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Autore: Ghost Writer TNCS    18/11/2017    5 recensioni
Raémia è un mondo ricco di magia, dove i contadini vivono del lavoro nei campi, i soldati in armatura girano da un villaggio all’altro per garantire pace e sicurezza, e i saggi maghi offrono i propri servigi in cambio di cibo e rispetto.
I numerosi Reami, popolati da altrettante specie diverse, sono posti sotto il controllo di sei Re: persone illuminate che garantiscono pace e prosperità al mondo intero. O almeno così era un tempo. Oggigiorno i Re si preoccupano più che altro di godersi le proprie ricchezze, e i nobili cercano sempre nuovi espedienti per guadagnare maggiore potere.
In questa precaria situazione, Giako – un Gendarme solitario cresciuto da una strega – verrà a conoscenza di una grande macchinazione volta a ribaltare gli equilibri del mondo. Da solo non potrebbe fare nulla, ma questa volta non sarà solo: quante persone servono per salvare il mondo?
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '2° arco narrativo'
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11. La missione di Artemis

Il vento gelido fischiava nelle orecchie delle quattordici amazzoni; la brezza era talmente forte che risultava difficile anche solo tenere gli occhi aperti. Per fortuna i loro grifoni riuscivano a non perdere la rotta adattandosi alle varie correnti, sbattendo le enormi ali quel tanto che bastava a mantenere la quota ideale. Come tutti i draghidi, anche i grifoni avevano l’innata capacità di librarsi in aria con incredibile agilità ed eleganza, coprendo distanze immense in tempi brevissimi.

Artemis cavalcava il grifone di testa, un magnifico sparviere ideale per il volo manovrato. Gli sparvieri appartenevano alla sottospecie dei grifoni rapaci, avevano il manto grigio scuro sul dorso, mentre sul ventre e nella parte inferiore delle ali era più chiaro e striato. Si trattava della razza più diffusa a Grandeforêt, quindi i sette animali non avrebbero dato troppo nell’occhio una volta rotta la formazione.

Subito dietro di lei aveva preso posto un’altra amazzone – una faunomorfa di tipo coniglio dalle lunghe orecchie grigie –, le altre invece cavalcavano in coppie gli altri sei grifoni dello stormo.

Erano tre giorni e mezzo che viaggiavano verso est: ormai era questione di ore l’avvistamento di Horville. Artemis lo sapeva, ma purtroppo ciò non leniva il freddo pungente che le mordeva le dita; nemmeno i guanti pesanti sembravano in grado di schermarla dal gelo.

«Artemis, di là!» le gridò un’amazzone che volava alla sua destra, una metarpia come Persephone.

La felidiana si voltò nella direzione indicata dalla compagna, ma quello che vide fu solo una macchiolina indistinta tra la vegetazione. «Horville?» chiese.

«Probabile» annuì la guerriera.

Artemis prese il suo fischietto e soffiò con forza per assicurarsi che le sue compagne la guardassero, a quel punto sollevò le braccia e le abbassò tenendole parallele per indicare la nuova rotta. Subito tutti e sette i grifoni si inclinarono leggermente verso destra e l’intera formazione si mosse in perfetta sincronia.

Man mano che si avvicinavano, anche le non metarpie ebbero modo di avvistare la città. Era il centro abitato più grande della zona, situato sulle sponde di un grande fiume. Si trattava di una città mineraria, una delle più importanti dei Reami Blu, il che ne faceva un ottimo punto di riferimento per indicare la posizione del laboratorio.

Artemis fischiò nuovamente per richiamare l’attenzione delle altre amazzoni, quindi sollevò le braccia e questa volta le aprì in direzioni opposte: era il segnale di rompere la formazione. Da quel momento avevano mezz’ora per cercare il laboratorio, dopodiché si sarebbero riunite nei pressi di un lago per condividere quanto scoperto.

La felidiana fece virare il suo grifone di lato e scese di quota, dopodiché lo lasciò libero di ritrovare l’assetto ideale. Voleva fare in modo che il comportamento dell’animale somigliasse il più possibile a quello di un esemplare a caccia, come se stesse cercando una preda nella foresta. L’eccezionale vista dei grifoni permetteva loro di individuare gli animali che si muovevano sotto le chiome degli alberi, a quel punto li seguivano dall’alto in attesa che la loro vittima si spostasse in un luogo abbastanza aperto, come una pozza d’acqua o le rive di un fiume.

Si trattava di creature estremamente intelligenti, purtroppo però non era possibile dare loro ordini come “da bravo, cerca il laboratorio”, così Artemis e la sua compagna aguzzarono la vista per cercare indizi dall’alto. Un’impresa tutt’altro che facile a Grandeforêt, dove perfino la luce del sole faticava a raggiungere il suolo. Senza contare che sicuramente l’alchimista e i suoi compagni si erano premurati di nascondere l’edificio. In effetti le probabilità di trovare qualcosa erano estremamente basse, ma valeva la pena di fare un tentativo.

Scaduto il tempo, Artemis fece virare il suo grifone e lo indirizzò verso il punto di ritrovo prestabilito. Come previsto non avevano trovato niente di utile, tuttavia la loro squadra contava cinque faunomorfe di tipo arpia, la cui vista aveva poco da invidiare a quella dei grifoni. Se c’era qualcuno in grado di individuare qualche traccia, quelle erano loro.

Quando il grifone atterrò nei pressi del lago, erano presenti solo altri due esemplari e le relative quattro amazzoni; le altre otto guerriere arrivarono nel giro di pochi minuti.

«Allora, trovato qualcosa?» chiese Artemis una volta che furono tutte riunite.

«Noi abbiamo visto una costruzione» rispose una delle metarpie. Aveva il piumaggio marrone scuro e due intensi occhi gialli. «Si trova vicino al fiume, da qui ci vorrà almeno mezza giornata a piedi. È sulla sponda opposta a dove siamo adesso.»

«D’accordo, ottimo lavoro» annuì la felidiana. «Troviamo un posto dove passare la notte, ci metteremo in marcia domani all’alba.»

Il sole non era ancora sorto quando le quattordici amazzoni si misero in marcia. Per viaggiare in maniera più discreta, avevano lasciato i grifoni al lago. Una volta finita la loro ispezione, avrebbero potuto richiamarli con dei fischietti a ultrasuoni, diversi da quello usato da Artemis per guidare la formazione.

Si erano già spostate sulla riva opposta a quella dove avevano passato la notte, quindi la prima cosa che fecero fu inoltrarsi nella foresta e dividersi in due gruppi per attirare meno l’attenzione. Con Artemis c’erano due metarpie, la cui ottima vista era indispensabile per individuare per primi eventuali sentinelle, tre myketis e una robusta canidiana[19] dai capelli grigio scuro, la quale combinava una notevole forza fisica ad un olfatto sopraffino.

Non era facile orientarsi tra la fitta vegetazione, ma dopo un po’ trovarono un indizio piuttosto chiaro che suggeriva la direzione da seguire: si trattava di una strada che attraversava la foresta e riportava i segni del passaggio di numerosi carri. Con buona probabilità si trattava dei rapitori di demoni.

Artemis continuava a guardarsi intorno e a muovere le orecchie feline alla ricerca di tracce, tuttavia non riusciva ad individuare nessuna sentinella. Che fossero talmente abili da non produrre il minimo suono? O magari le avevano già avvistate e stavano preparando un’imboscata. Oppure ancora non c’era nessuno lì intorno a sorvegliare il laboratorio, ma questo era alquanto improbabile.

All’improvviso una delle metarpie fece segno ad Artemis di fermarsi. Le sette amazzoni si abbassarono e si posizionarono dietro ai tronchi più vicini.

«C’è un edificio lì davanti» spiegò la faunomorfa. «Potrebbe essere il laboratorio.»

La felidiana, che da quella distanza poteva solo immaginare ciò che la sua compagna aveva avvistato, fece segno alle altre di riprendere ad avanzare. La vista dei faunomorfi di tipo felino era ottima per individuare bersagli in movimento, ma non era altrettanto efficace per gli oggetti statici. «Thea, avvisa le altre» ordinò in direzione di una delle myketis.

La guerriera annuì e, pugnali in mano, cominciò a muoversi in direzione del gruppo di Persephone.

Le altre intanto continuarono ad avanzare, e dopo alcuni minuti riuscirono finalmente a comprendere appieno le dimensioni del laboratorio. Per costruirlo era stata diboscata una grossa porzione di foresta e gli alberi tagliati erano stati usati come materia prima per la costruzione dell’edificio. Artemis si aspettava una costruzione discreta, abbastanza piccola da poterla nascondere tra la vegetazione, invece ricordava più una caserma che un laboratorio. Aveva perfino una palizzata.

A prima vista sembrava un forte difficile da espugnare, eppure la felidiana sentiva che potevano avvicinarsi ancora. Nemmeno lì c’era traccia di sentinelle: forse il laboratorio era abbandonato. Dovevano accertarsene.

Poco dopo il gruppo di Persephone si unì al loro e Artemis spiegò alla metarpia i suoi sospetti.

«Penso anch’io che sia abbandonato» confermò la guerriera con un occhio solo. «Probabilmente se ne sono andati quando hanno capito che Bengal li aveva scoperti.»

«Entriamo: potremmo trovare qualche informazione utile.»

Persephone rimase un attimo in silenzio, l’occhio sano puntato sul laboratorio. Era impossibile capire cosa stesse pensando. Alla fine annuì. «Ma facciamo attenzione: potrebbero aver piazzato qualche trappola.»

Con le armi in pugno, le quattordici amazzoni raggiunsero il portone di legno. Era abbastanza largo da permettere il passaggio di un grosso carro, ma cosa più importante era chiuso da un pesante lucchetto.

«Ci penso io» affermò Artemis. Era il capo e ci teneva a scagliare il primo colpo. «State indietro.»

Per prima cosa ripose nel fodero la sua arma, una comune spada a una mano e mezza. In realtà l’arma che prediligeva era la sua claymore, un grosso spadone con la guardia a bracci dritti e piegati verso la lama, ma per una missione del genere sarebbe stata solo d’intralcio.

Raccolse la concentrazione e portò le mani davanti all’addome. Come tutte le amazzoni, anche lei era una Gendarme e in quel momento avrebbe sfruttato la magia del pendente che portava alla cintura. Il cristallo rosso si illuminò e l’energia fluì nelle sue mani come fili impalpabili. Caricò il pugno destro e questo venne avvolto da un flusso vorticante. Sferrò il colpo e l’energia esplose in avanti. L’impatto con il portone fu talmente violento che i cardini vennero strappati via e gli imponenti battenti volarono all’indietro, cadendo poi a terra con un botto sonoro.

Il rosso era il colore delle persone coraggiose e determinate; la magia dei Gendarmi Rossi permetteva loro di incrementare le proprie capacità fisiche, ma anche di proiettare l’energia. Era l’ideale sia per i combattimenti corpo a corpo che per quelli a breve distanza.

L’amazzone riprese la sua spada e cominciò ad avanzare. «Andiamo.»

Le sue compagne la seguirono senza esitare, attente a cogliere il minimo segnale di pericolo.

In totale silenzio superarono l’ampio spiazzo che stava davanti all’edificio. Sul terreno battuto si potevano distinguere i segni delle ruote dei carri e impronte di varie forme e dimensioni. Guardando bene sarebbe stato possibile scorgere perfino delle macchie di sangue rappreso: anche lì alcuni demoni non avevano smesso di lottare per la libertà.

Anche ora che quel luogo era deserto, un’aura tetra lo permeava. Era come se i terribili incantesimi praticati nell’edificio avessero reso l’aria pesante, quasi irrespirabile.

C’erano due ingressi: quello a sinistra sembrava condurre alla zona degli alchimisti, mentre l’altro, più grande e rozzo, alle prigioni.

«Noi di qua,» ordinò Artemis indicando il primo portone, «voi da quella parte.»

Il battente di legno grezzo era aperto, così la felidiana e le sue sei compagne si trovarono davanti un ingresso spartano da cui si allungava un semplice corridoio. Su entrambi i lati si affacciavano diverse stanze, in fondo invece era stata lasciata un’apertura per la luce. Durante la costruzione non avevano fatto caso all’eleganza e alle finiture: le assi di legno erano appena sbozzate, al posto delle porte avevano messo dei teli sgualciti e il pavimento era del tutto assente. L’unica cosa a cui avevano prestato attenzione era il tetto: evidentemente non volevano che le intemperie interferissero col loro lavoro.

Artemis si avvicinò con cautela al primo ingresso sulla sinistra. Scostò lentamente la tenda e guardò all’interno. C’era un letto imbottito di paglia e baccelli, una rudimentale scrivania e un pezzo di tronco che probabilmente fungeva da sgabello. Anche lì era stata ricavata una piccola finestra per far entrare la luce.

«Wow, le nostre celle sono più confortevoli» ironizzò la canidiana al suo fianco.

Ora che sapevano che non c’erano pericoli, le due amazzoni abbassarono le armi ed entrarono per controllare più da vicino. Sul rozzo tavolo c’erano dei segni lasciati da un carboncino: purtroppo erano piuttosto sbavati, come se avessero cercato di cancellarli, e per di più nessuna delle due era pratica di magia.

«Vai a chiamare Maud, forse lei ci capirà qualcosa» chiese la felidiana.

La sua compagna annuì e lasciò la stanza, Artemis intanto continuò a guardarsi intorno. Purtroppo i fuggitivi si erano dati molto da fare e, almeno in quel locale, sembrava non esserci alcun indizio concreto.

All’improvviso udì le voci delle altre farsi più concitate, poi un grido: «Fuori!»

 Non ebbe il tempo di pensare. Il terreno sotto di lei si illuminò all’improvviso, riconobbe delle rune e subito corse verso la finestra.

L’esplosione di fuoco investì tutto l’edificio. Il tetto fu scagliato verso l’alto e le pareti vennero spazzate via. L’intera foresta sussultò per il boato.

Il tempo sembrava essersi fermato. Artemis era a terra a diversi metri dai resti dell’edificio, immobile e sporca di cenere. Dopo un tempo imprecisato i bagliori delle fiamme la destarono. La felidiana ci mise alcuni secondi per tornare lucida, a quel punto, nonostante le ferite, si alzò in piedi. Le orecchie le fischiavano da impazzire e ogni singolo movimento le causava un dolore atroce, ma non poteva arrendersi. Le sue compagne erano ancora lì dentro, forse poteva ancora salvarne qualcuna.

Con un incredibile sforzo di volontà evocò i poteri del suo pendente, sperando che la Magia dei Re la aiutasse a restare in piedi abbastanza a lungo. Strappò un lembo di tessuto dalla manica per filtrare il fumo e cominciò a farsi largo tra i resti in fiamme del laboratorio.

Dolore e rabbia potevano aspettare: doveva salvare le sue compagne.



Note dell’autore

Rieccoci qui!

Purtroppo la missione di Artemis non è andata come previsto. I ribelli sapevano che qualcuno sarebbe andato a cercare indizi, e quindi hanno preparato una contromisura.

La felidiana si è salvata, ma rischia di perdere tutte le sue compagne. E per una come lei, essere l’unica sopravvissuta sarebbe un dolore ancora più grande, per questo farà tutto ciò che è in suo potere per salvarle.

Ma poi che ne sarà di lei? Avrà la forza di continuare dopo quanto successo? E per fare cosa? Se invece non ci riuscisse, a chi spetterà il compito di scuoterla? O addirittura di prenderne il suo posto?

Prima di scoprire le risposte, vi ricordo che Alisha e Shamiram sono ancora impegnate a raggiungere la magia pura di Raémia, e più precisamente sono davanti all’ultima barriera: la barriera per uccidere.


Prima di darvi appuntamento al prossimo capitolo, una nota sulla saga. Ho deciso di spostare I Gendarmi dei Re nella saga Age of Dusk (o meglio di ri-spostare, dato che in origine la saga di Giako era proprio Age of Dusk). Nei prossimi giorni cambierò quindi il titolo in AoD - 1 - I Gendarmi dei Re.

Age of Epic non scomparirà, ma sarà un prequel di Age of Dusk e avrà per protagonista un’antenata di Giako. Sarà ambientato prima dell’epoca dei sei Re e del Corpo di Gendarmeria, quando ancora il mondo era retto dagli dei, quindi avrò modo di spiegare nei dettagli le origini di Raémia. Se non sbaglio l’ho già detto ad alcuni di voi, quindi aggiungo che nel nuovo Age of Epic ci saranno tra gli altri anche Sigurd, Shamiram, Persephone e Rossweisse.

Dato che la saga è cambiata, ecco la nuova copertina di I Gendarmi dei Re:

AoD-1.png


Bene, ora è davvero tutto.

Il prossimo capitolo sarà incentrato sulle due streghe e sul loro gruppo, in quello successivo invece torneremo da Artemis.

A presto :)


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[19] Sottospecie originale di TNCS, appartenente alla specie dei faunomorfi. Il nome richiama la famiglia dei Canidae, che nella classificazione scientifica raggruppa i canidi.

   
 
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