lentamente, come se entrambi avessero appena detto qualcosa di indicibile. 

Passò circa mezz’ora da quando si erano seduti a prendere quel te, ed il sole continuava ad illuminare ed a riscaldare, tanto che la ragazza andò a sedersi proprio sotto la luce, con l’intenzione di provare anche solo ad abbronzarsi un poco, speranza del tutto vana. Ricordava quelle poche volte in cui aveva preso il sole ed una serie di efelidi le erano spuntate sul naso e sulle gote a causa della chiarezza della sua pelle. I lupi le avevano consigliato di evitarlo, ma lei adorava il torpore provato in quegli istanti, tanto da arrivare a socchiudere gli occhi, beandosi di quella sensazione. 
Fu un lieve rumore, seguito da un’ombra che le oscurò la vista, a costringerla a muoversi, rompendo quella posa serafica. Riaprì solamente un occhio, per accertarsi di chi fosse intervenuto a farle ombra, ed allora notò finalmente la figura di Itachi in contro luce. 
Era quasi una visione strana, con i raggi che oscuravano maggiormente il viso, e l’espressione più cupa del previsto. 
«Itachi, stai bene?»
Non poté mancare la domanda da parte della ragazza, che ovviamente raddrizzò il busto, mettendosi a sedere meglio. 
Il ragazzo si limitò ad abbassare lo sguardo cremisi verso di lei e poi annuì meso, inspirando profondamente. 
«Ne sei proprio sicuro? Insomma sembri sconvolto.» azzardò Reyko prima di mettersi in piedi in modo tale da poterlo osservare meglio. 
«Non preoccuparti va tutto bene.»
«Già, eremita, non preoccuparti, quella è la sua faccia normale.» la punzecchiò Kisame, raggiungendo i due. 
Ma per quanto poco potesse conoscerlo rispetto il suo normale partner Reyko era abbastanza certa che quella non era la faccia di chi stava bene. Ed il terribile pensiero che Zetsu, il suo Zetsu, potesse avergli fatto qualcosa attanagliò la propria mente
«Zetsu? Non ha fatto niente di strano, giusto?»
Per la prima volta dopo molto tempo Reyko sembrò quasi essere in pensiero per il ragazzo, forse perché aveva imparato a conoscere il proprio di partner. Sapeva quanto subdolo sapesse essere quella pianta doppiogiochista, per questo motivo Reyko non gli toglieva gli occhi di dosso. Itachi, invece, sembrò piuttosto stupito dalla domanda appena udita, tanto da sbattere un paio di volte le palpebre, come a voler essere sicuro di aver capito bene.
«No—… quindi te ne sei accorta anche tu della sua stranezza.»
Reyko, sorpresa da quell’affermazione, rischiò di rivolgergli una smorfia.
«Certo che me ne sono accorta. Già durante il primo discorso mi sono resa conto di quanto sappia essere pericolosa quella pianta. Non mi ha neanche voluto dire da dove proviene.»
Il che implicava una risposta che probabilmente non le sarebbe piaciuta neanche un poco, infatti viste le espressioni degli altri due abbassò lo sguardo.
«Non lo ha detto a nessuno. E’ stato molto riservato ma con te, forse perché lavorate insieme, si è riuscito ad aprire un poco.»
Aggiunse con tranquillità Kisame sistemandosi meglio sulle spalle la propria Samehada.
«In ogni caso lo terrò d’occhio. Sempre.»
Ed un sorrisetto divertito, a smorzare quella tensione che si era venuta a creare, fece capolino sulle labbra rosee della ragazza, che schioccò le dita, richiamando allora l’attenzione di Sen. Il lupo, ormai addormentato, s’alzò immediatamente e la raggiunse, trotterellando intorno ai tre come se fosse la cosa più normale di sempre.
«Ottimo, allora che ne dite di riprendere il nostro cammino verso la base?» sentenziò l’ex della Nebbia passando allo spazio fra i due ragazzi, seguito a ruota da un Sen scodinzolante. 
«Direi proprio di sì, anzi, senza ombra di dubbio. Ho decisamente bisogno di un letto che possa essere definito tale.»
E Reyko lo seguì a ruota alzando entrambe le braccia verso il cielo, come a volersi sgranchire. Afferrò il cappello di paglia ancora poggiato sul tavolo e se lo mise sul capo, in modo tale da poter coprire il proprio volto e poi finalmente iniziò a camminare insieme a quel gruppetto che ormai si era creato.
Decisamente sarebbe stato meglio tornare insieme a loro due piuttosto che con Zetsu. 

Un paio di settimane prima
Gli ologrammi sembravano tremolare per via del contatto forse troppo distante. Non era stato per niente difficile imparare quella tecnica, che unita a all’anello che le avevano dato una volta entrata, era diventato il miglior modo per comunicare con il proprio Leader. 
Si erano ritrovati nel bel mezzo di una contrattazione con Zetsu ed i loro vari acquirenti quando all’improvviso era giunto il segnale che imponeva loro di rispondere a quella sorta di chiamata. Si radunavano in uno dei rifuggi dell’Akatsuki, di solito quello dove si trovava la statua, nonostante nessuno di loro fosse nei paraggi. Era un modo comodo, anche se la prima volta le richiese molto sforzo, cosa che imparò a bilanciare con vari tentativi. 
Non sembrava mancare nessuno all’appello, ma ovviamente gli ultimi due ad arrivare furono Kakuzu ed Hidan. Una vera fortuna non essere arrivata per ultima, cosa che di tanto in tanto le era successa. 
L’unica cosa davvero colorata, che riusciva a  far capire con chi si stesse parlando, erano gli occhi, di colori stranamente più accesi. Quelli viola di Pain e quelli rossi di Itachi erano decisamente quelli che risaltavano maggiormente, ma anche l’ambrato di Konan non passava inosservato.
Si era ritrovata fra Zetsu e Sasori, che ormai camminava nella sua nuova ed inquietante marionetta. La prima volta che l’aveva vista si era ritrovata ad indietreggiare immediatamente, spaventata dalla coda intrisa di veleno. Eppure era un’idea geniale, la sua, quella di aggirare il problema del proprio corpo. Insomma si era rifugiato dentro la sua stessa arma e la manovrava dall’interno. Reyko aveva decretato che lo preferiva in versione normale, con i capelli rossi e gli occhi stanchi piuttosto che in quelle sembianze. 
Un lieve colpo di tosse, quando finalmente riuscirono a riunirsi li dentro, li costrinse al silenzio, nonostante le lamentele di Hidann. 
«Finalmente ci siamo tutti.» esordì Pain rivolgendo gli occhi viola in direzione dei presenti. Li analizzò con attenzione, senza lasciare trasparire alcuna emozione e poi riprese il filo del suo discorso. «Tempo fa vi dissi che il nostro piano per riuscire a conquistare la pace nel mondo degli Shinobi si componeva di due fasi: la prima consisteva nel cercare di acquistare ricchezza e notorietà, in modo tale da creare un giro grazie al quale l’Akatsuki può effettivamente prosperare. Tutti quanti, qui dentro, avete svolto un ottimo lavoro.»
Il silenziò calò nuovamente nella sala. Qualcuno sogghignò, cosa percepibile dal mutamento dell’ologramma, ma per lo più rimasero in silenzio. Reyko, stranamente, rimase silente fino a quel momento, senza perder di vista gli occhi violacei di Pain. 
«Ma adesso è giunto il momento di passare alla seconda fase: abbiamo bisogno di iniziare ad accumulare vera forza e questo lo possiamo fare indebolendo le cinque grandi nazioni. Sottrarremo loro ciò che di più prezioso hanno
Ed in quegli attimi la ragazza si pietrificò perché una parte di lei aveva iniziato a sospettare di che cosa potesse trattarsi. Ma non mostrò alcun segno di cedimento. 
«Le ricchezze?» domandò Kakuzu, che ovviamente non poté fare a meno di pensare alla sua grande debolezza. 
«Certo che no, stupido, la cosa più preziosa per le nazioni è la religione, ovvio.» rispose Hidann che aveva appena lanciato uno sguardo di fuoco al partner. 
«No.» li interruppe molto bruscamente Pain. «Sottrarremo loro i Biju
Il silenzio inesorabile calò nuovamente fra i presenti, rendendo l’aria ancora più pesante del solito. L’intuizione di Reyko si era rivelata giusta e proprio per questo motivo si sentì stranamente irrequieta. Che cosa voleva dire che si sarebbero impossessati dei Biju?
«Pain, che intendi dire con sottrarremo?»
La domanda intelligente venne posta da Sasori nella sua forma da marionetta di protezione.
«Cattureremo le loro forze portanti. Immagino che voi tutti, o quasi, sappiate che ogni nazione possiede delle Forze portanti, ovvero i demoni caudati che costituiscono la vera forza. Controllare il Biju non è semplice, ma il compito di un Jinchūriki è proprio questo. Noi toglieremo loro i Biju, li porteremo via e poi estrarremo il demone caudato.»
Demoni caudati. Erano in tutto nove. La nuvola ne possedeva due. Ed uno di essi aveva ucciso la propria famiglia. Il Gatto Fantasma, il demone con due code. Poi non ricordava dove fossero sparsi gli altri. Ma la cosa che forse le fece più paura fu proprio il fatto di doverli catturare.
«Ed una volta catturati che faremo?» chiese Deidara, che stranamente sembrava essersi interessato a quel discorso. 
«Dovremo estrarre i Biju con una tecnica rituale che dura quasi tre giorni, ed allora imprigioneremo il demone dentro questa statua.»
Pain, con un gesto olografico della mano indicò la statua demoniaca che c’era alle sue spalle. Quella che la prima volta aveva incuriosito Reyko, ma che adesso aveva un vero scopo. Quindi era questa l’arma per sottrarre le forze portanti alle nazioni. 
Ma c’era una cosa che nessuno aveva messo in conto: una volta estratto il demone il suo possessore sarebbe morto. Quindi questo voleva dire che avrebbero dovuto uccidere nove persone, compreso il suo vecchio maestro.
Nove persone la cui unica colpa era quella di portare un simile fardello per la propria missione.
Nove persone il cui destino era appena stato scritto. 

Ma questo non piacque a Reyko. Poteva anche odiare con tutta sé stessa il demone che aveva fatto tutto ciò al suo clan, ma non per questo motivo voleva che morisse in quel modo indegno. 
Era questo che sembrava vacillare nell’eremita, possessore di un animo non ancora totalmente avvolto nelle tenebre né così luminoso da poterla definire una brava persona. Lei non era più una brava persona, anche se spesso se lo ricordava. Un tempo magari poteva esserlo stato ma da quando prese la decisione di vendicarsi tutto era collassato su sé stesso, riducendola a doversi nascondere sempre e comunque. 
Aveva davvero creduto che l’Akatuski, la più grande organizzazione criminale dell’ultimo periodo, potesse realmente desiderare la pace? Ebbene sì, lei ci aveva sperato davvero, ma adesso i suoi dubbi iniziarono ad essere sempre più prepotenti. 
«Quindi estrarremo i demoni caudati ed una volta recuperati tutti e nove?»
La domanda uscì dalle sue labbra quasi come un sussurro, mentre gli occhi scuri erano volti in direzione di Pain, che ricambiò lo sguardo.
«Una volta recuperati avremo in pugno le cinque grandi nazioni e potremo costruire il nostro ponte per la pace
Pace.
Pace. 
Lui continuava a parlare di pace ma quel ponte che avrebbe costruito era disseminato di morti. Ma ormai come poteva rifiutarsi giunta a questo punto? Semplice, non poteva, ma avrebbe portato il peso di ciò che avrebbero fatto per sempre con sé, come ennesima macchia sul cuore di chi un tempo era semplicemente una ragazza. 
Socchiuse gli occhi, smettendo di ascoltare le parole di Pain e gli altri dettagli sul piano, chiaramente Zetsu avrebbe saputo cosa fare, ed allora annegò nel mare dei propri ricordi, tornando indietro a quando ancora non doveva uccidere per sopravvivere.
   
 
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